Adeamus cum fiducia
Omelia nella Messa votiva del
Cuore Immacolato di Maria Santissima
2 Dicembre 2023
di Mons. Carlo Maria Viganò
Adeamus cum fiducia ad thronum gratiæ,
ut misericordiam consequamur,
et gratiam inveniamus in auxilio opportuno.
Heb 4, 16
CARISSIMI AMICI E FRATELLI,
in questo primo Sabato di Dicembre, l’Introito della Messa votiva in onore del Cuore Immacolato di Maria è per noi un invito a rivolgerci alla Mediatrice di tutte le Grazie, all’Onnipotente per grazia, mentre il mondo e la Chiesa sono assediati da un attacco che pare tutto travolgere nella comune apostasia.
Accostiamoci con fiducia al trono delle grazie, per ottenere misericordia e trovare grazia che ci soccorrano al tempo opportuno.
Sono le parole conclusive del quarto capitolo dell’Epistola agli Ebrei, in cui l’Apostolo ci parla di Cristo Sommo Sacerdote: Non v’è creatura che rimanga nascosta davanti a Lui, ma tutto è nudo e palese agli occhi Suoi, e a Lui noi dobbiamo render conto (Ebr 4, 13). E subito dopo: Avendo dunque un grande Sommo Sacerdote che ha traversati i cieli, Gesù Figlio di Dio, rimaniamo fermi nella professione della nostra fede (Ebr 4, 14).
Il motivo per il quale la Chiesa ha voluto proporre come parte della Messa del Cuore Immacolato un passo della Scrittura relativo al Suo divin Figlio risiede anzitutto nel ruolo di Corredentrice della Vergine Madre. Ego sum ostium (Gv 10, 7) ha detto il Signore, e quella porta di Grazie è il Sacratissimo Cuore di Gesù, spalancato per accogliervi ognuno di noi. Ma noi invochiamo anche Maria Santissima, Janua Cœli, come porta del Paradiso. Mediatore universale Cristo Signore, in virtù della Sua Incarnazione, Passione e Morte; Mediatrice la Madonna, in virtù della Sua divina Maternità e della Sua Compassione presso la Croce del Figlio.
La devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria sono per noi un rifugio potente, specialmente quando la Passio Christi prosegue nella Passio Ecclesiæ: non solo nelle sue singole membra, ma nell’intero corpo ecclesiale.
È in queste ore di tenebre e di apostasia, quando tutto sembra perduto, che il Cuore squarciato del Salvatore si apre nell’immolazione d’amore all’anima pentita, e che il Cuore della Vergine trafitto dalla spada batte all’unisono con quello del Suo Figlio.
Il nostro è un mondo senza amore perché senza Dio. Un mondo in cui Dio è stato bandito dalla società e, per quanto orribile possa apparire, in cui gli stessi nemici che imperversano nel mondo civile vorrebbero estrometterLo anche dalla Chiesa, trasformandola in una setta massonica asservita al Nuovo Ordine Mondiale.
La Civitas Dei si direbbe ormai lontano ricordo di un’epoca tramontata, mentre la civitas diaboli è insediata in quasi tutte le nazioni un tempo cristiane. Ma dimentichiamo che la Civitas Dei non è un’utopia che ha illuso i nostri padri, bensì la necessaria realizzazione delle parole dell’Apostolo: Oportet autem illum regnare, donec ponat omnes inimicos sub pedibus ejus. È necessario che Nostro Signore regni, finché non abbia posto tutti i Suoi nemici sotto i suoi piedi (1 Cor 15, 25).
Vi sono dunque dei nemici – e oggi sappiamo bene chi sono – destinati ad esser umiliati dal Re dei re, e il loro destino è segnato; è solo questione di tempo. Nemici che oggi si sono uniti – consilium fecerunt in unum (Sal 70, 10) – in un’infernale alleanza tra deep state e deep church, per affrettare il loro delirante piano di dominio globale.
Un progetto che è l’esatto opposto di quel regnum veritatis et vitæ; regnum sanctitatis et gratiæ; regnum justitiæ, amoris et pacis di cui parla il Prefazio della festa di Cristo Re.
Il regno dell’Anticristo è regno di menzogna e morte; regno di perversione e dannazione; regno di ingiustizia, di odio e di guerra. E se nell’economia della Redenzione tutto ciò che ci viene da Dio è gratuito e frutto della Sua magnificenza, dove regna Satana tutto è monetizzabile, tutto si compra e si vende, tutto ha un prezzo.
