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sabato 11 marzo 2023

La forza che ci aiuta ad abbattere l’orgoglio: la personalità del Verbo Incarnato

L’amor proprio
Quinta parte

La forza che ci aiuta ad abbattere l’orgoglio:
la personalità del Verbo Incarnato
di Don Curzio Nitoglia

Quinta parte

La forza onnipotente della Redenzione di Gesù
Qual è la forza con cui possiamo trionfare dell’amor proprio onde poter arrivare all’unione con Dio? Questa forza, sulla quale deve poggiare la vita spirituale di ogni anima, è l’azione redentrice dell’Onnipotenza di Gesù Cristo.

La forza di un’anima proviene dalla conoscenza pratica che essa ha del valore infinito della Redenzione di Gesù.

L’onnipotenza della Redenzione di Cristo deriva dal fatto che la Persona del Verbo incarnato è divina e infinita. Tuttavia, noi riusciamo veramente a vivere quotidianamente questa dottrina che crediamo in maniera teorica?

Per amare qualcosa bisogna prima conoscerla, poi la potremo desiderare e prediligere. Così più la conosciamo più l’amiamo, e poi più l’amiamo più ci sforzeremo di conoscerla sempre meglio.

Che cos’è dunque la personalità? È ciò che distingue l’uomo dagli animali. La personalità è il principio della ragione e della libera volontà.

La personalità aggiunge qualcosa alla persona (soggetto intelligente e libero); infatti, è essa (se è vera) che dà alla persona la capacità di vivere sopra la tirannia dei sensi, oppure (se è falsa) di esserne schiava. Non tutte le persone hanno la stessa personalità.

La vanagloria
Il mondo moderno ha completamente stravolto (in male) il concetto di personalità umana. Infatti, oggi si ritiene che lo sviluppo della personalità consista nell’accrescere alcune doti naturali che permettono a una persona di mettersi in mostra, di distinguersi dagli altri, di affermarsi sopra di loro e che la pratica delle virtù cristiane di umiltà, pazienza, dolcezza, obbedienza sia una rinuncia alla propria personalità. Così l’educazione della personalità moderna è una palestra di amor proprio e di narcisismo.

La vanità o vanagloria ci porta a desiderare di essere visti, ammirati, considerati, stimati e onorati.

I mezzi di cui si serve il vanaglorioso per attirare l’attenzione del prossimo sono 1°) i beni puramente materiali: la bellezza, la forza e la ricchezza; inoltre, 2°) il potere e lo spirito di dominio, tramite i quali desideriamo essere lodati e persino adulati; infine 3°) le qualità intellettuali (l’intelligenza, la memoria, il bel parlare …).

Il pericolo della vanità è quello di farci inorgoglire persino delle nostre virtù (orgoglio spirituale). San Massimo il Confessore nota: “Se tu vinci le passioni più vergognose, sùbito t’assalgono i pensieri di vanagloria” (Centurie sulla Carità, III, 59). Così ci succede d’inorgoglirci dei nostri digiuni, delle nostre elemosine, della nostra prudenza e del nostro silenzio unito al digiuno.

Colui che è vittima della vanagloria pone la sua fede non in Dio ma negli uomini dai quali si aspetta la ricompensa. Egli è un idolatra poiché il suo “dio” sono gli uomini che lo riveriscono.

Così il vanitoso è talmente preoccupato di essere ammirato da diventare schiavo dell’opinione altrui per il desiderio che lo divora di piacere a tutti.

La Personalità di Gesù e la nostra
Il mistero dell’Unione ipostatica è quello di una Persona divina in cui sussistono due nature: una divina e un’altra umana, infinitamente distanti l’una dall’altra.

Esso c’insegna che la personalità umana – a imitazione della Personalità divina del Verbo incarnato – si sviluppa rettamente, solo nella misura in cui l’animo umano, elevandosi sopra il mondo sensibile e materiale, si pone nella più stretta dipendenza da ciò che trasforma un soggetto materiale in un uomo razionale e libero; quest’elemento trasformante consiste nella verità, nella bontà (nell’ordine naturale) e nella grazia, (nell’ordine soprannaturale).
In ultima analisi nella dipendenza da Dio.

Perciò, la via retta che conduce al pieno e perfetto sviluppo della nostra misera personalità (finita e ferita dal peccato originale) consiste nel perderla per fonderla in quella di Dio, che solo possiede la Personalità assolutamente perfetta; infatti, Lui solo è la Verità e il Bene sommo ed è indipendente da tutto il creato, essendo il Creatore.

Ecco quindi la guerra da muovere al proprio “io” o all’amor proprio per poter morire a noi stessi, di modo che Cristo viva in noi, di modo da agire secondo le idee e la volontà di Dio, ricevute realmente tramite le virtù infuse e soprannaturali di Fede e di Carità.

In questo modo Dio dovrà diventare per noi un altro “Io” più intimo alla nostra anima del nostro vecchio “io” ferito dal peccato originale. Così realizzeremo la nostra vera personalità. Questo principio lo troviamo divinamente rivelato in san Paolo (Gal., II, 20) «non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me»; «per me vivere è Gesù Cristo e  morire è un gran guadagno» (Fil., I, 21).

Attenzione, però, al pericolo del panteismo! Se nell’ordine della conoscenza e dell’amore soprannaturale, il cristiano sostituisce al suo “io” quello di Cristo; tuttavia, nell’ordine dell’essere naturale l’uomo resta sempre un “io” distinto da Dio e infinitamente inferiore a Lui.

Il Verbo incarnato è, dunque, il nostro modello per eccellenza; infatti, in Lui non è solo l’ordine della conoscenza e dell’amore che è diretto dalla Persona divina del Verbo, ma anche in quello dell’essere, poiché Gesù non ha una personalità umana, ma è una Persona divina con due nature, una umana e l’altra divina; similmente alla nostra unica persona umana in cui sussistono due co-principi sostanziali: l’anima e il corpo.

Dalla vanità all’orgoglio
La vanità ci porta, infine, all’orgoglio che ci fa reputare superiori agli altri, a esaltarci, a lodarci perlomeno interiormente. Perciò, guardiamo il prossimo dall’alto in basso, lo disprezziamo, lo giudichiamo severamente e lo critichiamo sistematicamente anche senza alcun motivo. Tutto ciò ci riempie di spirito di contraddizione, di volontà d’insegnare a tutti, di comandare, di esprimerci con aggressività e acredine ironica verso gli altri, di non accettare le minime divergenze dalle nostre opinioni e dai nostri gusti.

Insomma, l’orgoglio ci spinge all’auto/deificazione, a far di noi un piccolo “dio”. Perciò, non ammettiamo rivali e temiamo tutto ciò che potrebbe farci ombra; quindi li dobbiamo demolire con critiche, calunnie e scherni.

La radice di questo disordine pernicioso è la perversione della tendenza naturale che ha la creatura di adorare il Creatore. Seguendo il retto ordine della natura e della sopra/natura, l’uomo avrebbe adorato Dio e si sarebbe elevato sino a Lui, tramite la grazia santificante. Invece, tramite l’orgoglio l’uomo ha totalmente sconvolto e ribaltato quest’ordine, volendo diventare come Dio (Gen., III, 5), senza Dio, con le sue sole forze naturali e perfino contro Dio.

Insomma «l’orgoglioso non ha più bisogno per perdersi sempre più neppure del diavolo, perché egli è diventato un demone da se stesso» (SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento al Vangelo di san Giovanni, XXII, 25).

Continua

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