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mercoledì 19 aprile 2023

La messa tradizionale no, ma il “rito maya” sì

Avevamo già avuto più di una occasione per stigmatizzare rituali pagani celebrati nel corso di eventi o cerimonie cattoliche anche al cospetto di vescovi. Ma qui è ben più grave, siamo ad una vera e propria mutazione liturgica, all'abominio della desolazione, di cui avevamo segnalato un precedente qui, lanciando un allarme purtroppo inascoltato. Ora, nella nostra traduzione da Riposte Catholique apprendiamo che un documento di 31 pagine delinea il nuovo rito Maya proposto che evidenzia l'istituzione della leadership laica durante la Messa e "il rapporto con la sorella madre terra", comprese le preghiere ai quattro punti cardinali della terra. Ci vorrà un articolo-fiume per commentare ogni singolo punto tra le molte citazioni evidenziate.

La messa tradizionale no, ma il “rito maya” sì

Il Nuovo Rito Maya della Messa, pieno di idolatria pagana e simbolismo, sta avanzando in Messico. Immagini e dichiarazioni dalla diocesi di San Cristóbal de las Casas in Messico mostrano chiaramente esempi di idolatria pagana, simbolismo e pratiche eretiche adottate in quella che dovrebbe essere la messa cattolica. Questa realizzazione fa seguito al noto caso della Pachamama [qui - qui], mentre la Santa Sede persegue misure drastiche contro il rito vetus ordo.
Il Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il 27 e 28 febbraio scorso ha inviato un rappresentante in Messico per discutere di questo nuovo rito con la diocesi locale di San Cristóbal de las Casas, in Chiapas; ilo che dimostra come questo progetto sia già avanzato. Il cardinale messicano Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo emerito di San Cristóbal de las Casas, è uno dei principali promotori di questo nuovo rito, che sarà presentato, in aprile, prima alla Conferenza episcopale messicana e poi, in maggio, alla Santa Sede.

Il documento, intitolato Adattamenti all'Ordinario della Messa tra i popoli indigeni della diocesi di San Cristóbal de las Casas, Chiapas e datato aprile 2023, è composto da 31 pagine e spiega in dettaglio ogni cambiamento che si intende apportare al rito ordinario della Messa nel Messale Romano. Propone inoltre specifiche modifiche alle rubriche della Messa ordinaria. È stato predisposto da una commissione di quasi 20 persone – due vescovi, molti sacerdoti e alcune donne –.

La diocesi di San Cristóbal de las Casas era stata oggetto di sanzioni sotto il pontificato di Benedetto XVI per aver introdotto un nuovo diaconato permanente indigeno nel quale erano incluse nel ministero le mogli dei diaconi sposati.

Nel 2005, Roma ha persino ordinato all'allora vescovo, monsignor Arizmendi, di porre fine a queste ordinazioni. Tuttavia, subito dopo l'elezione di papa Francesco, questa situazione si è completamente ribaltata e il papa incoraggia attivamente l'“inculturazione” liturgica che continua nel sud del Messico.

Il Nuovo Rito Maya della Messa segue questo percorso rafforzando il ruolo dei laici maschi e femmine nella Messa e includendo molti rituali Maya che hanno un significato idolatrico in quella religione. I principali cambiamenti nel progetto ufficiale della nuova messa indigena sono i seguenti tre:
  • l'incensazione durante la Messa da parte di laici o laiche;
  • preghiere guidate da un laico o da una laica con una nuova funzione liturgica chiamata “presidente” durante tutta la messa;
  • Danze liturgiche Maya.
Inoltre, è presente l'inclusione di un altare Maya senza chiamarlo col suo nome.

