Pagine di rilievo

venerdì 7 aprile 2023

La Riforma Pacelliana della Settimana Santa del 1955

Nella nostra traduzione da OnePeterFive un interessante articolo sulle variazioni alle liturgie della Settimana Santa, ricche di simbolismo e di cerimoniale, già alterate da Papa Pio XII nei primi anni ’50 mediante un inedito atto di revisione inorganica, con la motivazione che le liturgie dovevano essere “ristabilite ai loro orari originari”. Alla luce di quanto emerge dall'articolo — che peraltro si sofferma solo su alcuni punti  — vien da pensare che, se nella Chiesa si sta ridestando l'interesse e l'affezione per l’usus antiquior nonostante le pesanti restrizioni, occorre recuperare anche i suoi riti autentici, prima del '55, non i loro sostituti neo-tridentini. Precedenti qui - qui.

La riforma pacelliana della Settimana Santa (1955)
Jeffrey M. Ostrowski, 31 marzo 2023

I nostri bisnonni sarebbero rimasti sbalorditi se avessero saputo che la Chiesa avrebbe in futuro permesso ai cattolici di adempiere al loro precetto domenicale un giorno prima, il sabato pomeriggio. Al contrario, la maggior parte dei cattolici di oggi rimarrebbe scioccata apprendendo che, da tempo immemorabile, la Veglia Pasquale è stata celebrata la mattina del Sabato Santo. Sebbene non tutti i cattolici siano “liturgisti di professione”, nutrire curiosità a proposito dei cambiamenti liturgici è normale e salutare. Pertanto, oggi esporrò le differenze tra la Settimana Santa del 1950 e la Settimana Santa del 1962 (che, inutile dirlo, incorpora le riforme di Papa Pio XII). Baso il mio articolo sulla terza edizione del Saint Edmund Campion Missal, che presenta entrambe le versioni della Settimana Santa con spiegazioni meticolose delle loro differenze e somiglianze.

In questo bel messale portatile per la Messa in latino si possono trovare molte affascinanti citazioni della Settimana Santa, anche se qui sotto ne ho potuto includere solo alcune. A quanti desiderano studiare il tema più in profondità, il Campion Missal, a partire da pagina 632, fornisce una splendida bibliografia con utili descrizioni di ogni fonte.

La mia promessa
Dibattere su temi liturgici fa sì che alcune persone “spengano il cervello”. Per loro, tutto ciò che è liturgico è imperscrutabile: diffidano della propria scarsa conoscenza. Pertanto, prometto di rendere le mie spiegazioni lineari, semplici e digeribili. Eventuali errori saranno (ne sono sicuro) corretti dagli esperti liturgici. Una cosa da sapere: per molti secoli la Messa del Giovedì Santo, la funzione del Venerdì Santo e la Veglia Pasquale sono state celebrate tutte al mattino presto. Negli anni ’50, Papa Pio XII le ha spostate a un’ora più tarda nel corso della giornata (eliminando così le antiche cerimonie Tenebrae). Il mio articolo non avrebbe senso se non lo si sapesse.

Cominciamo dal principio
Cominciamo con la domanda cruciale: “Le modifiche alla Settimana Santa realizzate sotto Pio XII sono state sconvolgenti o secondarie?”. Se si considerano solo le modifiche alla Settimana Santa, esse non sono state sconvolgenti. Ma se si considerano tutti i cambiamenti liturgici dal 1950 al 1962, il discorso è diverso. Se prendiamo in esame tutte queste modifiche (non solo la Settimana Santa), diventa chiaro che il Messale del 1962 era un Messale “di transizione”. Si consideri, ad esempio, l’Ultimo Vangelo, che molti cattolici che partecipano alla messa tradizionale in latino credono sia invariabilmente l’inizio del Vangelo di San Giovanni. In realtà, non è sempre stato così. Prima del 23 marzo 1955, quando una festività veniva rimpiazzata da una festività più importante, il Vangelo della festività più debole diventava l’Ultimo Vangelo. In retrospettiva, la strategia dei riformatori radicali diventa chiarissima: (1951) eliminare l’Ultimo Vangelo della Veglia Pasquale; (1955) eliminare gli Ultimi Vangeli del Proprio della Messa; (1961) eliminare l’Ultimo Vangelo in giorni specifici; (1964) eliminare tutti gli Ultimi Vangeli. [Secondo Yves Chiron, lo stesso Papa San Paolo VI — il 22 gennaio 1967 — cercò di salvare l’Ultimo Vangelo; ma lo zeitgeist era troppo forte.]

In realtà, questo non fu il cambiamento più radicale operato da Papa Pacelli
Si noti che non ho preteso di approvare tutte le riforme di Pio XII. Anzi, alcune di esse sembrano sciocche e ingiustificabili (per esempio l’abolizione dell’antica “stola larga” e delle casule ripiegate — che, del resto, non sono mai state obbligatorie nelle piccole chiese). Eppure, c’è del vero nella famosa affermazione di padre Carlo Braga, che ha definito le riforme della Settimana Santa “la testa dell’ariete che ha trafitto la fortezza della nostra liturgia, finora statica”. Sostengo semplicemente che non possiamo separare i cambiamenti della Settimana Santa da ciò che stava accadendo nel periodo che va dal 1950 al 1962. In effetti, il cambiamento più radicale voluto da Pio XII è stato respinto (e successivamente abbandonato) dalla Chiesa. Parlo di quando, due mesi prima della resa di Hitler, Papa Pio XII ha cercato di cambiare l’intero Salterio. Un cambiamento così catastrofico avrebbe reso necessario rifare ogni libro liturgico esistente!

