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domenica 17 settembre 2023

Essere cristiani “adulti” significa demolire il cristianesimo?

La verità è che, percosso il pastore, le pecore sono disperse.
Essere cristiani “adulti” significa demolire il cristianesimo? 
Aurelio Porfiri 

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere il post di un sacerdote su Facebook. In questo post il sacerdote parlava di un libro di Fernando Bermejo-Rubio, dal titolo inequivocabile L’invenzione di Gesù di Nazareth: Storia e Finzione. Il libro viene così descritto: “L’invenzione di Gesù di Nazareth analizza con rigore la figura di Gesù e le vicende del primo cristianesimo a partire dalle fonti antiche, prosegue sottoponendo ad analisi critica la storiografia successiva e giunge fino al tempo presente. Nella sua dettagliata disamina Bermejo-Rubio dimostra come l’intero campo di studi sia stato spesso ingombro di pregiudizi e preconcetti, che ancora oggi pervadono la letteratura di settore. Consapevolmente o meno, il dato storico e quello mitologico si intersecano in maniera complessa, rendendo lo studio della figura di Gesù un compito arduo, ma tanto più necessario in un mondo che si dice secolarizzato”. Ora, tornando al post su Facebook del sacerdote, egli affermava che dopo la lettura di questo libro si poteva aspirare ad un “cristianesimo adulto”. Ma che significa “cristianesimo adulto”?

In realtà Gesù stesso dice che se non saremo come bambino non potremo entrare nel regno dei cieli. Questa idea che per essere cristiani bisogna demolire il Cristianesimo tradizionale a me sembra quanto mai bizzarra. Se vuoi essere cristiano, accetta quello che il Cristianesimo insegna, altrimenti nessuno ti obbliga.

Personalmente, apprezzo di più chi decide di non credere piuttosto che coloro che cercano di adattare il Cristianesimo ai cosiddetti “tempi moderni”, anche perché essi andrebbero interpretati dal Cristianesimo, non semplicemente subiti. La Scrittura ci invita a leggere i segni dei tempi, non semplicemente a farci leggere da essi. Purtroppo la Chiesa sembra essersi arresa al mondo, sembra aver accettato l’abbraccio che alla fine dei conti la soffoca.

Un segno abbastanza chiaro di tutto questo è la paura esistente verso il Cristianesimo identitario, quel Cristianesimo che intende recuperare il senso forte dell’esperienza religiosa. Una delle manifestazioni più conosciute di questo Cristianesimo identitario è quella del tradizionalismo cattolico, un fenomeno variegato e composito che sarebbe difficile ricondurre ad un principio unitario. Se si volesse trovare un fattore comune ai vari gruppi del tradizionalismo cattolico, potremmo dire che è la reazione ai cambiamenti dopo il Concilio Vaticano II. Ma la risposta che viene fornita a questi cambiamenti varia da gruppo a gruppo. Una parte importante nelle rivendicazioni del Cristianesimo identitario tradizionalista ce l’ha la liturgia, la Messa tradizionale vista in opposizione alla Messa detta di Paolo VI. Ma in realtà non tutti i gruppi hanno un’enfasi liturgica preponderante. Comunque, credo che sia importante riflettere su una cosa: nella Chiesa, oltre al tradizionalismo cattolico, esistono vari gruppi di esperienza Cristiana, alcuni dottrinalmente molto ribelli; come mai il Cristianesimo identitario sembra fare così paura tanto da essere oggetto negli ultimi anni di vari provvedimenti? Credo sia importante farsi questa domanda, perché essa può aiutarci a capire in che modo oggi si articola il rapporto Chiesa-mondo e come questo rapporto stabilisca anche gli equilibri interni del mondo cattolico. Fonte

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