Il volume: “Ricchi e buoni?” (Edizioni Emi) di Nicoletta Dentico, anche se pubblicato nel 2020, mantiene integro il suo valore, non solo dovuto alla ricchezza di dati in esso contenuti, ma per l’analisi di quelle che nel sottotitolo vengono chiamate le trame oscure del filantrocapitalismo. Sin dalla prefazione, infatti, dell’indiana Vandana Shisa, viene messo a fuoco il tema fondamentale del libro, ossia la filantropia (dei ricchi) che dirotta la democrazia e colonizza la vita: “L’economia globale poggia sul progetto di colonizzazione…i giganti digitali (Big Tech) hanno costruito la “mens nullius” per impossessarsi delle nostre menti e delle nostre vite”. Il libro non rappresenta solo una denuncia forte al sistema globalista, ma propone una visione alternativa fondata sulla giusta azione e sul corretto stile di vita. L’egemonia culturale, finanziaria e politica del filantrocapitalismo non solo viene smascherata nelle sue reali intenzioni (colonialismo filantropico) ma viene posta sotto osservazione per il carattere manipolatorio in essa contenuto.
Filantropia: generosità calcolatrice più che amore per l’umanità
Citando un libro del 1923 del sociologo francese Marcel Mauss: “Saggio sul dono”, l’autrice sottolinea, contrariamente all’esito del filantrocapitalismo, come l’essenza del dono costituisca un vincolo comunitario, una relazione sana e fruttuosa tra chi riceve e chi dona. Nicoletta Dentico ravvede nell’avventura filantropica di Andrew Carnegie, tycoon dell’acciaio, la prima età dell’oro del filantrocapitalismo, testimoniata dal libro: “Il Vangelo della ricchezza” del 1889 dello stesso magnate americano. La vendita della Carnegie Steel Company al banchiere J.P. Morgan, con la cifra considerevole per quei tempi di 500 milioni di dollari, ha originato la dedizione di Andrew Carnegie alla filantropia, tra liberismo e paternalistica magnanimità. Quasi contemporaneamente, l’istituzione della Fondazione Rockefeller, magnate della Standard Oil (1 miliardo di dollari la sua ricchezza già nel 1916), ha rivelato l’essenza antidemocratica delle Fondazioni e di quelle inique ricchezze, rivestite di una patina di falsa filantropia, correlate alla concentrazione di potere, con le priorità delle elargizioni in campo sanitario ed educativo.
Una galassia di filantropie
L’autrice ha rimarcato le cinque funzioni principali della filantropia: 1) il social change, apparentemente a favore delle fasce più deboli; 2) l’innovazione sociale, come ad esempio la Fondazione Scaife per la ricerca del vaccino contro la poliomielite degli anni ’50 del ‘900; 3) la redistribuzione delle risorse (con forti disparità originarie); 4) la libera partecipazione al “bene comune”; 5) l’autorealizzazione, il riconoscimento pubblico del donatore. Tra le oltre 200.00 Fondazioni del mondo, Nicoletta Dentico ha ravvisato una varietà di obiettivi (basti pensare, come esempio, alla Open Society di George Soros sui temi dei flussi migratori), che manifestano quello che viene denominato Billionaire effect, ossia la religione del “capitalismo compassionevole o inclusivo”, il quale ammantandosi di sentimento generoso e altruistico, rivela l’essenza egocentrica del filantrocapitalismo. Non deve quindi sorprendere, come osserva l’autrice, che i membri del Business Roundtable non solo favoriscano i legittimi interessi degli azionisti ma che si orientino sempre più (almeno intenzionalmente) alla qualità delle relazioni con i clienti, con i fornitori, con lo staff e con la comunità intera. Coniato nel 2006 da Matthew Bishop e Michael Green su The Economist, il concetto di “filantrocapitalismo” ha riscontrato successi attraverso le figure di hyperagents (iperattivi) liberatori del mondo, investendo sul ruolo dell’imprenditore o manager quale veicolo (o mezzo) per il miglioramento dell’umanità. In particolare, come ha annotato la Dentico, le Fondazioni filantrocapitaliste sono da considerarsi soprattutto come èlite per organizzare il consenso piuttosto che apportatrici di autentico pluralismo, di vera democrazia e di reale libertà.
La triade: filantropia, libertà, uguaglianza
Esperta di cooperazione internazionale e diritti umani, Nicoletta Dentico ha attinto da numerosi saggi e studi scientifici a cui rimandiamo nella lettura del libro, in quanto non proponibili in questa recensione, per suffragare le tesi da lei sostenute. L’autrice è convinta che, testuali parole: “Il liquido amniotico della filantropia è la disuguaglianza” e che il legame seducente della triade “filantropia, libertà, uguaglianza” sia illusorio e menzognero. Basti pensare alla deducibilità fiscale delle fondazioni negli Stati Uniti sin dal 1917 o dai redditi di investimento delle stesse Fondazioni con imposte del 2%, tanto che si potrebbe dire: “Più son ricco più dono e pago meno tasse”. L’autrice ha illustrato i cambiamenti nell’economia politica, con l’abbandono del “modello Keynesiano” del welfare state avvenuto con il cambio di paradigma dello sfrenato “libero mercato”, dove l’assenza di regole (anomia) ha portato a politiche sempre più neo-liberiste, anche in seno all’Ocse, alla Banca Mondiale negli anni ’80-’90 del secolo scorso, ravvisando nella finanziarizzazione dell’economia, nei processi di privatizzazione delle industrie e dei servizi pubblici l’escalation della disuguaglianza e i pericoli sempre più evidenti della globalizzazione, della dimensione internazionale degli scambi, della produzione di denaro dal nulla per mezzo del debito. In tal modo il neo-liberismo ha condotto a una concezione del denaro indipendente dall’economia reale, dove la finanza diventa sempre più padrona dell’economia mondiale, asservendo la politica che ha definitivamente abdicato al governo dell’economia.