Gli elementi noiosi — 1a parte
Enuncio di seguito le modifiche principali tra quelle, avvenute tra il 1950 e il 2962, a cui faccio spesso riferimento:
(1) La disciplina del digiuno prima della Comunione [cfr. Sacram Communionem, 1957];
(2) L’ammissibilità delle Messe vespertine [cfr. Christus Dominus, 1953];
(3) L’eliminazione delle ottave, l’Ultimo Vangelo “specifico”, e altro ancora [cfr. Cum Nostra Hac Ætate, 1955];
(4) Questioni di rubrica, come la questione se l’incenso possa essere usato senza il diacono e il suddiacono [cfr. Giampietro pag. 314];
(5) La questione se un “lettore capace” possa proclamare certe letture;
(6) Quali preghiere possono essere recitate a voce alta dalla congregazione [cfr. De Musica Sacra, 1958];
(7) Il sacerdote che “ripete” silenziosamente l’Epistola, il Vangelo, i Moniti, le profezie del Sabato Santo, e così via;
(8) Quando deve essere distribuita la santa Comunione [cfr. Terza edizione del Campion Missal, pagine 250 e 510].
Gli esperti di liturgia potranno facilmente aggiungere altri elementi, tra cui una modifica all’antico Canone (13 novembre 1962), l’eliminazione del Confiteor prima della Comunione [cf. Giampietro pag. 314], e modifiche sostanziali all’Ufficio Divino.

Gli elementi noiosi — 2a parte
Per la cronaca, Papa Pio XII ha riformato la Settimana Santa il 16 novembre 1955 per mezzo del Maxima Redemptionis, decreto entrato in vigore il 25 marzo 1956. Tuttavia, la Veglia Pasquale era già stata modificata “in via sperimentale” il 9 febbraio 1951 — appena 43 giorni prima che entrasse in vigore! — per mezzo di un articolo su Acta Apostolicae Sedis, il giornale della Santa Sede. Questo annuncio includeva anche otto pagine di rubriche, che spiegavano gli elementi modificati: per esempio il “Rinnovo delle promesse battesimali” è menzionato nel capitolo VII (in latino). Circa nove mesi dopo, l’11 gennaio 1952, il Vaticano ha pubblicato una versione leggermente rivista, questa volta di circa 14 pagine, sempre negli Acta. Sulla base di questi decreti è stato redatto un libretto: Ordo Sabbati Sancti Quando Vigilia Paschalis Instaurata Peragitur, il cui suo uso era più conveniente rispetto all’opzione di trascinare articoli di giornale sull’altare. In linea di massima, le differenze tra l’articolo degli Acta del 1951 e la versione ufficiale del 1955 sono insignificanti; per esempio, nella preghiera “Véniat quǽsumus”, la parola accénde (1951) è diventata inténde (1952). Articoli di giornale di quei giorni, così come la testimonianza di sacerdoti allora in vita, indicano che questa Vigilia “sperimentale” fu praticamente ignorata negli Stati Uniti.

Differenze: Domenica delle Palme
Cominciamo con la Domenica delle Palme. La mia sfida qui è quella di elencare solo le principali differenze. Ometterò gli elementi minori (come la Croce processionale velata nella versione del 1950 ma svelata nel 1962). Ho già accennato a come siano stati eliminati gli antichi paramenti — pianete ripiegate e “stola larga”. I paramenti del 1962 (per metà della cerimonia) sono rossi, mentre la versione del 1950 usa il viola tutto il tempo. L’“Aspérges” è omesso nella versione del 1962. La versione del 1950 inizia con una misteriosa cerimonia considerata da alcuni una “Messa secca”. [La Terza Edizione del Campion Missal fornisce opinioni di noti autori riguardo alle origini di questa cerimonia.] Ai fini dell’articolo di oggi, mi si permetta semplicemente di affermare che la versione del 1950 ha un’antifona di apertura ("Hosánna Fílio Dávid"), Colletta, Epistola, Responsorio, Vangelo, Prefazio e Sanctus. Quindi la versione del 1950 ha sei (!) preghiere che benedicono i rami di palma. [Alcuni credono che in precedenza il Sacerdote scegliesse la preghiera in base al tipo di ramo che aveva davanti a sé: ramo d'ulivo, palma, salice, tasso e così via.] In seguito, la versione del 1950 ha la distribuzione di rami di palma, una processione e una cerimonia (quando la processione torna in chiesa) durante la quale il Suddiacono bussa alla porta con il fondo della Croce processionale. Nella versione del 1950, la Passione inizia con l’Istituzione della Santa Eucaristia. È cantata da tre (3) Diaconi, mentre il Sacerdote la legge a bassa voce sull’altare, tranne la fine, che è cantata con il perturbante “tono di pianto” del Diacono della messa. La versione del 1950 ha permesso che le parti della Turba fossero “cantate dal coro”, ma rimane un tema di dibattito se quest’ultimo avrebbe potuto includere le donne. [Nei libri liturgici, “coro” indica spesso i chierici che assistono all’interno del Santuario.]

