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giovedì 14 dicembre 2023

Papa Francesco: quanto più in basso si può cadere?

Quello che segue, nella nostra traduzione da OnePeterFive, è il Testo di un dibattito tenuto alla Latin Mass Society a Londra il 24 novembre scorso da Henry Sire, Autore del Libro The Dictator pope a suo tempo pubblicato con lo pseudonimo di Marcantonio Colonna [qui - qui]. Ci va giù duro, non c'è che dire!

Papa Francesco: quanto più in basso si può cadere?
Henry Sire, 11 dicembre 2023

Quando Joseph Shaw mi ha proposto questo dibattito all’inizio di settembre, io ho suggerito il titolo “Papa Francesco: quanto più in basso si può cadere?”, ma il fatto è che da allora gli eventi ci sono precipitati addosso. Negli ultimi undici anni abbiamo visto tutti il pontificato di Papa Francesco lanciarsi in una traiettoria di accelerata discesa verso un tradimento sempre più palese della dottrina cattolica, ma devo dire che non avevo previsto la corsa — così simile a quella dei porci di Gadara — a cui abbiamo assistito negli ultimi tre mesi. Se vogliamo valutare gli eventi molto gravi che stanno accadendo intorno a noi, dobbiamo cercare di comprendere l’uomo che è seduto attualmente sul trono di Pietro. Quindi, prima di commentare i recenti sviluppi, vorrei aggiungere alcuni ritocchi all’immagine di Papa Francesco che ho presentato nel mio libro The Dictator Pope [Il papa dittatore], pubblicato per la prima volta sei anni fa.

Per darvi qualche informazione su questo libro, dovrei spiegare che sono arrivato a Roma per lavoro nell’aprile 2013, meno di un mese dopo l’elezione di Papa Francesco, e che vi ho vissuto per i successivi quattro anni. Lavoravo per l’Ordine di Malta, un’organizzazione che ha stretti legami con la Santa Sede, e ho subito cominciato a udire notizie extraufficiali provenienti dal Vaticano. Tali notizie facevano trapelare un Francesco molto diverso dalla figura brillante e progressista presentata dai media mondiali. Gli addetti ai lavori dicevano che, non appena le telecamere si allontanavano da lui, Francesco diventava una figura diversa: arrogante, sprezzante nei confronti della gente, incline al linguaggio volgare e noto per i suoi furiosi scatti d’ira, noti anche agli autisti vaticani. Nei due anni successivi ho continuato a udire informazioni privilegiate — ad esempio dal compianto Cardinal Pell — sulla politica interna dei due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015 [qui]. Teniamo presente che nei primi anni di pontificato Papa Francesco si è scoperto a malapena e la gente pensava che fosse il riformatore progressista di cui la Chiesa aveva presumibilmente bisogno. All’inizio del 2016 ho scritto un articolo per l’Angelico Press intitolato “Papa Francesco: dietro l’idolo dei media, dov’è il riformatore?”: cominciavo a pensare che qualcuno dovesse scrivere un libro che svelasse il divario tra l’immagine pubblica di Papa Francesco e la realtà che si poteva osservare all’interno del Vaticano, ma in quel momento non pensavo che sarei stato io a scriverlo.

Oltre al divario informativo che ho descritto, ce n’era un altro causato dalla barriera linguistica. Da anni erano infatti disponibili moltissime informazioni su Jorge Bergoglio e sulla sua carriera in Argentina che non erano arrivate al resto del mondo semplicemente perché non erano state tradotte in inglese. Dato che sono per metà spagnolo, questo è stato un altro dei fattori che mi hanno spinto ad assumermi il doveroso compito. Quando ho deciso di iniziare a lavorare al libro, la prima cosa che ho fatto, nel marzo 2017, è stata andare in Argentina per parlare con persone che potessero raccontarmi il passato di Bergoglio. Purtroppo questo tipo di informazione è proprio quella che è mancata ai cardinali quando hanno eletto Bergoglio nel 2013. In particolare, ho scoperto che esisteva un libro molto rivelatore che era stato scritto poco dopo l’elezione papale ma che era stato subito massacrato, e che da allora era diventato quasi impossibile da trovare. Il titolo era El verdadero Francisco [Il vero Francesco], e l’autore Omar Bello, un addetto alle pubbliche relazioni che era stato personalmente in contatto con Bergoglio negli ultimi otto anni, avendo lavorato per lui in un canale televisivo gestito dall’arcidiocesi di Buenos Aires. Da professionista nel campo delle pubbliche relazioni, Bello ha subito riconosciuto in Bergoglio un maestro nell’arte dell’autopromozione e lo ha descritto come un uomo esperto nell’esercizio segreto del potere e nella manipolazione delle persone.

