Quasi un anno dopo la Traditionis custodes [vedi indice articoli] con cui è stata ristretta l'applicazione del Summorum Pontificum, arriva un nuovo intervento di Papa Francesco sulla liturgia: Desiderio desideravi, l'ultima Lettera Apostolica pubblicata nel giorno dei santi Pietro e Paolo. Confesso che mi ripugna non poco l'uso delle parole del Signore in un contesto del genere nel quale sembra persistere l'idea di unificare i fedeli sotto lo stesso rito che non è quello dei secoli. Le uniche restrizioni e divieti provenienti dal Soglio sono volte a cancellare chi sceglie il rito tradizionale. Coloro invece che si ostinano a desacralizzare la Santa Messa e a fare di questo sacramento un evento sociale o ideologico, non ricevono alcuna correzione.
Vien da pensare che se condannasse con la stessa severità, oltre ai pizzi e al latino, le stole arcobaleno, i vescovi in bicicletta nel presbiterio, le Messe con benedizioni a coppie gay che raccontano dall'ambone della bellezza del loro "matrimonio", gli ostensori col drone, i balletti durante le liturgie; tutti frutti della creatività conciliarista, nonché le diaconesse e tutto il resto, intanto sarebbe salvaguardata la sacralità della Messa... La comprensione è già inficiata dal santo sacrificio trasformato in cena!
Breve excursus dell'insieme
Nel testo del nuovo documento, Bergoglio, rifacendosi al Concilio Vaticano II, mette in guardia dal pericolo che
"la bellezza del celebrare cristiano" possa essere "deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica".
Limiti che individua nello "gnosticismo" e nel "neo-pelagianesimo", già denunciati nell'esortazione apostolica Gaudete et Exsultate, visti come due facce della stessa medaglia: da un lato "un soggettivismo che chiude l’individuo nell’immanenza della propria ragione o dei suoi sentimenti”, dall'altro "la presunzione di una salvezza guadagnata con le nostre forze".
Dopodiché il suo pensiero si concentra sulla formazione nei seminari - purtroppo già notoriamente inquinata - dove auspica la comprensione teologica della liturgia affinché non si possano ridurre le celebrazioni al solo aspetto cultuale. Non mancano gli echi della reazione e della resistenza provocata in chi ama la liturgia antica dalla Traditionis custodes, che limita fortemente la liberalizzazione delle celebrazioni del rito romano operata da Benedetto XVI nel 2007. Proprio per questo, la Desiderio Desideravi si conclude con un appello ad abbandonare le polemiche.
Nel corso della Lettera, vengono riproposte molte delle affermazioni disseminate in incontri ed udienze dell'ultimo periodo. Tra l'altro viene citato Pio XII, per ricordare che il senso della liturgia non è quello di "cerimoniale decorativo o mera somma di leggi e di precetti che regolano il culto". Un passaggio che richiama una recente bacchettata al clero siciliano (9 giugno, Sala Clementina) a cui ha rimproverato l'uso dei "merletti della nonna" nelle celebrazioni [vedi].
Agli stessi prelati, Bergoglio aveva richiamato il Concilio Vaticano II per esortarli ad "un po’ di aggiornamento nell’arte liturgica". Una linea ribadita nettamente anche nell'ultimo documento dove, pur prendendosela anche con "creatività esasperata, sbrigatività frettolosa e sciatta trascuratezza", Bergoglio sentenzia che non si può "tornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessità di riformare".
Nessun ripensamento dunque sulla Traditionis custodes; anzi l'ennesima porta in faccia a chi è fedele alla tradizione.
Questo l'excursus dei fatti. Ma le sollecitazioni sono tali e tante a diversi livelli che non mancherà, dandoci il tempo degli approfondimenti, una carrellata di articoli come già avvenuto per la Traditionis Custodes e i “Responsa”.
