Pagine di rilievo

martedì 17 dicembre 2024

Mons. Carlo Maria Viganò J'ACCUSE

Mons. Carlo Maria Viganò
J'ACCUSE
Testo corretto della Prefazione

Per un errore di redazione, la bozza finale consegnata a Amazon per la pubblicazione riportava un testo errato della Prefazione scritta dal dott. Jerome R. Corsi. La correzione sulle prossime stampe è già in corso, ma per chi avesse ricevuto il libro con il testo errato, riportiamo qui di seguito la versione corretta.
Noi di Post Hill Press siamo onorati di pubblicare il libro dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò J’Accuse: Per fare luce sulla mia “scomunica”.

Con questo titolo, Sua Eccellenza cita il breve saggio: J’accuse le Concile! che Mons. Marcel Lefebvre, fondatore della Fraternità San Pio X, scrisse nel 1976. L’Arcivescovo francese scriveva: «È essenziale demistificare questo Concilio che i responsabili del Vaticano II volevano fosse pastorale, a causa del loro istintivo orrore per i dogmi, e per facilitare l’introduzione ufficiale di idee liberali in un testo della Chiesa. Ma una volta completata l’operazione, hanno dogmatizzato il Concilio, paragonandolo al Concilio di Nicea e sostenendo che era uguale agli altri, se non superiore».

Il giorno in cui è stato convocato in Vaticano per difendersi dalle accuse di scomunica, l’Arcivescovo Viganò ha reso pubblico il suo proclama “J’Accuse”, accusando Jorge Mario Bergoglio «di eresia e scisma» e chiedendo che «venga giudicato come eretico e scismatico e rimosso dal Soglio che indegnamente occupa da oltre undici anni». Il parallelo con l’Arcivescovo Lefebvre è chiaro: in questo libro, Mons. Viganò chiarisce di essere “colpevole” solo di difendere due millenni di teologia e liturgia cattolica contro la progressiva apostasia del Vaticano II e di Papa Francesco. In questo libro, Sua Eccellenza chiarisce che la sua non è «una difesa personale, ma piuttosto una difesa della Santa Chiesa di Cristo, nella quale sono stato costituito Vescovo e Successore degli Apostoli». Fedele alla sua coscienza e al mandato ricevuto da Cristo, l’Arcivescovo Viganò proclama: «Non posso e non voglio accettare di assistere alla sistematica demolizione della Santa Chiesa e alla dannazione di tante anime senza cercare con ogni mezzo di oppormi a tutto questo. Né posso considerare preferibile un vile silenzio per quieto vivere alla testimonianza del Vangelo e alla difesa della Verità cattolica».

Mons. Viganò spiega che ci troviamo in una battaglia spirituale con la sinistra progressista neo-marxista “woke”, una battaglia in cui Bergoglio si è schierato con le forze delle tenebre. «Il globalismo sostiene l’ideologia LGBTQ+: Bergoglio autorizza la benedizione delle coppie omosessuali e impone ai fedeli l’accettazione dell’omosessualismo, mentre copre gli scandali dei suoi protetti e li promuove ai più alti posti di responsabilità», scrive. «Ovunque i governi al servizio del Word Economic Forum hanno introdotto o esteso l’aborto, promosso il vizio, legittimato le unioni omosessuali o la transizione di genere, incentivato l’eutanasia e tollerato la persecuzione dei Cattolici, non una parola è stata spesa in difesa della Fede o della Morale minacciate, a sostegno delle battaglie civili di tanti Cattolici abbandonati dal Vaticano e dai Vescovi.» E conclude: «La Chiesa Cattolica è stata occupata lentamente ma inesorabilmente e a Bergoglio è stato dato l’incarico di farla diventare un’agenzia filantropica, la “chiesa dell’umanità, dell’inclusione, dell’ambiente” al servizio del Nuovo Ordine Mondiale. Ma questa non è la Chiesa Cattolica: è la sua contraffazione.».

L’Arcivescovo Viganò obietta correttamente alla premessa fondamentale del Vaticano II, ossia che la Chiesa Cattolica avesse bisogno di una riforma progressiva per stare al passo con i tempi che cambiano. Ha chiesto da quale “Chiesa” si presume egli sia in stato di scisma «se quella che pretende di essere cattolica si distingue dalla vera Chiesa proprio nella sua predicazione di ciò che quella condannava e nella condanna di ciò che essa predicava?». Ha spiegato:

Gli adepti della “chiesa conciliare” risponderanno che ciò è dovuto all’evoluzione del corpo ecclesiale in un “necessario rinnovamento”; mentre il Magistero Cattolico ci insegna che la Verità è immutabile e che la dottrina dell’evoluzione dei dogmi è eretica. Due chiese, certamente: ciascuna con le sue dottrine e le sue liturgie e i suoi santi; ma per il Cattolico la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e Apostolica, per Bergoglio la chiesa è conciliare, ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile, gay-friendly.

Conclude che «l’unica risposta teologicamente possibile è che la Gerarchia conciliare, che si proclama cattolica ma abbraccia una fede diversa da quella insegnata costantemente per duemila anni dalla Chiesa Cattolica, appartiene ad un’altra entità e per questo non rappresenta la vera Chiesa di Cristo». L’Arcivescovo Viganò caratterizza la Chiesa creata da Bergoglio come «la deep church, cioè la sua contraffazione, la contro-chiesa, l’anti-chiesa dell’Anticristo». Prendendo spunto dal Vaticano II, lo scopo di questa deep church «è di far accettare non tanto e non solo questo o quel cambiamento di dottrina, di morale, di liturgia, ma il cambiamento in sé, ossia l’idea di una rivoluzione permanente secondo cui l’insegnamento della Chiesa deve mutare e addirittura contraddirsi a seconda delle epoche e dei contesti culturali».

In un brillante saggio finale sul “Great Reset”, Monsignor Viganò richiama gli scopi satanici dell’élite globalista del Governo Unico Mondiale, un’élite che «ha come scopo la distruzione e l’asservimento dell’Occidente cristiano all’Anticristo, dopo averlo sottratto a Cristo; come fine l’eterna dannazione delle anime, anziché la loro salvezza eterna; e come mezzo l’usurpazione del potere temporale e spirituale, così che le masse abbiano un’autorità perversa in grado di usare la forza per comandarle e farsi obbedire.»

In J’Accuse, l’Arcivescovo Viganò non solo ha fatto luce sulla sua scomunica, ma ci ha anche donato un testo teologico profondo che sonda la natura del male. Penetrando nel cuore di tenebra che è la follia del Nuovo Ordine Mondiale “woke”, Sua Eccellenza ci ha permesso di vedere nella sua scomunica fino a che punto coloro che sono posseduti da intenti malvagi si spingono per mettere a tacere la verità. Ogni pagina di questo libro richiede un’attenta rilettura e una ponderata considerazione. In J’Accuse, Monsignore ci ha lasciato una dichiarazione duratura che si affiancherà alle dichiarazioni teologiche di maggior impatto mai fatte, perché sostiene l’idea che solo Dio può donare la vita e solo attraverso Cristo possiamo trovare la Redenzione. Alla fine, Dio vince sempre. Dio non ha creato questa esperienza di vita sulla Terra perché Satana ne esca vincitore. Ma non possiamo presumere di essere dalla parte di Dio se non comprendiamo veramente il male insito nel neo-marxismo che oggi ha steso la sua ombra oscura su di noi.

