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mercoledì 2 novembre 2022

Abortisti in Vaticano e prolife al Governo. Cosa sta succedendo?

E non è neppure una novità qui. Altri precedenti significativi a partire da qui.
Ha creato scalpore, e una raffica di polemiche, la nomina dell’economista italoamericana Mariana Mazzucato, di cui sono note le posizioni “pro choice“, o meglio pro-aborto, come membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita [vedi]. La nomina di Papa Francesco è avvenuta su indicazione di monsignor Vincenzo Paglia, attuale presidente dell’accademia nonché gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia.

L’arrivo della Mazzucato in Vaticano ha creato turbamento e scandalo tra i cattolici che si chiedono il perché di tale decisione di fronte alla chiara posizione dell’economista riguardo la vita. L’istituto vaticano fu infatti eretto da papa san Giovanni Paolo II nel 1994 per la difesa della vita umana, una mission in aperto contrasto con le posizioni abortiste del nuovo membro. Secondo lo statuto gli “Accademici Pontifici sono scelti, senza alcuna discriminazione religiosa, fra le personalità ecclesiastiche, religiose e laiche appartenenti a diverse nazionalità e che rappresentano le discipline attinenti alla vita” (Vitae Mysterium, art 4) e “vengono nominati dal Santo Padre sulla base della loro serietà professionale, della loro competenza e del loro inequivocabile servizio al diritto alla vita di ogni persona umana” (art. 3).

A destare sorpresa è il fatto che la prof.ssa Mazzucato abbia apertamente espresso le sue posizioni pro aborto nel pubblico dibattito anche riguardo la decisione della Corte Suprema Americana di intervenire sulla sentenza Roe versus Wade e di rimandare la legge sull’aborto ai singoli Stati. Una sentenza storica riguardo alla difesa della vita che potrebbe incoraggiare altri paesi nella lotta all’aborto, ma che la Mazzucato ha aspramente criticato con indignazione. Così come ha fatto un altro membro della Pontificia Accademia per la Vita, il prof. Roberto Dell’Oro, direttore dell’istituto di bioetica dell’università di Loyola Marymount di Los Angeles che ha dichiarato che la decisione della Corte Suprema “respinge qualunque spazio di ‘libertà personale’ delle donne, anche nei casi di violenza sessuale o incesto”. Posizione condivise anche dalla dott.sa Sheila Dinotshe Tlou, ex ministro della sanità del Botswana anche lei membro dalla Pontificia Accademia per la Vita, che ha contribuito a un documento dell’OMS che chiede a tutti i paesi di sostenere la contraccezione e l’aborto. Quello della Mazzucato non è dunque un caso isolato, ma solamente il più recente.

Franca Giansoldati, giornalista vaticanista di lunga data ha raccontato su Il Messaggero il malcontento dei cattolici americani di fronte a questa nuova nomina (tra le reazioni più dure la dichiarazione della Federazione Internazionale delle Associazione di Medici Cattolici). Mentre Il Foglio definisce la decisione di Mons Paglia un “cortocircuito”. Se per papa Francesco l’aborto è un crimine operato da un sicario (parole durissime ripetute più volte dal Pontefice) cosa c’entra la Mazzucato “atea convinta e abortista” col Vaticano? 

Il protagonista della vicenda, mons Vincenzo Paglia assistente spirituale della Comunità di Sant’Egidio difende la decisione: “È importante che nella Pontificia Accademia per la Vita, si inseriscano donne e uomini con competenze in varie discipline e provenienti da diversi contesti, per un costante e fecondo dialogo interdisciplinare, interculturale ed interreligioso”. Il prelato giustifica le nomine come un volere espresso da Papa Francesco che, nella lettera Humana Communitas del 2019, ha chiesto un “approccio globale  e un “dialogo tra le diverse culture e società”.  “Non abbiate paura – ha scritto il Pontefice – di elaborare argomentazioni e linguaggi che siano spendibili in un dialogo interculturale e interreligioso, oltre che interdisciplinare”.

Proprio nei giorni in cui divampa la polemica sulle nomine all’Accademia per la Vita si insedia in Italia il nuovo governo frutto della volontà chiaramente espressa nelle urne dagli italiani. Giorgia Meloni, prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente del governo, ha formato una squadra decisa a rimettere al centro gli interessi nazionali facendo fronte ai diversi scenari di crisi all’orizzonte. Un governo di stampo conservatore che da spazio ai politici cattolici in ruoli chiave e a temi legati alla tradizione cristiana come il valore della famiglia, la libertà educativa, la riscoperta del valore delle proprie radici culturali e religiose, la difesa della vita dal concepimento alla sua fine naturale, la promozione della donna il contrasto all’ideologia gender-LGBT e la lotta alle cosiddette “droghe leggere”, cavalli di battaglia della sinistra progressista. Le nomine di Lorenzo Fontana (presidente della Camera), Eugenia Roccella (ministro della Famiglia e natalità), Alfredo Mantovano (sottosegretario alla presidenza del Consiglio) e Alessandra Locatelli (ministro per la disabilità), parlano chiaro così come lo spazio concesso a candidati prolife nelle sue file.