Nella versione del 1962, il nome è stato cambiato in “Seconda Domenica di Passione”, che non ha mai preso piede. La cerimonia del 1962 può iniziare in un altro luogo (“qualsiasi luogo adatto, anche fuori dalla chiesa”), magari per evitare che una processione ritorni nello stesso luogo da cui era partita. La maggior parte della “Messa secca” è soppressa nella versione del 1962, ma il Vangelo è rimasto. Cinque delle sei preghiere usate per benedire le palme sono state soppresse e diverse antifone della processione sono state modificate. L’Ordo Hebdomadae Sanctae Instauratus del 1956 dichiara che i fedeli “possono cantare l’inno Christus vincit o altri inni in onore di Cristo Re durante la processione”. (Alcuni considerano tali rubriche inquietanti.) Nella versione del 1962, il Celebrante non “ripete” silenziosamente l’Epistola, il Vangelo o la Passione, il che aveva veramente senso quando la riforma entrò in vigore per la prima volta nel 1956. [Nel 1970, il Celebrante non “ripeteva” più tutto ciò che cantava il coro: Introito, Graduale, Alleluia, Offertorio, etc. — e alcuni ritengono che ciò abbia provocato una deplorevole ignoranza della Sacra Scrittura da parte di molti sacerdoti.] Le Preghiere complete ai piedi dell’altare sono omesse nella Domenica delle Palme del 1962, mentre la versione del 1950 omette solo il Salmo 42 (“Júdica me”). Nella versione del 1962 il popolo non ha in mano i rami di palma durante la Passione. Ampie sezioni della Passione sono state eliminate sotto Papa Pio XII. Secondo il Campion Missal: “La proposta di ridurre la lunghezza del testo di 40 versi è stata avanzata da padre Augustin Bea il 21 ottobre 1955, pochi giorni prima che il Maxima Redemptionis fosse emanato, il 16 novembre 1955”. Nella versione del 1962 il Celebrante è in piedi dietro a un tavolo rivolto verso il popolo mentre benedice le palme.

Nella versione del 1962 alcune parti hanno un ordine diverso. Ad esempio, nel 1962 il Vangelo viene dopo la benedizione e la distribuzione dei rami di palma, mentre il Vangelo viene prima della benedizione nella versione del 1950. La terza edizione del Campion Missal fornisce entrambe le versioni nella loro interezza, altrimenti sarebbe difficile seguire le cerimonie. La versione del 1962 prevede due opzioni per la benedizione e la distribuzione dei rami di palma, ma sembra che i riformatori fossero poco entusiasti nei confronti dell’“Opzione B”. Pen non addentrarmi troppo nei dettagli, mi si permetta semplicemente di dire che quando si sceglie l’Opzione B è meglio cantare le antifone mentre il sacerdote cammina avanti e indietro lungo il corpo della chiesa (incensando e aspergendo l'acqua santa) piuttosto che egli lo faccia in completo silenzio. Questo non è certo l'unico caso di sbadataggine all’interno delle riforme di Pio XII; per esempio, per quanto riguarda il Sabato Santo, i riformatori hanno sollevato un polverone per cambiare la “benedizione della fonte” a “benedizione dell’acqua”. Tuttavia, per svista o pigrizia, si sono dimenticati di cambiare alcune rubriche: p. es. “et celebrans, antequam intret ad benedictionem fontis”.

Differenze: Giovedì Santo
In linea di massima, la Messa del Giovedì Santo è stata poco modificata dalle riforme di Pio XII. La differenza più grande — oltre allo spostamento della Messa dal mattino alla sera — riguarda il Mandatum (“Lavanda dei piedi”). La versione del 1962 prevede che il Mandatum (facoltativo) si svolga dopo l’omelia “laddove ragioni pastorali lo raccomandino”. Prima delle riforme di Pio XII, il Mandatum era estremamente raro al di fuori dei monasteri e delle cattedrali, e quindi — per prudenza — alcuni autori raccomandavano cautela prima di introdurlo, per timore che i fedeli lo ritenessero una strana innovazione. Se il Mandatum veniva fatto, aveva luogo immediatamente dopo la Spogliazione degli Altari o più tardi nel corso della giornata. Nella versione tradizionale venivano lavati i piedi di tredici uomini [Dale pag. 197; Guéranger pag. 396; Lallou pag. 69; Fortescue pag. 290]. Nella versione del 1962, sono dodici gli uomini a cui vengono lavati i piedi [McManus pag. 74]. La versione del 1962 omette comprensibilmente la lettura del Vangelo all’inizio, dato che ripete il Vangelo della Messa (letto pochi istanti prima). Altre azioni, come il prete che bacia i piedi di ogni uomo, sono state soppresse nella versione del 1962.

Ulteriori differenze tra il 1950 e il 1962 includono:
(1) Tabernacolo: nella versione del 1962, il tabernacolo è vuoto all’inizio della Messa, pratica consentita ma non richiesta nella versione del 1950.
(2) Agnus Dei: la terza invocazione “Agnus Dei” è modificata nella versione del 1962.
(3) Vespri: i Vespri sono omessi nella versione del 1962 — per coloro che assistono alla Messa del Giovedì Santo — mentre così non era nel 1950, poiché la Messa si svolgeva al mattino.
(4) Incenso: nella versione del 1950 non si può usare l’incenso senza Diacono e Suddiacono, ma la riforma di Pio XII — prefigurando, si potrebbe dire, la “progressiva solennità” dell’Istruzione che sarà emanata il 5 marzo 1967 — fa un’eccezione speciale per la Messa del Giovedì Santo.
(5) L’Ultimo Vangelo e la benedizione finale sono soppressi. Invece di “Ite, missa est” il diacono canta “Benedicámus Dómino”. Anche il Confíteor prima della Comunione è soppresso il Giovedì Santo, e in seguito (25 luglio 1960) è stato completamente soppresso in tutte le Messe.
(6) Credo: la versione del 1962 omette il Credo, mentre la versione del 1950 lo prevede (su questo, vedi Risoluzione n. 6 della Conferenza di Maria Laach per la riforma liturgica del 1951).
(7) Calice: nella versione del 1950 vengono consacrate due ostie grandi: una è conservata (non consumata) per la “Messa dei Presantificati”, e un secondo calice è preparato con patena, drappo, velo di seta bianca e nastro di seta bianca, ma nella versione del 1962 non si compie nessuna di queste azioni e il Sanctissimum viene portato all’interno di un normale ciborio.
(8) Croce e candelabri: nella versione del 1962, la croce e i candelabri sono rimossi durante la spogliazione dell’altare, poiché la rubrica del 1962 per l’inizio del Venerdì Santo dichiara: “l’altare deve essere completamente spoglio”.
(9) Candele Congregazionali: nella versione del 1950, durante la processione verso il Luogo della Reposizione i fedeli hanno in mano candele accese. Ciò dovrebbe accadere anche nella versione del 1962, ma non l’ho mai visto messo in pratica (per ragioni a me sconosciute).