Quando Cristo disse a San Pietro che le porte degli inferi non avrebbero prevalso contro la Chiesa apostolica (Mt 16, 18), aveva in mente uomini come l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò. Scrive il Profeta Geremia: Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori cadranno e non potranno prevalere; saranno molto confusi perché non riusciranno, la loro vergogna sarà eterna e incancellabile (Ger 20, 11). In questo spirito, Jorge Mario Bergoglio dovrebbe vergognarsi molto. La confusione eterna profetizzata in Geremia non ricade sull’Arcivescovo Viganò, ma sulla mostruosità conciliare e sinodale che Bergoglio ha portato avanti nella sua apostasia.

Ironicamente, se l’odio di Bergoglio per la vera Chiesa Cattolica non fosse così grande, non avrebbe mai scomunicato l’Arcivescovo Viganò. Con le parole scritte qui, Dio fa sempre miracoli nelle vicende umane, come dimostra il fatto che l’Arcivescovo Viganò ci ha regalato questo magnifico libro illuminato dalla saggezza dello Spirito Santo solo perché Bergoglio lo ha scomunicato. Monsignor Viganò è già passato attraverso le fiamme dell’inferno, per poi uscirne trionfante.

Se il cuore di Bergoglio non fosse stato indurito contro Mons. Viganò dall’odio di Satana verso Dio, non avremmo mai avuto l’opportunità di beneficiare della profondità di pensiero di Sua Eccellenza espressa in queste pagine. Chi legge questo libro può ora ricevere la guida spirituale necessaria per avanzare con fiducia verso la vittoria in questi giorni bui. Chi disprezza il messaggio di questo libro lo farà a proprio rischio e pericolo. La realtà è che l’Arcivescovo Viganò ci ha donato un libro che illuminerà per sempre la vera Chiesa Cattolica.
dr jerome r corsi, j'accuse

sabato 7 dicembre 2024

Indice articoli: Bergoglio lobby gay, ambiguità

 Indice articoli: Bergoglio, la Chiesa e gli omosessuali
Collegato con: Indice delle reazioni dei vescovi et alii alla 'Fiducia supplicans' (qui)


martedì 3 dicembre 2024

Pio XII, suor Pascalina e il cardinale Tien Ken-Si

Sembra che, al pari del cardinale cinese, di cui all'articolo che segue, anche i cardinali di oggi non vivano con coerenza il significato della loro investitura. Ricordiamo un altro esempio, ma opposto. quello del card. Jodzef Mindszenty (qui è lo stesso Pio XII che ne parla). Qui l'indice degli articoli dedicati a Pio XII. Qui l'indice degli articoli sulla questione sino/vaticana. 

Pio XII, suor Pascalina e il cardinale Tien Ken-Si

L'8 dicembre la Chiesa Cattolica avrà 21 nuovi cardinali. Il Sacro Collegio conterà quindi 256 membri, di cui 141 con diritto di voto nel prossimo conclave. L’annuncio della creazione dei nuovi cardinali è stato dato il 6 ottobre da Papa Francesco, che il giorno dell’Immacolata imporrà lorola berretta color porpora, segno della disponibilità a versare il sangue, pronunciando la solenne formula: «A lode di Dio onnipotente e a decoro della Sede Apostolica ricevete la berretta rossa come segno della dignità del Cardinalato, a significare che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Santa Romana Chiesa».

venerdì 11 ottobre 2024

Indice articoli sull'Enciclica 'Fratelli tutti' e sul clericalismo politicante di Bergoglio

 Indice articoli sull'Enciclica 'Fratelli tutti'
e sul clericalismo politicante di Bergoglio


martedì 25 giugno 2024

Mons. Eleganti critica l’ultimo documento ecumenico

Qui l'indice dei precedenti.
Mons. Eleganti critica l’ultimo documento ecumenico

Nell'immagine: Cardinale Kurt Koch e Mons. Marian Eleganti
Il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, presieduto dal Cardinale Kurt Koch, già vescovo di Basilea, ha appena pubblicato un lungo testo dal titolo “Il vescovo di Roma”, che “fa il punto sul dialogo ecumenico attorno al ruolo del Papa e all’esercizio dell’autorità il primato della Sede di Pietro”, secondo la presentazione di Vatican News.

Mons. Marian Eleganti, già vescovo ausiliare della diocesi di Coira di Mons. Vitus Huonder, ha criticato aspramente questo testo, che ha attirato una “Lettera aperta del cardinale Koch”, visibilmente toccato. Mons. Eleganti ha poi prodotto una risposta a questa lettera. Questo dossier offre una panoramica dello scambio, in cui l’ex ausiliare di Coira è incisivo e interessante.

lunedì 24 giugno 2024

Sapiente articolata critica di Mons. Athanasius Schneider a Fiducia supplicans

Nella nostra traduzione da Crisis Magazine la sapiente articolata critica di Mons. Athanasius Schneider a Fiducia supplicans. Qui l'indice dei precedenti.

Fiducia Supplicans non è un atto di autentica cura pastorale, né di vera carità. 
Propone benedizioni che sono un vero e proprio scandalo

Il Documento Fiducia Supplicans, emanato dal Dicastero per la Dottrina della Fede il 18 dicembre 2023 e approvato da Papa Francesco, circa la possibilità di concedere benedizioni “semplici”, “spontanee”, “brevi” e “non liturgiche” alle coppie che convivono in stato di adulterio o in relazioni omosessuali, colpisce profondamente e negativamente sia la Chiesa cattolica universale, che le singole comunità cattoliche.

1. Il vero significato della benedizione.
L’autorizzazione a “benedire” unioni omosessuali o adulterine non esprime una cura autenticamente “pastorale”, perché tale “benedizione” non è in realtà una “benedizione” nel vero senso biblico. La vera benedizione può avvenire solo quando coloro che la chiedono sono pronti ad accettare l’insegnamento della Chiesa in ordine a ciò per cui chiedono la benedizione e, se così non è, sono disposti a pentirsi e a vivere secondo l’insegnamento della Chiesa. Coloro che si sono volontariamente allontanati dai comandamenti di Dio e conducono una vita a Lui sgradita, Lo offendono, rifiutano consapevolmente la Sua grazia e non possono ricevere efficacemente la benedizione di Dio senza prima pentirsi di uno stile di vita peccaminoso.

L’ordinazione sacerdotale conferisce al sacerdote il potere spirituale e l’autorità di impartire benedizioni per scopi moralmente leciti che rientrano nel vero significato di “benedizione” secondo l'insegnamento perenne della Chiesa. Un sacerdote non è autorizzato a impartire benedizioni che vadano al di là di questo ambito, perché sarebbe un’offesa a Dio, una trasgressione dei suoi poteri, un abuso della sua autorità e un uso improprio della benedizione, perché viene impartita per scopi diversi da quelli a cui è destinata. Per esempio, un sacerdote non può benedire un professore di filosofia che dichiara che terrà una conferenza che approva l’ateismo, perché ciò equivarrebbe ad avallare le convinzioni atee di questo filosofo. Se lo facesse, il sacerdote sarebbe complice nel sostenere l’ateismo, che è un grave peccato, e la sua benedizione sarebbe illecita, poiché contraddirebbe la legge naturale e le verità divinamente rivelate.

