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lunedì 20 giugno 2022

Il nuovo libro del vescovo Schneider “La primavera”, degno seguito di “Christus Vincit”

Nella nostra traduzione da OnePeterFive l'appassionata recensione del Prof. Peter Kwasniewski della più recente intervista a mons. Athanasius Schneider, da cui è scaturito un libro. Importante per l'ampiezza dei temi, tutti scottanti e controversi, ma affrontati con sapiente acribia. Trovate numerosi link di riferimento a testi e argomenti citati.

Il nuovo libro del vescovo Schneider
La primavera”, degno seguito di “Christus Vincit


I lettori oltre una certa età possono ricordare il ruolo fondamentale svolto nella nostra vita di cattolici dalle interviste della lunghezza di un libro rilasciate dal cardinale Joseph Ratzinger e, in seguito, da Benedetto XVI. Il primo di questi, e per certi versi a suo tempo il più significativo, fu The Ratzinger report (Il Rapporto Ratzinger sulla fede) del 1985 [qui]. Leggerlo oggi può ancora far alzare le sopracciglia davanti all'audacia dell'allora Prefetto (della Dottrina della Fede): i funzionari vaticani non avrebbero dovuto dire in quel modo la pura verità! Non ci eravamo ancora resi conto che Ratzinger fosse il più grande teologo-intervistato della storia della Chiesa, uno che, in una conversazione spontanea, era in grado di fornire risposte con maggiore profondità e ampiezza di qualsiasi nostro illustre teologo con una gran quantità di tempo e di risorse a disposizione. 

Il Rapporto sulla fede di Ratzinger è stato seguito da Salt of the Earth (Il sale della terra) nel 1996 e God and the World (Dio e il mondo) nel 2000. Le mie copie di questi libri sono piene di sottolineature e annotazioni. Quando il cardinale Ratzinger salì al soglio pontificio come Benedetto XVI, non rallentò. Nel 2010 è stata pubblicata l'intervista Luce del mondo e nel 2016, dopo l'abdicazione, l'intervista Ultime conversazioni, che è forse la più sconcertante di tutte, sia per quello che dice, sia per quello che non dice. [i link sono ai testi nella versione italiana -ndT]

Il genere di un'intervista della lunghezza di un libro ha attirato molti nelle sue allettanti grinfie, e comprensibilmente: è un modo relativamente semplice per scrivere un libro. Basta porre molte domande tempestive, interessanti e importanti, mescolate con alcuni suggerimenti per le benvenute riflessioni autobiografiche, a una persona a cui piace parlare, e voilà!, entro alcune settimane o mesi, verrà fuori un manoscritto. Così, nel 1994 Giovanni Paolo II ha pubblicato Varcare la soglia della speranza. [1] Più recentemente, il cardinale Sarah è entrato in scena con Il potere del silenzio  [qui], Dio o niente [qui - qui], e Si fa sera, e il giorno già volge al declino [qui].
Si sono  aggiunti il cardinale Burke con Speranza per il mondo [qui] e il cardinale Müller col titolo privo di fantasia: Il resoconto del cardinale Müller [In italiano Indagine sulla speranza qui]. Purtroppo anche Jorge Mario Bergoglio è entrato nella mischia con interviste tortuose che quasi nessuno leggerà  [un esempio: qui].

Indubbiamente, dopo Ratzinger, le migliori voci del genere sono le interviste della lunghezza di un libro del vescovo Athanasius Schneider, la cui figura è gerarchicamente inferiore a tutte quelle menzionate e tuttavia la più audace, la più logica, la più completa e la più tradizionalmente cattolica. [2] Forse essere vescovo ausiliare nella regione siberiana ha i suoi vantaggi. Il vescovo Schneider, non estraneo ai lettori di OnePeterFive, ha rilasciato per la prima volta un'importante intervista nel 2018 a Dániel Fülep: Chiesa cattolica, dove stai andando? (Testo italiano nella nostra traduzione qui - qui). Successivamente sono state pubblicate due importanti interviste: Christus Vincit [qui], con Diane Montagna (Angelico, 2019), che attualmente ha quasi 1.000 recensioni su Amazon; e il libro che recensisco oggi, The Springtime That Never Came (La primavera che non è mai arrivata), con Paweł Lisicki (Sophia, 2021). Ho avuto il privilegio di leggere questo testo prima che fosse pubblicato e devo dire che è un vero piacere dall'inizio alla fine, un degno successore di Christus Vincit che sviluppa ulteriormente l'argomentazione della precedente intervista e copre anche nuovi ambiti. È una lettura obbligata.

