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domenica 7 maggio 2023

Il mistero che trattiene l’anticristo

Nella nostra traduzione da OnePeterFive una interessante trattazione delle ipotesi sulla identificazione della situazione nella quale riconoscere la rimozione del katéchon – identificato col potere spirituale e sociale del Papa e del Papato – che provocherà la perdita, momentanea, della sua forza sociale di restaurazione, con la conseguente manifestazione dell’Anticristo finale.

Il mistero che trattiene l’anticristo
Dr. Rudolf Hilfer, 4 maggio 2023 
Conferenza tenuta presso The Roman Forum, 11 luglio 2022. 

Il Katéchon

Questa conferenza è tenuta “IN NOMINE PATRIS ET FILII ET SPIRITUS SANCTI” e dedicata a Sua Eccellenza il Vescovo Athanasius Schneider.

L’annullamento mondiale e cosmico della Pasqua 2020, dettato dalla dittatura del Covid e messo in atto dalla gerarchia della Chiesa, è stato un evento apocalittico, un atto di idolatria della salute e un’implosione della fede che ha inviato un’“onda d’urto soprannaturale” attraverso i cieli. È un evento senza precedenti nella storia bimillenaria della Chiesa.

È come se, dopo 50 anni di abusi liturgici, l’idolatria della Pachamama in Vaticano fosse stata l’ultima goccia e nostro Signore avesse deciso di rivolgere alla Sua Chiesa le parole di Isaia [1, 15-16 — N.d.T.]:
Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male.
La parola re-set, nel contesto di questo 29° Roman Forum, si riferisce al riavvio dei dispositivi informatici. La sua connotazione e aspirazione politica, invece, è nota come Nuovo Ordine Mondiale, ed è resa fin troppo familiare da parole come re-formation, re-volution, re-volt o re-bellion. I dispositivi digitali informatici sono, ovviamente, strumenti molto più potenti delle catene di montaggio, e potrebbero rappresentare una quarta rivoluzione industriale. Ma, come ha illustrato la conferenza del Dr. John Rao, il grande reset non è nient’altro che l’ennesima ribellione umana contro Dio, dove n è un numero intero molto più grande di quattro.

La cancellazione della Pasqua 2020, invece, fa parte di qualcosa di ancor più grande, vale a dire la Grande Rimozione, che va avanti dalla prima Pentecoste.

La Grande Rimozione? Rimozione di chi, rimozione di cosa?

Si tratta della rimozione del corpo mistico di Cristo dalla faccia della terra. Come gli Ebrei non poterono rimuovere (o danneggiare gravemente) il corpo fisico di Cristo dalla terra quando il Suo tempo (kairòs) non era ancora giunto, così i nemici di Cristo non sono in grado di rimuovere (o danneggiare gravemente) il Suo corpo mistico, la Chiesa cattolica, finché il katéchon, ‘colui che trattiene’ o ‘ciò che trattiene’, non è tolto di mezzo.

Il 28 settembre 2020, poco prima delle elezioni americane, Francesco Boezi, giornalista italiano del quotidiano Il Giornale, ha rivolto all’Arcivescovo Viganò una domanda molto simile a quella rivolta dal Dr. Rao al Roman Forum di quest’anno: “Quali scenari attendono i Cattolici del mondo nel caso Trump dovesse perdere?”, a cui l’Arcivescovo Viganò ha risposto:
Se Trump perderà le elezioni presidenziali, il katéchon [colui che trattiene] finale (2 Ts 2,6-7), quello che impedisce al “mistero dell'iniquità” di rivelarsi, sarà rimosso e la dittatura del Nuovo Ordine Mondiale, che ha già ha conquistato Bergoglio alla sua causa, avrà un alleato nel nuovo presidente americano.
L’arcivescovo Viganò cita la seconda epistola di San Paolo ai Tessalonicesi, capitolo 2, versetti 6-7, e identifica la rimozione di Trump dal suo incarico con la rimozione del katéchon, che difende l'uomo dall’assenza della legge (anomia).

