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mercoledì 1 marzo 2023

Lettera da Roma: il rescritto di Roche arriva con tutto lo zelo di Saulo il fariseo

Fioccano le reazioni e le analisi sul Rescriptum-Roche. Nella nostra traduzione da Catholic Herald, l'ennesima analisi circostanziata, con le note di un canonista, sulla sofferta vicenda riguardante il Rito Romano antico in relazione ai reiterati giri di vite vaticani e, in particolare, sul recente rescritto el 21 febbraio. Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e successsivi.

CITTÀ DEL VATICANO Continuando a soffiare minacce contro l'antica liturgia della Chiesa in un modo non dissimile dalla persecuzione di Saulo in Atti 9:1, il cardinale Arthur Roche ha ora iniziato a rafforzare le armi dei vescovi per "garantire la corretta applicazione" della lettera apostolica di Papa Francesco del 2021 che limita la Messa latina tradizionale, Traditionis Custodes.

L'ultimo giro di vite del prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti è giunto con un rescritto che limita fortemente la libertà dei vescovi sulla Messa tradizionale e la loro autonomia nelle loro diocesi (can. 835 §1) come “direttori, promotori e custodi dell'intera vita liturgica”.

Il rescritto del 21 febbraio, firmato dal cardinale Roche, e approvato da papa Francesco in udienza privata il giorno prima, afferma che il papa ha confermato che i vescovi diocesani devono ottenere dal Dicastero per il culto divino il permesso di utilizzare una chiesa parrocchiale della loro diocesi per Messa antica, erigere una parrocchia personale per la celebrazione dell'usus antiquior, o consentire a un sacerdote neo-ordinato di celebrare la Messa utilizzando il Messale Romano del 1962.

Papa Francesco ha anche deciso che i vescovi che finora hanno esercitato la loro autorità dispensatrice (concessa loro nel canone 87 §1) debbano informare il Dicastero per il culto divino che deciderà se confermare o annullare tali decisioni.

Il rescritto è divenuto una necessità urgente per il cardinale Roche nel contesto della crescente opposizione alla sua repressione della liturgia tradizionale, della continua resistenza dei vescovi alla sua agognata attuazione della Traditionis Custodes e delle crescenti critiche dei canonisti sul fatto che ha oltrepassato il suo mandato e si è avventurato nell'illegalità canonica.

Lettere e illegalità?
Da dicembre, il cardinale Roche ha inviato lettere ai vescovi statunitensi che avevano citato il canone 87 §1 del codice di diritto canonico come motivo per non chiedere il permesso a Roma di consentire la messa latina tradizionale nelle chiese parrocchiali. Tale canone prevede che un vescovo possa dispensare i fedeli da “leggi disciplinari universali e particolari” (e dunque anche alcune disposizioni della Traditionis Custodes ) quando lo ritenga utile per il bene spirituale  del gregge.

In una di queste lettere, inviata a un vescovo in California, il cardinale Roche ha insistito sul fatto che solo il suo dicastero ha il potere di dispensare dalle disposizioni della Traditionis Custodes per consentire l'uso di una chiesa parrocchiale per la Messa antica. Lo stesso vale, ha detto, per la concessione a un sacerdote appena ordinato di celebrare la messa usando il Messale del 1962.

Nella stessa lettera il cardinale Roche ha anche stabilito che, se il vescovo chiede al dicastero una dispensa per consentire la Messa antica in una chiesa parrocchiale, deve presentare un rapporto che indichi in dettaglio "il numero dei partecipanti a queste messe" e render conto dei "passi compiuti per condurre al Novus Ordo i fedeli che sono legati alla liturgia antecedente”.

Le lettere ribadiscono molte delle istruzioni disciplinari che il cardinale Roche aveva emesso un anno prima nei Responsa ad dubia (sull'applicazione della Traditionis Custodes ) ma che molti vescovi non avevano attuato e che un certo numero di canonisti hanno definito un eccesso.

In un'intervista dopo il rilascio dei Responsa, il canonista di New York padre Gerald Murray ha sostenuto  su alcuni punti che il documento andava oltre ciò che era canonicamente possibile e che i vescovi erano liberi di non ottemperare alle sue disposizioni disciplinari per il benessere spirituale del proprio gregge.

Le lettere più recenti del cardinale Roche sono state quindi un ulteriore tentativo di giro di vite, ma i canonisti hanno continuato a sostenere che i vescovi non dovevano chiedere a Roma una dispensa per consentire la celebrazione della Messa antica nelle chiese parrocchiali.

Nei commenti rilasciati al Catholic Herald prima dell'emanazione del rescritto, padre Murray ha osservato che il cardinale Roche “sembra presumere che il vescovo diocesano non abbia il potere di dispensare da questa regola, potere che gli è concesso dal canone 87 §1, perché sembra presumere che tale dispensa sia riservata alla Santa Sede”. 

“Il problema di questa affermazione”, ha detto p. Murray, “è che nessun punto della Traditionis Custodes afferma che la dispensa dal divieto di consentire l'uso di una chiesa parrocchiale è riservata alla Santa Sede”, proseguendo: “Rimangono ferme le disposizioni del can. 87 § 1 che consentono al Vescovo diocesano, per motivi di 'bene spirituale', di dispensare dal disciplinare 'dalle leggi disciplinari sia universali sia particolari date dalla suprema autorità della Chiesa per il suo territorio o per i suoi sudditi', a meno che il Papa non riservi espressamente tale dispensa a sé stesso o ad altra autorità. Nessuna riserva di questo tipo è espressa nella Traditionis Custodes né nei Responsa.

