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domenica 12 settembre 2021

Pubblicato il documento preparatorio del Sinodo mondiale dei Vescovi. Conseguenze della sinodalità permanente della nuova Chiesa

Il 7 settembre scorso il Vaticano ha reso pubblico il Documento preparatorio per la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dal titolo: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, in vista del sinodo mondiale che si aprirà il 9-10 ottobre 2021 a Roma e il 17 ottobre successivo in ogni Chiesa particolare. Il documento si soffermandosi sulle basi teologiche della sinodalità offerte soprattutto dai documenti del Concilio Vaticano II [vedi].

È previsto che in ogni diocesi si svolga la prima fase (da ottobre 2021 ad aprile 2022), al termine della quale è fissata come tappa fondamentale, “la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi” (ottobre 2023). Al termine dell'Assemblea, seguirà “la fase attuativa che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari”.

L'invito di Bergoglio, rivolto alla Chiesa, interpella sul fatto che : “La via della sinodalità è proprio quella che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Sostanzialmente è una ulteriore significativa nonché rivoluzionaria fase dell'aggiornamento, cardine del Concilio Vaticano II. Nello specifico si tratta del frutto dell'ambigua collegialità introdotta dallo stesso Concilio  [qui - Mons, Schneider qui].

Ai fini di realizzare, a livello sia locale che universale il “cammino insieme” il documento fissa diversi obiettivi per declinare la sinodalità come forma, come stile e come struttura della Chiesa e “mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario e facilitare la condivisione dei frutti del loro impegno”. Declino i principali :
  • Ricordare come lo Spirito ha guidato il cammino della Chiesa nella storia;
  • Vivere un processo ecclesiale che coinvolga la partecipazione e l'inclusione di tutti;
  • Riconoscere e apprezzare la ricchezza e la diversità dei doni e dei carismi;
  • Sperimentare modalità di esercizio della corresponsabilità al servizio dell'annuncio del Vangelo e dell'impegno per costruire un mondo più bello e vivibile;
  • Esaminare come la responsabilità e il potere sono vissuti nella Chiesa e le strutture con cui sono gestiti, cercando di convertire le pratiche devianti ; [una pratica deviante da convertire, alla luce di TC, sembrerebbe la Messa dei secoli...]
  • Riconoscere la comunità cristiana come soggetto credibile per intraprendere cammini di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fratellanza e amicizia sociale;
  • Rinnovare e rafforzare le relazioni tra i membri delle comunità cristiane, nonché tra le comunità e gli altri gruppi sociali;
  • Promuovere la valorizzazione e l'appropriazione dei frutti delle recenti esperienze sinodali a livello universale, regionale, nazionale e locale.
Non è difficile riconoscere i punti del Cammino sinodale tedesco circa la condivisione del potere in base ai temi specifici promossi da Bergoglio: diversità di doni e carismi, promozione della fraternità (ben altra cosa dalla fratellanza in Cristo: vedi Abu Dhabi [qui] e Fratelli tutti [qui]) e dell'amicizia sociale, ecumenismo.

Il focus del problema - come ho già ampiamente sviluppato qui - sta, oltre che nell'attribuire poteri giuridici ad organismi che hanno funzione consultiva, nel poggiare la loro autorità su un principio immediato che sarebbe comune alla loro potestà e a quella papale, mentre è solo conformandosi al Pontefice che i vescovi si conformano tra loro. Ora si vuol fare della Chiesa un corpo policentrico a vari livelli nazionali o provincie locali. Conseguenza immediata è un allentamento del vincolo di unità che si manifesta con ingenti dissensi su punti gravissimi. Ed è un grave attentato alla universalità de La Catholica.

La famosa "nota praevia" alla Lumen Gentium [qui], sia pure con cautela curiale, aveva chiarito il vero significato di collegialità. Ma sembra che non sia riuscita a eliminare il rischio che de facto si pongano sullo stesso piano Papa e Collegio episcopale, senza tener conto che il collegio episcopale in tanto può insegnare in quanto è riunito sotto Pietro, per cui il potere nella Chiesa è unico: quello di Pietro, il quale può esercitarlo anche insieme ai vescovi, mentre i vescovi non possono esercitarlo se non sub Petro o cum Petro.

Ciò che i Vescovi validamente ordinati ricevono senza necessaria mediazione del Papa è il potere d’ordine, ovvero la speciale consacrazione che li rende successori degli Apostoli quanto al potere in materia di Sacramenti. Il concilio dogmatico Vaticano I ha definito solennemente che i singoli Vescovi governano le singole porzioni di gregge loro affidate: assignatos sibi greges singuli singulos pascunt et regunt[Pio XII, Mystici Corporis (cfr. Conc. Vat. Const. de Eccl. cap. 3)]. Non esiste alcun documento della Scrittura, della Tradizione o del Magistero che abbia previsto un potere supremo di governo dell’insieme dell’episcopato sulla Chiesa universale. 

E dunque, il processo sinodale in fieri nei termini suddetti, che si vuole permanente, non è affatto sulla buona strada e le sue nefaste conseguenze saranno commisurate agli strumenti impiegati e al numero delle persone coinvolte. Per prefigurarle, basta guardare agli esiti del cammino sinodale della Chiesa tedesca [vedi a partire da qui]. (Maria Guarini)

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