Digressione sulla Santa Comunione
Prima di parlare del Venerdì Santo, vanno ricordati alcuni punti sulla ricezione della Comunione durante la Messa. Papa Pio X fu chiamato “il papa dell’Eucaristia” perché esortava a ricevere frequentemente la Comunione. Chi vive nel 2023 non si rende conto del fatto che fino agli anni ’50, in senso lato, la Santa Comunione non veniva distribuita nel momento liturgico della Comunione (ma il Celebrante la riceveva). Il “digiuno di mezzanotte” significava che chiunque avesse intenzione di riceverla non poteva mangiare o bere nulla a partire da mezzanotte. Spesso la Comunione era distribuita la domenica mattina presto e la Messa seguiva ore dopo. Ciò si faceva anche il Giovedì Santo, che doveva essere l’unico giorno dell’anno in cui i fedeli (non solo il Celebrante) ricevevano la Comunione durante la Messa. Per quanto strano possa sembrare, la Santa Comunione veniva spesso distribuita dopo la fine della Messa, o da un prete diverso a un altare laterale (o alla ringhiera della Comunione) mentre era in corso la Messa. Non spetta a me giudicare se Papa San Pio X abbia fatto bene a fare ciò che ha fatto. Anche grandi santi come Girolamo e Agostino hanno espresso opinioni divergenti sulla frequenza con cui l’Eucaristia dovrebbe essere ricevuta. Posso affermare con tranquillità che la tendenza contemporanea di far ricevere la Comunione a tutti e costantemente — senza alcuna preparazione e in un’epoca in cui pochissimi credono nella Presenza Reale — è disastrosa.

Differenze: Venerdì Santo
Nella versione del Venerdì Santo del 1950, solo il sacerdote riceve la Comunione. Agli albori della Chiesa, sembra che l’intera congregazione ricevesse la Comunione il Venerdì Santo. In effetti, padre Jungmann descrive il Venerdì Santo come “un giorno ideale per la Comunione” fino alla fine del Medioevo. Nel 1955, Papa Pio XII ha modificato la Missa Praesanctificatorum (“Messa dei Presantificati”), consentendo a tutta la Congregazione di ricevere la Comunione — in conformità con 1 Corinzi 11, 26: Quotiescúmque enim manducábitis panem hunc, et cálicem bibétis, mortem Domini annuntiábitis (“È la morte del Signore che annunziate quando mangiate questo pane e bevete questo calice”). La Comunione per tutti del Venerdì Santo era una “consuetudine universale che è durata per secoli” [Giampietro pag. 67]; potrebbero essere citate molte altre fonti antiche a sostegno di questo fatto. Tuttavia, successivamente è avvenuto un cambiamento: solo il sacerdote riceveva la Comunione il Venerdì Santo. Questo cambiamento è documentato esplicitamente per la prima volta nel XIII secolo. Secondo il cardinale Antonelli, questa abolizione “è facilmente comprensibile nel contesto della generale rarefazione della Comunione, che nel XIII secolo era giunta a un livello tale che il Concilio Ecumenico Lateranense del 1215 obbligò tutti i fedeli ad accostarsi alla sacra mensa almeno una volta all’anno”. Tuttavia, fino all’epoca di Papa Pio V, alcuni libri liturgici (come per esempio, l’Obsequiale Frisingense del 1493, folio 41r) permettevano ancora ai fedeli di ricevere la Comunione il Venerdì Santo. Il primo documento che vieta esplicitamente la ricezione della Comunione da parte dei fedeli è datato 1622. Prendendo in considerazione tutte queste informazioni, non è facile capire perché Papa San Pio X non abbia ripristinato la Comunione ai fedeli il Venerdì Santo.

