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martedì 14 marzo 2023

Il Timore e la Fortezza - parte prima

Il Timore e la Fortezza

Prima parte
di Don Curzio Nitoglia

Parte prima 
Parte terza

Il timore come virtù
Il “sano timore” è una virtù che lega strettamente l’uomo alla sua esistenza e gli fa temere di perdersi anima e corpo. La sua conseguenza è il timore di Dio, sia imperfetto: la paura di essere castigato e dannato; sia perfetto: la paura di averlo offeso e di essere separato per sempre da Lui.

In questo primo articolo affronto il tema soprattutto alla luce dell’insegnamento dei Padri della Chiesa, nei successivi mi baserò specialmente su san Tommaso d’Aquino e gli Scolastici.

Il timore come passione
Il “timore come passione” è un vizio che è una conseguenza del peccato originale. In questo caso non si tratta, come sopra, della nostra esistenza secondo il piano di Dio, bensì del nostro attaccamento, disordinato ed egoistico, al nostro essere ferito dal peccato adamitico, che genera in noi un sentimento di malessere e di agitazione.

Questa passione è cattiva, è irrazionale e contro natura. Infatti, essa proviene dal fatto che l’uomo ha perso la duplice finalità naturale e ragionevole del “timore come virtù”, che lo teneva unito alla sua sana esistenza e a Dio. Invece, nel caso del “timore come passione”, si tratta della paura di perdere il nostro essere ferito, decaduto, al quale siamo esageratamente attaccati con tutti i piaceri disordinati sensibili che si ricollegano a esso.

Ecco qui due tipi di timore totalmente contrapposti: 1°) il “timore virtuoso” o secondo Dio; infatti, colui, che teme il Signore non teme di perdere qualsiasi cosa di questo mondo; 2°) il “timore vizioso”, poiché chi teme di perdere qualcosa di questo mondo sensibile non teme Dio.

La passione del timore è favorita dalla sterilità dell’anima a causa della perdita della presenza divina in essa.

La paura/passione rivela una relazione sbagliata dell’uomo con Dio. Siccome egli teme di perdere qualche bene sensibile di questo mondo o i suoi piaceri, invece di temere di perdere Dio e perciò la sua anima, allora l’uomo si allontana da Dio, vive come se Egli non esistesse e mette al vertice delle sue aspirazioni la realtà sensibile con tutto quello che essa può dargli di piacevole.

Inoltre, Dio è anche rifiutato nell’azione benevola e provvidenziale che Egli esercita nei riguardi di ogni essere. Questa passione del timore rivela il desiderio illusorio di essere totalmente indipendente da ogni altro essere e di poter contare solo sulle proprie forze essendo assolutamente affidato a se stesso.

Gesù ci ha insegnato che non dobbiamo temere chi può uccidere il corpo ma solo chi può, tramite il peccato, uccidere la nostra anima (Mt., X, 28). Insomma, il nostro unico dolore deve essere quello della perdita di Dio.

Infatti, colui che si unisce a Dio trova in Lui tutti i beni e non teme di essere spogliato da alcun bene sensibile.

Temere in maniera passionale e disordinata significa non avere fede nei beni spirituali, che sono gli unici assoluti e imperituri; nello stesso tempo vuol dire che si unisce una vana credenza ai beni sensibili.

Il timore è contro la retta ragione perché è totalmente inutile; infatti, non può impedire che ci capiti qualsiasi cosa; invece, chi si affida alla Provvidenza divina vive in una sana spensieratezza scevra da ogni preoccupazione eccessiva.

Spesso l’immaginazione si rappresenta delle realtà inesistenti. San Giovanni Climaco (La Scala, XX, 3) definisce la paura “una falsa preveggenza e una vana apprensione di pericoli immaginari”.

Ecco, dunque, l’irragionevolezza della paura che consiste 1°) nella percezione di una realtà inesistente; 2°) nell’assenza di ragioni obiettive.

La pusillanimità
È il timore di compiere un’azione: ossia, una debolezza e una certa mancanza di coraggio di fronte a un dovere da compiere. Il pusillanime è timido e in ciò la piccolezza o grettezza d’animo rappresenta un atteggiamento innaturale e stolto, poiché non si fida dell’aiuto divino. Se l’uomo conta veramente sull’Onnipotenza divina, non deve temere nulla, anzi potrebbe essere capace di spostare le montagne.