La restaurazione della divina Regalità di Nostro Signore non può essere tuttavia ottenuta senza prima aver restaurato il Sacerdozio cattolico, dal quale dipendono la sopravvivenza del Santo Sacrificio della Messa, della Santissima Eucaristia, della Grazia sacramentale mediante la quale le anime sono santificate. E come un corpo non può sussistere senza un cuore, così anche la Chiesa Cattolica non può vivere senza il Sacerdozio, tramite il quale si perpetua sui nostri altari il Sacrificio eucaristico, cuore palpitante del Corpo Mistico.
A riprova di questa realtà soprannaturale possiamo constatare lo stato pietoso in cui si trova oggi la Chiesa, vittima dello snaturamento del Sacerdozio e della contraffazione della Messa: il crollo disastroso delle Vocazioni sacerdotali e religiose da un lato, e dall’altro la deformazione dei giovani nei pochi Seminari superstiti, corrotti dottrinalmente e moralmente.
Dalla grande riforma del Concilio di Trento avevamo assistito ad un rifiorire degli Ordini religiosi e del Clero, aiutati in questo da una saggia disciplina che forgiava Santi; dalla sedicente riforma conciliare abbiamo visto svuotarsi le chiese, i seminari, i conventi, le scuole cattoliche. Per la smania di piacere al mondo, di inseguire le mode, di non sembrare reazionari la chiesa postconciliare si è ridotta all’insignificanza, dopo aver privato i fedeli e i chierici di quel patrimonio inestimabile dimostratosi valido ed efficace nei secoli. È difficile non vedere nel Concilio Vaticano II la contraddizione palese di duemila anni di Fede.
L’opera provvidenziale di Mons. Marcel Lefebvre, sin dall’immediato postconcilio, ebbe il merito indiscutibile: da un lato di denunciare l’allontanamento dalla lex credendi immutabile, e dall’altro di comprendere la minaccia a cui era esposto il Sacerdozio con l’introduzione della liturgia riformata e con essa delle inquietanti modifiche al rito di conferimento degli Ordini Sacri.
I sacerdoti della nuova chiesa sono diventati “presidenti dell’assemblea” e il loro ruolo ministeriale è stato progressivamente taciuto e dimenticato, proprio perché non doveva più esserci un alter Christus che immolasse sull’altare all’Eterno Padre l’Ostia Immacolata, ma un delegato del popolo che presiedesse un’agape fraterna intorno ad una tavola.
Per questo non c’era più bisogno di un Sommo Sacerdote, di un Re, di un Profeta. Ecco perché il regno di Cristo deve essere ripristinato anche e innanzitutto in seno alla Chiesa, riconoscendo che la Gerarchia modernista da sessant’anni ha metodicamente cancellato e rinnegato ogni riferimento alla dottrina della Regalità sociale di Cristo ribadita solo pochi decenni prima – nel 1925 – da Pio XI.
D’altra parte, ben poco avrebbero potuto ottenere i Novatori, se non avessero
provveduto ad eliminare questo ostacolo alla laicizzazione della società e, paradossalmente, della stessa Chiesa. Ormai è evidente: Cristo Re e Sacerdote è la pietra d’inciampo del neo-modernismo conciliare ed ancor più degli ultimi dieci anni di “pontificato bergogliano”.
L’Italia, benedetta da Dio che ha voluto la Sede del Papato in Roma, segue la rovina di altre nazioni cattoliche, oggi apostate e ribelli a Cristo. Nella rovina è sprofondata anche la Chiesa italiana, la cui Conferenza Episcopale è totalmente asservita al nuovo corso bergogliano. I Vescovi delle Diocesi italiane tacciono o sono convinti sostenitori di Bergoglio. La maggior parte dei parroci, dei sacerdoti e dei religiosi seguono come banderuole il vento sinodale, e i pochi dissenzienti non osano reagire.
Per questo credo sia giunto il momento di dare un nuovo slancio a Exsurge Domine, l’Associazione da me fondata qualche mese fa. Ho voluto riservare questa particolare circostanza che ci vede oggi riuniti nella casa del Presidente di Exsurge Domine per annunciare che il Villaggio Monastico presso l’Eremo della Palanzana in Viterbo, destinato inizialmente a soccorrere le Monache di Pienza, diventerà, a Dio piacendo, una casa di formazione per chierici che prenderà il nome di Collegium Traditionis, atteso che le Monache, di recente, hanno deciso di dissociarsi dal progetto che Exsurge Domine aveva offerto loro.