Altre differenze tra il Venerdì Santo del 1950 e quello del 1962 sono:
(1) Paramenti: nella versione del 1962 i paramenti del Celebrante sono comicamente complicati: (a) il Celebrante inizia la cerimonia indossando solo una stola nera; (b) prima della lettura delle Collette Solenni, il Celebrante indossa il piviale; (c) terminate le Collette Solenni, il Celebrante si toglie il piviale, indossando solo la stola nera durante la Venerazione della Croce; (d) dopo la Venerazione della Croce, il Celebrante indossa una pianeta viola. La versione del 1950 era molto più semplice: il Celebrante indossava una pianeta nera durante tutta la cerimonia, eccetto per la Via Crucis.
(2) Via Crucis: nel 1950 era fatta in modo diverso e richiedeva più tempo.
(3) Preghiera iniziale: nella versione del 1962 c’è una “preghiera iniziale” assente nella versione del 1950.
(4) Nomenclatura: mentre in precedenza questa cerimonia era chiamata “Ufficio mattutino del Venerdì Santo”, i riformatori ne hanno cambiato il nome in: “Servizio liturgico solenne del pomeriggio della Passione e Morte del Signore”.
(5) Preghiera per gli ebrei: ce ne sono sei versioni: 1950, 1955, 1959, 1965, 1970 e 2008. [vedi]
(6) Omelia: la versione del Venerdì Santo del 1962 sembra proibire una predica, mentre la versione del 1950 la permette.
(7) Collocazione del Libro: nella versione del 1950, le Collette sono lette nell’angolo dove viene letta l’Epistola, mentre nella versione del 1962 il Messale è posto “al centro dell’altare”.
(8) Riduzione del ruolo del Suddiacono: nella versione del 1950, il Suddiacono diceva “Leváte”; nella versione del 1962, lo fa il Diacono.
(9) Preghiera del Signore: quando i riformatori hanno rivisto la Missa Praesanctificatorum, hanno fatto recitare il “Pater Noster” completo ai fedeli insieme al sacerdote, mentre tradizionalmente il sacerdote cantava la prima parte e i fedeli la completavano con: “sed líbera nos a malo”.
(10) Inno alla Croce: la versione del 1962 ha soppresso il Vexilla Regis Prodeunt, noto come “Inno alla Croce”, che padre Adrian Fortescue († 1923) definì “forse il più grande di tutti gli inni”. La versione del 1962 lo sostituisce con tre antifone — Adorámus Te, Per Lignum e Salvátor Mundi — che (purtroppo) sono di tre stili diversi.

Falso letteralismo (A)
Preferireste essere condannati all’ergastolo o a 60 anni di carcere? Chi ignora il sistema legale sceglierebbe i 60 anni, perché “è ovvio” che una condanna all’ergastolo è peggio. Ma chi conosce il sistema legale sa che è vero il contrario, perché spesso le condanne all’ergastolo sono ridotte a pochi anni di pena. Qualcosa di simile si osserva nel caso della sacra liturgia. Si potrà trovare chi si opponga a una pratica tradizionale perché questo e quell’altro elemento “sono ragionevoli”: ma seguire tale falso letteralismo finirebbe col farci celebrare la Messa sdraiati (perché ai tempi di Gesù si mangiava reclinati). Negli anni ’50, un movimento seguace del falso letteralismo stava raggiungendo il suo apice. Gli affamati di riforma affermavano tra l’altro: “Il Giovedì Santo si chiama In Coena Domini, che significa La Cena del Signore, non La Colazione del Signore. Perciò la Messa deve essere notturna, altrimenti non è autentica”.

Falso letteralismo (B)
Papa Pio XII, forse a causa della vecchiaia, era suscettibile a tali argomenti e ha spostato le cerimonie della Settimana Santa dalla mattina alla fine della giornata, con enormi conseguenze indesiderate. Ho menzionato prima il fatto che il Tenebrae è stato eliminato. L’arcivescovo Carinci ha notato che il Tenebrae era “molto amato dai fedeli, e molti di loro vi partecipano” [Giampietro pag. 246]. Anche usanze popolari come le “Meditazioni sulle sette ultime parole” sono state eliminate da questo frettoloso cambiamento. Altre vittime dell’esclusione sono il Mattutino della Domenica di Pasqua (completamente cancellato) e le Lodi della Domenica di Pasqua (gravemente troncate). Nel 1956, padre John J. Coyne si lamentò di questa “restaurazione”, scrivendo quanto segue:
È una strana restaurazione quella che ha soppresso Mattutino e Lodi, cosicché l’unica notte dell’anno in cui nessun salmo di lode attraversa le labbra di coloro che sono tenuti alla recita dell’Ufficio Divino è la festa centrale della Cristianità.
Mattina del Sabato Santo (A)
Celebrare la Veglia Pasquale la mattina del Sabato Santo: cosa ne dobbiamo pensare? Innanzitutto, da dove viene questa tradizione? Alcuni autori ritengono che nella Chiesa primitiva la Veglia Pasquale fosse celebrata molto presto la mattina della Domenica di Pasqua. Ma è impossibile provare con certezza quando esattamente i primi cristiani celebrassero la Messa o le Messe pasquali e che aspetto avesse esattamente quella Messa. Tuttavia, negli anni Quaranta l’anticipazione della mattina di Pasqua era diventata un’idée fixe, quasi una mania. Ed è vero che il Canone della Veglia Pasquale dice: nóctem sacratíssimum celebrántes (“celebrando quella notte santa, nella quale Nostro Signore Gesù Cristo, nella sua carne umana, è risorto dai morti…”). Anche l’Exsultet sembra essere stato originariamente cantato di sera. Ma il grande errore dei riformatori è stato quello di non aver compreso che la Veglia Pasquale era una categoria a sé stante. Nel corso dei secoli ha accumulato vari elementi (elementi penitenziali, sfumature battesimali, “lampi” di gioia pasquale, etc.) che sono stati enfatizzati in modi diversi.

Mattina del Sabato Santo (B)
Indipendentemente da quale potesse essere la pratica “primitiva”, documenti inconfutabili dimostrano che nel IX secolo la Veglia Pasquale era stata anticipata. In generale, con il passare del tempo, gli uffici religiosi tendono a essere anticipati sempre di più, forse per il desiderio di adempiere al precetto prima possibile. Nel 2023 lo possiamo constatare ogni fine settimana, quando molti anziani “anticipano” la Messa al sabato pomeriggio per “sbarazzarsi del precetto”. È la natura umana.