L'intervistatore, Paweł Lisicki , è un importante giornalista e intellettuale polacco, un critico esplicito del liberalismo sia nella politica che nella Chiesa. Allo stesso tempo, la sua filosofica malinconia ben figurerebbe in un racconto di Dostoevskij. [3] La sua personalità emerge dalle domande che pone al vescovo Schneider, crudamente oneste, a volte anche leggermente polemiche, come se volesse spingere il più possibile il buon vescovo con le obiezioni che si possono sollevare sia contro le affermazioni della Chiesa cattolica sia contro le soluzioni proposte dai cattolici tradizionali. Il che è prezioso: significa che non ci sono domande facili buttate lì.

Il libro conserva il carattere “vivo” della conversazione. Come nota Lisicki nella sua coinvolgente introduzione, le conversazioni si sono svolte in presenza, sono state registrate e poi trascritte. Praticamente c'era tutto sul tavolo; Non riesco a pensare a un solo "argomento caldo" che non sia stato affrontato. [4] Il libro è suddiviso, un po' arbitrariamente, dato che alcuni argomenti riaffiorano dappertutto, in undici capitoli: 1. Quando la sfortuna incombe; 2. E il celibato?; 3. La minaccia gnostica; 4. L'illusione del progresso; 5. Fonti protestanti; 6. Il volto di sinistra della Chiesa; 7. Quante religioni sono vere?; 8. Tra paradiso e inferno; 9. Automatismo e Antropocentrismo; 10. La rottura della continuità; 11. In una Formazione Ordinata.

Poiché è quasi impossibile rendere giustizia a un'intervista di 300 pagine che spazia così tanto, citerò semplicemente qui alcuni passaggi preferiti e rappresentativi (con i numeri di pagina tra parentesi). Come ci si può aspettare, il vescovo Schneider dice alcune cose sorprendenti. Ad esempio, dice che crescere nella Chiesa clandestina in Unione Sovietica lo ha reso immune dal liberalismo occidentale che ha incontrato per la prima volta in Germania da adolescente:
La Messa dei giovani, con chitarre e musica praticamente profana, è stata un'esperienza nuova [in Germania]. Ricordo che quando avevo tredici e quattordici anni mi dava davvero fastidio. Ora vedo che paradossalmente, grazie al mio background, agli anni trascorsi sotto il regime comunista e all'esperienza di persecuzione lì, ero immune da tutto questo liberalismo ecclesiale progressista. Grazie a Dio questa immunità mi è rimasta per tutta la vita. (61)
Rispondendo all'obiezione che i cattolici che aderiscono all'insegnamento del passato sono "fondamentalisti", il vescovo risponde:
La Parola di Dio è stata trasmessa ininterrottamente di generazione in generazione, attraverso vescovi, papi, santi e dottori della Chiesa. Questa trasmissione della parola è stata accompagnata anche dalla prassi. Se, quindi, tutta la Chiesa ha compreso la stessa dottrina nello stesso modo per duemila anni e l'ha continuamente trasmessa, non avrebbe potuto sbagliare tutto il tempo. La Chiesa non può aver sbagliato fin dall'inizio nella sua interpretazione. Sono le persone di oggi, quelle che dicono che abbiamo una nuova consapevolezza, a sbagliare. Confondono la loro nuova consapevolezza con l'insegnamento della Chiesa. In realtà, non è nuova consapevolezza, ma gnosi. È un nuovo cristianesimo gnostico che non viene dalla Chiesa di Cristo. (82–83)
Lisicki fa l'avvocato del diavolo, dicendo che per i sostenitori di Bergoglio, il papa sta "leggendo con precisione i segni dei tempi" e "rappresenta un cattolicesimo veramente aperto e moderno". Il vescovo Schneider esplicita la frode:
Ebbene, gli autori che hai citato all'inizio [Ivereigh (qui), Tornielli, Englisch], quelli che vedono Francesco come un profeta, vorrebbero chiaramente un cristianesimo diverso, nuovo, diverso da quello portato da Gesù, quello tramandato dagli apostoli. Vorrebbero un cristianesimo in cui la verità sia relativa e in cui regni il relativismo. Vorrebbero una Chiesa perfettamente adattata al mondo, che ha rifiutato la rivelazione di Dio e si crea la verità a suo piacimento. Ecco perché vorrebbero che le più alte cariche della Chiesa fossero ricoperte da persone che realizzino un tale programma di adattamento al mondo. Questo è un cristianesimo che permetterà il peccato, non si preoccuperà della verità, non la difenderà e non parlerà contro l'errore o la menzogna. È questo l'approccio che può ricevere approvazione ed essere supportato da questi autori. Se sembra loro che sia così che agiscono i rappresentanti della Chiesa, li chiamano “profeti” e nelle loro azioni riconoscono i segni dell'opera dello “Spirito Santo”. Sono profeti di una falsa chiesa di questo mondo, profeti della temporalità, di ciò che è mondano. E anche se scrivono della Chiesa cattolica, parlano di una Chiesa diversa, che non è quella che Gesù ha stabilito e di cui ha insegnato. Non basta dire che qualcosa è "cattolico". Qualcosa è cattolico solo se lo è di fatto. (84) 
Poi passa alla questione centrale del ruolo di un papa:
Non basta invocare le aspettative dei nostri contemporanei, o bisogni e sviluppi culturali e sociali di un tipo o dell'altro. Se si facesse ciò, sarebbe un evidente abuso di potere. È esattamente quello che questi autori non riescono a notare. Attribuiscono al papa l'autorità e il potere di un leader politico che può davvero cambiare il programma di un partito, presentare nuove proposte, entrare in coalizioni prima con un partito e poi con un altro. Non è così per il papa. Nel senso proprio della parola, il papa è l'uomo col minor potere nella Chiesa. Nel senso proprio della parola, è lui che deve essere più obbediente. Idealmente, è lui che deve mostrare la massima fedeltà al deposito tramandatogli dai suoi predecessori, deposito bimillenario. E deve continuare a trasmetterlo a coloro che verranno dopo di lui senza violarlo, distorcerlo o distruggerlo. Invece, questi autori scrivono di un papa-profeta che può apportare cambiamenti nella Chiesa come se fosse lo Stato o un'istituzione secolare. (85–86)
Quando l'intervistatore suggerisce che non c'è rimedio per un papa ribelle, il vescovo Schneider ribatte:
Tutto ciò che possiamo fare è pregare affinché Dio illumini il papa che sbaglia o intervenga in un modo a lui noto. Perché il papa si converta e cominci a predicare la verità ai fedeli al posto degli errori precedenti. Inoltre, dobbiamo ricordare che abbiamo mezzi di difesa sufficienti. Del resto, in una situazione del genere, anche se il papa sbagliasse, sia i vescovi che i sacerdoti possono continuare a predicare il valido, il vero insegnamento che è sempre stato predicato dalla Chiesa. In questo modo rimangono uniti alla Chiesa e agli insegnamenti di tutti i papi, anche se l'attuale papa, durante il cui regno vivono, insegna la menzogna. Hanno i mezzi per ristabilire l'equilibrio. In una simile situazione di conflitto o di contraddizione, devono aderire all'insegnamento costante e immutabile della Chiesa. Possono farlo nei sermoni, possono scrivere articoli o libri. Devono anche pregare. Nessun singolo papa è eterno. Dobbiamo avere abbastanza fede, abbastanza pazienza per perseverare finché Dio non lo chiamerà, o gli concederà la conversione. La storia conosce questi casi. (89–90)
A volte le cose che dice il vescovo Schneider fanno venire voglia di alzarsi in piedi e applaudire. L'intervistatore a un certo punto gli chiede perché gli unici vescovi che sembrano protestare contro qualcosa vengono da luoghi remoti senza alcuna influenza in termini mondani. Il vescovo risponde:
Restare in silenzio è molto più facile, ed è anche facile giustificarlo. Ad esempio, alcuni dicono: “Io sono solo un vescovo ausiliare”, oppure “Sono molto lontano”, oppure: “Sono responsabile della mia diocesi e non di un'altra, Dio ha voluto mettermi qui e non altrove. Questi sono affari del papa, non miei”. Francamente, penso che tali spiegazioni siano solo una scusa a buon mercato. In definitiva, non siamo una società o una società laica, né siamo un governo in cui ogni ministro può dire di avere il proprio dominio e non può interferire con ciò che gli altri stanno facendo. No, non siamo una società, non siamo un governo, siamo una famiglia vivente. Tutti noi in tutto il mondo siamo una famiglia cattolica. Siamo un solo Corpo. Come dice san Paolo, se un membro del corpo soffre, tutti gli altri soffrono con esso. Ecco perché non posso dire che non mi importi. Ovviamente posso pregare fare penitenza, riparare i peccati commessi dai cattivi pastori. Ma per come la vedo io, un vescovo deve fare ancora di più. Con la sua ordinazione, ogni vescovo diventa membro del collegio episcopale mondiale e successore degli apostoli. Come afferma la costituzione Lumen Gentium, ogni vescovo dovrebbe sentirsi responsabile del bene di tutta la Chiesa. Anche se la sua giurisdizione è limitata alla sua diocesi, deve sentire una sollecitudine per tutta la Chiesa. Deve aiutare anche tutta la Chiesa. Deve dare il suo contributo….
Se fossi rimasto in silenzio, non sarei stato in grado di reggere la voce della mia coscienza. Non potevo stare davanti a Dio. Come potrei dire: “So cosa stanno facendo i vescovi tedeschi, ma non mi interessa, è lontano, e dovrebbe bastare che io preghi per loro”? Non credo che Dio accetterebbe da me una spiegazione del genere. Ecco perché sto parlando. Parlo apertamente perché ho sollecitudine per il bene di tutta la Chiesa. Poiché l'attuale papa non sta svolgendo il suo ruolo in questo senso e tace, i vescovi devono venire in suo aiuto e fare ciò che è necessario in sua vece. Questa è esattamente la forma di collegialità che il Concilio Vaticano II ha così fortemente sottolineato. Quando si parla di collegialità (vedi), non si tratta del rapporto tra un dipendente e il capo. Ciò non significa che il dipendente debba fare ciò che dice il capo. È così che possono comportarsi funzionari e dipendenti che lavorano per le aziende. Ma il papa non è il capo, e i vescovi non sono i suoi dipendenti. Siamo un collegio, siamo legati gli uni agli altri. L'episcopato è un corpo vivo. Questo è il punto della collegialità: se il capo si mostra debole e non riesce a svolgere il compito affidatogli, le altre membra del corpo vengono in suo aiuto. Noi diciamo corpus episcoporum. Vengono in aiuto e difendono la Fede. (136–37)
A un certo punto Lisicki solleva la questione dell'"uccisione di massa dei bambini non ancora nati" e si interroga sulla crescente radicalizzazione del movimento pro-aborto, che in passato diceva che l'aborto era un male deplorevole, ma oggi sembra celebrarlo come un diritto fondamentale, un segno della dignità e dell'autonomia della donna, anche qualcosa di liberatorio di cui vantarsi. Il buon vescovo dà una risposta profonda:
Il male e la malvagità hanno una tendenza intrinseca alla radicalizzazione. Se il male non è trattenuto, se non è tenuto a freno, se non è ostacolato ma invece è tollerato o sostenuto, allora raggiunge un estremo, una forma sempre più terrificante. Il male cerca di propagarsi. Non dimentichiamo che alla fine abbiamo a che fare con il male personale, con Satana. Il male vuole conquistare l'intero mondo creato, negarlo e rifiutarlo completamente, strapparlo dalla mano di Dio. In questo senso tende verso una qualche forma perversa di infinito ed eternità, e in definitiva verso il regno dell'Inferno. Satana è un essere personale con un'intelligenza incomparabilmente superiore all'intelligenza umana. Lui stesso ha scelto il male, con tutte le sue conseguenze. In una certa misura, il male ha in sé l'eternità e l'infinito. Questo è ciò che lo rende radicale. Cerca di trascendere tutti i confini, fino alla fine, fino in fondo. Cerca di immortalarsi, di rendersi eterno. L'inferno è il male immortalato. È eterno.
