Dopo la calda perorazione del cardinale Müller (infra), anche secondo il Wall Street Journal, il Vaticano ha abbandonato il 90enne cardinale Joseph Zen, arrestato nel maggio scorso dalla polizia di Hong Kong [qui - qui] e ora sotto processo, in un momento cruciale poiché è imminente il rinnovo dell'accordo Sino/Vaticano del 2018. Nessuno, tanto meno il papa, è prevedibile abbia ripensamenti che tengano conto della sorte del Cardinale. Le avvisaglie c'erano già tutte [qui].
Lo dice lo scarno commento ufficiale "La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell'arresto del cardinale Zen e segue con estrema attenzione l'evolversi della situazione". Lo dicono anche le parole dell'architetto dell'accordo con Pechino, il segretario di Stato card. Pietro Parolin, che ha affermato: "La speranza più concreta è che iniziative come questa non complichino il già complesso e non semplice percorso del dialogo".
Ricordiamo quando due anni fa l'anziano ma energico cardinale Zen si era precipitato a Roma [qui - qui] nel disperato tentativo di convincere il Papa a riconsiderare l'accordo con la Cina, sul quale si era espresso in termini netti e incontrovertibili [qui]. Ma un Papa, che non lesina udienze private a chiunque, ha rifiutato di incontrare un suo cardinale corso ad limina per portargli la sua esperienza. "Un regime totalitario non scende a compromessi", sostiene il cardinale: "Vogliono la resa completa". Ed è proprio la resa che Pechino persegue con il Vaticano, che sembra pronto a dargliela.
Il cardinale Gerhard Müller (in un documento reso noto tramite stampa «Il cardinale Zen verrà processato dalla Cina, il Vaticano non lo sacrifichi alla ragion di Stato» qui) ha espresso il suo rammarico per la mancanza di attenzione da parte dei partecipanti all’incontro cardinalizio di fine agosto riguardo alla vicenda della persecuzione del cardinale.
Recentemente, sul volo di ritorno dal Kazakistan, ad un giornalista che gli chiedeva del card. Zen, Bergoglio non ha espresso alcun cenno di sostegno, affermando lapidariamente che il cardinale ‘dice quello che sente’ pur sapendo che ci sono ‘limitazioni’, senza voler neppure riconoscere che la Cina non è un paese democratico.
Le autorità cinesi addirittura apostrofano il cardinale come un diavolo attraverso striscioni sulle facciate delle Chiese di Hong Kong [qui] e decisamente lo temono.
Non a caso Liu Bainain, vicepresidente della chiesa statale cinese, ha osservato: "Se i vescovi cinesi fossero tutti come Zen, allora sarebbe pericoloso come la Polonia". Evidente il riferimento alla sfida di Giovanni Paolo II al comunismo nell’Est Europa. Del resto il cardinale Zen, in un suo appello al Vaticano, ha esposto alcuni dei crimini del regime cinese, che coincidono con quelli a suo tempo subìti dai cattolici oltre la Cortina di ferro:
"Le chiese cristiane sono state distrutte dalle autorità; due milioni di cristiani e buddisti sono tenuti in detenzione; gli insegnamenti cristiani sono stati reinterpretati secondo la dottrina socialista; le chiese nella provincia di Hunan sono state costrette a rimuovere le esposizioni dei Dieci Comandamenti e a sostituirle con citazioni del presidente Xi Jinping; alle chiese della provincia di Jiangxi è stato ordinato di rimuovere dipinti e croci e di sostituirle con i ritratti del presidente; in alcune zone è stata vietata ogni esposizione pubblica di decorazioni natalizie".
Il Cardinale Zen non è disposto a capitolare. I cinesi lo temono e lo puniscono, il Vaticano lo scarica?
Peiora tempora per i cattolici cinesi, quelli veri, che ancora resistono coraggiosamente. (Maria Guarini)
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