Mattina del Sabato Santo (C)
Un tentativo di riportare la Veglia Pasquale alla sera fu intrapreso con scarso successo da San Giovanni Gualberto († 1073). In generale, durante i secoli IX, X e XI, la preferenza era quella di iniziare la Veglia Pasquale intorno alle 15:00 del Sabato Santo. Non c’è bisogno di soffermarsi a lungo su questo punto; sono esistite usanze diverse per ordini diversi, nel corso di secoli diversi, in località diverse. Il 29 marzo 1566, Papa San Pio V revocò il permesso di celebrare la Messa serale (ma la Messa di mezzanotte di Natale continuò a essere un’eccezione) e le cose non cambiarono molto fino agli anni ’50. Si consideri l’esempio — non atipico —di una chiesa parrocchiale dell’Arcidiocesi di Saint Louis che nel 1943 celebrò la Messa solenne della Domenica delle Palme alle 6:30 (!), distribuì la Comunione del Giovedì Santo alle 6:15 (!), celebrò la Messa Solenne del Giovedì Santo alle 8:30 (!), la Missa Praesanctificatorum del Venerdì Santo alle 8:00, i servizi del Sabato Santo alle 7:00 (!) e la Messa Solenne della Domenica di Pasqua alle 5:30!

Sono rimasti intrappolati
Quando i riformatori “resuscitano” pratiche primitive, il risultato è spesso caotico. Personalmente ritengo che la decisione di spostare la Veglia Pasquale da sabato mattina a domenica mattina passerà alla storia come vergognosamente avventata. I riformatori — vincolati dal falso letteralismo dello zeitgeist — decisero che tutti i santi cattolici per 1.200 anni hanno fatto male a celebrare la Veglia Pasquale all’ora in cui lo hanno fatto. Ma i riformatori sono rimasti intrappolati, perché nel 1951 non erano permesse messe serali… tranne la messa di mezzanotte di Natale. Pertanto, essi decisero di piazzare la Messa della Veglia Pasquale non nel tardo pomeriggio del sabato, ma a mezzanotte! Ciò è stato fatto anche se nessuna documentazione supporta un’ora così tarda, con la possibile eccezione di un solo sermone di Sant’Agostino intorno al 410 d.C.
Col rischio di insultare l’intelligenza dei miei lettori, vorrei sottolineare che “resuscitare” un singolo elemento — da solo — di 1600 anni fa e inserirlo senza pensarci troppo su nella vita della Chiesa è una condotta riprovevole.
In termini pratici, ciò significava che i sacerdoti dovevano celebrare quello che Prosper Guéranger definisce “il servizio più lungo e faticoso della liturgia latina” e poi, poche ore dopo, svegliarsi e celebrare tutti gli Uffici e le Messe della Domenica di Pasqua. (Poiché il digiuno di mezzanotte era ancora in vigore, al povero Celebrante fu concesso di prendere una sola tazza di tè, per aiutarlo a superare tutte le Messe della Domenica di Pasqua!) Quando Monsignor Giovanni Montini (il futuro Paolo VI) chiese il 17 gennaio 1956 “che la partecipazione alla celebrazione della Messa nella Solenne Veglia Pasquale — anche se si terrà prima della mezzanotte — soddisfi anche il precetto di assistere alla Messa della Domenica di Pasqua”, i riformatori respinsero all’unanimità la sua proposta [Giampietro pag. 290]. Questo è oggi un punto controverso — dal momento che le messe “anticipate” sono consentite il sabato pomeriggio — ma fino a quando non sono avvenuti questi cambiamenti, la Veglia Pasquale era celebrata con questo avvertimento: 
se, con il permesso dell’Ordinario del luogo, il servizio della Veglia è anticipato in modo che la Messa sia celebrata prima della mezzanotte del Sabato Santo, coloro che sono presenti non adempiono al precetto di assistere alla Messa del giorno di Pasqua.
Troppi elementi su cui dibattere
Se parlassi per novanta ore di seguito, non scalfirei nemmeno la superficie del tema della Veglia Pasquale. Come ho già detto, appartiene a una categoria tutta sua. Ha molti elementi diversi — che possono apparire contraddittori — ed è stata celebrata in modi diversi nel corso dei secoli. Alcune usanze sopravvivono fino ad oggi in modi sorprendenti; per esempio, in Polonia c’è l’usanza di mangiare torte il pomeriggio del Sabato Santo, perché il digiuno quaresimale terminava tradizionalmente a mezzogiorno del Sabato Santo (dopo la conclusione della Veglia Pasquale). Tradizionalmente, i convertiti alla fede cattolica venivano ricevuti durante la Veglia Pasquale. I catecumeni ricevevano la loro istruzione finale nel vestibolo della chiesa mentre venivano lette o cantate le dodici lunghe profezie.

La Domenica di Pasqua dovrebbe essere l’apice
A causa della “riforma” della Veglia Pasquale, la Messa della Domenica di Pasqua è spesso trascurata — o non celebrata adeguatamente — e questo mi sembra deplorevole e contrario alla tradizione. Dopotutto, quando si pone l’accento sulla partecipazione alla Veglia Pasquale, ci aspettiamo davvero che una famiglia con bambini piccoli si svegli qualche ora dopo e partecipi alla Messa della Domenica di Pasqua, con la consapevolezza mentale ed emotiva richiesta da tale solenne cerimonia? La disposizione precedente, che è durata almeno 1.200 anni, non aveva forse più senso? Chi esamina i registri noterà che tradizionalmente il vescovo della diocesi non partecipava nemmeno (!) alla Veglia Pasquale. Se ci si pensa, la Veglia Pasquale ha meno musica di qualsiasi altra Messa dell’anno. Anche una festività di quarta classe ha più musica della Veglia Pasquale.
Nella Veglia Pasquale:
(1) Non c'è il Vidi Aquam;
(2) Non c'è l’Introito;
(3) Il breve Alleluia è seguito da un Tratto (!);
(4) Non c'è il Graduale o l’Alleluia maggiore;
(5) Non c'è la Sequenza;
(6) Non c'è il Credo;
(7) Non c'è l’Antifona all’Offertorio;
(8) Non c'è l’Agnus Dei e il Bacio della Pace;
(9) Non c'è l’Antifona alla Comunione.