Ma se l’arruolamento in Vaticano di esperti in varie discipline distanti anni luce dalla visione cristiana dell’uomo e della vita, non sembra destare preoccupazione ai vertici della Chiesa, i vescovi italiani sembrano invece paradossalmente preoccuparti dalla composizione del nuovo governo. Il quotidiano dei vescovi Avvenire ha definito Fontana “divisivo”, concedendo che difende “alcuni temi vicini alla sensibilità cattolica”. Lo steso quotidiano, in un editoriale del teologo Lorizio ha “corretto” il discorso del neo presidente della Camera nelle sue citazioni riguardanti la fede ribattendo punto per punto ogni rimando al cristianesimo fatto da Fontana, che nel suo primo discorso ha citato Papa Francesco, Carlo Acutis e Tommaso d’Aquino. Secondo il teologo le citazioni andrebbero lette con cautela (o sospetto?) stando “attenti anche a contestualizzarli e a non strumentalizzarli come slogan funzionali“. Così, in un aperto clima di sospetto verso il governo e i suoi esponenti cattolici (come a voler o dover necessariamente certificare la non genuinità della loro fede e il basso grado di conversione personale), si neutralizzano i riferimenti e le citazioni come “strumentali”, “decontestualizzate” e non del tutto corrette.

Tutto ciò prendendo di mira un governo che a pochi giorni dal suo insediamento ha citato (in ordine sparso): papa Francesco, il beato Carlo Acutis, san Tommaso, san Giovanni Paolo II, Chiara Corbella, san Benedetto, Montesquieu… Ma la delusione per la mancata elezione di Letta e Bonino è grande per chi ha platealmente sostenuto la coalizione progressista scendendo in politica, come ha fatto la Comunità di Sant’Egidio che gode di grande stima e ricopre ruoli chiave ai vertici della Chiesa (basti pensare ad Andrea Riccardi, al Presidente della CEI il card. Zuppi, al già citato mons. Paglia, al portavoce della Sala Stampa…). Il partito Democrazia Solidale (DemoS), fondato dalla comunità Sant’Egidio infatti è in coalizione col PD e siede accanto a Gualtieri nel comune di Roma. Oggo, pur avendo portato il suo segretario in Parlamento, soffre la sorte degli sconfitti sedendo all’opposizione disposto a “far cadere il governo” nonostante l’Italia abbia bisogno di stabilità e di un governo forte che lavori per un’intera legislatura.

Abortisti in Vaticano e anti-abortisti in Parlamento. Con buona pace di chi ha confuso il Vangelo con l’agenda Letta-Bonino (perché bisogna “combattere il fascismo!”) e ora si trova a sentire le forze di governo sostenere la famiglia, la vita e la libertà educativa mentre sta col fucile puntato in attesa che sbaglino una citazione colta. Tutti temi (compresi quei principi su cui la Chiesa una volta non era disposta a negoziare) passati lentamente in secondo piano di fronte ad una nuova agenda ecclesiastica che si bette per la difesa della diversità, l’accoglienza, il dialogo, l’ecologia sostenibile, la biodiversità, i vaccini e una “nuova economia globale” nel nome della quale anche un’ateo abortista (purché ottimo economista) può sbarcare in Vaticano senza colpo ferire. Un nuovo paradigma che rischia di diventare nuovo para-dogma che taccia chi non si aggiorna come “rigido” e “indietrista”… Peggio ancora se sostiene o fa parte di un governo che si dice “conservatore”.

Insomma, non è questione di irrilevanza o marginalità dei cattolici in politica, è questione di visioni diverse all’interno della Chiesa tra chi difende certi principi, da sempre considerati inviolabili, e chi oggi dice di avere altre priorità (di fatto molto vicine agli obiettivi dell’agenda ONU 2030). Forse sarà ora di trovare il coraggio di riconoscere e sostenere ciò che c’è di buono nelle proposte dei cattolici che oggi siedono nei luoghi di potere, rimanendo critici quando sarà necessario, senza cedere a sterili divisioni e ad attacchi ideologici, anche se si appartiene a visioni diverse o si hanno in agenda nuovi paradogmi. Consapevoli dell’urgenza di annunciare un messaggio di speranza e di vita che combatta la cultura e la paura della morte in cui il mondo è immerso. - Fonte

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