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lunedì 22 marzo 2021

Un diktat crudele e (molto) anomalo: sul divieto delle messe nella Basilica Vaticana

Nella nostra traduzione da Catholic World Report torniamo sull'anomalo divieto delle Sante Messe nella Basilica Vaticana pubblicato qui; Comunicato del card. Burke qui. Ora ne parla un articolo di George Weigel, scrittore, giornalista e biografo di Giovanni Paolo II. L'arbitrario divieto viola, insieme, l'unità l'universalità e l'accoglienza de La Catholica...
Ieri mattina si sono celebrate le ultime messe private (con o senza fedeli) presso gli altari laterali della Basilica di San Pietro a Roma, dopo un decreto della Segreteria di Stato Vaticana che le vieta da oggi. 
Questa Tradizione è sopravvissuta per secoli. Preghiamo affinché si riprenda nella Cattedra di San Pietro la possibilità di offrire queste Messe per la maggior Gloria di Dio.

Nell'immagine a lato:
La celebrazione del Rito Romano antico
all'altare di San Michele Arcangelo, 21 marzo 2021

Un diktat crudele e (molto) anomalo: sul divieto delle messe nella Basilica Vaticana

Una settimana dopo la pubblicazione di una bizzarra istruzione (successivamente affissa sulla porta della sacrestia della basilica) che vieta le Messe mattutine presso gli altari laterali dell’Arcibasilica Papale di San Pietro in Vaticano, restano interrogativi sulle origini di questo ukase (atto perentorio e assolutistico -ndT), sui suoi vizi formali [qui], sui suoi curiosi destinatari, sulla sua legalità, e sulla sua intenzione – nonostante numerose richieste all’Ufficio Stampa del Vaticano e alla Prima Sezione della Segreteria di Stato del Vaticano, sulla cui carta intestata il decreto è stato stampato.

Questo silenzio suggerisce che l’ufficio stampa è stato colto alla sprovvista da questa azione sommaria, e che sulla questione non c’è stata alcuna consultazione degli organi competenti della Curia Romana, compresa la Congregazione per il Culto Divino. Suggerisce anche che molti che hanno riconosciuto che questa azione improvvisa e senza precedenti fosse ingiustificata (per non dire illegale secondo il diritto canonico) hanno avuto paura di protestare anche privatamente contro il decreto. Chi conosce l’attuale atmosfera tremebonda all’interno del Vaticano trarranno probabilmente la conclusione adeguata sulla provenienza e sulla natura di questo diktat autoritario.

Per oltre trent’anni, ho trovato nella messa mattutina in uno degli altari laterali di San Pietro una delle gioie della vita romana. Sia che stessi semplicemente assistendo un amico sacerdote che celebrava la Messa su mia richiesta, o che partecipassi alla Messa con un piccolo gruppo di amici o familiari, l’esperienza era sempre di preghiera e riverenza. Inoltre, la Messa mattutina a San Pietro era una profonda esperienza dell’universalità della Chiesa come Corpo Mistico di Cristo sacramentalmente costituito, visto che agli altri altari laterali il Santo Sacrificio veniva offerto in molte altre lingue, con pellegrini provenienti da tutto il mondo.

Altrettanto impressionante il fatto che  in quelle ore tra le 7 e le 9 del mattino la basilica era una vera casa di preghiera, in netto contrasto con la frenetica, spesso caotica, atmosfera da museo di San Pietro dal momento in cui le prime messe del mattino erano completate fino alla chiusura serale della basilica. Non nego a nessuno l’ammirazione per il progetto originale di Bramante della “Nuova San Pietro”, o per il genio di Michelangelo nel modificare i piani di Bramante con l'inclusione di una cupola molto più grande, o per la bellezza del magistrale schema decorativo del Bernini, che ha richiesto cinquantasette anni per essere completato. Eppure, durante le ore turistiche, San Pietro è proprio questo: un sito turistico, pieno di chiacchiere e foto con iPhone, nonostante la tranquilla serenità della sua cappella del Santissimo Sacramento. Non c’è decoro; l’unico momento di decoro sperimentato nello spazio più riconoscibile del cattolicesimo è stato quando avvenivano le celebrazioni delle messe di prima mattina nei 45 altari laterali e nelle 11 cappelle della basilica.