Dobbiamo sottolineare che nessuna di queste omissioni è colpa di Pio XII. A pagina 163 di The Nature of the Liturgical Movement (King’s College, Londra, 2002), Alcuin Reid afferma che con la riforma del 1951 Papa Pio XII ha eliminato l’Agnus Dei e il Credo dalla Messa della Veglia Pasquale. Ha torto; non hanno mai fatto parte della Messa della Veglia Pasquale.

Differenze: Veglia Pasquale
Ecco, come promesso, la lista delle differenze tra la Veglia Pasquale del 1950 e quella del 1962: 
(1) Ripetizione: nella Veglia Pasquale del 1950, il Celebrante “ripete” tutto — comprese le profezie, l’Epistola, il Vangelo e i “Vespri troncati” — mentre nella versione del 1962 ripete solo alcuni elementi, come l’Introito, il Gloria, l’Antifona all’Offertorio, il Credo e così via. Questa è stata una grande vittoria dei riformatori, iniziata nel 1951 con la Veglia “sperimentale”: Celebrans et ministri, clerus et populus, sedentes auscultant.
(2) Luci in chiesa: nella versione del 1950, la chiesa è buia fin quasi alla conclusione dell’Exsultet [vedi], quando il diacono parla di “una fiamma divisa ma non offuscata”: a quel punto le lampade della chiesa sono accese dal Nuovo Fuoco. Nella versione del 1962, le lampade della chiesa vengono accese dopo il “Lumen Christi” finale.
(3) Candele in mano al popolo: nella versione del 1962 i fedeli hanno in mano candele accese in momenti leggermente diversi rispetto alla versione del 1950.
(4) Preghiere per la benedizione del Nuovo Fuoco: nella versione del 1950, tre preghiere benedicono il Nuovo Fuoco. I riformatori ne hanno eliminate due.
(5) Modifica dell’Exsultet: la preghiera per l’imperatore all’interno dell’Exsultet era caduta in disuso, ma i riformatori l’hanno ripristinata aggiustando leggermente il testo. La clausola sostitutiva è stata pubblicata per la prima volta negli Acta Apostolicae Sedis il 9 febbraio 1951.
(6) Spostamento delle azioni effettuate col cero pasquale: nella versione del 1950, il diacono pone i grani di incenso nel cero pasquale alla metà dell’Exsultet. Nel 1962, i grani di incenso sono deposti dal Celebrante all’inizio della cerimonia, con alcune preghiere particolari (p. es. Chrístus héri et hódie) e facendo il segno delle lettere greche Álpha e Ómega. Nella versione tradizionale, il diacono accende il cero pasquale mentre canta l’Exsultet — dopo le parole rútilans ignis ascéndit — mentre nella versione del 1962 il cero pasquale è acceso all’inizio della cerimonia.
(7) Tridente o Triplice Cero: forse a causa delle dimensioni enormi del cero pasquale in alcune chiese, nel corso dei secoli si è sviluppata l’usanza di usare un “tridente” per portare la fiamma fuori dalla chiesa al cero pasquale. Il Campion Missal fornisce numerose citazioni di autori antichi che affermano che, storicamente, questo attrezzo aveva tre (o talvolta due) candele “di riserva”, per evitare che si spegnesse. I riformatori hanno eliminato questa usanza, quindi la versione del 1962 non ha il tridente. Vorrei sapere che fine hanno fatto tutti quei tridenti obsoleti a partire dagli anni ’50! Sono stati gettati nella spazzatura?
(8) Titolo dell’Exsultet: tradizionalmente, l’Exsultet era la benedizione del cero pasquale. Ai riformatori non piaceva, quindi gli cambiarono il titolo. Il Campion Missal elenca molti dei titoli (un po’ sciocchi) da loro inventati, tra cui: “Il Cantico Pasquale Ufficiale”.
(9) Lievi modifiche testuali: i riformatori apportarono lievi modifiche ad alcune delle preghiere — oltre a sollevare vari “problemi di virgola” in voga all”epoca —, ma sarebbe troppo complicato descriverle qui. (10) Posizionamento del cero pasquale: il cero pasquale è posto dalla parte del Vangelo nella versione del 1950, ma la versione del 1962 lo posiziona al centro del Santuario.
(11) Incensazione del Cero Pasquale: nella versione del 1962, subito prima di cantare l’Exsultet, il Diacono incensa il Cero Pasquale, girandovi intorno. Ciò non accade nella versione tradizionale. (12) Ritocchi: sono state apportate leggere modifiche alle famose sezioni “flectámus génua”.
(13) Litanie non ripetute: nella versione tradizionale, le Litanie dei Santi si cantano “secondo il doppio rito, ossia dal principio alla fine i chierici ripetono le stesse invocazioni dei cantori”. I riformatori hanno eliminato le ripetizioni, ma ne hanno introdotto un nuovo tipo istruendo i cantori a ripetere la prima parte della litania più e più volte per riempire spazio.
(14) Aggiunta di nuove preghiere: i riformatori hanno creato qualcosa di completamente nuovo: “Il rinnovamento delle promesse battesimali”. Nuovi elementi come questo contraddicono l’arcivescovo Bugnini, il quale — a pagina 314 della sua Riforma della Liturgia (1990) — ha dichiarato che la riforma del 1951 “ha riportato la Veglia Pasquale al suo originario splendore”. Inoltre, sebbene affermassero di essere nemici della ripetizione, i riformatori hanno aggiunto la Preghiera del Signore, anche se sarebbe stata recitata pochi minuti dopo come parte della Messa.
(15) L’uso del volgare: significativamente, si permetteva di fare il “Rinnovamento delle promesse battesimali” in volgare.
(16) Omissione di una preghiera prima della Comunione: nella versione tradizionale, “il Celebrante recita le tre preghiere abituali prima della sua Comunione”; nella versione del 1962 si omette la preghiera Dómine Jesu Christi, qui dixísti, ma si recitano le altre preghiere.
(17) Preghiere ai piedi dell’altare e Ultimo Vangelo: la versione del 1962 elimina lo Júdica Me e il Confíteor all’inizio, mentre la versione tradizionale contiene le normali Preghiere ai piedi dell’altare. Nella versione del 1962, l’Ultimo Vangelo è soppresso, ma non nella versione del 1950.
(18) Prima della Postcomunione: nella versione del 1950 si canta una brevissima cerimonia dei Vespri con il Magnificat, e lo “Spíritum nóbis, Dómine” funge da Postcomunione. Nella versione del 1962 c’è una brevissima cerimonia delle Lodi con il Cantico di Zaccaria, e lo “Spíritum nóbis, Dómine” funge anche da Postcomunione.
(19) Eliminazione delle profezie: il Sabato Santo del 1950 aveva dodici profezie. Nel corso della storia, diverse usanze sono prevalse in diverse località. Alcuni luoghi avevano solo quattro profezie, altri ne avevano ben ventiquattro. Il vescovo Durando († 1296 d.C.) affermava che il numero delle profezie nelle funzioni del Sabato Santo variava nei diversi luoghi (cfr. Rationale, VI, 81). La versione del 1962 ha eliminato otto profezie, lasciandone solo quattro. Una delle profezie che sono state eliminate era identica alla seconda lettura del Venerdì Santo.
(20) Benedizione della Fonte e Riti Battesimali: i riformatori hanno apportato modifiche significative ai Riti di Benedizione della Fonte e del Battesimo, che sarebbe difficile descrivere qui. Tuttavia, a partire da pagina 620 della Terza Edizione del Campion Missal, la questione è spiegata esaurientemente con utili tabelle. Il “recipiente provvisorio” inventato dai riformatori mi è sempre sembrato del tutto indegno, ma le rubriche del 1962 consentono invece di utilizzare il tradizionale battistero.
(21) Litania scissa: la cosiddetta “litania scissa” è discussa di seguito.

