ll potere episcopale come gestirà
la realtà di questa “minoranza creativa” in ascesa?
Su La Croix, Christophe Dickès pubblica una rubrica sul pellegrinaggio di Chartres e un editoriale di Isabelle de Gaulmyn affermando che “la messa in latino non salverà la Chiesa” (che fa eco alle parole di Benedetto XVI, riprese nell'omelia della messa a Chartres: “ Niente potrà mai sostituire una messa per la Salvezza del mondo”):
Nell'estate del 2021, nei giorni successivi alla pubblicazione della Traditionis Custodes che riduce drasticamente l'uso del cosiddetto rito di san Pio V, alcune decine di giovani si sono rivolti al papa e ai vescovi in un video trasmesso sui social. Questo cortometraggio di meno di due minuti in inglese ha innanzitutto preso atto del fatto che potrebbero esserci fraintendimenti tra la generazione più giovane e quella più anziana. Poi, questi giovani di tutti i continenti hanno testimoniato la loro fedeltà al papa e ai vescovi specificando che non mettevano in discussione la validità della nuova liturgia.
Essi non si sentivano scontrosi o antiquati, figuriamoci separatisti. Infine hanno sviluppato il motivo del loro attaccamento al rito straordinario: la trascendenza che abita questo rito, la sua verticalità e il suo orientamento verso l'Oriente. Nessuna ideologia in questa gioventù, nessuna voglia di discordanza: "Noi siamo le tue pecore" hanno detto rivolgendosi al papa.
Quasi due anni dopo, l'appello di questa gioventù è stato respinto da Roma. Peggio ancora, il testo degli uffici vaticani presenta punti deboli giuridici: il cardinale Arthur Roche ha fatto firmare al papa un altro testo riducendo quasi a zero il potere episcopale in materia. Spremere il limone fino a quando i semi si rompono. [qui - qui] Si è parlato molto di questa politica, per nulla in linea con lo spirito di decentramento che il papa ha voluto imprimere al suo pontificato.
Mentre l'ala progressista continua a ripetere che bisogna porre fine a un'organizzazione piramidale della chiesa, la sussidiarietà non sembra essere accettata per il mondo tradizionalista. La radicalità del metodo romano ha provocato la reazione anche dell'ex papa Benedetto XVI che, dal punto di vista personale, apprendendo la decisione dal quotidiano vaticano, l'ha definita un errore [qui - qui].
Da parte loro, molti vescovi sono rimasti ugualmente sorpresi da questo testo inatteso, giustificato da un'indagine delle diocesi ma i cui risultati non sono mai stati resi pubblici. Dopo l'abolizione della Commissione Ecclesia dei incaricata dei rapporti con il mondo tradizionalista, i vescovi sembravano vedere in questa decisione una possibilità per loro di giudicare le necessità al loro livello. La ristrutturazione romana dello scorso aprile ha finalmente minato la possibilità di (ri)costruire ponti.
Tuttavia, il sondaggio di La Croix del 26 maggio ha mostrato che i vinaccioli non si erano incrinati e che il muro eretto dalle decisioni romane non aveva prodotto gli effetti previsti. Il peggio, se così può dirsi, è che sembra che i semi stiano germogliando al punto che il 38% del campione di giovani intervistati dice di apprezzare la messa in latino, mentre il 40% non ha nulla in contrario, anche se questo rito non corrisponde alle loro aspettative. La realtà sul campo espressa in questa indagine rivela una complessità che non corrisponde più alla polarità progressista/tradizionalista degli anni 70. A questo proposito, c'è un sorprendente parallelismo tra questa indagine e il video citato all'inizio di questo articolo: questi giovani danno un volto di stupefacente modernità, rendendo conto nel mondo della speranza che è in loro.
Come sottolinea l'editoriale di Jérôme Chapuis, sarebbe un errore relegare questo piccolo gruppo tradizionalista a categorie frettolose come quelle di “reazionari” o “cattolici identitari”. Ancor più interessante è che la scelta della Messa in latino non è legata solo al background familiare: infatti, un sondaggio americano commissionato dalla Fraternità San Pietro nel 2021 ha rivelato che, nella fascia di età 18-39 anni, solo il 16% ha dichiarato di andare alla messa in latino spinti dai genitori. Il fattore essenziale nella scelta dell'antico rito è stato, per oltre il 36% di loro, il rispetto e la venerazione.
Oggi la questione non è tanto se la Messa in latino sia il futuro della Chiesa, ma come il potere episcopale gestirà la realtà di questa “minoranza creativa” in ascesa. Come trattare anche le nuove vocazioni al suo interno, senza porre seri problemi di coscienza per un giovane convertito a questa sensibilità, mentre Roma deve dare il suo consenso per ogni nuova ordinazione.
La storia delle società ci dice che la “persecuzione” di un gruppo da parte di un potere non produce mai l'effetto sperato. Al contrario, lo rafforza. Quello che Benedetto XVI aveva capito nella sua opera di pacificazione. Secondo il suo segretario, il vescovo Gänswein, l'ex papa trovava pericoloso “confinare in un angolo un gruppo di fedeli con il rischio che si sentissero perseguitati”.
Si può così stimare che, a parte i rari vescovi zelanti che applicano alla lettera le direttive romane, la realtà della pratica obbliga le parti a trovare e coltivare un'ecclesiologia di comunione. Questa sarebbe la strada migliore: quella della ricerca di un nuovo equilibrio. Questo percorso è stretto, ma non impossibile. Ci ricorderebbe che tutti hanno un posto nella casa del Padre, come un'eco delle parole del profeta Geremia: «Li ricondurrò nel loro pascolo, saranno fecondi e si moltiplicheranno. Susciterò loro pastori che li guideranno; non dovranno più temere né sgomentarsi e nessuno andrà perduto» (23, 1-6).
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]______________________________
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