Gli effetti della benedizione del sacerdote includono la benedizione degli oggetti, la santificazione dei fedeli e l’invocazione della bontà e delle grazie di Dio su di loro, e in questi contesti il termine “benedetto” equivale al termine “santificato”. Per questo motivo, coloro che ricevono la benedizione sono chiamati a vivere rettamente. Pertanto, chiudere un occhio sul peccato dell’omosessualità, cioè sul compimento di atti omosessuali, e arrivare a benedire una persona che si identifica con lo stile di vita omosessuale, equivale a benedire l’abominio. Mai nella storia della Chiesa è stata data ai sacerdoti l’autorità e il potere di benedire stili di vita peccaminosi, perché ciò significa condonarli e incoraggiarli!

La Chiesa benedice individui e gruppi in generale (come la benedizione impartita dal sacerdote al termine di una celebrazione liturgica), anche se alcuni dei presenti sono in stato di peccato. Tuttavia, il dilemma sta nella “possibilità di benedire partner dello stesso sesso”, designando specificamente come destinatari di una benedizione quelle coppie la cui relazione in atto contraddice direttamente le verità divinamente rivelate. Il documento Fiducia Supplicans dice che in questo caso il sacerdote deve omettere di “indagare sulla loro situazione”, cioè non deve informarsi sulla loro situazione né discuterne con loro; il che vuol dire chiudere un occhio su qualsiasi situazione o status disordinato in cui possano vivere. Allo stesso tempo, tale ingiunzione non consente al sacerdote di invitarli al pentimento. Infatti, non solo una simile “benedizione” è inutile, posto che non produrrà alcun bene per quelle “coppie”, ma al contrario produrrà il male, inducendole a credere, non solo  che la loro unione e le loro espressioni di “amore” omoerotico non sono peccaminose, ma che sono volute da Dio come cosa buona.

2. La “benedizione” delle coppie omosessuali comporta un danno spirituale per le persone.
Se le persone non intendono condurre una vita morale secondo la Parola di Dio, con tutta probabilità non chiederanno la benedizione. Drammaticamente, però, Fiducia Supplicans ha spinto “coppie in situazioni irregolari e coppie dello stesso sesso” a chiedere la benedizione, nonostante la loro intenzione di continuare a condurre uno stile di vita oggettivamente peccaminoso. E così, il documento permette scandalosamente ai chierici di benedire coloro che conducono apertamente una vita di peccato e che possono commettere abitualmente gravi peccati senza alcuna intenzione di pentirsi. Le coppie eterosessuali che convivono senza contrarre il “matrimonio” hanno il diritto di ricevere una benedizione “semplice”, “spontanea” e “non liturgica”. Ancora più grave è la benedizione data alle coppie omosessuali, poiché il peccato di sodomia è più grave della fornicazione. “Benedire” una coppia omosessuale significa logicamente e implicitamente benedire il suo stile di vita peccaminoso e, soprattutto, la sua convinzione che sia intrinsecamente buono e quindi moralmente e socialmente accettabile. E se queste unioni sono lecite, perché le relazioni “poliamorose” non possono ricevere una benedizione “semplice” e “spontanea”? Secondo la logica di Fiducia Supplicans, un sacerdote potrebbe benedire lecitamente anche un uomo sposato e la sua amante, un sacerdote che vive in aperto concubinato, un membro di una gang assassina e impenitente, o un dittatore che affama milioni di persone innocenti.

Invocare la grazia di Dio su coloro che vivono in stili di vita palesemente peccaminosi senza chiamarli al pentimento desensibilizza clero e laici alla peccaminosità degli atti omosessuali e delle relazioni peccaminose in generale. Alla fine, il peccato sessuale non sarà più considerato come una violazione del comandamento di Dio “Non commettere adulterio”, ma come una realtà accettabile da benedire invece che da condannare.

Coloro che difendono la liceità di Fiducia Supplicans hanno sostenuto che benedire una coppia dello stesso sesso significa benedire i due individui separatamente e non la relazione, ma come può la benedizione di una coppia dello stesso sesso non comportare la benedizione della relazione che lega la coppia? Infatti, benedire un uomo e una donna che hanno ricevuto il sacramento del matrimonio non significa solo benedire ciascuno degli sposi separatamente, ma anche il loro sacro legame. La Lettera agli Ebrei dice: “Il matrimonio sia tenuto in onore” (Ebr 13,4). Ciò conferma quanto stabilito da Dio e ribadito da Nostro Signore Gesù. Il sacramento del matrimonio lega esclusivamente un uomo e una donna per tutta la vita ed è l’unica istituzione per un esercizio moralmente lecito della sessualità accettato da Dio.

3. La “benedizione” delle coppie omosessuali contraddice la missione della Chiesa di chiamare al pentimento.
Una delle missioni principali della Chiesa consiste nell'invitare i peccatori al pentimento: “Nel suo nome saranno proclamati a tutte le nazioni il pentimento e il perdono dei peccati” (Luca 24:46). E il primo annuncio pronunciato da Nostro Signore Gesù è: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4, 17). La Chiesa è stata fondata e continua a esistere, crescere e prosperare grazie al pentimento dei peccatori, che li apre a ricevere la grazia santificante di Dio. È inutile che una persona si converta al cattolicesimo senza pentirsi e condurre una nuova vita virtuosa e casta in Cristo. La Chiesa chiama costantemente al pentimento anche coloro che sono cattolici praticanti, perché mantengano una vita virtuosa. Trascurare la chiamata al pentimento provoca grandi danni alla Chiesa e ai fedeli.

Benedicendo una coppia omosessuale, un ecclesiastico trascura il suo dovere di esortare gli omosessuali al pentimento e mina il suo dovere di invitare al pentimento, con il dovuto amore pastorale, non solo le coppie omosessuali ma tutti coloro che commettono peccati sessuali e coloro che vivono in uno stato di peccato sessuale. La “benedizione” dello stato di peccato rafforza le convinzioni morali errate dei peccatori e li mette a proprio agio con il loro peccato, rendendoli meno propensi al pentimento. Pertanto, coloro che sostengono tali benedizioni, di fatto incoraggiano le coppie dello stesso sesso a perseguire il loro stile di vita peccaminoso, per il quale incorreranno nella condanna di Dio. Coloro che autorizzano la “benedizione” delle coppie omosessuali portano il peso e la responsabilità del grave danno spirituale causato a queste persone. Pertanto, tali “benedizioni” rientrano nella definizione tradizionale di scandalo, poiché inducono altri al peccato.

In tutta evidenza la Dichiarazione Fiducia Supplicans non è un atto di autentica cura pastorale, né un’iniziativa di vera carità verso persone che vivono in situazioni che contraddicono le verità divinamente rivelate. Lo scopo della cura pastorale è quello di fare il bene alle persone, aiutando i peccatori a pentirsi, consolando gli afflitti, assistendo i malati e così via. Ma dalla “benedizione” delle coppie omosessuali non si può trarre alcun beneficio; al contrario, c’è un danno a diversi livelli. Le persone attratte dallo stesso sesso che ricevono tale “benedizione”, e lo stesso sacerdote che la impartisce, affermano tacitamente che il loro agire omosessuale è accettabile. Ciò mette in serio pericolo la loro salvezza eterna. Tale “benedizione” sarebbe come un sigillo dato loro dalla Chiesa – che permetterebbe loro di vantarsi di aver ricevuto la “benedizione della Chiesa” – e costituirebbe una pietra miliare nella loro vita! E non c’è motivo per cui non possano andare da un sacerdote più di una volta per ricevere tale “benedizione”. Inoltre, le persone attratte dallo stesso sesso che partecipano alle “parate gay”, vestite in abiti queer e brandendo cartelli e slogan pro-gay, possono anche entrare in una chiesa cattolica, probabilmente previo accordo con il sacerdote, mettersi in fila e chiedere una “semplice” e “spontanea” benedizione.