Quel tempo tranquillo e riflessivo era anche un momento sia di accoglienza che di decoro, altra merce rara nelle grandi basiliche di Roma, molti dei cui custodi non sono i più accoglienti. Eppure in San Pietro alle 7 o alle 7.30 del mattino, il personale della sacrestia non avrebbe potuto essere più cortese nell’accogliere i sacerdoti che provenivano da molti paesi. Nella mia esperienza di attesa dei miei amici sacerdoti, tutto veniva ordinato in sacrestia e i giovani chierichetti che accompagnavano il celebrante (e il suo gruppo, se ne aveva uno) a uno o all’altro degli altari laterali erano efficienti e ben educati.

Così la pretesa del decreto del 12 marzo, emesso per favorire un’atmosfera più orante e decorosa nella basilica, è una sciocchezza. Con l'imporre che praticamente tutte le Messe di prima mattina siano concelebrate, e col garantire virtualmente che quelle concelebrazioni saranno in italiano, il diktat viola sia l’universalità che l’ospitalità, assicurando un’atmosfera più confusa e meno riverente agli altari dove queste Messe saranno celebrate – non ultimo in condizioni pandemiche di distanziamento sociale e via dicendo.

E perché la limitazione di fatto ad una sola lingua, che non è la lingua universale della Chiesa? Che tipo di accoglienza rappresenta per il 99,2% della popolazione mondiale per la quale l’italiano non è la prima lingua? Io sono perfettamente in grado di partecipare alla Messa in italiano, e lo faccio regolarmente e volentieri quando partecipo alla Messa in altre chiese romane. Ma perché l’italiano viene imposto a tutta la Chiesa mondiale se vuole partecipare alla Messa in San Pietro la mattina presto?

La stessa forma del decreto del 12 marzo è così anomala da sollevare immediatamente domande sulla sua autenticità. Non è firmato, ma solo siglato dall’arcivescovo Edgar Peña Parra, il capo della Prima Sezione della Segreteria di Stato. Ma perché questo diktat è stato emesso dalla Prima Sezione (la Sezione per gli “Affari Ordinari”) del Segretario di Stato, che non ha alcuna competenza sulle celebrazioni liturgiche in San Pietro o in qualsiasi altro luogo? (C'è chi ha iniziato a speculare sul “Deep Stato”; sia come sia, un decreto di questo tipo proveniente dalla Prima Sezione è del tutto irregolare). La Prima Sezione emetterà ora un giudizio sulle indulgenze? O sui paramenti liturgici? O su qualsiasi altra cosa su cui le venga detto di pronunciarsi?

Sconcertante anche il fatto che il decreto non portasse alcun numero di protocollo, considerato essenziale in ogni comunicazione ufficiale e autorizzata. Ciò semplicemente dimostra l’incompetenza della Prima Sezione (non sconosciuta di questi tempi, a detta di molti)? O suggerisce che il decreto è un falso? Nessuno ora lo crede. Ma in ogni caso un documento ufficiale della Segreteria di Stato senza numero di protocollo è del tutto irregolare.

Anche i destinatari del decreto sono misteriosi; il che ancora una volta suggerisce trattarsi di una decisione arbitraria, non molto ben ponderata. Il nuovo Arciprete di San Pietro, il Cardinale Mauro Gambetti, O.F.M.Conv., non è nella lista di coloro ai quali il diktat è stato inviato. Perché no? Perché la lista dei destinatari includeva il capo del Commissariato per la Fabbrica di San Pietro (tipicamente occupato con la manutenzione e le riparazioni), il Capitolo dei Canonici della basilica (un organo ampiamente cerimoniale), e l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche della Basilica (il che ha un certo senso, almeno), ma non il responsabile, l’Arciprete?

Inoltre, il decreto fa un uso errato del linguaggio tecnico: altra indicazione di una Prima Sezione in disordine, forse, ma che certamente ha sollevato sopracciglia e domande. Nel limitare le celebrazioni della Forma Straordinaria della Messa a un solo luogo della basilica, la piccola Cappella Clementina nelle grotte vaticane, l’ukase ha usato il termine rito straordinario, che non solo è sbagliato, ma contraddice l’insistenza di Papa Benedetto XVI che esiste un solo Rito Romano, che ha due “forme” – Ordinaria e Straordinaria (in realtà l'immutato Rito Romano Antico -ndT).

