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domenica 10 ottobre 2021

Separare i fatti dalla finzione. Dietro le quinte di Traditionis custodes - Diane Montagna

Il testo che segue, nella traduzione da The Remnant fornisce nuovi elementi emersi su un documento già molto discusso e discutibile come Traditionis custodes, che svelano il retroscena Vaticano antecedente la redazione del documento con cui Bergoglio ha duramente colpito la possibilità di celebrare la Santa Messa antica. L’autrice, Diane Montagna, riporta minuziosi e incisivi dettagli sulle varie fasi intercorse: determinante un incontro tra alti esponenti vaticani nel quale appaiono già delineate le decisioni fondate su una precisa visione ideologica che oltrepassa le indicazioni non di rado difformi ricevute dai vescovi. Sulle 'due forme', ordinaria e straordinaria ripetutamente citate nell'articolo, è utile ricordare le valutazioni di P. Kwasniewski [qui]. Qui l'indice dei precedenti e correlati alla TC.
Aggiornamento: Ricevo una mail di Diane Montagna con l'invito a sostituire la mia traduzione, che aveva ripreso una primitiva versione del testo pubblicato su Remnant, con quella di Valli che riprende la nuova versione, epurata di alcuni elementi. Per correttezza aderisco e aggiorno il testo togliendo gli elementi espunti. La particolarità riferita alla notificazione a Benedetto XVI del precedente articolo del 1 giugno 2021, che già descriveva quanto appariva nella prima e nella terza stesura della TC [come del resto già correva voce: vedi il mio articolo scritto anche con quel riferimento] trova riscontro nella seguente dichiarazione di Peter Kwasniewski: «Un mio amico in Germania ha confermato le rivelazioni bomba di Diane Montagna sul rapporto interno della CDF sul sondaggio dei vescovi sulla Messa tradizionale, giunto alla conclusione opposta rispetto a quello che il papa ha detto di aver fatto. Ecco cosa mi ha scritto oggi: "Questo era esattamente ciò che mi ha detto mons. Gänswein, che aveva visto il rapporto. Era profondamente preoccupato che il Papa potesse mentire. Sono rimasto meno sorpreso.»

Il discorso che segue, tenuto alla Catholic Identity Conference il 3 ottobre 2021, è stato curato dall'autore per la stampa. 

La storia celata dietro Traditionis Custodes

Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato,
nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce
” (Lc 8,17).

A volte le cose non sono come sembrano. E a volte ci sono due “realtà”: una che ci viene data ufficialmente da chi è al potere, e una che poi scopriamo essere la verità.

Quando, il 16 luglio 2021, papa Francesco promulgò la Traditionis Custodes, restringendo la Messa tradizionale in latino, disse che secondo i risultati di una recente consultazione vaticana dei vescovi, le norme dei suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, erano state sfruttate da alcuni che frequentano la messa vetus ordo per seminare il dissenso nei confronti del Concilio Vaticano II.

Nella lettera apostolica, papa Francesco scrive a proposito del sondaggio sui vescovi:
“Nel solco dell’iniziativa del mio Venerato Predecessore Benedetto XVI di invitare i vescovi a una verifica dell’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, a tre anni dalla sua pubblicazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha svolto una capillare consultazione dei vescovi nel 2020, i cui risultati sono stati ponderatamente considerati alla luce dell’esperienza maturata in questi anni.”.
E continua:
“considerati gli auspici formulati dall’episcopato e ascoltato il parere della Congregazione per la Dottrina della Fede, desidero, con questa Lettera Apostolica, proseguire ancor più nella costante ricerca della comunione ecclesiale. Perciò, ho ritenuto opportuno stabilire quanto segue:”
Papa Francesco procede quindi a delineare le nuove restrizioni alla Messa tradizionale latina.

Insieme al decreto, papa Francesco ha emesso anche una lettera di accompagnamento, indirizzata ai vescovi del mondo. Nell'introduzione dice che, come aveva fatto Benedetto XVI con il Summorum Pontificum nel 2007, anche lui ha voluto spiegare i “motivi che hanno mosso la [sua] decisione” di porre limiti alla Messa tradizionale latina.

Primi tra questi, dice, sono i risultati del sondaggio inviato ai vescovi di tutto il mondo dalla CDF. Papa Francesco spiega:
“ho incaricato la Congregazione per la Dottrina della Fede di inviarVi un questionario sull’applicazione del Motu proprio Summorum Pontificum. Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire. Purtroppo l’intento pastorale dei miei Predecessori, i quali avevano inteso «fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente»[12], è stato spesso gravemente disatteso. Una possibilità offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI al fine di ricomporre l’unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni.”.
Secondo papa Francesco, poi, la consultazione dei vescovi ha giocato un ruolo fondamentale nella sua decisione di limitare severamente la messa tradizionale.