Tutto questo serve a sostenere in modo significativo i gruppi e le lobby “LGBTQ” e il loro “orgoglio gay”, ed eleva gli omosessuali praticanti al livello di una “comunità” accettabile all’interno della Chiesa. Questa “benedizione” rafforza anche le “comunità LGBTQ” nella falsa convinzione che il loro stile di vita peccaminoso sia buono, scoraggiandole così dal pentirsi. Soprattutto, li aiuta a giustificare le loro iniziative militanti per ottenere il “diritto” di sposarsi, adottare bambini e normalizzare l’attività omosessuale. In questo modo, intere società, e persino alcune comunità ecclesiali, diventeranno di fatto promotrici dell’ideologia “LGBTQ”.

4. La “benedizione” delle coppie dello stesso sesso è una contraddizione tra la fede e la prassi della Chiesa.
Quando i vescovi dichiarano che oggi la Chiesa “benedice” le coppie dello stesso sesso, affermano essenzialmente che essa “benedice” il peccato per cui Dio punì Sodoma e Gomorra (cfr. Gen 19, 1-29). Quando un ecclesiastico “benedice” una coppia dello stesso sesso, significa che non si oppone al fatto che egli sia coinvolto in una relazione omosessuale a lungo termine. Dichiara anche, di fatto, il suo consenso alla relazione peccaminosa di due o più individui, indipendentemente dal tipo di devianza sessuale che praticano.

Il maggior pericolo potenziale della decisione di “benedire” le coppie omosessuali è la possibilità di ulteriori ripercussioni. È inutile chiarire che tale “benedizione” è solo “semplice” e “spontanea” e che non afferma il legame tra le due parti, così come è inutile sostenere che non ha un significato liturgico. I non credenti e le persone di altre religioni non capiscono il significato di una benedizione cattolica, per cui è naturale che presumano che ricevere simile “benedizione” significhi contrarre una sorta di vincolo matrimoniale. È quindi inutile sostenere che la decisione di benedire le coppie omosessuali “non equivale al sacramento del matrimonio”. Sia le conseguenze immediate che le implicazioni nascoste di vasta portata di questa decisione, potenzialmente poco chiare a prima vista, sono significative a livello religioso, morale, ecclesiastico e sociale. A tali effetti sarà difficile porre rimedio, e altrettanto difficile sarà correggere i danni causati, che con ogni probabilità si aggraveranno.

Se due laici che hanno una relazione omosessuale possono ricevere una “benedizione”, non c’è motivo per cui non la possa ricevere anche un sacerdote omosessuale con il suo partner. E dunque nella Chiesa cattolica ci saranno persone, sia chierici che laici, che sembra abbiano il “diritto” di vivere permanentemente nel peccato mentre l’autorità ecclesiastica non solo ignora ma incoraggia direttamente il loro stile di vita peccaminoso. E così,  nella comunità dei fedeli, queste “benedizioni” diventeranno uno strumento di corruzione morale, soprattutto nei confronti dei minori e dei giovani. Perché mai qualcuno dovrebbe diventare membro di una chiesa che di fatto promuove e benedice il peccato e l’omosessualità?

5. La “benedizione” delle coppie omosessuali e l’abuso della parola “discriminazione”.
Fiducia Supplicans viene brandita come un’arma contro i fedeli cattolici – sia chierici che laici – in quanto sostiene che queste “benedizioni” sono un’iniziativa pastorale di amore e cura verso le persone attratte dallo stesso sesso, che soffrono di discriminazione all’interno della Chiesa. Ma coloro che fanno questa affermazione confondono il linguaggio. Il termine “discriminazione” è attualmente utilizzato per indicare un comportamento ingiusto o non caritatevole nei confronti degli altri, e in questo senso tutti i cattolici concordano sul fatto che la carità, nel senso proprio del termine, deve essere mostrata a tutti. Ma bisogna anche distinguere e differenziare il bene dal male. Questo non lo fanno solo le creature razionali, ma lo fa certamente anche Dio stesso, che distingue o discrimina tra azioni cattive e buone, condannando le prime e benedicendo le seconde. Coloro che accusano la Chiesa di “discriminare” gli omosessuali condannano quindi anche qualsiasi distinzione tra comportamenti buoni e cattivi.

6. La “benedizione” delle coppie omosessuali e la propaganda dell’ideologia gender.
Fiducia Supplicans è anche un’arma che i nemici della Chiesa e i gruppi “LGBTQ” possono facilmente usare per corrompere le società e renderle indulgenti verso stili di vita peccaminosi. Possono facilmente usare questo documento vaticano come un potente mezzo per chiedere uno status legale per le unioni omosessuali nella sfera civile e l’accettazione di questo status all’interno della Chiesa cattolica, solo per esacerbare la profonda divisione già presente all’interno della Chiesa.

Fiducia Supplicans crea una situazione secondo la quale, ai vescovi e ai sacerdoti fedeli che prestano servizio in Paesi in cui la sodomia è ora legalmente permessa, potrebbe essere vietato parlare contro di essa e invitare gli omosessuali al pentimento, e nella quale potrebbe essere vietato ai terapeuti curare coloro che cercano la guarigione. Come potranno vescovi e sacerdoti dire che l’insegnamento della loro Chiesa non permette loro di “benedire” le coppie dello stesso sesso? Anzi, si dirà loro che la loro Chiesa ha autorizzato tali “benedizioni” e che il loro rifiuto di concederle costituisce un “comportamento ostile” contro gli omosessuali, esponendoli così a essere perseguiti, espulsi e impediti di servire come sacerdoti.

7. La “benedizione” di coppie omosessuali durante una cerimonia simile a un matrimonio.
Fiducia Supplicans afferma che la benedizione deve essere “semplice”, “spontanea” e “non liturgica”. Tuttavia, i partner dello stesso sesso probabilmente fisseranno un appuntamento con il sacerdote per ricevere questa benedizione “spontanea” e “non liturgica” e potrebbero persino contrarre un “matrimonio” omosessuale in un tribunale civile o in una “chiesa” non cattolica poco prima di riceverla. Può anche accadere che questa “benedizione” sia accompagnata da una predica. Cosa può impedirlo, purché la “benedizione sia semplice e spontanea”? Il sacerdote potrebbe comporre una preghiera “non liturgica” per la “benedizione”, che potrebbe essere relativamente lunga e includere un linguaggio commovente ed emotivo che assomiglia al linguaggio dell'”impegno” usato nel sacramento del matrimonio. I termini “semplice”, “spontaneo” e “breve” si prestano a un’ampia varietà di interpretazioni.