La mia opinione personale
Dal 1997, ho avuto la fortuna di partecipare molte volte a entrambe le versioni della Settimana Santa. In realtà le amo entrambe. Da un lato, è difficile trovare qualcosa di “carente” o “mancante” nella versione del 1950 (con la possibile eccezione della Domenica delle Palme, che è piuttosto lunga per le famiglie con bambini piccoli). In altre parole, è difficile vedere cosa hanno apportato di meglio le riforme di Pio XII.
Dall’altro lato, provo difficoltà a simpatizzare con chi si sconvolge quando si menzionano queste riforme. Una persona di mia conoscenza diventava isterico ogni volta che ricordava che Pio XII ha fatto dirigere il Celebrante versus populum mentre benedice le palme. Tuttavia, costui non si è mai lamentato del celebrante rivolto verso il popolo mentre benedice vari oggetti durante la Messa nuziale tradizionale. Non ho avuto il coraggio di dirgli che le rubriche del Messale tradizionale consentono la celebrazione interamente versus populum (cfr. Ritus servandus V, 3). Un dato non aperto al dibattito è il fatto che i riformatori — in particolare padre Josef Löw — si siano spesso contraddetti a proposito dei principi che guidavano le loro riforme.

Conclusione
Ho osservato che alcuni commentatori, quando discutono sulla riforma della Settimana Santa, non sono in grado di enumerare elementi specifici. Ma sicuramente dovremmo sapere quali sono le riforme prima di esprimere un parere! Ha avuto ampia diffusione la polemica sollevata da padre Stefano Carusi (La Riforma della Settimana Santa, 28 marzo 2010), che tenta di condannare le riforme di Pio XII. Il problema è che padre Carusi spesso fraintende le rubriche (ad esempio nel suo tentativo di difendere il tridente) o fa affermazioni di fatto errate. Per esempio, durante la Veglia Pasquale del 1950 le Litaniæ Sanctorum sono cantate per intero, ma la versione del 1962 le divide in due. Padre Stefano Carusi dichiara che la scissione delle litanie non ha “alcun senso liturgico” e afferma che “questa innovazione è incoerente e incomprensibile”. A peggiorare le cose, padre Carusi dice: “Non si è mai visto che una preghiera impetratoria fosse divisa in due parti. L’introduzione dei riti battesimali nel mezzo è di un’incoerenza ancora maggiore”. Ma ha torto marcio. Questa non è stata un’innovazione dei riformatori. La Terza Edizione del Campion Missal fornisce una serie completa di manoscritti di vari secoli, che risalgono fino a circa 1000 anni fa e che dividono tutti la litania esattamente come fecero i riformatori.
Se dobbiamo criticare, assicuriamoci di aver compreso le riforme prima di farlo. Inoltre, non partiamo dal presupposto che tutto ciò che hanno fatto i riformatori fosse indifendibile, terribile e nuovo. †

Per le numerose citazioni sulle riforme della Settimana Santa, una bibliografia completa e molto altro, si veda:
Saint Edmund Campion Missal, Third Edition (Sophia Press Institute, 2022)

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