Ricordiamo l’inizio del capitolo 2 della seconda lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, lettera che termina con la famosa esortazione “Chi non lavora, non mangi”, contro la Schwärmerei [esaltazione — N.d.T.] apocalittica, contro il fanatismo apocalittico:
Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con Lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio.
Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della Sua bocca e lo annienterà all’apparire della Sua venuta, l'iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità.
Il katéchon appare nel verso 6 come τὸ κατέχον, “ciò che trattiene”, e nel verso 7 come ὁ κατέχων, “colui che trattiene”. Questa parola, katéchon, non appare da nessun’altra parte del Nuovo Testamento.

Obiettivo

L’obiettivo di questa conferenza è quello di formulare e proporre un’ipotesi per rispondere a quanto segue.

Domanda

Chi e cos’è il katéchon?
(Nota: non chi o cosa, ma chi e cosa.)

Risulta che la questione relativa all’interpretazione di ὁ κατέχων/τὸ κατέχον è forse il più antico problema irrisolto nell’esegesi del Nuovo Testamento, una vera e propria crux interpretum. La questione è stata vivamente dibattuta dall’epoca dei primi Padri fino ad oggi.

Breve panoramica di interpretazioni

Tertulliano (circa 160-222/223 d.C.) e il suo contemporaneo Ippolito di Roma (ca. 170-238 d.C.) credevano che ὁ κατέχων fosse l’imperatore romano e τὸ κατέχον l’impero romano. Contrariamente ai Tessalonicesi, che non vedevano l'ora di contemplare il ritorno di Cristo, Tertulliano e Ippolito non erano ansiosi di vedere la fine dei tempi. Piuttosto, entrambi preferivano non vedere il Senza Legge (anomos), l’anticristo.

Un secolo dopo, Lattanzio (ca. 250-325 d.C.), consigliere di Costantino I, mantenne la stessa posizione, sperando e credendo che l’Impero Romano (τὸ κατέχον) tranquillizzasse e desse la pace alle nazioni del mondo, ostacolando così la rivelazione del Senza Legge.

Un altro secolo dopo, lo Spirito Santo sembra essere stato l’interpretazione comune di ὁ κατέχων. Ciò si può dedurre indirettamente dai documenti di San Giovanni Crisostomo (ca. 347-407 d.C.), Teodoro di Mopsuestia (ca. 350-428 d.C.) e Teodoreto (Vescovo di Cirro, ca. 390-457 d.C.), tutti i quali hanno sentito il bisogno di respingere questa interpretazione nei loro scritti. Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto hanno entrambi interpretato ὁ κατέχων come Dio stesso, e τὸ κατέχον come la Sua grazia o il Suo potere divino. San Giovanni Crisostomo era anche lui d’accordo con l’interpretazione di Tertulliano.

Nello stesso periodo Sant’Agostino (354-430 d.C.) dibatté sulla questione senza prendere posizione. Riferì che alcuni contemporanei interpretavano i katéchon come persone malvagie o ipocrite all’interno della Chiesa. Lo stesso Agostino confessa di non sapere cosa volesse dire San Paolo quando scrisse: “ego prorsus quid dixerit, me fateor ignorare”.

L’interpretazione di Tertulliano (Roma) ha dominato l’esegesi nel corso dei secoli ed è stata condivisa ad esempio da Rabano Mauro (ca. 768-856), Aimone di Halberstadt (morto nell’853), Hervé di Bourg-Dieu (ca. 1080-1140), Valafrido Strabone (805-849), abate di Reichenau, Pietro Lombardo (1096-1160) o Niccolò di Lira (1270-1349), solo per citarne alcuni.

Anche San Tommaso d’Aquino concordava con l’interpretazione dell’Impero Romano. Ma poiché nel frattempo quest’ultimo era crollato (o, se vogliamo, era divenuto il Sacro Romano Impero), Tommaso trasferì il ruolo del katéchon alla Chiesa romana (apparentemente seguendo Papa Leone nel Sermone de apostolis).

Successivamente, il commentatore cattolico Aloys Schaefer (1890) opinò che τὸ κατέχον sia l’azione del mistero stesso della mancanza di legge e vide in ὁ κατέχων il signore di questo mondo (den Fürsten dieser Welt). E Josef Schmid (1945) ha sottolineato che è poco convincente attribuire a San Paolo una valutazione dell’Impero Romano per la quale non ci sono prove anteriori al III secolo. In un commentario cattolico degli anni ’50 si legge che ὁ κατέχων è l’Arcangelo San Michele, o la totalità di tutti i predicatori del vangelo.

