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giovedì 16 dicembre 2021

I cattolici tradizionali lanciano l'allarme mentre Roma sopprime la maggior parte dei sacramenti del rito antico

La migliore difesa è l'attacco. Nel rincorrersi delle voci allarmate [qui - qui] riprendo, nella nostra traduzione da National Catholic Register, l'articolo di Edward Pentin, nel quale viene dichiarata illegittima, prima che vanga estesa a tutto l'orbe cattolico, la disposizione della diocesi di Roma che vieta alle comunità tradizionali e ai sacerdoti di celebrare tutti i sacramenti ad eccezione dell'Eucaristia secondo la forma tradizionale del rito romano. Nel testo trovate i link ai riferimenti citati dall'articolista. Ma il vero problema è che, mentre chi ama la tradizione è collocato in un ordine costituito e reagisce in punta di diritto, gli interlocutori che hanno in pugno la chiesa sono immersi nel fluido cangiante orizzonte conciliar-storicista che va oltre ogni norma e fa dell'arbitrio la sua regola aurea. Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes.

ROMA — Canonici ed esperti di liturgia tradizionale avvertono che è illegittima un'istruzione pastorale emanata dalla Diocesi di Roma che vieta alle comunità tradizionali e ai sacerdoti di celebrare tutti i sacramenti ad eccezione dell'Eucaristia secondo la forma tradizionale del rito romano e danneggerà le anime se sarà permesso che abbia seguito.

Gli indirizzi, emanati con lettera del 7 ottobre a firma del cardinale Angelo De Donatis, vicario di Roma, affermano che, alla luce del motu proprio Traditionis Custodes di papa Francesco del 16 luglio, “non è più possibile utilizzare il Rituale Romano e altri libri liturgici del 'rito antico' per la celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali (ad esempio nemmeno il Rituale per la Riconciliazione dei Penitenti secondo la forma antica).”

Questi sacramenti, prosegue, sono «espressamente vietati e resta consentito solo l'uso del Missale Romanum del 1962 [la forma della Messa celebrata prima del Concilio Vaticano II]». Inoltre afferma che i sacerdoti – diocesani o religiosi – che volessero celebrare l'antica messa devono avere l'autorizzazione scritta di un vescovo della diocesi.

Con la lettera del cardinale, la diocesi ha quindi vietato che a Roma si celebrino tutte le forme sacramentali tradizionali del battesimo, del matrimonio, dell'ordinazione, della penitenza, della cresima e dell'estrema unzione (unzione degli infermi), consentendo solo l'Eucaristia nella forma tradizionale. L'Istruzione afferma anche che il Triduo Pasquale non può più essere celebrato secondo il Messale Romano del 1962 in nessuna parte della diocesi.

Il cardinale De Donatis, che in qualità di vicario generale del Papa regge la diocesi per conto del Papa, scrive che l'istruzione è  emanata al fine di fornire "linee precise" per l'attuazione della Traditionis Custodes e "per il bene spirituale dei fedeli".

Traditionis Custodes, una lettera apostolica emessa motu proprio (per volontà del Papa), mira a porre restrizioni radicali all'antica Messa, nota anche come la forma straordinaria del rito romano, la Messa tridentina o la Messa latina tradizionale, celebrata prima delle riforme liturgiche di papa san Paolo VI del 1970.

Il motu proprio ha abrogato i precedenti decreti papali degli ultimi 35 anni che avevano liberalizzato questo vetus ordo della Messa, in particolare la lettera apostolica Summorum Pontificum di Benedetto XVI del 2007 che riconosceva il diritto di tutti i sacerdoti di celebrare la messa usando il Messale Romano del 1962.

Uno degli elementi principali della Traditionis Custodes è la determinazione che tutti i sacerdoti di una diocesi che desiderano celebrare i riti tradizionali debbano ora chiedere l'autorizzazione scritta al vescovo diocesano. Tra le altre modifiche, è cessato anche il diritto per i gruppi di celebrare la messa nelle chiese parrocchiali.

Francesco ha affermato di volere un “ritorno a tempo debito” alla liturgia istituita dopo il Concilio Vaticano II, e di aver imposto il decreto perché alcuni fedeli tradizionali rifiutano il Vaticano II e affermano che la liturgia riformata tradisce “la Tradizione e la 'vera Chiesa'”. Ha quindi affermato di sentirsi spinto a compiere un passo così drastico “in difesa dell'unità del Corpo di Cristo” dopo che le precedenti liberalizzazioni dell'antico rito sono state, a suo avviso, sfruttate per esporre la Chiesa “al pericolo della divisione”. "

Superare Traditionis Custodes ?