La diocesi vuole istituire due nuove funzioni liturgiche, espletate da un laico, uomo o donna, non scelto dalla gerarchia della Chiesa, ma dalla stessa comunità parrocchiale, poi semplicemente confermato dal vescovo. Una di queste due funzioni si chiama “presidente”, l'altra “incensatore”. Il presidente sta accanto al sacerdote e svolge un ruolo di primo piano nel recitare le preghiere comunitarie con la congregazione all'inizio, a metà e alla fine della Messa. Questo nuovo ruolo del presidente diminuisce notevolmente l'importanza del sacerdote nella messa. Nel progetto, ad esempio, possiamo leggere:
“Dopo il saluto iniziale, colui che presiede la celebrazione [il sacerdote] invita il presidente, maschio o femmina, a sollecitare la congregazione ad aprire il proprio cuore ed esprimere ad alta voce le proprie intenzioni a Dio Padre”.
Questa nuova funzione sembra essere di grande importanza. Lo spiega il progetto
“L'ufficio liturgico di presidente è conferito alla persona, uomo o donna, che è un'autorità morale nella comunità, che guida il suo popolo nella preghiera e nella fede. È colui che guida e consiglia sulla vita di fede, sulle tradizioni religiose ed è anche responsabile del buon lavoro di coloro che hanno un ministero di servizio nella comunità cristiana. Nelle celebrazioni liturgiche, la sua funzione è quella di condurre il popolo, su invito di chi presiede la celebrazione, in momenti di preghiera comunitaria”.
Questa descrizione sembra indicare che questo presidente guida anche il sacerdote, mentre è certamente considerato una guida per tutte le altre persone impegnate nella pastorale e nella liturgia di questa comunità. Questo caposcuola, precisa il documento, “è riconosciuto come guida spirituale”. La sua funzione “è diventata ancora più rilevante durante il periodo di assenza del clero nella nostra diocesi”.

Il piano della Messa Maya pone questi capi – o 'anziani' – al di sopra del diacono permanente ordinato e del suo coniuge: i capi o anziani, rappresentanti della comunità ecclesiale indigena, sono addestratori molto importanti. Devono accompagnare il diacono permanente indigeno e sua moglie con i loro consigli, la loro esperienza e la loro saggezza, assicurando che siano radicati nella comunità, secondo la loro cultura.

Come notato in precedenza, nella diocesi l'ufficio di diacono permanente sposato indigeno ha la caratteristica di includere la moglie del diacono nella forma di un quasi-ministero. Anche la moglie è coinvolta nel santuario, essendo l'incensatore, un ruolo spesso assunto dalle donne nella religione Maya.

La seconda funzione liturgica di recente invenzione è quella del "turiferario", che incensa l'altare, il sacerdote, le immagini sacre e la congregazione in momenti diversi durante la messa, a partire dall'inizio della messa, il che evidentemente sminuisce il ruolo del sacerdote. Il progetto parla dell'“incensazione della croce e dell'altare e, ove opportuno, delle immagini di Maria e dei Santi, effettuata dalla persona incaricata dall'assemblea dell'ufficio liturgico dell'incensazione”. Terminato l'incenso, i ministri si avvicinano all'altare per venerarlo”. Questo nuovo ufficio liturgico può essere esercitato anche da un uomo o da una donna, come spiega il documento:
“Pertanto si propone che all'interno delle popolazioni indigene della diocesi, l'ufficio liturgico dell'incenso per tutte le azioni liturgiche della Chiesa resti nelle mani di persone, uomini o donne, nominate dalla comunità e approvate dall'Ordinario”.
L'aspetto più inquietante è l'inclusione di pratiche religiose esplicitamente maya nella liturgia cattolica. Il progetto arriva persino ad affermare che le pratiche Maya sono essenziali per le popolazioni indigene per relazionarsi con Dio, sottintendendo che l'antico modo pagano di pregare è ancora più efficace delle preghiere del Santo Sacrificio della Messa.