Gli interpreti protestanti, come Ernst von Dobschütz (1909), pensano che quella del katéchon sia un’idea idiosincratica sviluppata da Paolo senza molto senso. Allo stesso modo, August Strobel (1950) e Wolfgang Trilling (1980) pensano che San Paolo non avesse in mente nulla di specifico o concreto. Oscar Cullmann e gli scrittori precedenti pensano che ὁ κατέχων sia lo stesso San Paolo.

Nei tempi moderni il giurista Carl Schmitt (1950) ha difeso l’interpretazione della tradizione cattolica (Bisping e altri) secondo cui l’“Impero cristiano” (christliches Reich) come successore dell’Impero Romano sarebbe il Restrainer [colui che frena — N.d.T.] (Katéchon) dell’anticristo. È sulla scia di questa tradizione che l’Arcivescovo Viganò ha identificato Trump con il katéchon, vedendo in lui un sovrano che si oppone alle forze dell’oscurità.

Ma torniamo al problema vero e proprio, alla “crux interpretum”. San Paolo ha dato intenzionalmente a entrambe le parole, ὁ κατέχων e τὸ κατέχον, un doppio significato. Chiaramente, se San Paolo avesse visto in Trump ὁ κατέχων, sarebbe stato difficile per lui far capire ai Tessalonicesi a quale persona si riferisse.

Quindi la domanda chi e che cos’è il katéchon rimane senza risposta.

L’interprete cattolico Josef Schmid (1949) ha concluso che la “crux interpretum” rappresentata dal concetto di katéchon è essenzialmente irrisolvibile, affermando che ogni tentativo di decifrarlo è futile, perché la chiave di questo enigma è stata irrimediabilmente persa.

Le risposte, infatti, sono talmente tante che Paul Metzger (2005) riassume la situazione affermando: “Difficilmente sarà possibile aggiungere un’altra interpretazione del tutto nuova a quelle già esistenti, perché sin dai tempi della Chiesa antica tutte le interpretazioni che potrebbero anche lontanamente corrispondere alla funzione del katéchon sono state già pensate”.

L’esistenza di tale scoraggiamento non è nota a chi non è familiarizzato con la teologia in generale e con l’esegesi in particolare. In tal caso, ci si può imbattere accidentalmente in una nuova ipotesi di interpretazione. Quando ciò è successo a me, la prima cosa che ho pensato è stata che la nuova ipotesi, che mi sembrava naturale e plausibile, dovesse essere sicuramente ben nota all’esegesi. Ma più cercavo, più scoprivo che non sembrava esserlo. Il concetto ad essa più analogo che ho trovato è quello del cardinale Manning nelle sue lezioni su The present crisis of the Holy See [L'attuale crisi della Santa Sede]. Si noti il titolo, redatto nel 1861!

Distinzioni ermeneutiche

Prima di esporre il punto di vista di Manning, vorrei ricordare brevemente — per quanti di noi, che, come me, non sono esegeti di professione — le classiche distinzioni ermeneutiche tra vari tipi di senso di un termine della Sacra Scrittura.

San Tommaso distingue otto sensi in Summa Th. [1ᵃ parte — N.d.T.] Q. 1, art. 10. Egli scrive:
L’accezione ovvia dei termini, secondo cui le parole indicano la realtà, corrisponde al primo senso che è il senso storico o letterale. Usare invece le cose stesse espresse dalle parole per significare altre cose si chiama senso spirituale, il quale è fondato sopra quello letterale e lo presuppone.
Sul senso spirituale egli afferma:
Secondoché dunque le cose dell’Antico Testamento significano quelle del Nuovo, si ha il senso allegorico: secondoché poi le cose compiutesi in Cristo o significanti Cristo, sono segno di quello che dobbiamo fare noi, si ha il senso morale; finalmente in quanto significano le cose attinenti alla gloria eterna, si ha il senso anagogico. Ma siccome il senso letterale è quello che intende l'autore, e d'altra parte l'autore della sacra Scrittura è Dio, il quale comprende simultaneamente col suo intelletto tutte le cose, non c'è difficoltà ad ammettere, con S. Agostino (Confessioni XII), che anche secondo il senso letterale in un medesimo testo scritturale vi siano più sensi.
Riguardo ai molteplici sensi letterali, Tommaso afferma: “Il senso parabolico è contenuto nel letterale, poiché con le parole le cose sono significate propriamente e figurativamente”.