8. La “benedizione” delle coppie omosessuali e l’accettazione di altre situazioni di peccato.
Le autorità civili, soprattutto nei Paesi che hanno legalizzato il “matrimonio omosessuale”, accoglieranno naturalmente con favore la decisione di alcuni chierici della Chiesa cattolica di “benedire” le coppie omosessuali. E se questa pratica dovesse diventare comune nella Chiesa, sarà difficile farla cessare. Fiducia Supplicans è un preludio alla richiesta di una sorta di cerimonia di matrimonio per le coppie omosessuali nella Chiesa cattolica? La facilità con cui si è sviluppata questa “benedizione” fa pensare che dietro la sua emissione ci siano obiettivi latenti a lungo termine e di vasta portata.

Data la risposta positiva di molti gruppi ecclesiastici e laici nei confronti di Fiducia Supplicans, il significato di questa “semplice” o “breve” benedizione può essere facilmente ampliato ben oltre il suo intento esplicito iniziale. Infatti, come si è notato sopra (n. 2), Fiducia Supplicans apre la porta a una serie infinita di situazioni peccaminose. Se una coppia omosessuale può essere “benedetta”, perché non due minori attratti dallo stesso sesso che si rivolgono a un sacerdote per una “benedizione”? Cosa impedisce di “benedire” un uomo omosessuale adulto che si presenta a un sacerdote con un minore? Secondo la logica di Fiducia Supplicans, il sacerdote non può rifiutarsi di “benedirli”, poiché il documento non dice nulla sull’età di coloro che chiedono tale “benedizione”. Un’indagine da parte del sacerdote sull’età delle parti potrebbe portare al tipo di “analisi morale esaustiva” che la Dichiarazione proibisce.

9. La “benedizione” di coppie dello stesso sesso e l’abuso dell’obbedienza ecclesiastica.
Un altro effetto gravemente dannoso di Fiducia Supplicans è che coloro che non approvano le coppie dello stesso sesso nel cuore della Chiesa cattolica saranno ora etichettati come disobbedienti all’autorità ecclesiastica. Tuttavia, la verità è che rifiutare di “benedire” le coppie dello stesso sesso non è un atto di disobbedienza alla Chiesa, ma solo a quelle autorità ecclesiastiche che abusano del loro potere dato da Dio. Rifiutarsi di dare tali “benedizioni” è, in realtà, una vera obbedienza a Dio, che è più degno di essere obbedito.

I poteri secolari, le lobby “LGBTQ” e le agende anti-Chiesa sono in ultima analisi la forza trainante che ha provocato questa Dichiarazione, il cui scopo è quello di gettare il seme del dubbio profondo nel cuore della Chiesa. Sono prevedibili pressioni significative per costringere i cattolici ad accettarla e promuoverla. Invocheranno falsamente l’obbligo di obbedire all’insegnamento della Chiesa e i sacerdoti e i fedeli che criticheranno Fiducia Supplicans e si rifiuteranno di applicarla saranno accusati di essere infedeli al Papa.

10. La “benedizione” delle coppie dello stesso sesso e la sua influenza sui bambini e sui giovani.
Oggi i genitori e gli educatori cattolici si trovano di fronte a notevoli difficoltà nell’insegnare la sana morale cattolica, soprattutto quella sessuale, poiché i bambini e gli adolescenti sono costantemente bombardati da idee “LGBTQ” attraverso i social media e, peggio ancora, da molte scuole cattoliche e persino dal clero cattolico. Ora, come se non bastasse, Fiducia Supplicans trasmette ai minori e agli adolescenti il messaggio che la Chiesa accetta e approva le coppie dello stesso sesso e le loro relazioni. Gli educatori cattolici e gli insegnanti di catechismo, ingannati dalla pratica di “benedire” le coppie omosessuali, possono benissimo alterare il loro insegnamento sulla vera morale cattolica, fino a giustificare e propagare, direttamente o indirettamente, lo stile di vita omosessuale e la devianza sessuale più in generale.

Conclusione
Fiducia Supplicans mina seriamente la fede e la morale cattolica, trasformando la Chiesa cattolica, almeno nella prassi, in un ambiente accogliente e stimolante per omosessuali e adulteri impenitenti che conducono stili di vita peccaminosi, invece di esortare tali peccatori al pentimento. Il profeta Isaia dichiara: “Guai a voi che chiamate il male bene e il bene male, che sostituite le tenebre con la luce e la luce con le tenebre… perché hanno rigettato la legge del Signore degli eserciti” (Is 5:20, 24). Questa condanna si riferisce in particolare ai pastori della Chiesa che sviano il popolo.

Fiducia Supplicans non è né autenticamente pastorale né autenticamente magisteriale, in quanto mina l’immutabile verità divina l'insegnamento costante del Magistero della Chiesa riguardo al male intrinseco degli atti sessuali al di fuori di un matrimonio valido, in particolare degli atti omosessuali. Ciò impedisce alla Chiesa di riflettere in modo convincente il vero volto di Cristo risorto e di irradiare la bellezza della sua verità davanti al mondo intero.
+Mons. Athanasius Schneider

Mons. Athanasius Schneider è vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Santa Maria ad Astana, in Kazakistan.

sabato 1 giugno 2024

Il Rito Romano Antico e l'applicazione del Summorum Pontificum - Maria Guarini

Programmato, per voi, per l'ora in cui prevedibilmente terrò il mio intervento.

Convegno Internazionale su Vecchio e nuovo modernismo: le radici della crisi della Chiesa, Roma, 23 giugno 2018

Il Rito Romano Antico e l'applicazione del Summorum Pontificum
Maria Guarini

Il 14 settembre 2007 – giorno dell’entrata in vigore del motu poprio Summorum Pontificum – all’Altare della Salus Populi Romani in Santa Maria Maggiore, è stata celebrata la Santa Messa Antica secondo il Messale Romano del 1962 dopo una cattività di 39 anni. Lo stesso è accaduto in tutte le diocesi (o quasi) del mondo. Ѐ stata la prima grande operazione di sdoganamento del rito antico. Ma si è constatato che permettere senza promuovere non garantisce la dovuta efficacia.
Oggi i centri messa destinati all'usus antiquior sono grandemente aumentati, ma stentano a crescere con le potenzialità che prometterebbero, perché continua a mancare la volontà di molti vescovi e sacerdoti di impegnarsi ad introdurre nelle parrocchie la Messa Antica e la relativa 'pastorale' e non viene curata la formazione ad hoc nei seminari.
Per l’ala progressista oggi imperante nella Chiesa non siamo altro che un'adunata di acquiescenti da tenere sotto controllo ben inquadrati nel loro recinto, piuttosto che comunità consolidate, in crescita, dedite alla vita di fede, saldamente fondate su un nucleo di sacerdoti che sono lì esclusivamente per questo. Una certa provvidenziale inversione di tendenza diffusa in tutto l’orbe cattolico ce la mostrano i seminaristi più giovani che esprimono grande interesse per l’antico rito. Quando essi diventano 40 come a Parigi (e forse soffocarne la sensibilità, come avviene sistematicamente altrove, sarebbe problematico) allora la cosa si fa interessante e fa ben sperare.

Il Summorum Pontificum ha dato e dà vita a iniziative estemporanee, come Pellegrinaggi, Convegni, Conferenze, celebrazioni occasionali o a cadenza estremamente dilatata (una volta al mese, un venerdì alla settimana etc.). Sono iniziative utili per il 'lancio', per avvicinare i fedeli ignari, ma poi dovrebbe scaturirne la stabilità del celebrare tutti i giorni la Messa, e poi l'ufficio, i Sacramenti... l’intera pastorale che – secondo il triplice munus – insegna santifica e guida.

