Il significato politico della devozione al Sacro Cuore di Gesù
don Samuele Cecotti
La devozione al Sacro Cuore di Gesù, cui è consacrato l’intero mese di giugno, porta con sé indubbi significati socio-politici che, per quanto nell’ultimo mezzo secolo si sia fatto il possibile per condannarli all’oblio, fanno indelebilmente parte della storia di questo culto e sono in esso radicati.
Il culto al Sacro Cuore è culto di adorazione al Signore Gesù con particolare sottolineatura della sua santa e vera umanità, da cui l’ostilità che vi opposero i giansenisti nel XVIII secolo ritenendolo poco “spirituale” e addirittura idolatrico.
In questo scontro tra la Chiesa e l’eresia giansenista il culto al Sacro Cuore, promosso o rifiutato, rende evidente la posta in gioco: la trasformazione del Cristianesimo in uno spiritualismo disinteressato al corpo, alle realtà temporali, alla vita sociale … oppure la consapevolezza piena della verità dell’Incarnazione con tutto ciò che comporta relativamente all’incarnazione del Vangelo nella vita (familiare, economica, sociale, politica) concreta degli uomini.
Allora vinse la verità cattolica e, se pur con fatica, la Chiesa riuscì a debellare l’eresia giansenista. Vittoria certamente ascrivibile anche alla diffusione e al successo della devozione al Sacro Cuore. Oggi si sarebbe tentati, con un po’ di scoramento e tanta amarezza, di dire che se non il vecchio giansenismo ma certo una forma “nuova” di spiritualismo da “scelta religiosa” sembra aver soffocato dall’interno il Cattolicesimo.
Da troppo tempo infatti il Cattolicesimo si mostra incapace – anzi disinteressato quando non positivamente assertivo nel dichiarare impossibile/indesiderabile – di plasmare la vita reale degli uomini, di farsi cultura, di farsi costume, di farsi civiltà, di modellare l’economia, il diritto e la politica così come gli usi, le arti, le lettere e le scienze, di imprimere la propria forma alle famiglie e ai diversi corpi sociali così come agli Stati.
La scelta religiosa che caratterizza, più o meno evidentemente, il Cattolicesimo post-conciliare con la rinuncia alla res publica christiana in favore della società laica pluralista liberale, porta inevitabilmente a sottolineare la dimensione individuale e psicologica della fede sino ad esiti intimistici, dimenticando sempre più la dimensione comunitaria e politica del Cristianesimo. Ciò conduce quasi sempre ad un processo di dis-incarnazione del Cristianesimo con la fede sempre più confinata nella sfera intimo-psicologica dei credenti. Si arriva così agli esiti attuali di un Cattolicesimo da decenni sterile sul piano socio-economico, giuridico e politico.
Il culto al Sacro Cuore indica invece la direzione opposta, mettendo al centro il Cuore di carne di Cristo, organo in cui si “congiungono” corpo, anima e Divinità, ovvero celebrando l’unità indissolubile in Gesù Cristo di umanità e Divinità, di corporeo e di spirituale, di vita biologica, vita affettiva-psichica e Vita Eterna.
Il mistero dell’Incarnazione è celebrato nel culto e nella devozione al Sacro Cuore. La religione dell’Incarnazione non può escludere nulla di ciò che è umano dalla chiamata alla perfetta comunione con Dio e dunque nulla di ciò che è umano è escluso dall’opera di evangelizzazione che tutto, anzi, deve convertire a Cristo. Nella logica dell’Incarnazione non c’è spazio per la secolarizzazione o per la laïcité, anzi la logica dell’Incarnazione porta con sé l’anelito a tutto consacrare a Dio, omnia instaurare in Christo!
Con questo spirito di evangelizzazione “totale” e con l’intenzione di ri-conquistare a Cristo la società intera, fu promossa instancabilmente la devozione al Sacro Cuore a partire almeno dal XVII secolo. Devozione già diffusa in Germania nei secoli XIII e XIV, nel XVII trovò in Francia il proprio centro d’irraggiamento. Grandi apostoli della devozione al Sacro Cuore furono i gesuiti, gli stessi gesuiti che nei secoli XVII e XVIII (sino allo scioglimento del 1773) condussero eroica battaglia per conservare e incrementare la societas christiana, preservandola dal veleno delle idee “moderne”, razionaliste prima e illuministe poi.
Il culto al Sacro Cuore è strettamente connesso con la Regalità di Cristo, è infatti culto del cuore carneo del Re dei re, è culto regale. Non è un caso, dunque, se Cristo stesso il 17 giugno 1689, tramite santa Margherita Maria Alacoque, rivolse al re di Francia Luigi XIV una precisa richiesta: consacrare la Francia al Sacro Cuore e rappresentare il Sacro Cuore su tutti gli stendardi del regno.