Possiamo vedere questa dinamica del male usando l'esempio dell'alcolismo. L'inizio sembra innocente, non pericoloso. La gente inizia a bere a poco a poco. Senza limiti, bevono sempre di più e con frequenza crescente. E poi, anni dopo, hanno toccato il fondo. Ecco come funziona il male. Si sforza di prendere completamente il controllo dell'uomo, fino al punto della sua definitiva distruzione. Questo è esattamente ciò che accade agli alcolisti. Se non vengono fermati, provocano la propria distruzione fisica e mentale. Diventa subito evidente che un bicchierino di vodka non è sufficiente. Deve essere una bottiglia intera. E poi due bottiglie. Devono bere sempre di più, finché non si bevono letteralmente fino alla morte. Conosco un caso drammatico di un uomo che ha svuotato tutta la sua casa e ha venduto tutto ciò che aveva per comprare alcolici. Questa è la logica del male. È lo stesso con l'aborto. (152)
Sollevando la controversa questione della pena capitale (qui - qui), il giornalista si chiede come un insegnamento così coerente possa essere improvvisamente ribaltato e poi imposto attraverso il Catechismo. Il vescovo del Kazakistan risponde, senza mezzi termini:
Certamente il papa non ha il diritto di cambiare un insegnamento che si basa sulle fonti della rivelazione divina, l'insegnamento che è presente nella stessa Scrittura, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, e che si tramanda da duemila anni nella Chiesa. Questa è una rivoluzione e una rottura. L'introduzione di un tale cambiamento supera i limiti dell'autorità papale. Il Concilio Vaticano I, che ha definito la dottrina dell'infallibilità papale, ha dichiarato che lo Spirito Santo non è stato dato al papa per introdurre nuovi insegnamenti o per istituirli, ma per custodire fedelmente il deposito della rivelazione divina. Un cambiamento di posizione sull'ammissibilità della pena di morte è un abuso dell'autorità papale.
Ripeto, il papa non ha il potere di cambiare la dottrina permanente della Chiesa. Non ha tale autorità. Per duemila anni la Chiesa ha insegnato che la pena capitale è legittima, ovviamente quando sono soddisfatte determinate condizioni ben definite. Questo è anche ciò che Dio ci ha insegnato nella Sacra Scrittura. Come potrebbe allora Papa Francesco cambiare questo? Qui ha oltrepassato la sua autorità. Non ho alcun dubbio che dopo la sua morte, i suoi successori annulleranno questa modifica. Siamo temporaneamente in una situazione di oscurità. La storia ha visto esempi di papi che hanno abusato del loro potere. Oggi questo è il caso. Questo abuso sarà certamente riconosciuto e l'errore sulla pena di morte sarà corretto dai futuri papi. (157–58)
Uno degli eventi che ha scosso la visione del mondo iperpapalista sono i raduni di Assisi promossi e patrocinati da Giovanni Paolo II. Devo ammettere, per la cronaca, che il pieno significato inquietante di questi eventi, che non è mai sfuggito all'arcivescovo Lefebvre, mi era sfuggito per un certo tempo, finché non ho esaminato più da vicino ciò che era accaduto e ho letto la tentata giustificazione offerta da Giovanni Paolo II. Poi ho capito che stavamo affrontando gravi mali che non potevano in alcun modo essere difesi. Ecco perché, in seguito, non potevo non mettere in discussione la prudenza e perfino la validità della canonizzazione di Giovanni Paolo II. In ogni caso, monsignor Schneider sottolinea l'esatto parallelismo tra Assisi e Abu Dhabi (qui - qui - qui):
Lo dimostra anche lo stesso invito che papa Giovanni Paolo II ha rivolto a ogni singolo capo religioso. Ha invitato ciascuno di loro a pregare a modo suo. Questo è inaccettabile. Come potrebbe essere accettabile per un papa invitare tutti a pregare a modo loro se ciò significa anche pregare gli idoli? In che modo gli indù o i buddisti avrebbero dovuto pregare lì altrimenti? Di norma, si rivolgono agli idoli nelle loro preghiere. Dio proibisce di adorare gli idoli e di pregarli. Lo vieta sempre e in ogni circostanza. Esortare a pregare secondo la propria religione, quindi, significa essere complici di questo culto idolatra e sostenerlo. In altre parole, significa esortare qualcuno a fare ciò che Dio ha assolutamente proibito.