Il senso storico, eziologico e analogico sono raggruppati anche da S. Tommaso sotto il senso letterale.

In sintesi, le distinzioni ermeneutiche classiche secondo san Tommaso sono

1. Sensus Primus Litteralis
2. Sensus Primus Historicus
3. Sensus Litteralis Aetiologicus
4. Sensus Litteralis Analogicus
5. Sensus Litteralis Parabolicus
6. Sensus Spiritualis Allegoricus
7. Sensus Spiritualis Tropologicus sive Moralis
8. Sensus Spiritualis Anagogicus

Per il katéchon il senso verbale o letterale è chiaro dal termine greco: ὁ κατέχων significa ‘colui che trattiene’; τὸ κατέχον significa ‘ciò che trattiene’.

Per trovare altri sensi è importante porsi la domanda chiave: perché Paolo non ha scritto chiaramente ciò che voleva dire?

Questa domanda cruciale è stata già posta da San Giovanni Crisostomo: τί Δήποτε ἀσαφῶς οὔτως αὐτὸ τίθησιν ὁ παῦλος, “Perché mai Paolo si è espresso in modo così poco chiaro (così poco precisamente)?”.

La risposta di Paolo è chiara e semplice: “Conoscete il katéchon”. I destinatari della sua lettera sapevano a chi e cosa si riferisse. Il problema di quasi tutte le interpretazioni esistenti è che trascurano o hanno difficoltà a rispondere alla domanda chiave, e molti interpreti sembrano pensare che i Tessalonicesi non sapessero cosa volesse dire Paolo.

La prima premessa “materiale” è che la lettera sia autentica. Se San Paolo non ne fosse l’autore, allora l’interesse per l’interpretazione del termine katéchon diminuirebbe notevolmente. La seconda premessa “materiale” — e il punto di partenza — è la sinossi della storia dell’interpretazione del Cardinal Manning.

L’interpretazione del Cardinal Manning

Nelle sue quattro lezioni sulla Crisi presente della Santa Sede (1861) il Cardinal Manning riassume la storia delle interpretazioni cattoliche fino alla metà del XIX secolo in tre punti:
  • Tertulliano et alii: Imperatore romano/Impero
  • Teodoreto et alii: Dio/la Sua grazia il Suo potere
  • Altri: Apostoli/Potere degli apostoli
Manning afferma: “Queste tre interpretazioni sono tutte parzialmente vere, e sono tutte in perfetta armonia l’una con l’altra; e scopriremo che, prese insieme, ci offrono una spiegazione completa e adeguata”.

Infine, Manning arriva alla sua interpretazione secondo cui
il potere che impedisce la rivelazione del Senza Legge non è solo una persona ma un sistema, e non solo un sistema ma una persona. In una parola, è la cristianità e il suo capo; quindi, nella persona del Vicario di Gesù Cristo, e in quella duplice autorità di cui, per Divina Provvidenza, è stato investito, vediamo il diretto antagonista del principio del disordine. Il Senza Legge, che non conosce legge né umana né divina, né obbedisce ad altra volontà se non alla propria, non ha in terra antagonista più diretto del Vicario di Gesù Cristo, che porta insieme il carattere della regalità e del sacerdozio, e rappresenta i due principi dell’ordine nello stato temporale e in quello spirituale: il principio della monarchia, se si vuole, o del governo, e il principio dell'autorità apostolica.
ὁ κατέχων = “Vicario di Gesù Cristo”; τὸ κατέχον = “Cristianità”.