Nel suo libro, Bello racconta ad esempio due storie ben note in quel di Buenos Aires. La prima si riferisce all’antipatia che Bergoglio provava per un membro dello staff arcivescovile — Félix Botazzi — e al modo in cui ha deciso di licenziarlo senza mostrare le sue carte. L’ex dipendente, offeso, ha cercato di ottenere un colloquio con Bergoglio, che ha fatto finta di niente. “Non ne sapevo nulla, figlio mio. Per cosa ti hanno licenziato? Chi è stato?”. Botazzi non è stato riassunto al suo posto di lavoro, ma dopo che l’arcivescovo gli ha regalato una macchina nuova se ne è andato via convinto che Bergoglio fosse un santo, dominato da una cerchia di subordinati maligni. L’altra storia che Bello divulga è quella di un prete di Buenos Aires, membro dello staff diocesano, che cercava aiuto psichiatrico, esausto per la mole incessante di lavoro a cui l’arcivescovo aveva sottoposto lui e i suoi colleghi. Dopo aver ascoltato le sue sventure, lo psichiatra gli disse: “Non posso curarti. Per risolvere i tuoi problemi avrei bisogno di curare il tuo arcivescovo”. Queste e altre rivelazioni sono state fatte poco dopo l’elezione al pontificato di Bergoglio, ma in realtà già prima di ciò erano apparse notizie rivelatrici sui media di lingua spagnola. Ad esempio, nel 2011 il giornalista spagnolo Francisco de la Cigoña aveva pubblicato un articolo in cui narrava come Bergoglio, attraverso seguaci che aveva piazzato in vari dipartimenti del Vaticano, stesse costruendo una rete di potere all’interno delle gerarchie sudamericane. De la Cigoña ha così riassunto il suo reportage:
È così che Bergoglio si accinge a creare una rete di menzogne, intrighi, spionaggio, sfiducia e — cosa ancor più efficace — paura. Bergoglio è soprattutto una persona che sa fare paura. Per quanto possa lavorare attentamente per impressionare tutti con l’aspetto di un santo di gesso, austero e mortificato, è un uomo con una mentalità di dominio assoluto.
È doveroso notare che ciò è stato scritto ben più di un anno prima che Bergoglio fosse eletto papa, prima che qualcuno avesse motivo di sospettare che egli potesse essere ancor più pericoloso.

Quando ho cominciato a scrivere il mio libro, mi sono posto l’obiettivo di trasmettere al mondo anglosassone questo tipo di cronaca pubblicato in lingua spagnola, ma c’era un’altra prova la cui mancata comparsa non era dovuta alla barriera linguistica. Mentre vivevo a Roma i giornalisti mi misero a conoscenza di un documento chiamato Rapporto Kolvenbach, che molti di loro avevano cercato di rintracciare senza successo. Era il rapporto che Padre Kolvenbach, generale dei gesuiti, aveva scritto nel lontano 1991, quando venne proposto di nominare padre Bergoglio vescovo ausiliare di Buenos Aires: si diceva che esso fosse decisamente sfavorevole. Una copia del rapporto era conservata nell’archivio della curia generale dei gesuiti a Roma, ma scomparve rapidamente non appena Bergoglio fu eletto papa. Nel corso delle mie ricerche ho scoperto che almeno una copia del rapporto era conservata in mani private, ma che chi ne era in possesso non si azzardava a condividerla con me ai fini della pubblicazione. La cosa più vicina ad essa a cui sono riuscito ad arrivare è un sacerdote che l’aveva letta prima che scomparisse dall’archivio dei gesuiti, e che me l’ha riassunta così: Padre Kolvenbach ha accusato Bergoglio di mancanza di equilibrio psicologico, ambiguità, disobbedienza mascherata sotto una maschera di umiltà e uso abituale di un linguaggio volgare. Ha anche sottolineato come, in vista della sua idoneità come vescovo, Bergoglio si era già mostrato una figura controversa quando era ancora provinciale dei gesuiti in Argentina. Dopo undici anni di pontificato di Francesco possiamo tranquillamente dire che Padre Kolvenbach aveva pienamente ragione.

Un’altra chiave per comprendere il modo di agire di Bergoglio è il background politico dell’Argentina, così estraneo alla mentalità anglosassone. Una delle prime cose che ho sentito dire di Bergoglio quando sono andato a Roma è stata l’affermazione di un sacerdote argentino che mi ha detto: “Ciò che devi capire di lui è che è un politico puro”. All’epoca non avevo compreso la portata di questo fatto, ma bisogna aggiungere che la politica di Francesco segue il modello di una grande figura dell'Argentina del XX secolo, Juan Perón, che fu dittatore del paese dal 1946 al 1955, gli anni in cui Bergoglio stava crescendo. Perón ha abbagliato un’intera generazione di argentini con il suo stile opportunista e senza scrupoli, e da allora la sua eredità ha continuato a dominare la vita politica del paese. Bergoglio è stato più che un generico discepolo del grande uomo. Quando era maestro dei novizi gesuiti argentini all’inizio degli anni Settanta, partecipava alle attività di un partito chiamato Guardia di Ferro che stava lavorando, con successo, per riportare Perón dall’esilio per i suoi ultimi mesi in carica come presidente fino alla sua morte nel 1974. Secondo gli standard ordinari questo era un modo insolito di trascorrere il proprio tempo libero per un maestro dei novizi di un ordine religioso, ma ciò spiega il commento che mi è stato fatto da un argentino che è stato allievo del giovane Bergoglio negli anni Sessanta, quando egli insegnava in una scuola gesuita. Conoscendolo di persona da una vita, mi ha descritto Bergoglio come “un enfermo del poder” — un uomo per il quale il potere è una mania, o una malattia.

