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sabato 21 agosto 2021

DAVOS nelle CATACOMBE: la connessione segreta del Vaticano con Klaus Schwab

In questi giorni The Remnant  pubblica un servizio : Novità da Remnant TV... DAVOS nelle CATACOMBE: la connessione segreta del Vaticano con Klaus Schwab. Link al Video. Una connessione ormai alla luce del sole. E c'è chi definisce complottisti coloro che la denunciano... 
Del Patto delle Catacombe (il primo del 1965 e quello rinnovato nel 2019), parlavamo esplicitamente seguendo la cronaca qui e qui, nel momento in cui tornò alla ribalta in occasione del Sinodo per l'Amazzonia. 
Per chi non comprende l'inglese del video - che fornisce anche la testimonianza diretta di Schwab sulla collusione con Camara & soci - riprendo di seguito quanto già pubblicato sul Patto delle Catacombe, esattamente quanto rievocato da Michael Matt e che ora possiamo mettere in relazione anche con Traditionis custodes e il connesso ultimatum sul Vaticano II.
Questa la sua premessa mentre nel video dell' edizione di The Editor's Desk discute di questo e molto altro, che dovrebbe servire ad aprire gli occhi una volta per tutte.
E se vi dicessi che un importante Padre conciliare del Vaticano II è stato anche un ospite d'onore all'inizio del World Economic Forum di Davos? E se vi dicessi anche che, oltre ad essere stato vicino a Klaus Schwab 40 anni fa, questo arcivescovo ha anche tenuto un incontro segreto nel cuore della notte nella Roma sotterranea per tramare la caduta della Chiesa cattolica tradizionale a la chiusura del Vaticano II? Teoria della cospirazione selvaggia? Una trama da un romanzo di Malachi Martin?
Il fatto è che è assolutamente vero, e ha tutto a che fare con Traditionis Custodes, Papa Francesco e il Grande Reset. Abbiamo un nuovo video di Klaus Schwab che racconta tutto: la connessione tra il Vaticano II e il Grande Reset.
Questo video è per CHIUNQUE, cattolico o meno, voglia sapere cosa sta succedendo nel mondo in Vaticano e della bizzarra storia d'amore di Papa Francesco con i promotori e gli agitatori globalisti del Nuovo Ordine Mondiale. [Del resto non mancano alleanze esplicite qui -ndr]
Si tratta della stessa rivoluzione. Schwab tira in ballo il Vaticano e fa il nome di Camara. Michael Matt, oltre a mostrare le dichiarazioni di Schwab, sostanzialmente denuncia quanto già pubblicato che riprendo di seguito anziché rinviare ai vecchi link. Vi invito tuttavia ad esplorare gli altri link cui rimandano i testi per approfondire ancor meglio.

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Maria Guarini. A Roma 150 vescovi del Sinodo rinnovano il “Patto delle Catacombe” ribadendone il pauperismo di conio marxista in chiave amazzonica