Cinque osservazioni esegetiche

La sinossi di tutte le interpretazioni cattoliche realizzata da Manning suggerisce fortemente di cercare la chiave del secondo senso perduto dalle parti di Simon Pietro. Difatti, il Nuovo Testamento contiene un uso molto cospicuo dei due nomi dell’apostolo Pietro. Cinque osservazioni esegetiche saranno la chiave per svelare il segreto.

Prima di parlarne, è importante sottolineare che l’idea di “ostacolo” contenuta nella parola katéchon è al centro stesso del messaggio escatologico di Cristo. In Matteo 24, 14 leggiamo: “Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine”. Marco (13, 10) scrive: “Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti”. E Luca (21, 24) predice: “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti”. A quanto pare, i “tempi dei pagani” o “delle nazioni” sono stati o sono in via di compimento.

Di seguito riporto cinque osservazioni esegetiche e le loro conseguenze che sono la chiave per svelare il segreto di cui sopra.

Scoperta A Il senso letterale del versetto 2 Ts 2, 6 è inequivocabilmente chiaro:

καὶ νῦν τὸ κατέχον οἴδατε
[et nunc quid detineat scitis]
“E ora sapete cosa trattiene”

I Tessalonicesi sapevano cosa si intendeva per katéchon. La parola aveva un doppio senso per loro, e il suo secondo significato era familiare.

Conseguenza A

La scoperta A mostra due cose: in primo luogo, che Paolo ha in mente o permette che ci sia un doppio senso quando usa la parola katéchon; in secondo luogo, che ogni membro della congregazione di Tessalonica conosceva entrambi i significati della parola katéchon. Se, in particolare, ὁ κατέχων indicava una persona, allora doveva trattarsi di una persona conosciuta da tutti. Pietro era conosciuto da tutti. Insieme a Giovanni e Giacomo era considerato una delle “colonne” (Gal 2, 9).

Scoperta B

In tutti e quattro i Vangeli il Messia si rivolge al suo discepolo Simone usando esclusivamente il suo nome originario: Simone. Egli non usa mai il nome Petros.

San Paolo, in netto contrasto con Gesù, non usa mai il nome Simone: nemmeno una volta in tutti i suoi scritti. Invece, egli usa sempre il secondo nome Petros.

Il nome Petros è stato dato a Simone da Cristo stesso. E Cristo ne spiega il motivo: ossia, Egli usa il nome Simone in greco maschile per la persona, e il nome Petros in greco neutro per la sua funzione o ufficio, esattamente nello stesso modo in cui lo fa Paolo in 2 Tessalonicesi.

Conseguenza B

La scoperta B mostra che, nelle lettere di Paolo, il nome Petros designa non solo la persona, ma ancor più la sua funzione di “roccia” e di “colonna” della Chiesa, e anche il suo ufficio. Ciò suggerisce immediatamente l’interpretazione in senso storico delle parole:

ὁ κατέχων = Simon, Σιμεον (aramaico: ‘colui che ascolta’)
τὸ κατέχον = Petrus, Πετρος, (aramaico: ‘roccia’)

(Nota: la parola kepha significa ‘roccia cava’ ed è strettamente correlata a kapar, che significa ‘fare penitenza’ o ‘espiare’, e a kaparet, gr. hilasterion, ‘espiazione’).

Nella prospettiva odierna questo senso storico produce immediatamente il senso spirituale allegorico o tipico:

ὁ κατέχων = Papa = successore di Pietro
τὸ κατέχον = Papato = ufficio petrino

Naturalmente, questo senso tipico era inaccessibile ai Tessalonicesi.

Scoperta C

Nelle narrazioni e nel discorso indiretto il Vangelo di San Matteo usa sempre e senza eccezioni (21 volte) la designazione Pietro o Petros per la funzione. Non usa mai il nome proprio Simone nel discorso indiretto. Un modello simile si osserva, non così rigorosamente, in Marco e Luca. Il vangelo di Giovanni, invece, non usa mai solo Petros, ma sempre (16 volte) la combinazione “Simon Petros” nelle narrazioni o nel discorso indiretto. Nel discorso diretto tutti e quattro i vangeli usano il nome Simone.

