Quella che segue è l'analisi impietosa di Socci sulla presente situazione di questo pontificato suscitata da un tanto clamoroso quanto inatteso scritto di Melloni su Repubblica di ieri. L'esposizione non manca di lacune e fraintendimenti. Ovvio che non basta dirlo e andrebbe argomentato. Ma a dimostrarlo c'è tutta la decennale attività di questo blog con le denunce, le analisi e le sintesi condivise in diretta, in concomitanza con l'anomalo e dirompente svolgersi degli eventi, in presenza di gesti e parole inauditi... E questa, intanto, è una semplice presa d'atto, per la cronaca, che si va facendo sempre più incalzante.
Cosa sta succedendo nella Chiesa Cattolica? Siamo alla vigilia di un terremoto? Molti segnali inducono a pensarlo e quello arrivato ieri dalle colonne di “Repubblica” – a firma di Alberto Melloni – è davvero clamoroso, perché mostra il duro divorzio di certe aree cattoprogressiste da papa Bergoglio che prima sostenevano entusiasticamente.
Melloni – simbolo della “Scuola di Bologna” e dell’ala “progressista” della Chiesa – inizia la sua requisitoria sottolineando che il cardinale tedesco Marx, nella sua recente lettera di dimissioni, “ha di fatto chiesto le dimissioni del Papa”.
Marx è il leader del potente e ricco episcopato tedesco che, con il suo Sinodo, sembra voler fare una rivoluzione. I vescovi tedeschi sono gli storici sostenitori di Bergoglio, ma la loro fuga in avanti non ha il suo appoggio e ora sono palesemente delusi.
Melloni cita poi altre episodi recenti, come il decreto papale che limita a dieci anni “il mandato dei capi e degli organi dei movimenti ecclesiali”. Norma che – secondo Melloni – “comprime i diritti dei fedeli” e “fissa la liquidazione dei capi in carica in nome di un bene definito ideologicamente”.
Peraltro si tratta di capi di movimenti che sono tutti allineatissimi al pontificato bergogliano e che, in questi anni, sono praticamente appassiti: non se ne vede più la vitalità, né la presenza pubblica (il decreto, a parer mio, ha una sua positività).
Poi Melloni critica l’“esilio di Enzo Bianchi dalla sua comunità” che ritiene addirittura “un danno alla credibilità ecumenica della Chiesa”.
Attacca inoltre l’ispezione ordinata da Bergoglio alla Congregazione del clero, “gesto” dice Melloni “inedito e inutile… che dice della ruvidità con cui viene trattato anche chi – ad esempio il prefetto uscente cardinale Stella – ha servito il Papa lealmente”.
Va ricordato che il card. Stella è ritenuto uno degli strateghi dell’elezione di Bergoglio, nel 2013, perciò questa è un’altra rottura pesante del pontefice con il suo mondo. Stessa critica melloniana per “l’audit del vicariato di Roma” disposta da Bergoglio a cui viene imputato di dare “credito a chiacchiere”.
Melloni inoltre è durissimo su tutta la vicenda del card. Becciu. Secondo lui probabilmente “l’impianto accusatorio è ancora fragilissimo” e si vuole “evitare che una difesa puntuta mandi in mondovisione un processo al governo centrale”.
Dietro questi e altri episodi, spiega Melloni, “alcuni vedono l’influsso eccessivo di consiglieri grossolani; altri il piglio autoritario già rimproverato al giovane papa Bergoglio nella compagnia”. Però l’accumularsi di tali casi, secondo l’intellettuale progressista, “prepara una tempesta”.
Non è il primo “missile” che piove su Bergoglio dalla sinistra clericale. Ma ora appare chiaro il suo crescente isolamento: basta considerare i casi elencati da Melloni (il card. Marx e i vescovi tedeschi, i movimenti ecclesiali, Enzo Bianchi, il card. Stella, il card. Becciu, il vicariato) per rendersi conto che sono tutte personalità e mondi che erano suoi sostenitori.