Il secondo “Patto delle Catacombe” è stato firmato da parte di circa 150 partecipanti al Sinodo dell’Amazzonia, a pochi giorni dalla chiusura dell'assise.
Il documento è in perfetta analogia col pauperismo di conio marxista del primo, che fu uno dei manifesti della "Teologia della Liberazione", firmato da 42 Padri Conciliari, a Roma, nelle Catacombe di Santa Domitilla, il 16 novembre 1965. Anch'esso a pochi giorni dalla chiusura del Concilio Vaticano II.
Ed è proprio alle Catacombe di Santa Domitilla, sulla via Ardeatina, che si sono recati in carovana di prima mattina, i Padri del Sinodo - principalmente brasiliani e colombiani - insieme ai partecipanti di altre iniziative concomitanti all’assise come “Amazzonia, Casa Comune” con base nella parrocchia di Santa Maria in Traspontina [vedi con quali esiti qui].
Il nuovo documento recherà il titolo di “Patto delle Catacombe per la Casa comune” e vi confluiranno i temi trattati dal Sinodo per la Regione pan-Amazzonica di cui tanto si discute [vedi]. L'evento si è svolto nella basilica semi sotterranea dedicata ai martiri Nereo e Achilleo sotto la guida dall’arcivescovo austriaco naturalizzato brasiliano, Erwin Kräutler, pastore emerito della prelatura di Xingu, tra i protagonisti del Sinodo amazzonico [illuminante la risposta rivoltagli dal vescovo Schneider]. La messa è stata invece celebrata dal cardinale Claudio Hummes. Il tutto in forma privata e senza la partecipazione della stampa.
Secondo le dichiarazioni dell'organizzatore, l’iniziativa era già stata preparata «alcuni mesi prima» dell’inizio del Sinodo: «....Con il Sinodo, alcuni vescovi di Brasile, Colombia, Ecuador hanno voluto riprendere il “Patto” e rinnovarlo nel contesto amazzonico alla luce delle sfide di oggi». Il nuovo testo è frutto di diverse riunioni e prende le mosse dal primo nel quale i 42 firmatari di allora (tra i quali dom Helder Câmara (1909-1999), l’arcivescovo di Olinda e Recife, servo di Dio, scomparso vent’anni fa a 90 anni) si impegnavano a rinunciare a tutti i simboli, i beni materiali o ai privilegi del potere, e a mettere i poveri al centro del ministero pastorale. Una sfida, dunque, da parte dei «fratelli nell’Episcopato» per dar vita, attraverso tredici promesse concrete, a quella Chiesa «serva e povera» auspicata all’epoca da Papa Giovanni XXIII e, cinquant’anni dopo, da Bergoglio.
Osservazioni
Sugli sviluppi della Teologia della liberazione a nulla sono valse e a nulla valgono per costoro le Istruzioni (1984) dell'allora Prefetto per la Dottrina della Fede Card. Joseph Ratzinger, confermate nel 2014, a un anno dalla rinuncia al Pontificato, quando ruppe il silenzio [qui] anche accettando l'intervista proposta dal vaticanista polacco Wlodzimierz Redzioch, dopo aver ricevuto le bozze del libro "Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici & i Collaboratori raccontano".
Alla domanda su quali siano state "le sfide dottrinali" affrontate insieme a Karol Wojtyla durante il mandato alla guida della congregazione per la Dottrina della Fede, Benedetto XVI rispondeva così [qui]: "La prima grande sfida che affrontammo fu la Teologia della liberazione che si stava diffondendo in America latina. Sia in Europa che in America del Nord era opinione comune che si trattasse di un sostegno ai poveri e dunque di una causa che si doveva approvare senz'altro. Ma era un errore. La povertà e i poveri erano senza dubbio posti a tema dalla Teologia della liberazione e tuttavia in una prospettiva molto specifica. (…) Non era questione di aiuti e di riforme, si diceva, ma del grande rivolgimento dal quale doveva scaturire un mondo nuovo". La fede cristiana veniva usata come motore per questo movimento rivoluzionario, trasformandola così in una forza di tipo politico. (…) Naturalmente, queste idee si presentavano con diverse varianti e non sempre si affacciavano con assoluta nettezza, ma, nel complesso, questa era la direzione. A una simile falsificazione della fede cristiana bisognava opporsi anche proprio per amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro". (…) Giovanni Paolo II "ci guidò da un lato a smascherare una falsa idea di liberazione, dall'altro a esporre l'autentica vocazione della chiesa alla liberazione dell'uomo".

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Roberto De Mattei. Nuovo patto delle Catacombe: compimento del Vaticano II?

Il testamento segreto del Concilio Vaticano II è divenuto pubblico e ufficiale. Il 20 ottobre 2019 nelle Catacombe di Domitilla è stato solennemente rinnovato il “Patto per una Chiesa serva e povera” stipulato il 16 novembre 1965, in quello stesso luogo, da quarantadue padri conciliari, qualche settimana prima della conclusione dell’assise. 
Mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, l’unico firmatario vivente del Patto delle Catacombe, ha rivelato che il testo del 1965 fu scritto da mons. Hélder Câmara (1909-1999), arcivescovo di Olinda e Recife, che però quel 16 novembre non lo sottoscrisse, perché impegnato in una riunione per la redazione finale della Gaudium et Spes, il documento forse più significativo del Concilio Vaticano II.
Al dito del vescovo che firma è visibile l'anello di Tucum
Fin dall’inizio del Concilio mons. Câmara aveva stabilito una ferrea alleanza con il card. Suenens, che nella sua corrispondenza chiama con il nome cifrato di “Padre Miguel”. Da allora, il tandem Câmara-Suenens costituì uno dei motori “occulti” dell’assise conciliare. Helder Câmara, all’inizio della seconda sessione, definisce Suenens «l’uomo chiave del Concilio, certo della fiducia diretta e personale del Santo Padre» e, sottolineando il cammino fatto dalla prima sessione, scrive che non a torto il cardinale belga viene designato come «capo mondiale del progressismo». «Al Concilio, lui è il mio leader», scriveva il vescovo brasiliano in una circolare ai suoi fedeli.
I due si incontravano ogni giorno, spartendosi le parti, Suenens nell’aula conciliare, Câmara nei corridoi extra-conciliari. «Durante le quattro sessioni del Concilio – ricordano i suoi biografi –, dom Hélder non farà alcun intervento nelle assemblee plenarie, ma svolgerà un vero lavoro da “eminenza grigia” nell’architettare quello che egli stesso chiamava “sacro complotto” per introdurre nell’agenda dei lavori conciliari il problema della miseria nel mondo e quello dei paesi sottosviluppati, e per incentivare un processo di riforma interna della Chiesa cattolica».
Paolo VI protesse mons. Câmara nominandolo arcivescovo di Olinda e Recife e, dopo la sua nomina, lo rassicurò con queste parole: «Stia tranquillo. È evidente che sul suo capo c’è la mano di Dio. La Provvidenza si è resa tangibile». «Non spetta al Concilio dire tutto – affermava da parte sua mons. Câmara nei giorni conclusivi del Vaticano II –. Ci sono delle affermazioni implicite che tocca a noi esplicitare» (tutte le citazioni sono tratte, con il riferimento alle fonti, dal mio libro Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino 2011 [qui]).
Dopo la conclusione del Concilio, un industriale belga amico di Suenens, Jacques Lannoye (1915-1999), a nome di un gruppo di amici, offrì al card. Suenens e a mons. Helder Câmara il sostegno finanziario per alimentare la “sacra fiamma” del Concilio dopo la sua conclusione. Sono queste le origini della Teologia della liberazione in America Latina.