Conseguenza C

Se ὁ κατέχων è Simone e τὸ κατέχον è Petros, allora la morte di Pietro durante la persecuzione (64-68 d.C.) sotto Nerone fu un momento cruciale e decisivo per la giovane Chiesa. La scoperta C indica che l’apostolo Giovanni — supponendo che egli abbia scritto molti anni dopo la morte di Pietro — alludeva a questa (dimenticata) interpretazione del katéchon quando combinò il nome personale Simone con la designazione funzionale Petros, per non preferirne uno all’altro. In questo senso, la scoperta C supporta la scoperta B.

Scoperta D

L’Apocalisse di San Giovanni non menziona esplicitamente il katéchon, ma dispiega l’idea di “trattenimento” in un grande disegno della fine dei tempi.

Una ragione del ritardo della parusia di Cristo, fornita in Ap 6. 9-11, è il grido di coloro “coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa”, che dicono: “Fino a quando, Sovrano, Tu Che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?”; “fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro”.

Un altro motivo del ritardo della parusia di Cristo, (cfr Ap 7, 2-8) è un angelo che “gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: ‘Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi’. Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d’Israele”. Segue poi una lunga e ripetuta enumerazione di tutte e dodici le tribù, ciascuna delle quali contribuisce con 1200 persone segnate.

(Un ulteriore ritardo è causato dall’ottava testa.)

Conseguenza D

La scoperta D spiega perché l’interpretazione originale, nota ai Tessalonicesi, fu rapidamente dimenticata. In effetti, era proprio qualcosa che doveva essere dimenticato.

Se Simone è ὁ κατέχων e Petros è τὸ κατέχον, allora la morte di San Pietro è stata uno shock. Perché con la sua morte il katéchon è stato “tolto di mezzo” ma la parusia di Cristo non è venuta. Quindi tale interpretazione era apertamente errata ed è stata pertanto dimenticata.

La scoperta D diventa particolarmente importante nel caso in cui il Libro dell’Apocalisse sia stato scritto durante il regno di Galba.

Scoperta E

Il Vangelo di San Matteo termina con la missione di “evangelizzare e battezzare” tutte le nazioni.

I vangeli di Marco e Luca terminano entrambi con l’Ascensione di Cristo.

Invece, il vangelo di San Giovanni termina con la nomina al pastorato, il comando “Seguimi”, e il problema del ritardo della parusia di Cristo.

Conseguenza E

La scoperta E supporta e sottolinea le precedenti conseguenze A–D. L’ultima parola di Cristo (in tutti e quattro i vangeli) a Pietro (e quindi alla Chiesa di tutti i tempi) contiene in poche parole esattamente lo stesso messaggio
  • del Libro dell'Apocalisse,
  • delle Epistole di San Paolo ai Tessalonicesi e
  • della risposta che Gesù diede ai Suoi discepoli (At 1, 7) quando Gli chiesero quando avrebbe ristabilito il regno di Israele:
“Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta”.

Riepilogo

L’ipotesi appena trovata per il senso storico è:

Simone è ὁ κατέχων, Petros è τὸ κατέχον.

Ciò suggerisce il senso parabolico Simone/ufficio petrino, il senso allegorico Vescovo di Roma/vescovado romano e il senso tipico papa/papato. Si confronti questo schema con quello di Manning: 

τὸ κατέχον

Manning:
primus litteralis: colui che trattiene
spiritualis typicus: Vicario di Cristo

Qui:
primus litteralis: colui che trattiene
primus historicus: Simone
litteralis parabolicus: Simone [colui che ascolta]
spiritualis allegoricus: Vescovo di Roma
spiritualis typicus: Papa

ὁ κατέχων

Manning:
primus litteralis: ciò che trattiene
spiritualis typicus: Cristianità

Qui:
primus litteralis: ciò che trattiene
primus historicus: Petros [kepha]
litteralis parabolicus: Ufficio petrino
spiritualis allegoricus: Vescovado di Roma
spiritualis typicus: Papato

Si noti che la nuova ipotesi di interpretazione diventa particolarmente plausibile se l’Apocalisse risale al tempo di Nerone. Se ὁ κατέχων era Simone, allora i Tessalonicesi e tutte le chiese cristiane che conoscevano questa interpretazione si sarebbero aspettati che Cristo tornasse dopo la morte di Pietro, cioè dopo che questi “fu tolto di mezzo”. Quando ciò non avvenne, era naturale che Giovanni scrivesse l’Apocalisse per consolare e spiegare. In effetti, la nuova ipotesi potrebbe essere vista come un ulteriore supporto agli argomenti di Kenneth Gentry a favore della datazione anticipata del Libro dell’Apocalisse. Ma la nuova ipotesi non dipende dalla datazione precoce: è ugualmente compatibile con la datazione del libro al tempo di Domiziano.

