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martedì 28 giugno 2022

Quei sessantottini della Pontificia Accademia pro Vita

Precedenti, nel blog, sulle trasformazioni della PAV [qui - qui - qui - qui - qui - qui - qui] e dell’Istituto Giovanni Paolo II, che hanno suscitato molto scalpore [qui - qui - qui] ; sul card. Paglia [qui]. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica e correlati.
Che alla PAV ci sia più di un problema in termini di difesa della vita è cosa nota: l’ingresso di soggetti quantomeno possibilisti su temi come aborto ed eutanasia [vedi] e l’esclusione di componenti storici e da sempre assestati su posizioni di rigore non potevano non produrre effetti. Le ultime gradevoli novità stanno nel comunicato rilasciato a commento della sentenza Dobbs vs Jackson Health Organization, che ha di fatto travolto la Roe vs Wade e i principi abortisti che, da Oltreoceano, si sono diffusi in Europa e nell’Occidente tutto. 
Il testo [qui] presenta il solito armamentario sul dialogo non ideologico, sull’incontro, sulla convivenza tra diverse sensibilità e via dicendo: categorie e approcci cui siamo abituati e che da tempo sono ampiamente praticati pure su quelli che una volta erano definiti “principi non negoziabili”. Però poi la PAV ci sorprende con qualcosa di veramente old fashioned, perfettamente coerente con l’età media dei suoi componenti: una bella uscita sull’educazione sessuale, inclusa tra i rimedi all’aborto. Si legge infatti nel comunicato:
“Si tratta di sviluppare scelte politiche che promuovano condizioni di esistenza a favore della vita senza cadere in posizioni ideologiche aprioristiche. Questo significa anche assicurare un’adeguata educazione sessuale, garantire un’assistenza sanitaria accessibile a tutti e predisporre misure legislative a tutela della famiglia e della maternità, superando le disuguaglianze esistenti. Occorre una solida assistenza alle madri, alle coppie e al nascituro che coinvolga tutta la comunità, favorendo la possibilità per le madri in difficoltà di portare avanti la gravidanza e di affidare il bambino a chi può garantirne la crescita”.
Walter Veltroni non avrebbe saputo fare di meglio, poco da dire.

Ora, penso che alla PAV sappiano che il refrain “adeguata educazione sessuale = meno aborti” viene suonato più o meno dagli Anni Cinquanta, ossia da quando i primi “illuminati” hanno iniziato a parlare di educazione sessuale nelle scuole. Forse alla PAV non sanno che le famiglie cattoliche fanno nella gran parte dei casi educazione sessuale cattolica, nel senso che toccano i temi con rispetto e nei tempi adeguati ad ogni figlio, senza istituzionalizzazioni che sono ridicole e anzi dannose. Magari alla PAV potrebbero leggere le decine di studi che provano come nei Paesi in cui si attua “un’adeguata educazione sessuale” gli aborti, i rapporti precoci e le malattie sessualmente trasmissibili aumentano anziché diminuire. Alla PAV non si rendono conto, insomma, che si tratta di una risposta vecchia e fallimentare, che forse andava in voga quando molti di quelli che la compongono (o i loro maestri) avevano grossomodo vent’anni e stavano persi nei primi amori, nei primi turbamenti, nei primi cortei, nelle prime Messe beat così ben pennellate da Aldo Fabrizi nella sua “Poesia di Natale”. Qui non si discutono le intenzioni, si discutono le soluzioni: non si risolve un problema (l’aborto) pescando nello stessa subcultura che lo ha generato o comunque propugnato.

E’ grave? Beh, non tanto. Fa un po’ ridere, questo sì e speriamo non si traduca in un ufficio di “Pastorale dell’educazione sessuale” o in figure tipo “responsabile dell’educazione sessuale nell’ufficio nuove famiglie” che qualcuno con qualche imbarazzo dovrebbe sostenere, finanziare e magari pure frequentare nelle sue attività. Fa un po’ ridere anche perché il comunicato esce nella giornata mondiale delle famiglie (quante ce ne sono? Mah), cui viene appioppata anche questa “nuova sfida” che la famiglia cattolica in realtà combatte e vince da un paio di millenni. E’ però anche un po’ triste: che alla ridefinizione della questione aborto, che inevitabilmente comporta la pronuncia Dobbs, la PAV risponda con l’educazione sessuale (o con la lotta alle “disuguaglianze”, altro mito smentito dai fatti, che mostrano che nei Paesi più ricchi si abortisce di più) rende chiaramente l’idea di una forma mentis gravemente fuori fuoco, che trattando i temi della difesa della vita intende in realtà proporre una visione dell’Uomo carente e già battuta dai fatti.

Frattanto, centinaia di persone di buona volontà si impegnano nei colloqui con le madri in difficoltà, insegnano ai propri figli il tempo dell’amore vero innanzi a Cristo con la prudenza che viene dal pudore e dal rispetto, confortano famiglie disorientate, restano santo e ostinato segno di contraddizione. E se lo fanno, lo fanno perché credono profondamente che con l’aborto non si possa convivere e che non sia una questione di “sensibilità” ma di carne e di sangue di una donna, di un uomo, di un innocente. (Massimo Micaletti - Fonte)

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