Alcune osservazioni di massima
Quanto all'urgenza di una solida formazione liturgica, è da decenni che viene tirata in ballo. Ed ecco che "Desiderio desideravi", ad appena un anno da Traditionis Custodes, riversa parole, parole, parole ma non dà sufficienti indicazioni per una seria formazione. Già di per sé la Messa riformata di Paolo VI opera le sue (de)formazioni mentre, per una vera formazione liturgica, occorre una vera liturgia frutto di uno sviluppo organico e non fabbricata a tavolino.
Di fatto Bergoglio, dopo aver sciorinato una serie di meditazioni sull'indicibile bellezza dell'Eucaristia e sulla centralità della liturgia nella vita di fede, prosegue affermando - senza prove né spiegazioni - che i cambiamenti liturgici introdotti dopo il Vaticano II possono rinvigorire la giusta comprensione della Messa.
A proposito di simboli di cui accenno di seguito, nell'immagine a lato l'altare papale sul quale non è stata più celebrata alcuna Messa da quando, nell'ottobre 2019, Bergoglio ha accolto una ciotola con la terra dedicata alla falsa dea Pachamama [vedi] e l'ha posta, contro ogni norma liturgica, proprio sull'Altare Maggiore della Basilica di San Pietro; cosa che è stata definita come un "vuoto simbolico" [qui].
Una trattazione a parte meriterà infatti - molto mi colpisce nella Lettera - l'insolita ripetuta invocazione di Bergoglio, quasi una sua svolta, verso... il simbolico. Cita Guardini:
«"Con ciò si delinea il primo compito del lavoro di formazione liturgica: l’uomo deve diventare nuovamente capace di simboli". ...Ciò accade anche con il simbolo del nostro corpo. È simbolo perché intima unione di anima e corpo, visibilità dell’anima spirituale nell’ordine del corporeo e in questo consiste l’unicità umana...»
E non esita a ribadire l'animus "simbolico" del documento affermando:
«La domanda che ci poniamo è, dunque, come tornare ad essere capaci di simboli? Come tornare a saperli leggere per poterli vivere?».
E, alla fine, lo accentua dicendo
« Altra questione decisiva – sempre riflettendo su come la Liturgia ci forma – è l’educazione necessaria per poter acquisire l’atteggiamento interiore che ci permette di porre e di comprendere i simboli liturgici...»
Forse sarebbe stato più logicamente e teologicamente preciso da parte sua riferirsi a questi elementi come segni liturgici e non come simboli. Anche su questo ci sarà molto da approfondire.
I riferimenti alla Sacrosantum concilium
Infine una notazione sulla Sacrosantum concilium sulle cui citazioni plurime nella nuova Lettera ci sarà da tornare diffusamente.
Sono rimasta colpita dal fatto che alcuni conservatori obiettano che il Novus Ordo in realtà si è allontanato dalla SC e, più che del Concilium, esso è frutto del Consilium [vedi]. Lo affermano partendo dal fatto che Paolo VI affidò il lavoro a uno speciale super-comitato ad hoc, il Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, i cui progetti raggiunsero il completamento e furono da lui approvati diversi anni dopo la conclusione del Concilio.
È bene precisare tuttavia che non possiamo dimenticare che la SC oltrepassa la Mediator Dei [vedi]. E, se è vero che la stessa Costituzione ad esempio non prevedeva l'abolizione del latino e l'estromissione del gregoriano (che anzi definisce come “proprio della liturgia romana”: vedi), essa contiene - dopo affermazioni di principio condivisibili - i famigerati "ma anche" che hanno consentito tutte le eccezioni successive con l'infiltrazione di proposizioni ambigue e teologicamente sospette. Molte le abbiamo individuate e documentate nel nostro indefesso lavoro di anni. Sono queste che permettono di parlare del famoso "contro-spirito del concilio", come lo chiamava mons. Gherardini; cioè dell'innovazione subdola e neppure codificata in senso solenne, ma attraverso la prassi...
Ci sono diversi spunti qui.
Rimando ai successivi articoli per la marea di puntualizzazioni che ci si imporranno. (Maria Guarini)
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