« Circolare, non c'è niente da vedere! ». Secondo il Nunzio apostolico a Parigi, la Roma di Francesco rifiuta di motivare a Mons. Rey la sospensione delle ordinazioni a Tolone. Dietro al tentativo di far fuori il vescovo c'è il card, Marc Ouellet. Del resto il silenzio è l'unica arma quando l'arbitrio prende il posto della giustizia assicurata da norme e procedure di attuazione delle stesse che, quanto meno, comportano la necessità di rendere esplicite le motivazioni di ogni provvedimento, anche per dar modo all'interessato di esprimere le sue ragioni. Precedenti qui - qui - qui. Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e Responsa.
Il provvedimento preso dal cardinale Ouellet, Prefetto della Congregazione dei Vescovi contro mons. Dominique Rey, Vescovo di Fréjus-Toulon, è davvero enorme: a un Successore degli Apostoli è vietato procedere all'ordinazione di seminaristi cui ha già conferito gli ordini minori. Non c'è bisogno di soffermarsi sulla sostanza, perché è chiaro a tutti che questa misura è ideologica: monsignor Rey non è un bergogliano formattato ad hoc.
Ma la forma dittatoriale e segreta di questa amputazione dei poteri di un vescovo attraverso una semplice comunicazione orale fattagli da un ministro del papa, lascia tutti sbalorditi. Lo stesso quotidiano La Croix, in un articolo del suo inviato speciale a Roma, che riportiamo di seguito, esprime il suo democratico stupore per la totale assenza di trasparenza, per un provvedimento così rilevante, assenza di trasparenza divenuta moneta comune nel Bergoglian governo.
Aggiungiamo che appare sempre più agli osservatori degli affari vaticani – lo confermano le confidenze del Nunzio apostolico ad alcuni suoi visitatori – che il cardinale Marc Ouellet (78 anni dall'8 giugno) sia incaricato, come si suol dire, di questo caso fin dall'inizio. È stato così orchestrato: lettera pubblica di un sacerdote di Fréjus-Toulon che denuncia la “tradizionalizzazione” del seminario diocesano, il cui prefetto degli studi è il superiore della comunità delle Missionarie della Misericordia; istruttoria preventiva della Congregazione del Clero; la visita canonica affidata da questa Congregazione a mons. Aveline, arcivescovo di Marsiglia, che riceverà presto la berretta cardinalizia; decisioni prese in segreto dal cardinale Ouellet, la prima delle quali è questo divieto di esercitare il sacramento dell'Ordine. In sintesi :
«Sinodalità! sinodalità! sinodalità!» ripete il papa! «Sinodalità! sinodalità! sinodalità!» riprende il coro dei laudatores cortigiani! Ma in realtà la Chiesa vive sotto il regime della più rigida dittatura, dove il capo di un dicastero curiale può praticamente destituire un Successore degli Apostoli, nemmeno come un semplice domestico, che potrebbe difendersi attraverso una procedura, ma come un membro stabile di partito di cui ci si sbarazza perché non è nella stessa linea di pensiero.Diocesi di Tolone: perché il Vaticano ha scelto il silenzio
Loup Besmond de Senneville,
Inviato Speciale Permanente a Roma
Gli Uffici del Vaticano si sono rifiutati di commentare il divieto fatto al vescovo di Fréjus-Toulon, peraltro annunciato da Roma, di ordinare sacerdoti e diaconi a fine giugno. Una strategia del silenzio abituale e profondamente radicata nei costumi della Curia.
« Nessun commento. »
Questa è, in sostanza, la principale risposta data dal Vaticano quando in questi giorni si rivolgono domande sul divieto nei confronti di mons. Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon, di ordinare quattro sacerdoti e sei diaconi, il 26 giugno. Nessuna reazione ufficiale è stata trasmessa da Roma ai tanti giornalisti che in questi giorni hanno interrogato le autorità romane, anche se la decisione è stata presa dal prefetto del dicastero per i vescovi, il cardinale Marc Ouellet.
Qui le decisioni disciplinari, così come i trasferimenti improvvisi non si spiegano: oltre alla decisione presa nei confronti del vescovo francese, nei mesi scorsi, è accaduto lo stesso per una questione relativa alla dismissione di un convento domenicano di Pontcallec, ma anche delle dimissioni forzate dell'arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit. Mai, in questi tre casi, è stata data una motivazione chiara e ufficiale.
Lungi dall'essere legata a casi particolari, la scelta del silenzio, operata dal Vaticano quando si tratta di decisioni disciplinari, è assunta senza remore. «Ci sono due ragioni per questo», spiega un membro della Curia, lui stesso molto critico sulla mancanza di trasparenza. «In primo luogo, la convinzione che la Chiesa non debba giustificare le sue decisioni, perché è sovrana e sottrarsi alle pressioni. Poi c'è una mancanza di padronanza delle tecniche di comunicazione. Non si sa bene come procedere». La stessa fonte evidenzia anche «un'incapacità di assumere le proprie decisioni».
«Mancanza di coraggio»
«Quindi si lascia che venga costruita una storia, girino le voci. C'è un'evidente mancanza di coraggio. Senza dubbio alcuni non si rendono conto delle conseguenze del silenzio», continua la stessa persona.
«Meno parli, meglio stai», vien detto anche ai nuovi arrivati in Vaticano. In questo sistema fortemente gerarchico, «chi parla e dispiace al papa ha sempre paura di rischiare la testa», riassume una fonte romana. Che ricorda anche la volontà, molto radicata in Vaticano, di non insudiciare la reputazione di un rappresentante ecclesiastico. O almeno di non schiacciarlo quando ha commesso un errore. Una forma di «prudenza caritatevole» che costituisce un potente freno alla cultura della trasparenza.
Nessuna vera strategia di comunicazione
Ma al di là di queste ragioni culturali, alcuni propongono anche un ricorso al silenzio più direttamente legato alla pratica del potere esercitata dal papa. Francesco, infatti, gestisce parte dei suoi fascicoli da solo, senza ricorrere necessariamente ai servizi della Curia, o almeno integrando le informazioni a lui fornite attraverso i canali personali.
Risultato: c'è chi crede, anche all'interno della Curia, che non sia possibile una vera strategia di comunicazione quando si presenta una questione difficile. E non è raro che il papa decida di evocare sulle colonne di un giornale un argomento di cui aveva proibito di parlare ai suoi servizi: è stato il caso recentemente per il contenuto del colloquio tra lui e il patriarca Kirill, ma anche, in un campo completamente diverso, del suo vaccino.
Altre fonti suggeriscono anche un metodo di risoluzione dei conflitti specifico del Vaticano. Mantenere le procedure segrete, quindi, è sia preservare l'onore della persona in questione, in attesa di decidere, ma anche poter portare alla risoluzione di un problema senza che sia messo in piazza. La pubblicazione dell'esito di una decisione, come avviene oer quella che riguarda monsignor Rey, corrisponde quindi a una fase avanzata del procedimento avviato da Roma contro un vescovo. E in questo caso, secondo le nostre informazioni, il comunicato stampa pubblicato dal vescovo è stato scritto anche in consultazione con il Vaticano. Un modo per Roma di chiedere al principale interessato di comunicare in sua vece.
Traduzione di Chiesa e post-concilio de La Lettre de Paix liturgique, 867 du 10 Juin 2022
Nessun commento:
Posta un commento