Il papa argentino è una personalità complessa, a volte difficile da decifrare. Certi suoi iniziali accenti su Gesù hanno toccato corde profonde come il bisogno di misericordia di noi uomini moderni, ma il Vangelo dice che il Buon Pastore è anche la Verità fatta carne e chiede la conversione.
Nella sua attuale solitudine il papa si trova a dover amaramente constatare che il suo pontificato, ormai da tempo, precipita verso un doloroso fallimento.
Perfino il leader storico della comunità di S. Egidio, Andrea Riccardi, che è di casa in Vaticano, ha pubblicato un libro, “La Chiesa brucia: crisi e futuro del cristianesimo”, dove intravede uno scenario apocalittico: la “fine del cattolicesimo” e “un mondo senza la Chiesa”.
Se si pensa all’enfasi con cui Bergoglio era stato acclamato, all’inizio, nel mondo ecclesiastico (si sognava un trionfale “effetto Bergoglio”) si può capire quanto è cocente oggi la disillusione.
La Chiesa – dopo questi otto anni – non è fiorita, ma appare annichilita. La vita religiosa è in stato comatoso. Il suo governo centrale, in Vaticano, è nel caos permanente. La confusione, anche dottrinale, regna sovrana in tutta la comunità ecclesiale. Devastante il bilancio della pratica liturgica domenicale e delle vocazioni, ormai in caduta libera (fra l’altro con il crollo dei matrimoni sacramentali). Clero e vescovi sembrano allo sbando.
Chi pensava che rompere con i grandi pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avrebbe assicurato un futuro radioso, oggi è smentito. Chi – come Bergoglio, magari con le migliori intenzioni – s’illudeva che la Chiesa, annacquandosi nel mondo, potesse rinvigorirsi, oggi assiste alla storica disfatta.
D’altronde i sociologi della religione – come Rodney Stark – lo avevano dimostrato da anni (del resto il Vangelo dice che se il sale perde il suo sapore diventa inutile).
Oggi la voce della Chiesa non si distingue più da quella dell’Onu. La voce di Pietro non contrasta le ideologie dominanti, laiciste e di sinistra, anzi spesso è in consonanza e suscita – con tale politicizzazione – lo sconcerto dei fedeli e l’entusiasmo dei nemici di sempre della Chiesa.
A parte i rari interventi di Benedetto XVI, non si sente più una voce cattolica che orienti i credenti, e i popoli tutti, in continuità con il magistero costante della Chiesa. Mai la Chiesa era stata così conformista e così irrilevante nel mondo su questioni oggi di enorme portata per l’umanità.
Hanno fatto il deserto e lo hanno chiamato “rivoluzione”. Ma ogni rivoluzione divora i suoi figli e così ora si assiste alla rottura fra Bergoglio e i suoi sostenitori.
La crisi in corso potrebbe indurlo alle dimissioni (improbabili) o ad andare disperatamente avanti in attesa della “tempesta” preannunciata da Melloni.
Infine c’è una terza possibilità: papa Francesco potrebbe riconoscere che il tentativo di dare un futuro alla Chiesa adattandola alla mentalità mondana è fallito e che la strada giusta è quella di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sembra impossibile, come i miracoli. Che però possono accadere.
Certo, oggi bisogna avere un grande coraggio per riprendere la via eroica di papa Wojtyla e Ratzinger, perché questo è un tempo di persecuzioni. Benedetto XVI, nel suo ultimo intervento, ha affermato che “la vera minaccia per la Chiesa, e quindi per il servizio petrino, viene dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddire le quali comporta l’esclusione dal consenso di base della società”.
Ratzinger ha elencato i dogmi di queste ideologie sottolineando che “oggi coloro che vi si oppongono sono socialmente scomunicati… La società moderna” ha aggiunto “intende formulare un credo anticristiano: chi lo contesta viene punito con la scomunica sociale. Avere paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è fin troppo naturale”.
Ma Francesco (oltre a Dio) avrebbe accanto a sé Benedetto XVI e tutti i fedeli (rimasti) cattolici del mondo, che sono tantissimi. Così la Chiesa potrebbe davvero aiutare la libertà dei popoli.
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