Il Collegium Traditionis costituirà la prima e unica realtà italiana tradizionale destinata a seminario, dotandosi di docenti e guide spirituali di sicura ortodossia e di solida spiritualità, sotto la mia supervisione.
Questo passo ricalca in qualche modo l’iniziativa del venerato Arcivescovo Lefebvre, ma se ne differenzia per l’impronta italiana e romana, ed anche in considerazione del diverso contesto ecclesiale presente, rispetto alla realtà degli anni Settanta.
Avremo dunque vocazioni e ordinazioni per l’Italia, per ripristinare il Sacerdozio cattolico nella patria di Sant’Ambrogio e di San Carlo Borromeo, di San Roberto Bellarmino, di San Pio V e San Pio X e di tutti i Santi di cui si onora la nostra cara Italia.
Sono ben consapevole della sfida che questo progetto rappresenta, ma ho parimenti fiducia che, dove l’intenzione sia retta, il Signore non mancherà di benedire il nostro impegno al servizio della Chiesa e di proteggere Exsurge Domine dagli attacchi di cui sarà certamente fatta oggetto.
L’impegno mio e dei miei Confratelli avrà tuttavia bisogno dell’aiuto e della collaborazione di chi, come scrive San Giovanni Crisostomo, il Signore ha dotato di mezzi materiali per farne cooperatori e strumenti della Provvidenza. I beni sono del Signore, dice il grande Dottore della Chiesa, e i ricchi sono coloro che hanno il privilegio di amministrare le ricchezze che Dio ha concesso loro perché siano usate per il bene.
Per questo motivo, cari Amici e Fratelli, vi esorto a farvi voi stessi ministri della Provvidenza in questo ambizioso progetto, nella consapevolezza che questa vostra opera di carità – accompagnata ovviamente da uno sguardo soprannaturale – servirà anzitutto per l’Italia, anzi per gli Italiani, vista la totale assenza di un Seminario tradizionale sul nostro territorio. I vostri figli e i figli dei vostri figli si meritano non solo di crescere e essere educati in una famiglia cristiana, ma anche di avere dei Ministri di Dio che non tradiscano la propria Vocazione e continuino, anche in tempi di apostasia, ciò che Cristo ha ordinato di fare agli Apostoli e ai loro Successori e ciò che la Santa Chiesa ha sempre insegnato.
La gioia di cooperare alle urgenti necessità della Chiesa si affianca alla fierezza di compiere un’opera meritoria anche per il nostro Paese, perché è solo tramite l’azione santificatrice dei Sacramenti e della Santa Messa che il popolo italiano potrà ritrovare l’orgoglio della propria Fede e il coraggio di resistere al progetto sovversivo in atto.
Ma perché ciò sia possibile, occorrono buoni e santi sacerdoti che non siano sottoposti al ricatto di dover accettare gli errori del Vaticano II o le deviazioni di Bergoglio per poter esercitare il loro Ministero.
Se pensate ai pochi chierici degli Istituti ex Ecclesia Dei, o ai sacerdoti secolari e regolari sparsi nelle Diocesi e negli Ordini religiosi, potrete comprendere facilmente perché oggi è quanto mai indispensabile un istituto di formazione clericale indipendente: non perché l’indipendenza sia da perseguire di per sé, ma perché l’abuso dell’autorità da parte del Vaticano e dei Vescovi diocesani impedisce di fatto ogni attività pastorale autenticamente cattolica e realmente tradizionale.
Sono presenti oggi, a questo rito, quattro sacerdoti di Familia Christi e due seminaristi. La loro vicenda passata dovrebbe servire come esempio di questa sistematica persecuzione che la chiesa bergogliana muove contro chiunque si discosti dalla linea dichiaratamente antitradizionale di questo “pontificato”. Questi sacerdoti hanno avuto modo di comprendere sulla loro pelle l’assoluta falsità della presunta parresia tanto decantata da Bergoglio. E posso testimoniare che la persecuzione subita ha dato loro modo di capire che nessun compromesso può essere accettato, men che meno in materia dottrinale, morale e liturgica.
Ma quanti altri sacerdoti, quanti parroci, quanti monaci e frati, quante giovani vocazioni rimangono isolati e sterili, perché non c’è un rifugio che li accolga e li assista?