Ma i critici dicono che l'istruzione di Roma va ben oltre il decreto del Papa, che non menzionava il divieto dei vecchi riti liturgici.

Padre Gerald Murray, canonista della Holy Family Church di New York, ha richiamato l'attenzione sull'articolo 1 della Traditionis Custodes che afferma che i libri liturgici del nuovo Messale Romano “sono l'unica espressione della lex orandi del rito romano”, frase che egli sostiene “non stabilisce canonicamente di per sé che ogni altro rito sacramentale in uso al momento dell'emissione della Traditionis Custodes è proibito”.

Come esempi, ha evidenziato altri (per esempio l'Ordinariato anglicano e i riti ambrosiano, gallicano, domenicano) e tuttavia questi sono “chiaramente distinti dall' ''unica espressione della lex orandi ' che si trova nei riti romani rivisti".

Sostiene padre Murray, “Poiché il divieto dei più antichi riti sacramentali non è espressamente affermato nella Traditionis Custodes, non si deve affermare che questo presunto divieto sia, di fatto, ora in vigore in virtù di un'identificazione di ciò che costituisce l'unica espressione della lex orandi.”

Peter Kwasniewski, autore ed esperto di liturgia tradizionale, ha osservato che questa assenza di un chiaro divieto nella Traditionis Custodes significa che l'Istruzione di Roma viola il Canone 18 che richiede che ogni legge, pena o restrizione del libero esercizio dei diritti debba essere soggetta a "interpretazione rigorosa”.

“In altre parole, se un sacramento deve essere cancellato – chiaramente sia una pena, sia una restrizione al libero esercizio dei diritti – allora occorre che sia espressamente cancellato. Ma Traditionis Custodes non ha fatto nulla del genere", ha detto Kwasniewski.

Ha anche affermato che l'istruzione contiene altre violazioni, in particolare del Canone 17, che dice che se il significato di una legge è "dubbio e oscuro", si dovrebbe fare riferimento alla mente del legislatore. Kwasniewski ha ricordato che in commenti informali a settembre, il Papa ha affermato che il motu proprio non suggeriva di "abolire i vecchi riti o il Triduo" ma stabiliva "limiti".

"Quindi il Vicariato si allontana dalla mente del legislatore, oppure non c'è chiarezza che si possa avere su cosa sia esattamente quella mente, nel qual caso il Canone 14 entra pienamente in gioco", ha affermato Kwasniewski. Il canone 14 stabilisce che le leggi "in dubbio di diritto non urgono".

Padre Murray è d'accordo, affermando che col vietare sei dei sette sacramenti nel Vetus Ordo, il vicariato di Roma ha agito “al di là delle parole della Traditionis Custodes e dell'intento del legislatore". E aggiunge: "Quindi esiste un dubbio di diritto e quindi il divieto di tali celebrazioni manca di forza di legge fino al momento in cui il dubbio di diritto non sia stato risolto". Concorda anche con Kwasniewski sull'applicazione dei canoni 17 e 18 rispetto all'istruzione di Roma eccedente la Traditionis Custodes.

Un'ulteriore violazione, osservano i cattolici tradizionali, è che, come con Traditionis Custodes e il suo divieto di creare nuove parrocchie di rito tradizionale, i divieti di Roma minacciano di violare le costituzioni approvate dalla Santa Sede pe le comunità tradizionali come la Fraternità sacerdotale di San Pietro, l'Istituto di Cristo Re e l'Istituto del Buon Pastore, tutti presenti a Roma.

Padre Murray ha sottolineato che quelle costituzioni “rimangono in vigore e non possono essere scavalcate da una lettera pastorale del Vicariato di Roma che manca di specifica approvazione da parte del Papa”.

L'allarme dei sacerdoti

Tre sacerdoti tradizionali contattati dal Register, ma che non hanno voluto essere nominati a causa dell'attuale clima oppressivo, hanno espresso il loro allarme per la decisione del vicariato.

Riferendosi come esempio al tradizionale rito del battesimo, hanno sostenuto che l'antico rito veicola più chiaramente verità della fede come la realtà di Satana, la necessità di essere purificati dal peccato originale e la chiamata alla santità (sostengono che abbia più forza e esorcismi più ripetuti e l'uso del sale esorcizzato). Hanno anche detto che esso impartisce grazie aggiuntive poiché le sue preghiere extra invocano grazie da Dio e l'intero rito è più sacro e solenne.

Don Claude Barthe, autore esperto di liturgia tradizionale e sacerdote della diocesi di Fréjus-Toulon in Francia, ha affermato di ritenere che il messaggio dottrinale veicolato dal moderno rito battesimale sia “chiaramente più debole sotto almeno un aspetto: l'aspetto della lotta contro il diavolo, che caratterizza così fortemente la forma tradizionale del battesimo, ed è praticamente sfumato”.