Il piano ufficiale per la messa di rito maya, ad esempio, parla dell'importanza della preghiera comunitaria guidata dal presidente e accompagnata da una cerimonia con l'accensione delle candele e musica. Questo rituale, afferma il documento, è essenziale affinché gli indigeni incontrino Dio.
“Pregare ad alta voce e in comune, sotto la guida di un presidente, è la via per aprire il proprio cuore a Dio, per entrare in rapporto diretto con Lui, per dialogare con Lui. Senza questo elemento manca il cuore per partecipare, ascoltare la sua parola. Per questo la preghiera comunitaria guidata dal presidente è un elemento essenziale che deve essere inserito nell'ordinario della messa celebrata con i popoli originari di questa diocesi. Senza questo elemento non si può entrare propriamente in un rapporto personale con Dio, come previsto nei riti iniziali della celebrazione dell'Eucaristia”.
In altre parole, senza l'antico modo di pregare ad alta voce, con l'antico rito di accendere le candele sul pavimento davanti all'altare – pratica derivata dai riti pagani del popolo Maya – sembrerebbe diminuita l'incidenza del Sacrificio della Messa.
“Abbiamo anche l'elemento storico, poiché è così che queste culture hanno vissuto il loro rapporto con Dio. In questo modo, la celebrazione dell'Eucaristia e il modo di pregare proprio di questi popoli non rimangono come qualcosa di estraneo o separato, ma si fanno insieme, tutti in armonia, compreso il creato”.
Non è chiaro, alla luce della fede cattolica, come i cattolici possano partecipare alla Messa con la sensazione di essere in “armonia con il creato”. È interessante notare che il documento cita il cardinale Carlo Maria Martini, l'ex arcivescovo di Milano che fu a capo del gruppo modernista di San Gallo. La riflessione del cardinale Martini sulla triplice confessione ci permette di comprendere meglio il senso di questa modalità di preghiera. Vediamo che in questo tipo di preghiera si esercita questa triplice confessio: la confessio laudis (la confessione della lode), la confessio vitae (la confessione della vita), la confessio fidei (la confessione della fede). Non ci aspettavamo una citazione da questo presule modernista in un documento scritto da vescovi e sacerdoti messicani. Tuttavia, guardando il progetto e vedendo il nome del suo autore, ciò diventa più comprensibile.

L'autore del progetto è padre Felipe Jaled Ali Modad Aguilar, sacerdote gesuita, così come sono gesuiti il ​​cardinale Martini e papa Francesco, che dall'inizio del suo pontificato nel 2013 ha sostenuto in pieno questo processo di inculturazione nella diocesi di San Cristobal de las Casas. Questo stesso sacerdote gesuita era già coinvolto nella preparazione del sinodo amazzonico del 2019 [vedi]. Nel giugno 2019, LifeSiteNews ha pubblicato un elenco dei partecipanti a un incontro segreto vicino a Roma in preparazione di questo sinodo, tra cui Aguilar [vedi]. Questo sacerdote gesuita è membro del gruppo per le relazioni interreligiose della Compagnia di Gesù e, come tale, responsabile delle religioni indigene nelle Americhe. Pertanto, quando papa Francesco è venuto a San Cristobal de las Casas nel 2016, Aguilar ha tradotto l'omelia papale durante la messa in una delle lingue native.

Poiché svolge un ruolo così importante in questo nuovo rito Maya della Messa, dovrebbe essere citato direttamente. In un post del 2021 sul Sinodo sulla sinodalità, Aguilar parla della spiritualità indigena in termini positivi:
“In particolare, per me, l'elemento che ha attirato maggiormente l'attenzione nella direzione del discernimento nelle tradizioni religiose dei popoli indigeni è l'importanza che esse danno per far sì che le decisioni prese siano in armonia con la natura, con il creato. In molti casi è necessario consultare gli antenati (gli antenati che sono morti ma che continuano a far parte della comunità) per assicurarsi che le decisioni prese siano anche in sintonia con loro. L'armonia che scaturisce dalla decisione presa è un elemento essenziale di ogni processo di discernimento”.
Un'altra indicazione che la commissione messicana per questo nuovo rito Maya potrebbe essere positivamente incline ad accettare il significato maya dei simboli e dei rituali che intende includere nel rito della Santa Messa è il fatto che un sacerdote membro della commissione diocesana presiede un parrocchia ricca di culti pagani: Padre Víctor Manuel Pérez Hernández della parrocchia di San Juan Chamula. San Juan Chamula è noto per i suoi sacrifici di animali e altre pratiche di culto non cattolico o pagano.