Sulla base di questi risultati, Papa Francesco conclude:
“È per difendere l’unità del Corpo di Cristo che mi vedo costretto a revocare la facoltà concessa dai miei Predecessori. L’uso distorto che ne è stato fatto è contrario ai motivi che li hanno indotti a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962.».
Più avanti, nella lettera di accompagnamento, si fa un ulteriore riferimento ai risultati del questionario. Papa Francesco infatti dice:
“Rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano. ”.
Secondo papa Francesco, dunque, la consultazione dei vescovi ha giocato un ruolo fondamentale nella sua decisione di restringere severamente la celebrazione della messa vetus ordo. Come dice lui stesso, i risultati lo hanno così “preoccupato e addolorato”, da “confermarlo nella necessità di “intervenire”. E è  così che ha ordinato che il decreto avesse effetto immediato. [senz'alcuna vacatio legis -ndT]

A seguito della promulgazione della Traditionis Custodes, sono quindi circolate numerose speculazioni sui risultati dell'indagine, ma il Vaticano non li ha mai pubblicati.

Parla un superiore della CDF

Quattro giorni dopo, il 20 luglio 2021, è apparsa un'intervista sul National Catholic Reporter e America Magazine, in cui un alto esponente della CDF, l'arcivescovo Augustine Di Noia, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha espresso il suo sostegno alla narrativa ufficiale di papa Francesco, affermando che la sua lettera di accompagnamento “colpisce nel segno senza paura: il movimento tradizionale a favore della messa vetus ordo ha dirottato ai propri fini le iniziative di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI”.

Si impongono diverse domande

Ma la Traditionis Custodes rispecchia davvero la situazione reale? Il sondaggio su cui papa Francesco ha detto di basare la sua decisione è stato un'equa consultazione dei vescovi del mondo? Questa consultazione sarebbe considerata equa se alcuni dei contenuti della Traditionis Custodes fossero già stati suggeriti durante una riunione plenaria della CDF, a fine gennaio 2020, che diede il via a una consultazione che doveva giustificare le decisioni raggiunte nel documento? Lo si potrebbe  definire corretto se si dovesse scoprire che c'era una seconda relazione parallela creata all'interno della Congregazione per la Dottrina della Fede, e che fu completata prima che tutte le risposte dei vescovi fossero state ricevute dalla CDF? E si potrebbe definire equo se Traditionis Custodes non rappresentasse con precisione il rapporto principale e dettagliato preparato per Papa Francesco dalla quarta sezione della CDF, ovvero l'ex Ecclesia Dei? Molte persone, infatti, sapevano che questo rapporto era in preparazione.

Esaminiamo ora ciò che è venuto alla luce su ciascuna di queste tre domande.

La sessione plenaria 2020

La prima domanda, ripetiamo, è la seguente: avrebbe senso pensare che la Traditionis Custodes sia stata solo il risultato della consultazione con i vescovi del mondo, quando ora sappiamo che a fine gennaio 2020 si è svolta una sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, quando tre cardinali stavano già gettando le basi per il Motu Proprio del 16 luglio 2021 ?

Nel pomeriggio del 29 gennaio 2020 si è tenuta una sessione plenaria della quarta sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'ex Pontificia Commissione Pontificia Ecclesia Dei, alla quale il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Luis Ladaria, SJ, non fu presente per malattia.

Prima di proseguire devo dire che è opinione diffusa che il cardinal Ladaria fosse “riluttante” a pubblicare la Traditionis Custodes. È considerato una brava persona, estremamente discreta, ma che alla dunque non andrà mai contro i desideri del Santo Padre.

In assenza del cardinale Ladaria, l'assemblea fu presieduta dal segretario della CDF, l'arcivescovo Giacomo Morandi. Morandi, alcuni ricorderanno, fu nominato sottosegretario alla CDF nel 2015 prima che, quando era ancora in carica il cardinale Müller, fossero rimossi tre funzionari. Quando poi, nel 2017, il cardinale Müller è stato “estromesso” e il cardinale Ladaria fu nominato prefetto, Morandi venne promosso segretario.

Alla sessione plenaria del 29 gennaio 2021 erano presenti anche altri membri della CDF, tra cui il cardinale Pietro Parolin; il Cardinale canadese Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; il Cardinale italiano Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica; il Cardinale Beniamino Stella, allora Prefetto della Congregazione per il Clero, i Cardinali americani Sean Patrick O'Malley e Donald Wuerl; l'Arcivescovo italiano Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; l'Arcivescovo Charles Scicluna di Malta, segretario aggiunto della CDF; il cardinale francese Jean-Pierre Ricard, l'arcivescovo francese Roland Minnerath e altri. Il Papa non avrebbe partecipato all'incontro.

Secondo fonti attendibili, il cardinale Parolin, il cardinale Ouellet e il cardinale Versaldi condussero la discussione, pilotandola in una direzione precisa.

Per darvi un assaggio di quanto detto, un cardinale – considerato più un “accolito” che un capo-banda – espresse un certo allarme sul fatto che circa 13.000 giovani si fossero iscritti al pellegrinaggio di Chartres. Ha detto che occorre indagare a fondo il perché questi giovani sono attratti dalla Messa tradizionale e spiegò agli altri presenti che molti di questi giovani hanno "problemi psicologici e sociologici". Il cardinale in questione ha una formazione in diritto canonico e psicologia, quindi le sue osservazioni sui "problemi psicologici" potevano aver peso, specialmente con vescovi e cardinali che non hanno familiarità con la messa tradizionale latina e i circoli che la celebrano e la sostengono.