Tra coloro che appoggiarono il Patto delle Catacombe, fu il card. Giacomo Lercaro (1891-1976), arcivescovo di Bologna. Il suo nome non risulta tra i firmatari, ma egli si fece rappresentare da mons. Bettazzi, suo vescovo ausiliare. Il consigliere teologico del card. Lercaro era don Giuseppe Dossetti (1913-1996). I rapporti tra Dossetti e Lercaro sono analoghi a quelli che legarono Câmara a Suenens. Entrambi erano dei progressisti militanti. Dossetti, abile organizzatore intellettuale, fu il padre della “Scuola di Bologna”, il laboratorio intellettuale dell’ultraprogressismo europeo. Câmara, che era un attivista politico, è il padre della Teologia della liberazione, da cui discendono i promotori del nuovo patto delle Catacombe del 20 ottobre: il cardinale Cláudio Hummes, mons. Erwin Kräutler e padre Oscar Beozzo, storico e biografo dello stesso Câmara. La cerimonia del 1965 fu presieduta da mons. Charles-Marie Himmer (1902-1994), vescovo di Tournai (Belgio); quella del 2019 dal cardinale Hummes, nominato da papa Francesco relatore generale al Sinodo per l’Amazzonia. Celebrando nelle Catacombe di Domitilla l’“Eucaristia del Patto”, definita dai partecipanti come «un atto di amore cosmico», il card. Hummes ha mostrato la stola di mons. Câmara di cui è devotissimo.
Il documento sottoscritto nel cimitero sotterraneo di via Ardeatina da vescovi e laici, tra cui gli organizzatori della mostra blasfema “Amazzonia, Casa Comune” nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, è un testo in quindici punti intitolato: Patto delle catacombe per la casa comune. Per una Chiesa dal volto amazzonico, povera e serva, profetica e samaritana. Il patto socio-politico degli anni Sessanta è divenuto il patto socio-cosmico dell’era di Greta Thunberg. I firmatari proclamano l’impegno a battersi «per un’ecologia integrale, in cui tutto è interconnesso, il genere umano e tutta la creazione perché tutti gli esseri sono figlie e figli della terra e su di loro aleggia lo Spirito di Dio (Gen 1, 2)» (n. 2), a «rinnovare nelle nostre chiese l’opzione preferenziale per i poveri, in particolare per i popoli originari, e insieme a loro garantire il diritto ad essere protagonisti nella società e nella Chiesa» (n. 4) e ad «abbandonare, di conseguenza, nelle nostre parrocchie, diocesi e gruppi ogni tipo di mentalità e posizione colonialista, accogliendo e valorizzando la diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le tradizioni spirituali » (n. 5).
Non si tratta di un evento puramente commemorativo, ma dell’ultimo atto di un processo che inizia con il Concilio Vaticano II e culmina con l’ascesa al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio. Il 21 marzo 2013, una settimana dopo la sua elezione, papa Francesco ricevette una copia del Patto delle Catacombe dalle mani dell’attivista argentino Adolfo Pérez Esquivel, sostenitore dei dittatori marxisti Fidel Castro, Nicolas Maduro e Hugo Chaves. L’8 luglio del 2014 Leonardo Boff pubblicò un articolo con il titolo El pacto de las catacumbas vivido por el Papa Francisco, in cui, dopo avere trascritto il Patto delle Catacombe del 1965 concludeva con queste parole: «Non sono proprio questi gli ideali presentati da papa Francesco?»
Il 14 novembre 2015 il Patto delle catacombe è stato ricordato presso l’aula magna della Pontificia Università Urbaniana in un seminario a cui hanno partecipato il card. João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e lo storico Alberto Melloni, leader della “Scuola di Bologna”, ma anche il teologo della liberazione Jon Sobrino, condannato nel 2007 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e ricevuto da Papa Francesco il 13 novembre 2015).
Il Sinodo sull’Amazzonia è dunque il simbolico compimento del Concilio Vaticano II, la realizzazione di quella “opzione preferenziale per i poveri” per cui si batterono mons. Helder Câmara e don Giuseppe Dossetti, il cardinale Suenenes e il cardinale Lercaro. Il partito amazzonico, che rappresenta l’ala giacobina della Rivoluzione conciliare schiera le sue truppe nelle Catacombe di Domitilla, mandando alla Chiesa questo messaggio: “Indietro non si torna”. «E solo l’inizio, per altri 50 anni», come ha affermato Maurício López, segretario esecutivo della REPAM, durante la sottoscrizione del nuovo Patto delle Catacombe.

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