In troppi casi la Messa antica diventa occasione di una esperienza spirituale in più, offerta ai fedeli nel mare magnum delle tante. Una concessione alla sensibilità di una minoranza di supposti nostalgici, ritenuti perfino in via di estinzione. Ma da quando il rito è questione di sensibilità? Davvero la "sensibilità" può essere motivo sufficiente per pretendere la celebrazione di una forma rituale piuttosto che un'altra? Qui è in ballo qualcosa di molto più serio della sensibilità, è in ballo la nostra identità di cattolici.

Di fronte alla perversa fascinazione di slogan contrabbandati come tradizionali, quali: ‘Riforma della riforma" e "Mutuo arricchimento", la soluzione è una sola: celebrare sempre, quotidianamente, la liturgia antica, così come essa ci è stata consegnata, sfruttandone all'estremo tutte le possibilità, tendendo alla perfezione per svelarne tutta la magnificenza formale e contenutistica (polifonia, proprio gregoriano, partecipazione comunitaria alla liturgia delle ore in canto) e curandone anche la pastorale catechetica.

Solo così può crearsi un nucleo di fedeli talmente numeroso e forte da non poter più essere messo in discussione; solo così il Summorum Pontificum può diventare, finalmente, "irreversibile". Per adesso sono rarissimi i luoghi dove queste premesse di irreversibilità si sono già realizzate, e Vocogno, nella Val Vigezzo è un esempio virtuoso; ma altrove, se domani abolissero SP, si rischierebbe di tornare alla sparuta clandestinità degli anni settanta-ottanta.

Mentre di fatto sta galoppando una Riforma della Riforma in negativo: Lavanda dei piedi alle donne e perfino ai non credenti, traduzioni a rischio impazzimento locale, commissione di studio per la messa ecumenica che purtroppo è sempre più incombente.

Nei tempi più recenti, abbiamo bevuto l'amaro calice del motu proprio Magnum principium (9.9.2017), che modifica il can. 838 del Codice di diritto canonico, riguardante le competenze della Santa Sede, delle Conferenze episcopali e dei Vescovi diocesani nell’ordinamento della liturgia. Si tratta di un colpo di spugna all’istruzione Liturgiam authenticam(7.5.2001), già temuto e preconizzato(1), “sull’uso delle lingue volgari nella pubblicazione dei libri della liturgia romana”. Di fatto siamo al 'rompete le righe' anche col decentramento alle Conferenze episcopali della preparazione dei libri liturgici, che mina l'unità e l'universalità de La Catholica.
Richiede attenzione il seguente passaggio della Correctio papale(2) alle affermazioni del card. Sarah in un documento [qui] che attenuava la svolta rivoluzionaria della Lettera Apostolica(3) : «Il Magnum Principium non sostiene più che le traduzioni devono essere conformi in tutti i punti alle norme del Liturgiam Authenticam, così come veniva effettuato nel passato». Tale affermazione unita all’altra secondo cui una traduzione liturgica “fedele” «implica una triplice fedeltà» – al testo originale, alla lingua della traduzione, alla comprensibilità dei destinatari – lascia intendere che Magnum Principium è considerato come l’inizio di un processo che può portare molto lontano in direzione di una vera e propria devolution liturgica.  I ‘processi’ innescati come mine vaganti sono più d’uno e la frammentazione nella Chiesa acquista velocità sia sulla dottrina che sulla morale e ora sulla liturgia, fons et culmen di tutto.

Ora vorrei soffermarmi piuttosto sulle ragioni della nostra tenace resistenza nel custodire e far conoscere il nostro tesoro. Ci sono elementi dei quali mi limito a declinare un elenco essenziale. Dobbiamo averli ben presenti perché sfatano la leggenda delle “due forme dell’unico Rito”. La forma è sostanza. Lo vedremo dai seguenti punti, che espongo velocemente,  quali abstract di una relazione più approfondita, da sviluppare. La cifra dell'intero discorso è lo ius divinum al culto come ce lo ha consegnato il Signore e ci è pervenuto fin dall’epoca apostolica. L’enucleazione dei vari punti rappresenta gli elementi divergenti tra i due Messali che ci inducono a  resistere e a impegnarci nel custodire e far conoscere il Rito Romano Antico nonostante le difficoltà.