Un altro cardinale disse che, in base alla sua scarsa esperienza in proposito, “questi gruppi non accettano il cambiamento” e “partecipano senza concelebrare”. Di qui, disse, la necessità di chiedere un “segno concreto di comunione, nel riconoscimento della validità della Messa di Paolo VI”, aggiungendo che “non si può andare avanti così”. Condivise la preoccupazione per il fatto che questi gruppi attirano i giovani e chiese di trovare modalità concrete per dimostrare che queste persone sono nella Chiesa.

Un arcivescovo italiano disse di essere d'accordo sul fatto che la CDF non dovrebbe riprendere le discussioni con la FSSPX, perché "non c'è dialogo con i sordi" e lamentò che Papa Francesco aveva fatto concessioni alla FSSPX nell'Anno della Misericordia, ma non aveva ottenuto nulla in cambio.

L'ora e mezza di incontro si concluse con la seguente citazione: “La tradizione è la fede viva dei morti. Il tradizionalismo è la fede morta dei vivi”.

Nonostante la varietà delle osservazioni offerte da questa sessione plenaria – che è durata ancora un'ora e mezza – nelle proposte finali presentate al Santo Padre emerse una sola conclusione. E cioè? Studiare attentamente l'eventuale trasferimento delle varie competenze della VI Sezione (sugli Istituti Ecclesia Dei e sulle altre materie trattate), ad altri Dicasteri vaticani che si occupano di materie affini: la Congregazione per il Culto Divino, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di vita apostolica (nota anche come Congregazione  per Religiosi) e la Congregazione per il Clero.

Negli articoli 6 e 7 della Traditionis Custodes, Papa Francesco enuncia queste norme:
Art. 6.: Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, a suo tempo eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei passano sotto la competenza della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Art. 7: La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per le materie di loro competenza, eserciteranno l’autorità della Santa Sede, vigilando sull’osservanza di queste disposizioni.

Da tener presente che il questionario è stato inviato cinque mesi dopo, a maggio 2020. Non si sa chi abbia scritto le domande.

Quindi sembra che la linea fosse già decisa durante la sessione plenaria di fine gennaio 2020.

Un secondo rapporto parallelo

Passiamo ora alla nostra seconda domanda: il processo potrebbe essere considerato giusto se venisse alla luce l'esistenza di una seconda relazione parallela creata all'interno della sezione dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede, completata anche prima che tutte le risposte dei vescovi fossero ricevute dalla CDF?

Fonti attendibili hanno confermato che durante la preparazione del rapporto principale, i superiori della CDF commissionarono un secondo rapporto per essere sicuri che quello principale riflettesse il feedback dei vescovi. La Congregazione doveva presumibilmente essere sicura che la relazione principale non arrivasse solo alle solite conclusioni, ad esempio che la Messa tradizionale è un elemento positivo nella vita della Chiesa, ecc., ecc. Il secondo rapporto fu quindi presentato come un secondo parere, una verifica del rapporto principale. I superiori della CDF hanno quindi incaricato un funzionario della sezione dottrinale di scrivere la propria relazione.

È importante tenere presente che le risposte sarebbero arrivate per posta o per posta elettronica, oppure tramite le nunziature o le conferenze episcopali.

Rivediamo la cronologia ei come si sono svolte le cose: la sessione plenaria di cui sopra si tenne nel gennaio 2020. Il questionario fu inviato nel maggio successivo. I vescovi hanno avuto tempo fino a ottobre 2020 per rispondere, ma come per le cose romane, le risposte hanno continuato ad arrivare fino a gennaio 2021 e tutte sono state ricevute, riviste e considerate per il rapporto principale.

Per quanto riguarda la seconda relazione parallela, non si sa se il funzionario incaricato di redigerla sia stato imbeccato per giungere a certe conclusioni. Quel che è certo è che il secondo rapporto parallelo, che per quanto ne so è stato commissionato intorno a novembre 2020, fu consegnato prima di Natale. Tuttavia, a questo punto, la CDF stava ancora ricevendo ed elaborando le risposte al sondaggio, e lo fece fino a gennaio 2021. Quindi il secondo rapporto era sicuramente incompleto, e probabilmente anche superficiale, data la rapidità con cui fu completato, il volume di materiale da analizzare e il fatto che il materiale ricevuto fosse redatto in quattro o cinque lingue.

Quindi sono stati preparati due rapporti. Come base della Traditionis Custodes è stato scelto quello più adatto a una certa agenda? Oppure i responsabili, rendendosi conto che il materiale che arrivava alla CDF non rifletteva o giustificava ciò che coloro che spingevano per le restrizioni volevano dimostrare, commissionarono il secondo rapporto e lo completarono in meno di un mese in modo che una sorta di testo parallelo potesse essere presentato al Santo Padre?

Non è noto se papa Francesco abbia letto il secondo rapporto, o se lo abbia ricevuto prima o dopo il rapporto principale. Tutto è stato tenuto nascosto.