P. Murray ha anche spiegato che “affinché un sacerdote neo-ordinato ottenga dal suo vescovo l'autorizzazione a celebrare la Messa tradizionale, il testo italiano promulgato della Traditionis Custodes afferma che il vescovo è semplicemente tenuto a 'consultarsi' con la Santa Sede. La successiva traduzione ufficiale latina di Traditionis Custodes [la cui esistenza era sconosciuta fino a quando il cardinale Roche non ha emesso i Responsa] ha cambiato la formulazione per dire che il vescovo deve 'chiedere il permesso' alla Santa Sede per dare tale autorizzazione”.

Il canonista ha poi osservato: “Questo cambiamento sostanziale della legge, effettuato attraverso un cambiamento non annunciato della formulazione originale quando si produce una traduzione, è molto irregolare”.

Rilevando che le versioni inglese, italiana e spagnola della Traditionis Custodes sul sito web della Santa Sede non includono ancora la modifica riscontrata nella versione latina, p. Murray ha detto che "questa confusione e incoerenza può far sorgere il dubbio che questa disposizione modificata abbia forza legale. Una Lettera Apostolica non è soggetta a riscrittura da parte di un traduttore a meno che la modifica non sia specificatamente autorizzata e promulgata dal Papa. Non ci sono prove che ciò sia accaduto nel caso della traduzione latina". Altri canonisti hanno addotto argomenti simili.

Per risolvere la sua opposizione e bruciare le tappe nella devastazione degli antichi riti della Chiesa, il cardinale Roche doveva convincere papa Francesco a legiferare ciò che aveva cercato di far rispettare senza un adeguato sostegno canonico: da qui il rescritto.

Operazione Rescritto
Nei commenti al Catholic Herald il giorno in cui il rescritto è stato emesso, padre Murray ha insistito sul fatto che si trattava di "una prova che il cardinale Roche era consapevole che esistessero  ragionevoli dubbi sulla sua affermazione secondo cui i vescovi non potevano dispensare da varie disposizioni della Traditionis Custodes usando il canone 87 §1".

Ha osservato: “Il rescritto afferma che Papa Francesco 'ha confermato' tre cose 'circa l'attuazione del suo motu proprio Traditionis Custodes' che non erano affermate nello stesso documento; vale a dire che solo la Santa Sede può concedere ai sacerdoti neo-ordinati il permesso di celebrare la Messa antica, che i Vescovi diocesani non possono dispensare dal divieto di utilizzare una chiesa parrocchiale per la celebrazione della Messa antica, e che non possono dispensare dal il divieto di erigere parrocchie personali per tali celebrazioni”.

P. Murray ha osservato che questa nuova legislazione “toglie ulteriormente ai vescovi diocesani il loro potere ordinario di decidere l'approccio pastoralmente più vantaggioso da adottare in queste questioni”. E lo ha definito “deplorevole” in quanto comporta “sia una diminuzione dell'autorità pastorale dei vescovi sia un segno inequivocabile che il Santo Padre ha deciso che i cattolici legati all'antica eredità liturgica della Chiesa non meritano nella Chiesa lo stesso posto di gli altri fedeli”.

“L'espulsione dalle parrocchie e le restrizioni ai giovani sacerdoti che vorrebbero essere al servizio pastorale sono misure dure e repressive, immeritate e manifestamente contrarie all'invito del Papa ad andare nelle periferie”, ha detto. Intanto una fonte vicina al Dicastero per il Culto Divino ha confermato al Catholic Herald che nessun permesso è stato o sarà concesso ai sacerdoti ordinati dopo la Traditionis Custodes.

Giovedì 23 febbraio, su The World Over, padre Murray ha riassunto la situazione dicendo: “È una pura e semplice persecuzione dei cattolici fedeli alla Messa antica. E non può essere giustificata dicendo che ciò aiuterà a promuovere la missione della Chiesa. Ciò danneggia la Chiesa”.

Una domanda da porsi è come il dicastero applicherà il rescritto date le sue risorse estremamente limitate? Lo stesso cardinale Roche “interverrà singolarmente” per bandire i cattolici tradizionali dalla loro casa spirituale?

Si dice che il prefetto abbia chiesto una Costituzione apostolica con misure ancora più radicali contro il rito romano tradizionale. Se questo recente atto sia una risposta più limitata a questa presunta richiesta, o un assaggio di altro a venire, solo il tempo lo dirà.

Ma un'altra e forse più pressante domanda è perché il cardinale Roche debba esercitare una tale pressione sui vescovi diocesani, quando la maggioranza era – presumibilmente – scontenta dell'applicazione del Summorum Pontificum di Benedetto XVI.

Papa Francesco ha affermato nella Traditionis Custodes che “gli auspici espressi dall'episcopato” in una consultazione dei vescovi, condotta nel 2020 dalla Congregazione per la dottrina della fede, chiedevano un giro di vite sulla liturgia tradizionale latina. E nella sua lettera di accompagnamento al motu proprio, ha detto che stava «rispondendo alle [loro] richieste».

Il Vaticano non ha mai rivelato i risultati di questa consultazione, cosa che “ è rimasta misteriosa ” anche per lo stesso papa emerito Benedetto.

Tuttavia, sono apparse ampie fughe di notizie sulla consultazione del 2020, che sembrano raccontare una storia piuttosto diversa sulla reazione episcopale al motu proprio di Benedetto XVI del 2007, con molte testimonianze della sua fecondità e della pace che ha raggiunto. Infatti, hanno rivelato che il messaggio della maggioranza dei vescovi doveva continuare con un'applicazione prudente e attenta del Summorum Pontificum  [vedi qui - qui - qui - qui].

Le questioni di prudenza ecclesiastica non sono mai per i deboli di cuore, ma in questo caso potrebbe valere la pena ricordare l'avvertimento dello stesso maestro di Saulo, Gamaliele, al Sinedrio in Atti 5:39: “se viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!».”.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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