Noterete che essi toccano quelli che in altra sede(4) ho definito ‘bachi’ presenti in alcuni documenti conciliari  (ampiamente individuati ed illustrati), la cui ambiguità, non così evidente a prima vista, ha consentito le applicazioni spurie di cui lamentiamo gli effetti.
  1. Sacrificio.
    Ricordando che la Santa Messa è il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, si offre dal Sacerdote a Dio sull’altare in memoria e rinnovazione del Sacrificio della Croce, il n.47 della Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, passa sotto silenzio sia il fine propiziatorio (espiatorio) del Sacrificio, che il termine transustanziazione, peraltro inopinatamente assente dall'intero documento. Notevoli perplessità suscita anche il n. 48, nel quale viene oltrepassata la Mediator Dei [vedi] non distinguendo l’azione del fedele da quella del sacerdote, mentre il n.106 descrive “il mistero pasquale” (enfatizzato accentuando la Risurrezione), con espressioni che presentano la S. Messa essenzialmente come memoriale e “sacrificio di lode”, alla maniera dei protestanti. La tavola del banchetto al posto dell’Altare del sacrificio ne è l’immagine plastica.
  2. Assemblea celebrante
    Nei suddetti articoli della SC appaiono già gli elementi della definizione della montiniana Nuova Messa, nell’art. 7 della Institutio Novi Messali Romani, del 1969, tuttora vigente: “La Cena del Signore o Messa è la santa assemblea o riunione del popolo di Dio che si raduna sotto la presidenza del sacerdote per celebrare il memoriale del Signore”; definizione che suscitò a suo tempo le angosciate quanto inutili proteste di tanti fedeli e sacerdoti, e la ben nota presa di posizione dei cardinali Ottaviani e Bacci, a causa del suo evidente carattere protestante. 
    Nel decreto Ad Gentes  sull’attività missionaria della Chiesa, la variazione nel significato della Messa è ancora più evidente:  vi si dice che i catecumeni partecipano alla S. Messa ossia “celebrano il memoriale della morte e della resurrezione del Signore con tutto il popolo di Dio (definizione – di conio tutto Conciliare – dal sapore vetero-testamentario, che tende a sostituire quella ben più forte e identitaria di “Corpo mistico di Cristo”)” (AG 14), il quale “popolo di Dio” non assiste dunque alla Messa ma la “celebra”, assieme all’officiante, evidentemente; idea che sembra potersi ricavare da SC 48 sopra ricordato.
  3. Orientamento.
    Cito don. Manfred Hauke(5) [qui]: La preminenza del sacrificio per la descrizione della Santa Messa ha anche le sue conseguenze per l’orientamento della preghiera. Al sacrificio corrisponde il rivolgersi a Dio da parte del celebrante e di tutta l’assemblea liturgica. Quando il sacerdote parla con Dio, non fa senso chiedere un rivolgersi verso l’assemblea. È la cosa migliore, se il celebrante si rivolge assieme a tutta l’assemblea alla croce e all’altare, possibilmente nella direzione dell’oriente. L’oriente, il sol nascente, sta per il Cristo risorto il cui ritorno aspettiamo alla fine dei tempi. Un rivolgersi al popolo invece è indicato per la proclamazione della Parola di Dio e per la comunicazione della grazia nei saluti, nella benedizione e nella distribuzione della Comunione. Questo orientamento è anche possibile nel rito di Paolo VI, ma le disposizioni del rito antico sembrano più propizie a questo fine, mettendo al centro la croce, l’altare e il Signore stesso nel Tabernacolo. E dunque la celebrazione VO esclude che si determini un cerchio orizzontale di persone che si parlano addosso perdendo la verticalità, la soprannaturalità, ignorando che nella liturgia c’è un linguaggio fatto anche di gesti e comportamenti che introduce al mistero.
  4. Offertorio trasformato in berakah ebraica. 
    Nessun documento conciliare autorizzava a operare tagli selvaggi all’Offertorio, sostituendo all’Hostia (vittima) pura santa e immacolata il “frutto della terra e del nostro lavoro”, trasformando così l’Offerta di Cristo, già prefigurata nelle oblate, in una berakah (preghiera di lode e benedizione) ebraica, che il Signore ha certamente pronunciato, ma che non è il punto focale della sua Azione, del Novum che egli ha introdotto nell’Ultima Cena. Cito Mons. Athanasius Schneider: «In tutta la storia della liturgia romana, ma anche nelle liturgie orientali, l’Offertorio è sempre stato legato all’attuazione del sacrificio del Golgotha. Non si trattava di preparare la Cena, ma di preparare il sacrificio eucaristico che aveva come frutto il convivio della comunione eucaristica. Ciò che si offre, viene dato per il sacrificio della Croce, si tratta di ciò che possiamo chiamare “un’anticipazione simbolica».
    L’Offertorio è sacrificale: è un’anticipazione per dare modo a tutti di unirsi all’Offerta di Gesù, è una  preparazione che anticipa un crescendo. L’Offertorio, nella sua primitiva accezione, aveva ben presente il Sacrificio come prolessi, cioè come anticipazione del Sacrificio a venire. Le oblate sono intimamente legate al Sacrificio. L’Offertorio fa parte integrante dell’Actio del Canone, nel cuore della Santa Messa.
  5. Creatività.
    Appare inoltre l’inaudita novità dell’introduzione nella Liturgia stessa del principio di creatività, sempre nella costituzione SC agli artt. 37-40, sia pure in teoria sotto il controllo della Prima Sedes, rivelatosi poi nei fatti quasi sempre accademico ed oggi ancor più diluito dal motu proprio Magnum Principium. Il principio di creatività è stato sempre avversato nei secoli da tutto il Magistero, senza eccezioni, come cosa nefasta, da evitare nel modo più assoluto, ed è considerato da molti il vero motivo del caos liturgico attuale. Esso viene corroborato dall’ampia e del tutto nuova competenza attribuita alle Conferenze Episcopali in materia liturgica, ivi compresa la facoltà di sperimentare per l’appunto nuove forme di culto (SC 22 § 2, 39, 40), contro l’insegnamento costante del Magistero, che ha sempre riservato al Sommo Pontefice ogni competenza in materia, quale massima garanzia contro l’introduzione di innovazioni liturgiche.
  6. Inculturazione.
    In armonia con il principio della creatività, la SC ha introdotto due altri elementi di riforma incompatibili con la tradizione e rivelatisi esiziali: l’adattamento del rito alla cultura profana ossia all’indole e alle tradizioni dei popoli, alla loro lingua, musica, arte, appunto mediante la “creatività” e la “sperimentazione liturgica” (SC 37, 38, 39, 40, 90, 119). e mediante la semplificazione programmatica del rito stesso (SC 21, 34). Ciò che l'Abbé Barthe nella sua relazione ha definito "esplosione di varianti"...  Anche questo contro l’insegnamento costante del Magistero, secondo il quale è la cultura dei popoli a doversi adattare alle esigenze del rito cattolico e senza che nulla si debba mai concedere alla sperimentazione o comunque al modo di sentire dell’uomo del Secolo. Una delle prove evidenti dell’antropocentrismo conciliare.  Ed ecco che oggi il rito della Messa è frammentato in diversi riti a seconda dei continenti se non delle nazioni, con infinite variazioni locali, ad libitum del celebrante, variazioni che non escludono l’intrusione di elementi pagani nel rito stesso senz’alcun richiamo della S. Sede o dei vescovi..
  7. Disuso del Latino
    La frammentazione e l’imbarbarimento del culto cattolico sono dovuti anche all’abbandono del latino quale lingua liturgica antica ed universale, unificatrice del rito e nello stesso tempo custode di formule indissolubilmente legate alla tradizione dogmatica, che l’immutabilità linguistica preserva da innovazioni arbitrarie.  L’epocale mutazione fu autorizzata da Paolo VI. Ora, la SC ordina di conservare (servetur) “l’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, nei riti latini” (SC 36 § 1).  Ma consente anche di “concedere alla lingua nazionale una parte più ampia”, secondo le norme ed i casi fissati nello stesso paragrafo. Ma le norme di carattere generale stabilite dal Concilio attribuiscono alle conferenze episcopali un’ampia competenza per ciò che riguarda l’introduzione del vernacolo nel culto (SC 22 § 2, 40, 54).  E numerosi sono i casi nei quali si autorizza l’uso parziale o totale della lingua nazionale: SC 63, nell’amministrazione dei Sacramenti, sacramentali e nei rituali particolari; SC 65, nei riti battesimali, presso i Paesi di missione;  SC 76, nella consacrazione dei sacerdoti;  SC 77  e 78, nel matrimonio;  SC 101, nelle preghiere dell’ufficio divino; SC 113, nella liturgia solenne della Messa. L’uso del latino era ancora raccomandato ma si aprivano al volgare notevoli varchi che ora sono diventati voragini.
  8. I tagli e le variazioni: Oltre a quanto ricordato per l’Offertorio, penso a tutti i riferimenti a S. Michele Arcangelo, alla Vergine e alla Comunione dei Santi, (ad es. nel Confiteor sostituiti con l’orizzontalità di “voi fratelli”). Quanto alle variazioni, penso alla formula Consacratoria che merita un approfondimento specifico, ma il tempo non lo consente.
    Cito Romano Amerio (riedito nel 2009 con una preziosa postfazione di Enrico Maria Radaelli)(6): “Poiché la parola consegue all’idea, la loro scomparsa [delle parole, nel nostro caso intere formule] arguisce scomparsa o quanto meno eclissazione di quei concetti un tempo salienti nel sistema cattolico”.
    Ritorniamo al pericolosissimo oblio del carattere sacrificale della Messa cattolica. Oblio che conduce lentamente ma inesorabilmente all'eresia. Cito Michael Davies: “nel nuovo rito anglicano della messa, quello del Prayer book del 1549, non troveremo affermate delle eresie, ma omesse verità di fede essenziali. Le omissioni, il “taciuto”, in liturgia è sempre grave, perché rinunciare ad affermare con completezza e chiarezza tutte le verità di fede implicate, può portare a un vuoto di dottrina nei sacerdoti e nei fedeli che nel futuro apre il campo all'eresia: in parole semplici oggi sei cattolico con una messa eccessivamente semplificata, domani senza saperlo ti ritrovi protestante perché la forma della tua preghiera non ha nutrito più la tua fede. Ecco cosa dicono i vescovi cattolici inglesi: “Per dire le cose brevemente, se si compara il primo Prayer Book di Edoardo VI con il messale (cattolico), vi si scoprono sedici omissioni, il cui scopo era evidentemente quello di eliminare l’idea di sacrificio”
* * *
Oggi appare ben chiaro come tutto l'impianto delle innovazioni e l'apparato concettuale che lo sottende sia fondato, già in nuce, su un'idea  rivoluzionaria di Chiesa di conio vaticansecondista, che non fa altro che citare all'infinito documenti conciliari e post-conciliari che si richiamano l'un l'altro legittimandosi a vicenda, le cui variazioni - ormai vere e proprie rotture - si fanno sempre più audaci ad ogni tappa successiva, in continuità esclusivamente all'interno del loro nuovo impianto paradigmatico, ma senz'alcun legame, e quindi in discontinuità, col magistero perenne ritenuto obsoleto per definizione. Nel contesto in esame l'innovazione non espressa, ma che è alla radice di tutto, è la collegialità. Ho approfondito il tema nei testi: Collegialità episcopale o episcopato subordinato? Le implicazioni nell'Amoris Laetitia(7) [qui] e Conciliarità sinodalità. Come cambia la Chiesa? [qui]. Abbiamo appena ascoltato l'interessante trattazione di p. Kallio su questo tema.
Ribadisco di seguito considerazioni che non mi stanco di ripetere finché non ci sarà chi di dovere che ne tragga le conseguenze pratiche per poter ripareggiare la verità (l'espressione è di Romano Amerio).