Ma ciò che sta venendo alla luce, e che esamineremo in seguito, è che Traditionis Custodes non riflette le premesse o le conclusioni della relazione dettagliata principale. Quindi la domanda è: riflette le premesse e le conclusioni di un altro rapporto? Potrebbe essere questo il secondo rapporto? O potrebbe forse non riflettere le conclusioni di alcun rapporto, ma è stato elaborato diversamente.

Il rapporto principale

Passiamo ora alla nostra terza domanda: l'intero processo si potrebbe considerare giusto se Traditionis Custodes non rappresentasse accuratamente il rapporto principale e dettagliato preparato per Papa Francesco dalla Congregazione per la Dottrina della Fede?

In precedenza ho fatto riferimento a un'intervista al segretario aggiunto della CDF, l'arcivescovo Augustine Di Noia, che fu pubblicata il 20 luglio 2021, appena quattro giorni dopo la promulgazione della Traditionis Custodes.

Insistendo sul fatto che parlava “da teologo” e non da funzionario della Cdf, l’arcivescovo Di Noia sembrò prendere le distanze dal questionario, dicendo di non avere i risultati. Inoltre, minimizzò l’importanza della consultazione, affermando che la “ragione per l’abrogazione di tutte le precedenti disposizioni in questo settore non si basa sui risultati del questionario, ma è solo provocata da essi”. Una formulazione piuttosto strana, data la spiegazione di papa Francesco circa le sue motivazioni.

L’articolo viene presentato come il riassunto di una telefonata o di una corrispondenza via e-mail: quindi forse l’arcivescovo Di Noia non aveva il rapporto sulla sua scrivania quando teneva il telefono o rispondeva via e-mail. Ma è impossibile e inconcepibile che, in quanto superiore della Cdf, che non abbia avuto almeno accesso al rapporto redatto dalla Congregazione per la dottrina della fede. Non occorre essere un Einstein per capirlo.

Potrebbe una persona dire: “Come teologo, non ho i risultati” quando, come superiore CDF, ha ricevuto una copia anticipata ed è stato presente quando la bozza di relazione è stata esaminata? Il sommario esecutivo è stato visto in forma di bozza da alcuni nel CDF.

Per inciso, l'articolo afferma anche che papa Francesco "probabilmente si è consultato o almeno ha fornito copie anticipate del documento a papa Benedetto in pensione". Mi è stato detto che l'articolo che ho pubblicato su The Remnant il 1 giugno 2021, sei settimane prima che fosse promulgata la Traditionis Custodes, e che descriveva ciò che c'era nella prima e nella terza bozza, è stato dato a Papa Benedetto XVI. Una fonte attendibile mi ha detto in seguito che il papa emerito era "scioccato". È quindi difficile credere che sia stato consultato in modo significativo.

Papa Francesco ha ricevuto il rapporto principale? Fonti raccontano che durante un'udienza con il cardinale prefetto CDF Ladaria, papa Francesco gli ha letteralmente strappato di mano la copia funzionante del rapporto, dicendo che lo voleva subito perché ne era curioso. Non è noto se Papa Francesco abbia effettivamente letto il rapporto principale.

Contenuti della relazione principale alla luce della consultazione

Sappiamo che la relazione principale era molto completa e suddivisa in diverse sezioni. Una parte era molto analitica, offrendo analisi diocesi per diocesi, paese per paese, regione per regione, continente per continente, con grafici di diverso tipo. Un'altra parte era una sintesi in cui venivano presentate tutte le argomentazioni, insieme a raccomandazioni e tendenze. Sappiamo che una parte del rapporto conteneva citazioni tratte dalle risposte che arrivavano dalle singole diocesi. Questa raccolta di citazioni sarebbe stata inclusa per dare al Santo Padre un campione a tutto tondo di  quanto detto dai vescovi.

Ho riferito a giugno che solo un terzo dei vescovi del mondo aveva risposto al sondaggio. Si potrebbe obiettare che questa non è una cattiva rappresentazione, dato che non ci si aspetterebbe necessariamente una risposta da molti paesi, ad esempio, dove si celebrano le liturgie bizantine o altre liturgie orientali.

In quelle regioni dove la Messa tradizionale è più diffusa (cioè Francia, Stati Uniti e Inghilterra) la situazione è molto favorevole. La CDF ha ricevuto una risposta del 65-75% da questi paesi e di quella percentuale oltre il 50% è stato favorevole. Ciò si sarebbe riflesso nella relazione principale.

Nel riassunto si affermerebbe dalla Messa tradizionale stanno nascendo molti frutti. 

Cosa avrebbe tratto una persona ragionevole dal rapporto principale? Che una ragionevole maggioranza di vescovi, usando parole diverse e in modi diversi, mandava sostanzialmente il messaggio: “Il Summorum Pontificum va bene. Non toccatelo." Certamente non sarà stato l'80 per cento a esprimersi così. Ma oltre il 35 per cento dei vescovi avrebbe detto: “Non toccare niente, lasciate tutto così com'è”. Oltre a questo, un'altra percentuale di vescovi avrebbe detto: "Fondamentalmente non toccatelo, ma ci sarebbero un paio di cose che suggerirei, in qualità di vescovo che ha un po' più di controllo". Anche alcuni dei vescovi che hanno dato le risposte più positive al questionario hanno fatto questo tipo di commenti o dato questi suggerimenti.