Sottolineo: non è un divieto temporaneo e mutevole, ma assoluto. Ad Assisi c'erano anche sciamani e seguaci del vudù che adoravano i demoni. Invitarli tutti e averli presenti ad Assisi è stato un gravissimo errore da parte di Giovanni Paolo II, che in linea di principio non era diverso dal testo della dichiarazione firmata da Francesco ad Abu Dhabi. Basandosi sulla logica, è impossibile vedere alcuna differenza essenziale tra i due atti: l'incontro di Assisi e la dichiarazione di Abu Dhabi (qui) (182–83)
Naturalmente Lisicki si avventa su questa risposta e si chiede come nel mondo si possa conciliare questo tipo di comportamento con l'insegnamento e la pratica cattolica tradizionale. Il vescovo Schneider dice: non può darsi.
La posta in gioco qui non è la comprensione della fede della Chiesa, ma le parole dello stesso Salvatore e degli apostoli, dei Padri della Chiesa e di tutti i papi fino alla metà del XX secolo. La fonte primaria sia dell'incontro di Assisi che della dichiarazione di Abu Dhabi è, come ho accennato prima, la dichiarazione Dignitatis Humanae e quelle parole chiave che riconoscono il diritto naturale della persona umana a scegliere e diffondere una religione, o, in altre parole, di non essere impedito nel farlo. Questo diritto naturale è inteso come qualcosa di positivo, come la libertà di scegliere una religione e il diritto di diffonderla liberamente senza impedimenti.
La libertà appartiene alla natura stessa dell'uomo, non è un diritto ma una facoltà o capacità che ognuno ha. È un dono che Dio ha fatto a tutti. La libertà di prendere decisioni appartiene alla natura umana. Ma Dio l'ha data all'uomo - e questo è estremamente importante - per un solo scopo, cioè quello di scegliere il bene e la verità. Solo perché l'uomo per natura ha la capacità di scegliere tra il bene e il male, come vediamo dall'esempio di Adamo ed Eva, non significa che questa scelta sia un suo diritto naturale, positivo. Bisogna fare una netta distinzione tra il diritto a qualcosa (che presuppone invece l'obbligo di riconoscere e rispettare tale diritto) e la capacità di fare qualcosa. Adamo non aveva il diritto di disobbedire a Dio. Non aveva il diritto di trasgredire il comando di Dio. E Dio non aveva alcun obbligo di rispettare o accettare la disobbedienza. Adamo aveva solo la capacità di scegliere, non il diritto di scegliere il male. Adamo e i suoi discendenti non hanno il diritto naturale di non essere impediti nel diffondere un male morale, spirituale o intellettuale (che sia il peccato o una falsa religione).