Il nocciolo del problema è che oggi, a partire dal concilio 'pastorale', nessun papa si è più pronunciato, né - per come stanno ora le cose - più si pronuncerà ex cathedra (e dunque impegnando l'infallibilità). E ciò anche in virtù del nuovo paradigma di 'tradizione vivente' in senso storicista che assegna la facoltà di riformare la Chiesa alla Chiesa del presente, secondo la ratzingeriana ermeneutica della riforma intesa come rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa che cambia ad ogni epoca, commisurata alla cultura del tempo e realizza la lettura del Vangelo sulla base di quest'ultima, anziché viceversa(8). Per cui, mentre da un lato il card. Burke può dire che l'esortazione Amoris Laetitia non è Magistero perché non riafferma l'insegnamento costante della Chiesa e non implica adesione de fide, dall'altro il papa ha potuto decretare la pubblicazione negli AAS dei criteri interpretativi dell'AL dei vescovi argentini e della lettera papale loro indirizzata, spuri rispetto all’insegnamento costante delle chiesa. E così il card. Schönborn può affermare che l’AL è Magistero e come tale va accolta e il credente vi si deve adeguare. A livello individuale una coscienza ben formata sa a Chi deve obbedire. Ma finché non si recupererà la giusta collocazione del soggetto-Chiesa rispetto all'oggetto-tradizione, la confusione continuerà a regnare sovrana con gravi conseguenze per la salus animarum.

E finché non si prenderà atto che gli aspetti ribaltanti dell'eredità conciliare sono i veri nodi da sciogliere, il nostro impegno di riaffermazione della verità secondo il Magistero costante sarà utile per le anime libere, potrà continuare a defluire come una vena aurea cui attinge chi la trova o come un canale carsico che potrà riaffiorare al termine di questa notte oscura, ma oggi non può avere alcuna efficacia su una realtà così deformata e deformante. E la stessa grave solennità di una possibile correzione canonica, rischia di non ottenere i risultati voluti e sperati. A meno che non intervengano fattori o si destino rette volontà al momento impensabili. Ciò non significa rinnegare il Concilio Vaticano II, ma sottoporne i documenti ad un attento discernimento alla luce del Magistero costante, come Mons. Brunero Gherardini (mi piace ricordarlo qui e ora) chiedeva, inascoltato,  a Benedetto XVI nella Supplica a conclusione della sua meditazione teologica sul Concilio(9): Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare [qui] che purtroppo è divenuto Il discorso mancato(10) [qui - qui].
Concludo parafrasando le sue parole dall’introduzione al mio saggio sulla questione liturgica nel quale ho affrontato anche i molteplici aspetti sopra elencati ed altri(11).
“L’amore per la tradizione ci consente sia di volgerci indietro sia  di guardare in avanti. Conosciamo l’evolversi del fatto liturgico attraverso tanti secoli di storia ecclesiastica e d’adattamento del culto alla sempre più profonda comprensione del mistero in esso e con esso celebrato. E presi dalla bellezza ineffabile e dalla ricchissima simbologia d'ogni azione liturgica, ne traiamo la conclusione in termini di coerenza cristiana: gettarsi in ginocchio, adorare e ringraziare. (cosa più difficile col nuovo rito).
Se è vero che liturgia e fissismo non vanno d’accordo, è altrettanto vero che dell’autentica liturgia non è un ottimo interprete né chi sa o preferisce voltarsi soltanto all’indietro, né chi, guardando in avanti, non ha occhi se non per l’ancor confuso domani. Se s’è d’accordo su questo, allora si capisce perché né l’archeologismo fine a se stesso, né l’improvvisazione, fosse pur seria, devota ed edificante, potrebbero esser mai vera liturgia”.
Per evitare di trasformare un mirabile Ordo nel trionfo dell’informe. _________________________________
1. Un altro serio vulnus a La Catholica. La revisione di Liturgiam Authenticam : https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/01/un-altro-serio-vulnus-ai-fondamenti-de.html
2. Correctio papale al Card. Sarah: http http://lanuovabq.it/storage/docs/lettera-papa.pdf
3. Documento del card. Robert Sarah sulle traduzioni per la Liturgia: https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/10/documento-del-card-sarah-sulle.html
4. Maria Guarini, La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II, Ed. DEUI, Rieti 2012
5. Manfred Hauke, La Santa Messa, Sacrificio della Nuova Alleanza, relazione tenuta nel 2008, pubblicata in Vincenzo M. Nuara (a cura di), Atti del Convegno Il Motu proprio "Summorum Pontificum" di S.S. Benedetto XVI. Una ricchezza spirituale per tutta la Chiesa, Fede & Cultura, Verona 2009, pp. 48-64.
6. Romano Amerio, Iota Unum. Studio delle variazioni nella Chiesa Cattolica nel secolo XX,  Lindau, Torino 2009
7. Collegialità episcopale o episcopato subordinato? Le implicazioni nell'Amoris Laetitia - http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2017/01/collegialita-episcopale-o-episcopato.html ; Collegialità Sinodalità. Come cambia la Chiesa? - http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2015/10/conciliarita-sinodalita-come-cambia-la.html
8. Nec plus ultra http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2013/09/nec-plvs-vltra.html ; Nec plius ultra english http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2013/09/nec-plvs-vltra-here-and-no-further.html
9. Brunero Gherardini, Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, 2009
10. Brunero Gherardini, Concilio Vaticano II. Il discorso mancato. Lindau, 2011
11. Maria Guarini, Il Rito Romano antiquior e il Novus Ordo dal Vaticano II all'epoca dei 'due Papi’, Solfanelli, Seconda Edizione 2017