Tutto sommato, quindi, più del 60 per cento o due terzi dei vescovi sarebbero stati d'accordo nel mantenere la rotta, forse con qualche piccola modifica. Il messaggio era sostanzialmente di lasciare in pace il Summorum Pontificum, e di proseguire con un'applicazione prudente e attenta.

Il rapporto principale ha parlato di aree in cui c'è spazio per miglioramenti, come una maggiore formazione nei seminari. Alcuni vescovi hanno parlato della necessità di una maggiore formazione nella Forma Straordinaria, e della necessità di una buona liturgia in generale. Alcuni vescovi avrebbero parlato della necessità di più latino. Invece, vediamo che nella Traditionis Custodes si dice tutto il contrario.

A ia conoscenza, ciò che è realmente accaduto è che tutto ciò che era accessorio nella relazione principale è stato proiettato come un problema importante ed è stato ampliato, ingrandito e ampiamente sproporzionato. Ad esempio, il problema dell'unità. Questa mancanza di unità, da quanto hanno affermato i vescovi, proveniva da entrambe le direzioni, non solo dai gruppi tradizionali.

Alcuni vescovi, pur non celebrando la messa tradizionale, si sono detti contenti che i fedeli abbiano un posto dove andare. Dicono che a parte i pazzi che si possono trovare nei circoli tradizionali - e altrettanto, se non di più, altrove - di solito questi gruppi sono formati da giovani coppie sposate con molti figli. Pregano, aiutano economicamente la parrocchia e la diocesi, si impegnano molto attivamente nella vita parrocchiale e diocesana. Sono ben formati e apprezzano la buona musica. Commenti molto positivi.

Sempre per quanto riguarda la formazione in seminario, alcuni vescovi hanno affermato di volere una maggiore presenza della Forma Straordinaria della Messa che fosse più prominente nel loro seminario e tra i sacerdoti più giovani, ma non possono fare più di quanto stanno facendo attualmente, perché i sacerdoti più anziani, soprattutto coloro che hanno vissuto il passaggio dal pre al post Vaticano II, creerebbero scompiglio nelle diocesi. Questi sacerdoti più anziani vedrebbero qualcosa in cui sono stati molto coinvolti e che è stato presentato loro come una specie di vittoria, spazzata via dai sacerdoti più giovani e da un vescovo solidale, più favorevole alla tradizione che all'oggetto della loro vittoria. Questo tipo di risposta, sebbene in una piccola percentuale, non è stata limitata a un'unica posizione geografica.

È interessante notare che in Asia alcuni vescovi hanno affermato di avere un problema con la lingua latina, perché proviene da un'altra regione, il che è del tutto comprensibile. Hanno effettivamente detto alla CDF: Saremmo molto felici se qualcuno da Roma venisse ad insegnare ai nostri sacerdoti, in modo che possano offrire la Forma Straordinaria. Nel nostro seminario non l'abbiamo perché i sacerdoti non conoscono il latino e non sanno proporlo. Saremmo felici di averlo perché aumenta la preghiera e la devozione. Ma tutto questo è svanito e non ha ricevuto alcuna menzione nella Traditionis Custodes.

Ovviamente alcuni vescovi hanno espresso commenti negativi, ma fonti attendibili dicono che né le risposte, né il rapporto principale, sono stati prevalentemente negativi.

La situazione davvero tragica, mi dicono, è in Italia. In molte diocesi, oltre a luoghi come Roma, Milano, Napoli e Genova, e forse in poche altre, il Summorum Pontificum è stato attuato a malapena, se non del tutto. Eppure molti vescovi, che non hanno conoscenza pratica dell'attuazione del Summorum Pontificum, hanno risposto in termini ideologici, dicendo (e parafrasando): “Non può essere. Non riflette il Vaticano II”.

C'è persino motivo di credere che alcuni vescovi italiani siano stati imbeccati nelle loro risposte. L'Italia ha quasi 200 vescovi che rappresentano ambienti molto diversi. Provengono da diverse località geografiche, seminari e università, ed esperienze di formazione sacerdotale. Eppure molti di loro nella loro risposta hanno usato la stessa frase, “ritorno al regime pre-Summorum Pontificum”. In italiano la frase è: “ Tornare al regime precedente a Summorum Pontificum”. Questo è un po' strano, soprattutto quando anche i vescovi che non hanno una presenza reale della Forma Straordinaria nella loro diocesi incorporano l'idea nella loro risposta.

Un ulteriore punto: nell'articolo citato in precedenza, l'arcivescovo Di Noia afferma che "la cosa è completamente fuori controllo ed è diventata un movimento, specialmente negli Stati Uniti, in Francia e in Inghilterra". (In realtà, questi sono paesi in cui la Messa tradizionale in latino non è “fuori controllo” ma è semplicemente diffusa.) Ma poiché Traditionis Custodes fornisce i mezzi per prendere il controllo di questa situazione “fuori controllo”, secondo Di Noia, si potrebbe pensare che i vescovi americani, francesi e inglesi l'avrebbero subito applicata con la più forte interpretazione possibile. Presumibilmente, avrebbero approfittato del fatto che era immediatamente applicabile, ma questo non è successo, quindi dov'è il "fuori controllo"?