Questo vale per ogni essere umano. Ognuno ha la capacità, il potere di scegliere. Può accettare o rifiutare Cristo, può adorare Dio o no, può peccare o non peccare, ma non c'è alcun diritto naturale che dia all'uomo il diritto di fare scelte false ed errate, o di adorare idoli o Lucifero e non essere impedito di diffondere tali diavolerie. L'unico diritto naturale di non essere impediti nella scelta e nella diffusione di una religione si riferisce alla religione cristiana e concretamente alla religione cattolica. (184)
La giornalista e il vescovo parlano, come ci si potrebbe aspettare, di ebraismo, islam, secolarismo, marxismo, massoneria, femminismo, modernismo, Vaticano II e così via. Ma di grande interesse per me è stato il lungo e appassionato dialogo sulla liturgia e la riforma liturgica nel capitolo 9. Sono molto grato al vescovo Schneider per il suo giudizio schietto, basato su anni di ricerca su questa questione e anni di celebrazione di entrambe le “forme” della Messa:
Nei duemila anni di storia della Chiesa, una riforma così radicale come quella di Paolo VI non era mai stata attuata. Del resto, la liturgia eucaristica, la liturgia della Messa, è il cuore della Chiesa. Non ho dubbi che qui si tratta di una rivoluzione. Vista oggettivamente, è stata una rivoluzione. È stata attuata con un radicalismo mai conosciuto prima dalla Chiesa. Quindi questa è la prima cosa da sapere: è stato un errore fin dall'inizio. Non c'è e non dovrebbe esserci posto per la rivoluzione nella Chiesa. Il principio stesso della vita della Chiesa, il principio che parla di sviluppo organico, significa che non devono essere utilizzati metodi rivoluzionari nella liturgia e nella dottrina, a prescindere da eventuali buone intenzioni e obiettivi. La preghiera pubblica della Chiesa è così organica, così naturale che è impossibile immaginare cambiamenti rivoluzionari. (261)
Non si può parlare di un risultato positivo. È una rottura con una tradizione liturgica millenaria della Chiesa. Il nuovo rito significa anche una protestantizzazione tangibile della Messa. Ciò vale sia per i riti che per le preghiere. La tendenza all'antropocentrismo e al protestantesimo è indiscutibile. (263)
Nel complesso, la riforma della liturgia di papa Paolo VI è stato un fallimento. (265)
Lisicki non a caso si chiede: «Cosa significa, allora, che il papa ha la speciale protezione dello Spirito Santo? Come dobbiamo intendere questa dottrina?… Oggi molti cattolici credono che in fondo tutto ciò che dice il papa sia giusto, vero e vincolante. In che cosa consiste dunque l'obbedienza al papa? Il vescovo Schneider risponde:
Cosa rappresenta la roccia? Costanza, immutabilità, punto di appoggio, permanenza, forza e resistenza. La roccia è sempre la stessa, puoi appoggiarti alla roccia. Proprio questa è la missione del papa. Il suo compito è vegliare e custodire con i Vescovi ciò che il Signore gli ha affidato, il tesoro della Fede. Proprio come una roccia. Trasmetterlo immutato, averne cura, affinché tutti nella Chiesa vi si appoggino, possano volgervisi, orientarvisi, proprio come un marinaio si orienta verso una meta e determina la propria rotta secondo la sua posizione. Il papa deve essere fermo come una roccia, non deve cedere o soccombere alla pressione del mondo. Guardiamo il mare: le onde colpiscono lo scoglio e si infrangono, soffia il vento, ma lo scoglio è fermo. Non cede, non cede sotto la pressione.
Il suo secondo ruolo è meglio descritto dalla parola "vicario". Significa "vice". Il papa è in questo senso un amministratore. Proviamo a pensare che cos'è un amministratore: qualcuno che non è un maestro. Gestisce i tesori, la casa, la proprietà. Ha ancora un padrone su di lui al quale deve rendere conto della sua gestione delle cose che non sono sue. Il papa deve essere costantemente consapevole del fatto che la Fede non è sua proprietà, e nemmeno la liturgia. Il suo ruolo è semplicemente quello di gestirla e vegliare su di essa in modo che eresie e altri mali non si infiltrino nella casa del suo padrone. E se accade, il suo compito è sbarazzarsi del male e purificare la casa che gli è stata affidata. Naturalmente, svolge questo compito con l'aiuto dei suoi fratelli vescovi. Il papa dovrebbe ripetersi questo più e più volte: Sono solo un amministratore di una proprietà che non è la mia. (266–67)
