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lunedì 12 settembre 2022

Mons. Williamson. La realtà di Tommaso d'Aquino

Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica. 

DCCXCI #791 - 10 settembre 2022
LA REALTÀ DI D’AQUINO

Leggendo San Tommaso D’Aquino nell’originale latino, 
si scoprirà il più grande reale guaritore di menti che si possa immaginare

In un solo articolo (I, 85, 2) della sua monumentale opera di buon senso, la Summa Theologiae, San Tommaso d’Aquino confutava, con circa 500 anni di anticipo, l’assurdità di Kant e dei suoi numerosi seguaci dell’era moderna (o allucinata), secondo cui la nostra mente umana può conoscere solo le apparenze delle cose che ci circondano. Secondo Kant, noi esseri umani non possiamo conoscere la realtà delle cose come realmente sono dietro e oltre le loro apparenze. La cosa così com’è in sé, in tedesco “das Ding an sich”, è da noi assolutamente inconoscibile. In tal caso ci si potrebbe chiedere, come facciamo a sapere che c’è qualche, “Ding an sich”, dietro le apparenze delle cose? Abbastanza sicuri di sé, i seguaci di Kant non prestarono più attenzione a nessuna presunta realtà in sé, o realtà extra-mentale, e la “filosofia” si modernizzò cadendo nella tana del coniglio bianco di Alice nel Paese delle Meraviglie, e cominciò a scrutare il sorriso del gatto del Cheshire che appare ancora sull’albero dopo che il gatto è scomparso. Addio, realtà. Benvenuti, letteralmente, a qualsiasi fantasia immaginabile!

Tommaso d’Aquino ha due argomenti di buon senso per buttare fuori dal ring il povero Kant. Ad esempio, vedo un cavallo in un prato. Ora, il cavallo ovviamente non è nella mia testa, ma solo una rappresentazione del cavallo. E quella rappresentazione del cavallo è il mezzo attraverso il quale conosco il cavallo, come una finestra sul cavallo stesso, in modo che il cavallo sia ciò che conosco; o quella rappresentazione è ciò che conosco, come un dipinto del cavallo che ritrae il cavallo ma che non mi dà alcuna visione del cavallo stesso? Per Tommaso d’Aquino, le rappresentazioni nella nostra mente sono come finestre sulla realtà al di fuori delle nostre menti. Per Kant sono come dipinti dietro o oltre le quali non si vede nulla. Per Tommaso d’Aquino sono ciò per cui conosciamo, per Kant sono ciò che conosciamo.

Primo argomento di Tommaso d’Aquino: se conosciamo solo il sorriso del gatto e non il gatto stesso, per così dire, come possiamo avere una conoscenza o scienza dei gatti o di qualsiasi realtà extra-mentale? Niente più scienza o conoscenza della realtà al di fuori delle nostre menti. Infatti se non conosciamo nulla al di fuori delle nostre menti, ma solo le nostre rappresentazioni, allora è la fine di ogni conoscenza della realtà e la fine della scienza. Di fatti. Molti “scienziati” contemporanei, purtroppo, finiscono per perdere la presa sulla realtà della propria “scienza”, perché, come quasi tutto il mondo di oggi, hanno permesso al Kantismo di acuire il proprio “ingegno”. Secondo argomento: se conoscessimo solo le rappresentazioni nella nostra mente, sarebbero vere tutte le soggettive rappresentazioni delle cose, dato che si supporrebbe che le cose non sono oggettivamente conoscibili e le rappresentazioni quindi non possono essere messe alla prova. Perché la verità si definisce come la conformità tre le nostre menti e la realtà al di fuori di esse. Quindi se non potessimo conoscere nulla al di là delle nostre rappresentazioni, non avremmo accesso a nessuna realtà esterna per poter dire se le nostre soggettive rappresentazioni vi siano conformi o meno. E di conseguenza tutti i giudizi delle nostre menti basati sulle nostre rappresentazioni diventerebbero veri, perché sarebbero conformi a se stessi: Paolo potrebbe giudicare che il miele è amaro mentre Pietro potrebbe giudicare che è dolce, ed entrambi avrebbero ragione! Nessuno dei due avrebbe accesso ad una realtà oggettiva al di là delle proprie rappresentazioni di essa, mediante la quale risolvere il disaccordo delle loro opinioni contraddittorie. Qui muore la legge della non-contraddizione, qui muore la possibilità di discussione, qui muore ogni pensiero oggettivo, qui si cade nella tana del coniglio bianco mediante la quale si accede all’allucinogena “filosofia” moderna.

E raggiungendo il culmine dell’oggettività, Tommaso d’Aquino prosegue nello stesso Articolo spiegando che nella vita reale la forma stessa dell’oggetto fuori della nostra mente, che dà a quell’oggetto la sua esistenza, è ciò che in-forma anche la nostra mente, dandole la vera e reale esistenza ai suoi pensieri e rappresentazioni. In altre parole, non solo le nostre menti sono capaci di cogliere la realtà extra-mentale, ma anche sono incapaci di funzionare senza di essa (almeno nella fase iniziale della conoscenza). Perciò la base stessa del pensiero umano è, e deve rimanere, oggettiva al di fuori della tana del coniglio bianco, e quella base (per quanto conoscibile) è la chiave per risolvere qualsiasi divergenza di opinioni soggettive, ed è la legge della non-contraddizione nella realtà oggettiva ed extra-mentale: è impossibile che una stessa cosa possa essere e non essere nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto – legge che è anche la base del nostro pensiero. Quindi le nostre rappresentazioni della realtà sono finestre che ci presentano fedelmente la realtà al di fuori delle nostre menti, e non dipinti che bloccano la nostra visione di qualsiasi realtà al di là o dietro di essi, come pretende l’abominevole Kant, kamikaze alla rovina di qualsiasi comprensione della realtà e di qualsiasi pensiero e ragionamento obiettivo.
Kyrie eleison

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