Avrebbe significato l’esplicito riconoscimento della Signoria di Cristo, contro ogni moderna idea di sovranità, e ugualmente avrebbe significato la più solenne sconfessione di giansenismo e calvinismo così come di ogni razionalismo e incipiente illuminismo. La Francia si sarebbe solennemente dichiarata sacra a Cristo, al Suo Cuore Regale. Si sarebbe proclamata come Regno del Sacro Cuore di Gesù.
Luigi XIV rifiutò la richiesta, la Francia non fu consacrata, di lì a qualche anno la Francia sarebbe divenuta il centro del razionalismo e poi dell’illuminismo filosofico e politico. Il 17 giugno 1789, esattamente cento anni dopo, il Terzo Stato si autoproclamò Assemblea Nazionale e rivendicò a sé il potere costituente.
La Francia della tradizione, il Regno Cristianissimo, la Francia di Clodoveo, di Carlo Magno e di Luigi IX era travolta dalla Rivoluzione.
Dopo la Rivoluzione francese il culto al Sacro Cuore fu ancor meglio compreso dai cattolici come culto regale e anti-rivoluzionario, così, non solo in Francia, l’opposizione alle idee “moderne” portate dalle armate rivoluzionarie si affidò al Sacro Cuore.
L’effige del Sacro Cuore divenne segno distintivo di tutti i contro-rivoluzionari, degli insorgenti e dei patrioti cattolici, dalla Vandea al Regno di Napoli passando per il Tirolo (il Tirolo si consacrò al Sacro Cuore nel 1796) … e poi tutto il mondo ispanico.
Ancora nel XIX secolo la consacrazione al Sacro Cuore fu il segno distintivo della “restaurazione” cattolica, lo fu in Francia con il voto del Parlamento del 23 luglio 1873 con il quale la Repubblica Francese presieduta da Mac Mahon decideva la costruzione di un tempio cattolico (sarà la basilique du Sacré-Cœur di Montmartre)dedicato al Sacro Cuore di Gesù in espiazione dei crimini commessi dai comunardi, lo fu ad esempio in Ecuador con la consacrazione della Nazione al Sacro Cuore di Gesù per volere del presidente Gabriel Garcia Moreno nel 1874.
L’idea cattolico-conservatrice di Francia rappresentata dal maresciallo Mac Mahon fu travolta dopo pochi anni dall’affermarsi dei repubblicani anticlericali, il presidente Garcia Moreno fu assassinato dalla massoneria nel 1875. La restaurazione cattolica posta sotto il segno del Sacro Cuore non fu vinta anche se storicamente la fine del XIX secolo vede il prevalere quasi ovunque delle forze laico-massoniche.
La restaurazione cattolica si fece piuttosto ancor più articolata e “ambiziosa” non limitandosi al solo piano istituzionale-legislativo ma comprendendo sempre più la sfera della cultura e della vita socio-economica.
È il grande e ambizioso progetto di restaurazione della societas christiana intrapreso da Leone XIII con l’impulso al neotomismo, con la Dottrina sociale, con un rinnovato protagonismo sociale e politico della Chiesa. Papa Leone XIII è anche l’autore dell’enciclica Annum sacrum del 1899 dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Egli consacra l’intero genere umano al Sacro Cuore e a tutti rammenta la Signoria e la Regalità universale di Cristo.
Anche Pio XI e Pio XII dedicheranno al culto del Sacro Cuore grande importanza e ne faranno il mezzo sovrannaturale per restaurare la civiltà cristiana. Si comprende allora perché monsignor Olgiati e padre Gemelli vollero intitolare al Sacro Cuore l’Università Cattolica da loro fondata.
Celebrare il Sacro Cuore di Gesù è da secoli segno di spirito contro-rivoluzionario e di impegno nella restaurazione della societas christiana. È culto, in questo senso, fortemente politico. Dice l’impossibilità di ridurre il Cristianesimo a “scelta religiosa” perché implicata dalla logica dell’Incarnazione vi è la dimensione pubblica, sociale, culturale e politica della Fede.
La Dottrina sociale della Chiesa, così come pensata da Leone XIII, se filosoficamente presuppone il realismo metafisico di Tommaso d’Aquino, spiritualmente si nutre del culto al Sacro Cuore perché ha il suo punto di vertice e di sintesi nella Regalità sociale di Cristo.
Don Samuele Cecotti, Vice-presidente dell'Osservatorio Card. Văn Thuận - Fonte
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