Il testo continua:
“Entrando, i visitatori sono sopraffatti dall'aroma dell'incenso alla resina di copale e dal fumo di migliaia di candele. Le pareti sono costeggiate da statue di santi ornate di specchi per allontanare il male. Non ci sono banchi, freschi aghi di pino ricoprono il pavimento vuoto da davanti a dietro. I fedeli sono divisi in piccoli gruppi. Ogni famiglia occupa uno spazio vuoto e attacca un assortimento di candele direttamente su lastre di pietra. Lasciano che le candele si consumino completamente durante e dopo le loro cerimonie personali, lasciando dietro di sé pozze di cera multicolore. I fedeli pregano ad alta voce in tzotzil [una lingua indigena], a volte piangono e si fanno più volte il segno della croce. Bevono Coca-Cola e "pox" - l'alcool locale - e ruttano con l'intenzione di evacuare gli spiriti maligni. A volte alla famiglia si unisce un curandero [sciamano] che può imporre le mani sui malati, assorbire le loro malattie in un uovo di gallina o guarirli scuotendovi sopra una gallina viva. In casi estremi, la gallina viene uccisa sul posto”.
Questa descrizione, da sola, suggerisce che le cerimonie pagane hanno preso il sopravvento su questa chiesa un tempo cattolica, mentre questa parrocchia ha ancora un prete cattolico, Hernández. Nel documento ufficiale della diocesi è citato come uno dei membri della commissione che lavora al nuovo rito della messa maya. Nel maggio dello scorso anno, il signor Hernández ha annunciato su Facebook una messa celebrata in questa stessa chiesa. All'inizio di questo mese, ha anche pubblicato un video di una visita pastorale del vescovo locale, monsignor Rodrigo Aguilar Martinez, che partecipa a una messa all'aperto in una danza rituale con sonagli. In un altro video della stessa visita pastorale, si vede il vescovo davanti alla stessa chiesa parrocchiale. Hernandez ha anche pubblicato una volta, nel 2018, il momento della consacrazione durante la messa, in cui si vede un sacerdote usare una tavola che è sia un altare maya che un altare, e si suonano corni indigeni invece delle campanelle sacre.

La spiegazione del motivo per cui i parrocchiani dovrebbero partecipare all'accensione delle candele davanti all'altare durante la Messa è spiegata dal piano ufficiale come segue:
“La preghiera comunitaria con l'accensione delle candele è stata una delle forme di preghiera più utilizzate tra le popolazioni indigene, attraverso la quale si esprimono tutte le istanze che la comunità porta nel cuore. Oltre alla celebrazione dell'Eucaristia, questa forma di preghiera serve per chiedere l'aiuto di Dio nelle più diverse circostanze della vita: preghiere nei campi, all'inizio della semina, per chiedere un buon raccolto, per offrire le primizie del raccolto, alla nascita dei bambini, nelle preghiere alle fonti d'acqua, per pregare per i propri animali, nella benedizione di una casa, nelle preghiere per i defunti... Questa modalità di preghiera è uno dei mezzi a disposizione di questi popoli per esprimere più fortemente la loro fiducia in Dio, perché è un gesto che consiste nel mettere nelle loro mani i momenti più importanti della loro vita”.
Con questo commento, gli autori del progetto sembrano sottintendere che l'antico rito dell'accensione delle candele sia uno strumento più potente per le popolazioni indigene rispetto al Santo Sacrificio della Messa.