Limitare la celebrazione della Forma Straordinaria a un piccolo numero di fasce orarie in una piccola cappella sotterranea ghettizza efficacemente coloro che credono di pregare meglio in quel modo; e mentre non mi annovero tra loro, non vedo perché la loro preferenza debba essere trattata come se fosse una sorta di malattia contagiosa. Il decreto si riferisce anche a un lettore e a un cantore che “animano” le concelebrazioni autorizzate, il che è, per dirla in modo gentile, una formulazione curiosa, che suggerisce che una Messa celebrata senza un lettore o un cantore sia in qualche modo “non animata”. Questo strano uso viola anche l’insegnamento della Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, che al numero 7 insiste che è Cristo stesso che anima il culto della Chiesa.

Il decreto calpesta anche il diritto ecclesiastico (non necessariamente una novità in un pontificato il cui accordo con la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi viola il canone 377 n.5 del Codice di diritto canonico). Imponendo come norma la concelebrazione nella basilica al mattino presto, il decreto sembrerebbe violare almeno lo spirito del canone 902, che afferma che ogni sacerdote è “pienamente autorizzato a celebrare l’Eucaristia individualmente”. Poi c’è la restrizione dell’uso della Forma Straordinaria ai “sacerdoti autorizzati”, che viola le disposizioni del Motu Proprio di Benedetto XVI del 2007, Summorum Pontificum, che concede il permesso di usare il Rito Straordinario ad ogni sacerdote.

I soliti difensori dell’attuale pontificato hanno cercato di montare le solite difese, suggerendo trattarsi di uno sforzo per promuovere lo “spirito del rinnovamento liturgico introdotto dal Concilio Vaticano II” (come ha affermato in America Gerard O’Connell). Ci si chiede quando queste persone smetteranno di parlare di un amorfo “spirito” conciliare come giustificazione universale per qualsiasi cosa vogliano giustificare. Eppure, come si fa a far quadrare il divieto delle messe individuali e di piccoli gruppi sugli altari laterali di San Pietro con il “populismo” papale così celebrato da quegli stessi difensori? Non c’è nulla di populista in questo ukase – termine che uso deliberatamente –, poiché ciò che è stato fatto il 12 marzo assomigliava più al diktat di uno zar russo autocratico che alla decisione attentamente ponderata di una Chiesa “sinodale”.

Ma forse, di questi tempi, alcune persone della Chiesa sono meno uguali di altre, un po’ come nelle ultime pagine della Fattoria degli animali di Orwell.

Per quanto riguarda il Vaticano II, questa decisione di ghettizzare la Forma Straordinaria del Rito Romano nella Cappella Clementina non farà che consolidare la convinzione di alcuni che il rinnovamento liturgico del Concilio non fu solo mal attuato ma fu in realtà un terribile errore. Io non condivido affatto questo punto di vista. Ma posso facilmente immaginare cosa alcuni faranno di questo ultimo sforzo per imporre alla Chiesa una forma della Santa Messa in cui alcuni trovano difficile pregare.

I vescovi, i sacerdoti e i laici cattolici che hanno beneficiato spiritualmente della Messa mattutina agli altari laterali di San Pietro dovrebbero far conoscere al Santo Padre la loro angoscia per questo decreto crudele e molto insolito, sia a lui direttamente con una lettera o scrivendo al loro locale Nunzio o Delegato Apostolico. Potrebbe anche essere utile se quei cardinali curiali che ho visto regolarmente celebrare la Messa mattutina in San Pietro, spesso con la sola assistenza di un chierichetto, facessero conoscere a Papa Francesco il loro sconforto. Poiché tra questi cardinali ci sono uomini vicini al Papa, come l’elemosiniere pontificio Konrad Krajewski, questo potrebbe fare qualche differenza.

Dal 22 marzo, quando questo ukase entrerà in vigore, San Pietro sarà molto meno casa  di preghiera di quanto non lo fosse prima. Ed è una grande tristezza, specialmente in un momento in cui la Chiesa e il mondo hanno un gran bisogno della potenza dell’Eucaristia e della testimonianza di un’intensa pietà eucaristica.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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