Il vescovo Schneider si oppone al sedevacantismo affermando che fondamentalmente fraintende il posto finito e condizionato del papa all'interno della realtà della Chiesa e, più gravemente, diffida della Provvidenza di Dio sulla storia:
Direi anche che, in fondo, rilevo in questo atteggiamento di sedevacantismo una mancanza di fede nella Provvidenza di Dio, nel fatto che Dio governa il mondo, che Egli è il Signore della Chiesa. Qui si nasconde un altro errore: identificare il papa con la Chiesa. Il papa non è la Chiesa. Il papa è un membro della Chiesa. Fa parte della Chiesa. La Chiesa nel suo insieme è più forte di un papa eretico. E per un certo tempo la Chiesa è in grado di resistere al governo di un papa eretico. La Chiesa è un'opera di Dio e ha mezzi di difesa anche contro una minaccia potenziale come un papa eretico. Ad esempio, i vescovi possono dichiarare una crociata universale di preghiera, atti di penitenza e digiuno per la conversione di un tale papa. Possono anche predicare chiaramente l'insegnamento cattolico, soprattutto su quei punti offuscati dalle parole eretiche del papa. Possono invocare l'intervento di Dio. Tutti questi sono mezzi che presuppongono che la Chiesa sia prima di tutto una comunità soprannaturale. Non siamo un partito politico. Se fossimo un partito, potrebbero essere usati per sbarazzarsi del leader i normali mezzi laici. Ma la Chiesa non è un partito politico. La Chiesa è il Corpo mistico di Cristo, una comunità soprannaturale. (299–300)
Potrei continuare a citare questo libro tutto il giorno, ma ovviamente non sarebbe adatto ad una recensione! Il mio obiettivo nel condividere queste citazioni è stato quello di offrire un esempio della chiarezza luminosa che si trova ne La primavera che non è mai venuta, in cui si sente la voce di chi “insegna con autorità, e non come gli scribi e i farisei” ( Mt 7,29). Se avete già apprezzato Christus Vincit, adorerete la Primavera. Se non avete mai letto nessuno dei libri del vescovo Schneider, potreste sicuramente iniziare da qui, poiché non richiede preliminari.

Possa Dio concedere a questo Atanasio del ventunesimo secolo grazia abbondante e lunga vita affinché possiamo continuare a fare affidamento su di lui così come i cristiani del quarto secolo potevano contare sul suo omonimo.

La primavera che non è mai arrivata. Il vescovo Athanasius Schneider in colloquio con Paweł Lisicki. Manchester, NH: Sophia Institute Press, 2021 (pubblicato nel 2022). 320 pagine. Copertina rigida (ISBN 978-1-64413-513-6) $ 21,95; ebook (ISBN 978-1-64413-514-3) $ 7,99. Dall'editore o da Amazon.

Peter Kwasniewski - Fonte
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[1] Anche quel libro ha influito su di me: è uscito l'anno in cui mi sono laureato, e ha alimentato il fuoco del mio iperpapalismo in quel periodo della mia vita. La disillusione e la revisione radicale delle opinioni erano ancora lontani di alcuni anni. 
[2] Devo notare che di recente è apparso un altro meraviglioso libro di interviste, questa volta con p. Gerald Murray, in conversazione con Diane Montagna: Calming the Storm (Emmaus, 2022). Ma siccome non l'ho ancora letto, non mi sento qualificato per fare commenti se non che sono sicuro che sia buono, sulla base di tutto ciò che ho visto sia da p. Murray e da Diane Montagna. Nota dell'editore: la nostra recensione di questo testo e la conversazione con p. Murray può essere vista qui
[3] Ho incontrato il Sig. Lisicki di persona ad un evento a Cracovia lo scorso novembre, ma ahimè, dato che ero arrivato molto tardi, e lui doveva partire per un lungo viaggio in auto verso casa, ci siamo incrociati solo per una quindicina di minuti. È stato un peccato, perché speravo di conoscerlo meglio!
[4] Vale la pena sottolineare che questa conversazione è stata condotta in polacco nel febbraio 2020 ed è stata poi tradotta da Justyna Krukowska (una mia ex studentessa all'ITI quando era a Gaming, Austria... il mondo è piccolo!) per la pubblicazione da parte del Sophia Institute.  La stampa, quindi, sebbene sia successiva alla data di Christus Vincit, non parla di problemi sorti negli ultimi due anni. Questo non ne sminuisce il valore, perché le questioni più importanti non sono cambiate in quel breve lasso di tempo; semmai sono servite solo a confermare l'analisi di mons. Schneider.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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