Questa cerimonia, accompagnata dall'inchino del capo, dal contatto con la terra e dal dolce canto, ha lo scopo di entrare in contatto non solo con Dio, ma anche con gli antenati e la madre terra, ponendo così Dio sullo stesso piano di queste altre entità.
“Questa preghiera esprime anche i quattro significati di relazione: relazione con Dio Uno e Trino, relazione con gli altri vivi o defunti (che comprende i santi e tutti i defunti che ci hanno preceduto nella fede), relazione con me e relazione con la nostra sorella madre terra”
La cerimonia dell'accensione delle candele è legata all'installazione di un altare maya, descritto nella bozza della commissione senza essere chiamato con il suo nome proprio. Il documento descrive questo altare come posto all'interno della chiesa, vicino all'altare vero e proprio, e menziona nuovamente i colori simbolici Maya: rosso, nero, bianco e giallo, così come i quattro punti cardinali, o direzioni:
“Accanto all'altare sono poste piante, fiori, frutti e semi della regione, oltre a candele di diversi colori (rosse, nere, bianche, gialle, verdi e blu). Nel punto che segna la direzione dell'est, si mette una candela rossa e frutti e fiori dello stesso colore; verso ovest, si posiziona una candela nera e frutti e fiori vicini a questa tonalità; verso nord, si pone una candela bianca e frutti e fiori dello stesso colore; verso sud si porrà una vena gialla e frutti e fiori dello stesso colore. Infine, al centro di questo spazio, dove si intersecano i quattro punti cardinali, si collocherà un crocifisso, una Bibbia e accanto una candela blu e una verde, oltre ad acqua, terra e una lumaca”.
Il progetto propone che le preghiere comunitarie guidate dal “conduttore” possano essere indirizzate ai quattro punti cardinali della terra: “In occasioni speciali”, precisa il progetto, “questa preghiera può essere reindirizzata invocando Dio dai quattro punti cardinali” . Invocare Dio dai quattro punti cardinali implica il politeismo nella tradizione maya: le quattro direzioni della terra – nord, ovest, sud, est – sono tradizionalmente legate agli dei.

La preghiera alle quattro direzioni della Terra è descritta dalla Commissione Diocesana del Nuovo Rito in un modo che pone Dio sullo stesso piano degli antenati. Ecco il documento che collega nuovamente le quattro direzioni a questo rito:
“Dopo l'invito alla preghiera, si accende la candela rossa e ci si avvia verso Oriente, ci si inchina e un presidente rivolge una preghiera a Dio, ringraziando per la luce del sole, che è l'inizio della vita. Quindi accendiamo la candela nera e ci dirigiamo a ovest, facciamo un inchino e offriamo una preghiera a Dio, presentandogli l'oscurità della vita, i problemi, la notte, con la speranza che non darà una nuova vita, dopo il tramonto. Poi accendiamo la candela bianca e tutti si dirigono verso nord, facciamo un inchino e una guida rivolge una preghiera a Dio, ricordando gli antenati, la storia della comunità, ma anche i pericoli del gelo e del freddo che minacciano le persone. Poi accendiamo la candela gialla e tutti si dirigono a sud, ci inchiniamo e un presidente rivolge una preghiera a Dio, ringraziando per la fecondità della terra, per il dono della donna che dà la vita. Poi si accendono al centro le candele verdi e blu; tutti si recano a questo punto e un presidente dirige una preghiera a Dio, per acclamare Gesù Cristo, cuore del cielo e cuore della terra, in cui la mano dell'uomo è unita alla mano divina, al cielo e alla terra, e che è il centro della nostra vita cristiana, il cuore della nostra celebrazione eucaristica”.
Secondo lo schema ufficiale del nuovo rito maya, “al posto del canto di lode”, come raccomanda la Chiesa, “il ringraziamento può essere espresso con una danza”. È un “ringraziamento collettivo”.
“nella danza, i piedi accarezzano il volto della Madre Terra, compiendo movimenti leggeri. Si saluta il volto di Dio muovendosi verso le quattro direzioni dell'universo. Si danza con il cuore al ritmo della musica strumentale di questi popoli e si dialoga personalmente con Dio. È un tempo di gioia o di lacrime, in cui si sente la misericordia di Dio, la sua pace e il suo amore. È tempo di sentire la vicinanza dei nostri fratelli e sorelle, che danzano insieme, verso lo stesso essere. Dio danza in mezzo a noi, alziamo lo sguardo per vedere i volti dei nostri fratelli e sorelle e ci sorridiamo l'un l'altro. Ma è anche sentire la presenza di Gesù, dei santi, dei nostri antenati, che danzano con noi, non come un'immaginazione forzosa ma come una presenza spirituale reale, in una comune armonia. Sant'Agostino ha giustamente detto che "chi canta prega due volte", e da questa esperienza possiamo dire: "chi balla prega tre volte".
Va notato in questo testo che gli antenati sono “realmente presenti spiritualmente” in questa danza rituale, che sembra andare contro la concezione cattolica.
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