Per questo sono certo che tutti voi saprete cogliere l’opportunità che vi è data, ciascuno secondo i propri mezzi, spirituali e materiali, di contribuire all’opera di Exsurge Domine.
A tal proposito San Giovanni Crisostomo ammonisce ancora quanti il Signore ha reso ricchi, ricordando loro il compito che essi hanno di rendersi cooperatori della magnificenza di Dio, di essere in qualche modo amministratori dei Suoi beni, creati e concessi non per alimentare l’egoismo e la brama di potere, ma in armonia con l’ordine divino, per la gloria della Santissima Trinità e per il bene delle anime.
Questa sera, con i Primi Vespri della prima Domenica di Avvento, la Santa Chiesa si prepara a celebrare la Nascita del Redentore. La prima e l’ultima Domenica dell’anno liturgico ci istruiscono con il Vangelo della fine dei tempi, mostrandoci come tutto inizi e si compia in Cristo, Re e Sommo Sacerdote, alfa e omega, principio e fine.
Noi ci troviamo in un interregno tra la venuta nell’umiltà del Verbo Incarnato e il Suo ritorno nella gloria; una gloria eterna: cujus regni non erit finis, recitiamo nel Credo. Ebbene, in questo tempo di prova e di Misericordia che ci prepara all’Avvento liturgico e alla venuta finale del Signore, noi abbiamo la possibilità di meritare la beatitudine del Cielo compiendo la Volontà di Dio, nella Fede animata dalle buone opere.
Uno sguardo escatologico ci induce a ritenere che viviamo ormai negli ultimi tempi, e che è giunto il momento di guardare con realismo al combattimento cui siamo chiamati.
Non præteribit generatio hæc donec omnia hæc fiant. Non passerà questa generazione prima che tutto questo accada (Mt 24, 33), ci ammonisce il Signore.
Dobbiamo comprendere il privilegio che abbiamo avuto di poter assistere alle fasi finali della guerra epocale tra Dio e Satana; una guerra già vinta da Nostro Signore sulla Croce, ma che attende di essere sancita dal trionfo di Cristo e dalla definitiva sconfitta dell’Avversario.
Un privilegio che consiste anzitutto nell’essere testimoni di questa vittoria, proprio quando il successo apparente dei nemici lascia pensare che tutto sia perduto e che la Chiesa sia stata sconfitta e abbattuta. Ma non era forse così anche dopo la Morte del Salvatore, dopo la Sua sepoltura, quando gli Apostoli avevano abbandonato il Signore e si erano chiusi nel Cenacolo? La Passio Ecclesiæ non è dissimile dalla Passio Christi, e non vi è per essa gloria della resurrezione senza prima patire le sofferenze del Calvario. In questo si compiono le parole dell’Apostolo: Instaurare omnia in Christo (Ef 1, 10) significa appunto ricapitolare in Cristo tutte le cose, comprendendo che la Croce è il trono dal quale regna il Re divino, e che anche la Chiesa, Suo Corpo Mistico, deve ritrovare la propria identità e la propria missione salendo anch’essa sul Golgota.
Facciamo sì che il Re Bambino, che presto adoreremo con i pastori e i Re Magi, illumini questa valle di lacrime, riscaldi i nostri cuori, infiammi le volontà: perché al Suo ritorno trionfale come Rex tremendæ majestatis ciascuno di noi possa essere chiamato alla Sua destra: voca me cum benedictis.
E che la Vergine Santissima – il cui Cuore Immacolato è stato scelto dal Figlio eterno del Padre per essere domus aurea, reggia del Re dei re – si degni di offrire tutto ciò che avremo in questa vita restituito a Nostro Signore, nella fiducia di ricevere il centuplo.
La festa dell’Immacolata Concezione ormai prossima ci sproni a confidare nella Vergine Santissima, che da sola ha sbaragliato tutte le eresie e che nella Sua umiltà – modello per tutti noi – ha meritato di poter schiacciare il capo dell’antico Serpente.
All’Immacolata, nostra Madre, Signora e Regina, affido in modo specialissimo Exsurge Domine e tutti coloro che la sostengono con l’aiuto spirituale della preghiera e con quello materiale della carità. ChiediamoLe di esaudire la nostra supplica e di renderci degni delle promesse di Cristo.
Così sia.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo2 Dicembre 2023,
Ultimo giorno dell’Anno liturgico
e Primo Sabato del Mese
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