Sensi impliciti allegorici e tipici

In combinazione con il solenne comando di Giovanni 21, 15-17: “Pasci le mie pecorelle”, la nuova ipotesi suggerisce ulteriori ipotesi per sensi allegorici o tipici come: pastore/pastorale, apostolo/apostolato, vescovo/mitra o vescovo/vescovado.

Il fatto che il papa sia “VICARIUS CHRISTI” combinato con la regalità di Cristo porta all’esegesi più comune: re/regno (rex/regnum), imperatore/impero (imperator/imperium), signore/signoria, o generalmente leader/leadership. Ciò riabilita e unifica molte delle interpretazioni allegorico-simbolico-tipiche della tradizione cattolica.

Appaiono anche nuove interpretazioni, come: magister/magisterium (maestro/ufficio dell’insegnamento), sacerdos/sacerdotium (sacerdote/ufficio sacerdotale) o profeta/ufficio profetico.

Il papa come “SERVUS SERVORUM DEI” suggerirebbe: diacono/diaconia e ministro/ministero. Il papa come “Santo Padre” implicherebbe: Padre/paternità.

Risposte

Rispetto ad altre interpretazioni, quella nuova risponde a due domande a cui tutte le altre non possono rispondere in modo convincente:

1) Perché il secondo senso è stato rapidamente dimenticato?

Risposta: Il senso storico originario Simone/Petros è stato dimenticato per via dell’enorme delusione suscitata dal fatto che Cristo non è venuto dopo la morte di Pietro (e nemmeno dopo l’apocalittico massacro degli ebrei e la distruzione del tempio ebraico). Si è ritenuto che ciò implicasse che il senso storico originale era falso. Non poteva essere corretto. San Paolo poteva essersi sbagliato, Cristo no. Non lo si dimentichi: la successione apostolica di Pietro, il papato come istituzione non esisteva ancora.

 2) Perché Paolo non ha scritto chiaramente cosa voleva dire?

Risposta: Anche a questa domanda chiave (di San Giovanni Crisostomo) si risponde prontamente a partire dal significato allegorico-tipico di papa/papato. Se, come insegnano la tradizione e la Pontificia Commissione Biblica, San Paolo ebbe una vera visione, allora probabilmente vide non solo l’apostolo Pietro, ma anche tutti o alcuni dei suoi successori e lo sviluppo del papato come istituzione. Pertanto, se Paolo avesse menzionato Pietro per nome in quel punto della sua lettera, ciò avrebbe collegato troppo strettamente il katéchon alla persona di Pietro, il che sarebbe stato sbagliato e fuorviante. In questo modo Paolo avrebbe incoraggiato la Schwärmerei apocalittica, il fanatismo (che egli aveva l’intenzione di criticare) e avrebbe perso credibilità fingendo quella conoscenza della fine dei tempi che Cristo aveva esplicitamente riservato al Padre. I lettori o gli interpreti successivi avrebbero potuto concludere che in realtà non aveva avuto una visione, perché la fine del mondo non è arrivata con la morte di Pietro.

Conclusione

La domanda principale, chi e cos’è il katéchon, ha ottenuto una risposta. Il messaggio da portare a casa da questa conferenza è che una nuova ipotesi plausibile per l’interpretazione di katéchon potrebbe essere: ὁ κατέχων è Simone, τὸ κατέχον è Petros.

Nuove domande

Potrei concludere qui la mia conferenza, ma i risultati sollevano nuove domande. Data l’interpretazione di katéchon come papa/papato, la sua rimozione potrebbe essere considerata parte della Grande Rimozione.