Tuttavia; poiché, spesso l’uomo si lascia dominare dalla propria immaginazione che, nel caso della pusillanimità, deforma la realtà e presenta l’azione come difficilissima o addirittura impossibile, quando obiettivamente non sarebbe talmente difficoltosa.

Terapia della paura: il Timore di Dio
Il timore è (tranne casi patologici come ansia e angoscia) fondamentalmente legato a un eccesso di attaccamento ai beni sensibili di cui si teme disordinatamente la perdita.

Per guarire da questa passione (non dalla malattia) l’uomo dovrà distaccarsi da questo mondo sensibile, affidando le sue preoccupazioni eccessive a Dio, nutrendo la ferma speranza, che con la Sua Provvidenza, Egli provvederà a tutti i suoi bisogni (come abbiamo visto trattando la “piccola via dell’infanzia spirituale”).

La fonte primaria del timore/passione è la mancanza di Fede e specialmente di fiducia nella Provvidenza di Dio. Perciò, nella misura in cui il cuore dell’uomo si riempirà di Fede e di Speranza, la paura/passione scemerà poco a poco.

Infatti; colui che crede fermamente in Dio e nel Suo aiuto costante e amoroso non deve temere più nulla, tranne il peccato che solo può separarlo da Dio e che dipende unicamente dalla nostra cattiva volontà.

Tuttavia, bisogna specificare assai bene che non è la Fede in sé a liberare l’uomo dal timore/passione, ma è Dio onnipotente che in risposta a questa Fede ferma gli offre il Suo aiuto.

La preghiera, come quella di Gesù all’Orto del Getsemani contro la paura (che in Lui fu una proto/passione (1)), è il rimedio più efficace per esserne guarito.

Parimenti l’umiltà e la rinuncia all’amor proprio ci aiutano grandemente a essere scevri dalla paura/passione.

Così pure il “santo Timore di Dio” è uno dei rimedi più efficaci contro la passione della paura, poiché a mano a mano che esso cresce nell’animo umano, riduce la paura e ne prende il posto

La paura/virtù, con la quale si teme di perdere Dio è inerente alla Carità perfetta, che riempie l’anima dell’uomo che ama il Signore. Infatti, la Carità non passa mai, a meno che noi vogliamo preferire la creatura al Creatore e così rinunciamo alla presenza di Dio in noi: “Deus non deserit, nisi prius deseratur a nobis” (Sant’Agostino).

Il “santo Timore di Dio” procede dalla Fede, è legato alla pratica dei dieci comandamenti ed è così che allontana il male morale da noi e ci purifica dal peccato. Dopo aver liberato lo spirito da questi mali, ci riempie di tutte le virtù.

Conclusione
Alcuni consigli pratici:
  1. Accetta con coraggio ciò che fa paura: la possibilità di essere ferito, umiliato, criticato, sconfitto umanamente. La paura ragionevole (il leone al Colosseo) non ti distolga dal Bene e non t’induca al male.
  2. Donati senza egocentrismo e senza desiderio eccessivo di sicurezza. Non proteggerti eccessivamente. Non guardare costantemente a te.
  3. Buttati in Dio e verso il prossimo propter Deum; lascia “la presa” della tua sicurezza, che - per voler essere sicuro al massimo - ti rende troppo preoccupato di te stesso; inizia a camminare con le tue gambe.
  4. Non ripiegarti su di te con ansia d’iper/sicurezza.
  5. Quanto più vuoi proteggere il tuo Ego, tanto più ti metti in pericolo di smarrirti.
  6. La condicio sine qua non della Santità consiste nella Fortezza.
_______________________ 
1 -  La “proto/passione” non è una passione che irrompe in noi violentemente anche contro la nostra volontà; al contrario Gesù ha voluto sperimentare alcune passioni nella sua natura umana per darci un esempio e un incoraggiamento; per esempio, ha voluto piangere davanti a Lazzaro morto, a Gerusalemme infedele, ha voluto aver paura, noia e tristezza al Getsemani. 
 
Continua

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