Ciò si è riflesso nelle risposte dei vescovi dopo la promulgazione della Traditionis Custodes. La prima reazione è stata spesso quella di decretare che tutto sarebbe continuato così com'è, finché non ci sarà tempo per studiare, discutere, ecc. Laddove già i vescovi si opponevano alla Forma Straordinaria, hanno deciso di essere più realisti del re e di bandirla. Ma la maggior parte dei vescovi ha affermato che garantirà la cura pastorale di coloro che partecipano alla Messa tradizionale in latino. Ciò è in linea con il modo in cui i vescovi si sono espressi nelle loro risposte al sondaggio. Infatti, quando sono usciti questi decreti, hanno rispecchiato il tono usato dal vescovo nella risposta.

Il punto chiave, come ormai avrete probabilmente capito, è che le premesse e le conclusioni della Traditionis Custodes non sono le stesse presentate nella dettagliata relazione principale prodotta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Traditionis Custodes non è coerente con quanto raccomandato o rivelato dal rapporto principale. Come ha detto una fonte, "Quello che veramente interessa loro fare è cancellare la Vecchia Messa, perché la odiano".

Come ho accennato prima, sappiamo che una parte del rapporto conteneva citazioni tratte dalle risposte pervenute dalle singole diocesi. Queste avevano lo scopo di fornire al Santo Padre un campione rappresentativo di risposte, e sono state suddivise in varie categorie. Tra queste: “valutazioni negative sull'atteggiamento di alcuni fedeli”; “sull'isolamento della comunità”; una brevissima sezione “sulla irrilevanza della Forma straordinaria per le persone”; “sulla necessità e/o convenienza pastorale della Forma straordinaria”; “su coloro che sono attratti dalla Forma straordinaria”; una consistente sezione di citazioni su “il valore della Forma straordinaria per la pace e l'unità della Chiesa”; “sul valore liturgico teologico e catechetico della Forma straordinaria”; “sul valore storico della Forma straordinaria”; “sull'influenza della Forma straordinaria sulla Forma ordinaria”; “sull'influenza della Forma straordinaria sui seminari e/o case di formazione”; e una lunga sezione finale di “proposte per il futuro”. Si può vedere dalle citazioni incluse che i risultati non erano ricoperti di zucchero. Consideriamone solo alcune delle varie categorie (Fs=Forma Straordinaria; Fo=Forma Ordinaria):

Giudizi negativi sull'atteggiamento di alcuni fedeli

In senso negativo, [la Fs] può favorire un sentimento di superiorità tra i fedeli, ma poiché questo rito è più diffuso, quel sentimento è diminuito (Un vescovo d'Inghilterra, risposta alla domanda 3).

Non vedo aspetti negativi nell'uso di Fs in quanto tale. Quando ci sono aspetti negativi, sono dovuti agli atteggiamenti negativi di coloro che hanno opinioni forti in un senso o nell'altro rispetto a questa forma celebrativa. Quando è l'ideologia, e non il bene pastorale della Chiesa, a guidare il discernimento sull'uso dell'EF, allora nasce il conflitto e la divisione. Ripeto: questo è qualcosa di estrinseco all'uso stesso della Messa (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 3).

Potrebbe esserci una tendenza tra alcuni fedeli a vedere questa [la Fs] come l'unica "vera" Messa, ma penso che questo derivi dal fatto che queste persone sono state viste come "strane" o emarginate. Se si cerca di "regolarizzarlo" il più possibile, allora queste persone si sentono curate e guidate pastoralmente e possono essere molto fedeli e leali (Un Vescovo d'Inghilterra, risposta alla domanda 3).

Gli aspetti della Fs in sé sono solo positivi: è un grande dono per tutti poter conoscere e assistere alla celebrazione in forma straordinaria. Gli aspetti negativi sono presenti solo nella misura in cui queste celebrazioni sono celebrate e/o frequentate da persone squilibrate o ideologizzate (Un Vescovo d'Italia, risposta alla domanda 3).

La divisione e la discordia non derivano dall'uso della Fs, ma dalla percezione che le persone hanno di chi frequenta. Alle persone vengono attribuite motivazioni e tendenze che non sono affatto vere (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 3).

Sull'irrilevanza della Fs per il popolo

Talvolta la forma è stata applicata non per il bene delle anime, ma per assecondare i gusti personali del presbitero (Un Vescovo italiano, risposta alla domanda 4).

Sulla necessità e/o convenienza pastorale della Fs

L'attuale offerta di messe e celebrazioni nella Fs risponde alle esigenze pastorali dei fedeli. I conflitti iniziali sull'istituzione di messe nella Fs sono stati pacificamente risolti negli ultimi anni (Rapporto congiunto della Conferenza episcopale tedesca, risposta alla domanda 1).