A proposito della Grande Rimozione, il Cardinal Manning ha espresso una ferma convinzione condivisa da molti fino a poco tempo fa: “La Chiesa cattolica non scenderà mai a compromessi su una dottrina; non permetterà mai che due dottrine vengano insegnate al suo interno; non obbedirà mai al governatore civile”.

La cancellazione della Pasqua 2020 e il conseguente negare l’accesso a tutti i sacramenti a tutti i fedeli ha dimostrato senz’ombra di dubbio che la gerarchia di oggi obbedisce a qualsiasi piccolo governatore civile. Quindi:
  1. Il katéchon è ancora al suo posto o è stato tolto di mezzo (ἐκ μέσου)?
  2. Se il katéchon è stato rimosso di recente, quando è stato rimosso?
  3. È stato rimosso quando Trump è stato sollevato dall’incarico nel novembre 2020?
  4. È stato rimosso quando il papa ha annullato la Pasqua 2020?
  5. È stato rimosso quando il papa ha rinunciato a essere Vicario di Cristo all’inizio del 2020?
Esegeticamente, queste domande equivalgono alla domanda:
  1. Cosa significa “mezzo” in ἐκ μέσου γένηται?
Il senso allegorico rex/regnum vincola il katéchon ai segni regali (regalia). Il 13 novembre 1964 Paolo VI si spogliò della corona e rinunciò alla Tiara Papale a beneficio dei “poveri”, sotto il plauso dei Padri della Chiesa al Concilio Vaticano II. La Tiara Papale è composta da tre corone che simboleggiano il triplice potere del Papa: padre dei re (pater principum et regum), governatore del mondo (rector orbis) e vicario di Cristo (vicarius Christi). I papi successivi hanno rifiutato l’incoronazione e Benedetto XVI ha rimosso la tiara papale dal suo stemma. La rimozione della corona papale e l’illegalità, l’anomia, dell’attuale pontificato fanno sorgere l'ultima domanda:
  1. Il “togliere il katéchon di mezzo” è legato o no alla corona papale?
Grazie a tutti per l’attenzione. 
Ulteriori dettagli in: R. Hilfer, “Katechon,” Forum Katholische Theologie (ISSN 0178-1626), vol. 38, pp. 161–173, (2022)
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio per le traduzioni
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2 commenti:

  1. "La Tiara papale è composta da tre. Orione che simboleggiano il triplice potere del Papa: Padre dei Re, Governatore del mondo e Vicario di Cristo".
    Viste le scelte dei Papi successivi a Paolo VI, si direbbe che unico Re e Padre dei Re sia Gesù il Cristo che pure governa il mondo. Ma allora in cosa e per cosa sono successori di Pietro i Papi?. Solo per la divulgazione del Vangelo di Gesù? Se questa dovesse essere l'interpretazione corretta, l'unico vero testimone e successore di Cristo, alla luce della recente incoronazione di Carlo III così ricca di simboli e riferimenti biblici ed evangelici, sarebbe il Re d'Inghilterra, il quale se la canta e se la suona a prescindere dalla Santa Cattolica Apostolica Romana Chiesa . Al Re d'Inghilterra Gesù avrebbe dato il compito di perpetuare l'opera iniziata da Lui? Temo che a partire da Paolo VI lA chiesa di Roma abbia abdicato al compito che gli era stato affidato in nome di un ecumenismo che, a distanza di 60 anni, mostra tutte le falle da cui esce violata la Verità.

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  2. Pensieri in libertà. Scosso il pastore, le pecore sono disperse...
    Le tre corone sovrapposte della tiara (o Triregno) papale indicano il triplice potere del pontefice: Padre dei principi e dei re, Rettore del mondo, Vicario di Cristo in Terra...
    L'antica formula è ora sostituita, dopo che Paolo VI, ultimo papa ad essere incoronato con la tiara (1963), fece dono della propria ai poveri, rinunciando pertanto al suo uso e sostituendola con la mitra, sopprimendo anche la carica e la denominazione di Custode dei sacri triregni, quando riordinò la Casa Pontificia col motu proprio Pontificalis Domus del 28 marzo 1968

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