Mentre in Europa e in Italia continua il proliferare di luoghi di culto per gli islamici, voluti dalle amministrazioni di sinistra, in Turchia, la politica di Erdogan, è incentrata nella decisione culturale e politica di riaffermare la cultura islamica e cancellare ogni traccia di presenza del Cristianesimo, tramite la conversione di chiese in moschee. Qui i precedenti sul filo-islamismo suicidario inopinatamente ignorato persino da quella che si è soliti appellare Santa Sede [vedi].
La procedura è stata la stessa che si è avuta per la basilica di Santa Sofia ad Istanbul [qui] e la Chiesa di San Salvatore in Chora [qui]: entrambe chiese ortodosse convertite in moschee durante il periodo ottomano, erano state utilizzate come museo dopo la rivoluzione laica di Kemal Ataturk.
Il primo ministro turco Erdogan, invece, ha attuato una politica diversa, riportando al culto islamico quello che lo era prima della rivoluzione di Ataturk.
La storia di Santa Sofia di Edirne è comunque diversa. Risale al XII secolo, ed ha dunque una storia più recente rispetto a quella di Hagia Sophia e San Salvatore in Chora. Dopo la conquista di Edirne (l’antica Adrianopoli) da parte del sultano Faith Mehmet nel 1456, la struttura fu convertita in moschea, e vi furono aggiunti un mihrab, un pulpito e un minareto. Come deciso per altri edifici utilizzati come luoghi di culto da cristiani e musulmani, Ataturk convertì la chiesa in un museo. Ma la Santa Sofia di Edirne era rimasta comunque fatiscente perché interessata da diversi terremoti, in particolare quello del 1965. Nel 2015, fu iniziata la ristrutturazione, che è durata sei anni. Il 24 dicembre, con la preghiera del venerdì, la moschea è stata riaperta al culto. - Fonte
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