La Fs offre ai fedeli un contesto per crescere nella santità attraverso una celebrazione eucaristica che approfondisce la loro comunione con Cristo e con gli altri in un modo che corrisponde alla loro sensibilità. Un'affermazione simile può essere fatta per altri che crescono spiritualmente ed ecclesialmente attraverso forme di celebrazione più contemporanee (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 3).

L'attrazione esercitata dalla Fs è tanto una reazione a una celebrazione poco soddisfacente della Fo, quanto un desiderio specifico di una liturgia latina (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 9).

Sulle forze vive che la Forma straordinaria attiva

Questo movimento attrae molte giovani famiglie che si trovano a proprio agio con questa liturgia e con le attività che vengono offerte intorno ad essa. Penso che tale diversità sia buona nella Chiesa e che la diminuzione del numero di praticanti non debba generare a tutti i costi un'uniformità di proposte. Questa forma liturgica è nutriente per molti. C'è un senso del sacro che piace e che orienta verso Dio (Un Vescovo di Francia, risposta alla domanda 3).

Abbiamo notato che queste famiglie partecipano a molti degli eventi giovanili e vocazionali diocesani in una proporzione molto maggiore rispetto a qualsiasi altro gruppo (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 9).

Le messe nella Fs nella nostra diocesi attirano non poche famiglie devote. Mentre alcuni genitori fanno “scuola a casa”, altri mettono i loro figli nelle scuole cattoliche locali. Queste famiglie abbracciano molti dei principi promossi dal Vaticano II, tra cui la necessità di coltivare la Chiesa domestica e la chiamata universale alla santità (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 3).

Un numero significativo di giovani ferventi si sente nutrito - non esclusivamente - dalla Fs. La presenza pacifica della Fs permette ad alcuni giovani (peraltro tipici della loro generazione) che sentono una chiamata al sacerdozio di fidarsi della Diocesi (Un Vescovo di Francia, risposta alla domanda 8).

Sul valore della Fs per la pace e l'unità della Chiesa

La Fs, sotto la guida prudente dell'Ordinario, ha permesso a più cattolici di poter pregare secondo il loro desiderio, e ha dissipato i conflitti di prima. La sua tranquilla presenza non dovrebbe essere disturbata (Un vescovo inglese, risposta alla domanda 9).

L'aspetto più positivo dell'uso della Fs è che ora non esiste più alcun "clan" che rivendica la "vera Messa". Il mistero eucaristico è stato liberato da una frattura ideologica molto dannosa. Ciò è stato a grande vantaggio della percezione dell'unità della Chiesa realizzata intorno all'Eucaristia (Un Vescovo di Francia, risposta alla domanda 3).

Lo vedrei come un beneficio per tutta la Chiesa se la Santa Sede continuasse a sostenere i fedeli cattolici che sono legati alla Fs del Rito Romano. Anche in termini generali, favorire le autentiche differenze di pensiero e di espressione è un vantaggio per la Chiesa universale. Avere una sezione ad esso dedicata nella CDF è utile, quando sono necessari sviluppi o chiarimenti liturgici. In linea con le norme universali, la nostra Arcidiocesi si è anche impegnata a stabilire un dialogo con i leader locali e nazionali della FSSPX. Credo che questo passo positivo sia stato facilitato dall'esistenza del Summorum Pontificum e delle comunità che ha promosso (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 9).

Credo che molti di coloro che si erano sentiti separati dalla Chiesa ed erano andati in comunità extra-ecclesiali si siano sentiti riaccolti nella struttura della Chiesa grazie al Summorum Pontificum (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 3).

Sul valore liturgico, teologico e catechetico della Fs

Io stesso ho celebrato ordinazioni presbiterali nella Fs quando non è la mia forma abituale, e ho potuto apprezzarne la ricchezza, la bellezza e la profondità liturgica (Un Vescovo di Francia, risposta alla domanda 3).

Non sarebbe difficile dire che se fossero intervistati, quasi il 100% di coloro che frequentano EF crede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, mentre sono stati mostrati numeri drasticamente inferiori per i cattolici che si recano prevalentemente a Fo (Un Vescovo statunitense, risposta alla domanda 3).

Sull'influsso della Fs sulla Fo

Sebbene la Fs non sia molto seguita, influenza la Fo in una direzione molto salutare, che riassumerei come "verso una maggiore devozione [riverenza]" (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 9).

Fo e Fs rappresentano due diverse concezioni dell'Eucaristia, l'ecclesiologia, il sacerdozio battesimale e il sacramento dell'Ordine (solo per citare le differenze teologiche più evidenti). Tentare di adottare elementi della Fs significherebbe solo inviare segnali incoerenti ai fedeli (Un Vescovo del Giappone, risposta alla domanda 5).

Due parroci che hanno appreso la Fs hanno successivamente introdotto la celebrazione ad orientem per alcune o tutte le loro messe, che è stata ben accolta dai loro fedeli, che sono stati ben catechizzati in anticipo. Inoltre, per alcuni dei nostri sacerdoti, c'è stata una maggiore cura dell'ostia consacrata, sia attraverso la reintroduzione e l'uso consueto del piatto della comunione, sia attraverso una maggiore cura da parte del sacerdote stesso all'altare (Un Vescovo nei Caraibi, risposta a domanda 5).