Quanto agli altri sacramenti nella forma antica, i sacerdoti tradizionali sostengono che la battaglia spirituale è chiaramente presente anche in essi, così come la realtà del peccato, e che fungono da buoni strumenti catechetici. Per questi ed altri motivi, credono che un divieto sarebbe dannoso per le anime.

Mons. Charles Pope, decano e parroco nell'arcidiocesi di Washington, DC e collaboratore del Register, concorda “in una certa misura” con i sacerdoti e con don Barthe sul rito battesimale. Ma esita a definire il nuovo rito battesimale “più debole” in quanto i Sacramenti hanno potere ex opere operato. Egli preferisce parlare, come san Tommaso d'Aquino, della “fecondità” del rito.

Mons. Pope ha aggiunto che preferisce parlare di un "rispetto reciproco" tra le forme antiche e recenti e di apprezzarle per ragioni diverse. Sostiene che le antiche sono “più teologicamente precise e sottolineano il mistero e la gloria di ciò che sta accadendo e che stiamo adorando e incontrando Dio”. Mentre i riti più recenti "enfatizzano l'accessibilità, sono più inclusivi dei fedeli nella celebrazione dei riti e sono ricchi di Scritture".

Ma sostiene il "rinvigorire il nuovo rito del battesimo con un esorcismo più vigoroso", osservando che il rito attuale è scritto "più come un suggerimento" mentre i demoni "rispondono alla voce del comando". Gli esorcismi della vecchia forma "sicuramente lo realizzano", ha detto.

Andare nelle catacombe

In conseguenza dei divieti della Diocesi di Roma, Kwasniewski ritiene che chi è legato alla ricezione dei sacramenti nella forma tradizionale si recherà dove può riceverli, possibilmente in una parrocchia gestita dalla tradizionale Fraternità San Pio X che non è in piena comunione con Roma (una mossa contro la quale i vescovi hanno messo in guardia per una serie di motivi) [peccato vengano ancora fuori questi pregiudizi nei confronti della FSSPX -ndT], o assistervi in televisione o online o sfidare il loro vescovo "di nascosto".

Don Barthe ha affermato di ritenere che l'istruzione di Roma abbia "tutta l'apparenza di un tastare il terreno" e che "verranno fatti tentativi per imporla altrove". Finora pochissime altre diocesi hanno seguito l'esempio (Le Havre in Francia è un'altra), e nessun vescovo avrebbe seguito la linea del cardinale De Donatis negli Stati Uniti.

Una delle principali preoccupazioni, rilevata il 12 dicembre dal sito web tradizionale francese Paix Liturgique [qui], è che se i divieti fossero estesi alle comunità tradizionali, si avrebbe un "effetto devastante sulle vocazioni che queste comunità attraggono". Don Barthe ha detto che se l'istruzione di Roma viene reiterata altrove, "dovremo rischiare una sorta di rifiuto" [qui].

Mons. Pope si è detto “profondamente” dispiaciuto per la decisione del vicariato e teme che molti vescovi “possano vederla come un modello da seguire” nonostante si discosti dalla Traditionis Custodes. Crede che entrambe le forme del rito dovrebbero vivere pacificamente l'una accanto all'altra, consentendo la "diversità e inclusione così spesso acclamate da molti". “Emarginare le persone non sembra favorire l'unità cercata da Francesco. Tenere vicino al cuore della Chiesa persone che desiderano solo ciò che la Chiesa ha fatto per secoli sembra molto più unitivo”.

Il Vicariato di Roma non ha risposto a queste critiche all'istruzione, compresa l'accusa che la proibizione del Triduo nel rito antico andasse oltre la Traditionis Custodes.

Il Register ha contattato per un commento anche l'Arcivescovo Arthur Roche, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e il Cardinale João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Entrambi si occupano dell'applicazione della Traditionis Custodes, rispettivamente nelle diocesi e nelle comunità tradizionali [vedi con quali rischi].

Il cardinale Braz de Aviz ha rifiutato di commentare, mentre l'arcivescovo Roche ha rinviato a una breve intervista del 14 novembre ad una rete televisiva svizzera di lingua italiana [qui], in cui ha affermato che Traditionis Custodes è stato rilasciato perché l'"esperimento" per liberalizzare i riti tradizionali "non aveva avuto pieno successo” e quindi era necessario tornare a ciò che il Concilio Vaticano II “richiedeva alla Chiesa”. Nei commenti mandati in onda in quell'occasione, non ha parlato del divieto dei sacramenti tradizionali.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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