L’Olimpo della generosità ingannevole
L’autrice ha ricordato, inveendo contro il sistema delle Fondazioni, che la Fondazione Rockefeller, prima dell’istituzionalizzazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) del 1948, finanziò la costruzione dello stesso Palazzo di Vetro dell’ONU. Non solo, è avvenuto che in agricoltura con la cosiddetta Green Revolution in Africa (sostenuta dalla Fondazione Bill&Melinda Gates) con lo sviluppo di semi ibridi, con l’uso di pesticidi e fertilizzanti sostenuti dalle multinazionali (Monsanto in particolare) hanno sostituito saperi locali e relazioni autoctone con il territorio per interessi monopolisti, che hanno causato ulteriore dipendenza. In tale prospettiva va colto quello che la Dentico chiama “Il Santo Graal del mais resistente”, ossia l’imposizione di un mais “africano” capace di tollerare la siccità e l’allargamento del mercato dei semi resilienti al climate change e l’accelerazione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM). Oltre alla pericolosa patologia della disuguaglianza, che è espressa in modo inequivocabile dal rapporto della Bloomberg Billionaire Index, dove si riscontra l’incremento costante di circa 1000 miliardi in un anno da parte di 500 miliardari dell’intero pianeta, la giornalista Nicoletta Dentico ha illustrato i meccanismi iniqui dell’arricchimento tramite gli hedge funds (fondi speculativi), la lista nera dei paradisi fiscali, il ruolo della finanza off shore (dovuta anche alle de-localizzazioni).
Il Global Compact delle Nazioni Unite
Nel 1999 il patto globale (Global Compact) stipulato da Kofi Annan, segretario ONU, con le imprese transnazionali (sul modello multistakeholder) ha portato a un influente ruolo delle multinazionali private che hanno potuto godere di una legittimità pubblica, al punto che nel board del Global Compact non compaiono più rappresentanti dei governi. Il Nuovo Ordine Economico Internazionale (NOEI), riconosciuto anche dal Gruppo G8, ha potuto così elaborare e imporre gli Obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030. L’asservimento delle organizzazioni internazionali al Grande Capitale è continuato nel 2010, quando l’allora segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha nominato Bill Gates membro del Mdg Advocacy Group (il gruppo che sostiene le Nazioni Unite nella costruzione delle politiche e della globalizzazione per il supporto ai Paesi poveri). Nel 2019 poi l’ONU ha siglato una partnership con il World Economic Forum (WEF) di Davos di Klaus Schwab. Nello stesso 2019, come ha sottolineato Nicoletta Dentico, la Fondazione Gates, in collaborazione con il WEF di Davos, ha simulato una pandemia, il famoso Event 201, che ha ispirato la cosiddetta teoria del “grande complotto”, in ragione anche della Global Alliance for Vaccine Immunisation (GAVI) che, facente capo a Bill Gates, ha investito 530 milioni all’OMS per la ricerca del vaccino.
Conclusioni
Nel volume della Dentico sono contenuti i dettagli operativi di altre fondazioni, come quella di Ted Turner, fondatore della CNN, e della speciale relazione con l’ONU, al punto da devolvere 100 milioni di dollari annui alla stessa Organizzazione internazionale, rimarcando così l’ingente ruolo sempre più invasivo del finanziamento privato che ha rivoluzionato la governance globale. L’autrice si è diffusa nell’illustrare ampiamente l’operato “ambiguo” (usando un eufemismo) della Fondazione Clinton di Bill e Hillary, sottolineandone le liaisons dangereuses con il tiranno del Kazakhistan, Nursultan Nazarbaiev e soprattutto con il magnate dell’industria mineraria canadese Frank Giustra. In conclusione, l’autrice ha evidenziato in sette punti l’azione multilaterale da adempiere per una vera filantropia che vada oltre i filantroprofitti: 1) il controllo più accurato dei movimenti di capitali; 2) il ricorso a un New Deal per il debito estero; 3) l’assunzione di misure pubbliche per limitare il sistema finanziario offshore; 4) la politica dei governi nazionali con regolamentazione di politiche serie anti trust; 5) l’implementazione di politiche fiscali idonee alla sana distribuzione delle ricchezze; 6) la regolamentazione del settore privato, in particolare le fondazioni filantropiche; 7) interventi sulle regole del commercio, contrarie alla privatizzazione della conoscenza e dei brevetti.
Fabio Trevisan - Fonte
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