Proposte e/o prospettive per il futuro

La prassi [del MPSP] seguita finora si è dimostrata valida e, per ragioni pastorali, non dovrebbe essere modificata (Relazione congiunta della Conferenza episcopale tedesca, risposta alla domanda 9).

Temo che senza la Fs molte anime lascerebbero la Chiesa (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 3).

I movimenti ecclesiali [come quelli legati alla Fs] hanno un grande potenziale per rinnovare la Chiesa (...). Allo stesso tempo, i movimenti ecclesiali possono anche vagare per conto proprio, creando quasi una Chiesa parallela e cadendo in un atteggiamento elitario che vede solo se stessi come “veri cattolici”. Questo accade quando vengono lasciati soli. In altre parole, possono rinnovare la Chiesa solo se la gerarchia si coinvolge con loro, permettendo loro di svilupparsi secondo lo Spirito ma anche mantenendo la comunione con la Chiesa. Quando i membri di questi movimenti si sentono sfidati o ignorati dai loro pastori, allora si ritirano e provano risentimento, ma quando sentono che i loro pastori sono tra loro e li guidano, allora diventano validi mezzi di evangelizzazione (Un Vescovo degli Stati Uniti, risposta alla domanda 9).

Penso che l'approccio migliore per usare la Fs sia la scuola di Gamaliele: “Se questa attività è di origine umana, sarà distrutta, ma se viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerla; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio» (At 5,38-39) (idem).

Chiedere ai sacerdoti che celebrano nella Fs di imparare a celebrare nella Fo e di farlo in grandi raduni attorno al vescovo, e anche per poter prestare servizio nelle parrocchie (Un Vescovo di Francia, risposta alla domanda 9).

Devo affermare, in buona coscienza, che un ripensamento delle scelte fatte è quanto mai necessario e urgente (Un Vescovo d'Italia, risposta alla domanda 9).

Ho l'impressione che qualsiasi intervento esplicito potrebbe arrecare più danno che beneficio: se la linea del Motu proprio sarà confermata, le reazioni di perplessità del clero troveranno nuova intensità; se la linea del Motu proprio viene negata, le reazioni di dissenso e risentimento dei cultori del rito antico troveranno nuova intensità (Un Vescovo italiano, risposta alla domanda 9).

Non credo sia opportuno abrogarlo o limitarlo con nuove norme, per non creare contrasti e ulteriori conflitti, portando a un sentimento di mancato rispetto delle minoranze e delle loro sensibilità (Un Vescovo d'Italia, risposta a domanda 9).

Conclusione

Cosa accadrà? È difficile da dire. Alcuni hanno suggerito che potrebbe arrivare un'istruzione attuativa della Traditionis Custodes, magari entro Natale, ma ciò non è noto.

Ci siamo abituati al fatto che la Santa Sede sostenga la pace liturgica della Chiesa, ma non possiamo più darla per scontata. In conclusione e a titolo di consiglio:
  1. Sacerdoti, gruppi stabili e singoli devono astenersi da qualsiasi corrispondenza con la Santa Sede. Coloro che partecipano alla Messa tradizionale in latino dovrebbero anche evitare di dare l'impressione di essere “guerrieri” nella loro diocesi o parrocchia, sempre in protesta o infelici. L'obiettivo deve essere quello di non perdere la Messa tradizionale in latino come normale forma di preghiera. E, come figli del Padre celeste, dobbiamo pregare per la gerarchia. Questo è il nostro dovere.
  2. I singoli sacerdoti diocesani dovrebbero continuare ad offrire messe private, poiché il Messale del 1962 non è stato abrogato.
  3. I Vescovi ai quali il Santo Padre ha affidato il compito di custodire la tradizione dovrebbero veramente valutare se l'attuazione della Traditionis Custodes apporterebbe veri benefici spirituali al loro gregge. I Vescovi potrebbero rendersi conto che ciò che ha ispirato il Santo Padre è totalmente diverso dalla situazione nella propria diocesi e agire di conseguenza.
Ricorre oggi [7 ottobre -ndT] il 450° anniversario della Battaglia di Lepanto (1571) e si commemora la vittoria della Lega Santa (alleanza di Stati cattolici incaricata di sconfiggere i Turchi) sulla flotta dell'Impero Ottomano. Fu la più grande battaglia navale della storia occidentale dall'antichità classica. Papa Pio V (1504-1572), che promosse la Lega Santa, sottolineò molto il potere del Rosario sulla Lega Santa. È anche noto per il suo ruolo nel Concilio di Trento, per aver codificato il Rosario e per aver promulgato il Missale Romanum del 1570 con la bolla papale, Quo Primum. Con questa bolla, il santo papa cercò di assicurarsi che nessuno potesse mai cambiare la messa. Nella battaglia di Lepanto, l'unica cosa che si frapponeva tra l'Europa e la sua sicura distruzione erano gli uomini della cristianità disposti a rispondere alla chiamata della Chiesa, e la loro disponibilità a recitare il Rosario in difesa dell'Europa cattolica. Possano tali uomini sorgere oggi in difesa della tradizionale liturgia romana, e che la Madonna abbia la vittoria! 

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