Così, sulla base di resoconti del genere, mi sono accinto a scrivere il mio libro, e vi ho inserito un capitolo sulla carriera di Bergoglio prima della sua elezione. Il mio scopo era quello di fornire una sorta di studio sul personaggio che purtroppo era mancato ai cardinali quando lo hanno eletto papa nel 2013. Dopo la pubblicazione, tuttavia, ho scoperto una grande quantità di nuove informazioni che mostrano che in realtà le cose erano ben peggiori di quanto immaginassi.

La prima rivelazione riguarda le pratiche finanziarie scorrette in cui è stato coinvolto il governo dell’arcidiocesi di Buenos Aires sotto Bergoglio. Ho citato prima l’articolo di Francisco de la Cigoña sulla rete di potere che il Cardinal Bergoglio ha costruito in Vaticano, ma bisogna aggiungere che quella rete è stata resa possibile dal dispiegamento di ingenti somme di denaro. All’origine di ciò c’era il quasi fallimento in cui era incorsa la Santa Sede negli anni Ottanta e Novanta a causa delle attività criminali dei suoi gestori finanziari, l’Arcivescovo Paul Marcinkus e il suo successore meno noto ma altrettanto corrotto Donato de Bonis. In tali circostanze, la possibilità di trasferire ingenti somme nelle casse vaticane avrebbe dato a un ecclesiastico un’enorme influenza. Il Cardinal Bergoglio lo ha fatto per mezzo dell’Università Cattolica dell’Argentina, che disponeva di una ricca dotazione di 200 milioni di dollari. Nello specifico, tra il 2005 e il 2011 sono stati trasferiti dall'Università dell'Argentina al Vaticano circa 40 milioni di dollari, in un’operazione che doveva essere un deposito ma che la Banca Vaticana ha prontamente provveduto a trattare come una donazione. Solo uno o due anni fa si è cominciato a porre rimedio a questa appropriazione indebita.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg dell’enorme corruzione finanziaria tenuta segreta all’interno dell’arcidiocesi di Buenos Aires, anche se nota al Vaticano fin dall’inizio. Nel 2009, undici anni dopo l’inizio del mandato arcivescovile del Cardinal Bergoglio, Papa Benedetto XVI ordinò una visita segreta all’arcidiocesi da parte di un monsignore inviato apparentemente come membro diplomatico della nunziatura pontificia, e scoprì gravi irregolarità tra cui il riciclaggio di denaro e legami con la mafia. Per essere onesti, queste pratiche illecite risalivano a prima della nomina di Bergoglio ad arcivescovo nel 1998, ma la politica abituale di insabbiamento e protezione dei colpevoli di Bergoglio ha fatto sì che non venissero corrette. Si dice che le informazioni che l’investigatore papale ottenne durante la sua visita gli abbiano dato una presa sul papa e gli abbiano permesso di perseguire una carriera vaticana ben protetta nonostante l’inimicizia di figure potenti.

L’arcidiocesi guidata dal Cardinal Bergoglio era quindi immersa in illeciti finanziari. Per raccontarvi un po’ di storia, tornerò alla prima nomina di Bergoglio a vescovo ausiliare di Buenos Aires nel 1991. Come ho già detto, egli ottenne questo incarico su richiesta dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, il Cardinal Quarracino, ma l’uomo più influente a spingere per lui fu Monsignor Roberto Toledo, membro del personale arcivescovile. Perché Monsignor Toledo fosse un tale sostenitore di Bergoglio non sono in grado di dirlo, ma emerge come figura centrale nel grande scandalo che scoppiò nell’arcidiocesi. Si tratta di un grosso fondo pensioni di militari argentini, cui nel 1997 fu chiesto di concedere un prestito di dieci milioni di dollari all’arcidiocesi. In quel momento il Cardinal Quarracino era malato e il Vescovo Bergoglio era già stato nominato suo suffraganeo con diritto di successione. Il Cardinal Quarracino era troppo malato per partecipare all’incontro tenuto per finalizzare il prestito, e fu rappresentato da Monsignor Toledo. Quando giunse il momento di firmare il contratto, Monsignor Toledo lasciò la stanza, apparentemente per ottenere la firma del Cardinal Quarracino, e ritornò poco dopo con una firma che, come si scoprì più tardi, in realtà era stata falsificata da lui stesso. Ben presto il fondo pensioni militare si trovò in difficoltà e cercò di recuperare il prestito dall’arcidiocesi di Buenos Aires, al che il Cardinal Quarracino negò di aver mai firmato il contratto.

Il Cardinal Quarracino morì poco dopo e Bergoglio gli succedette come arcivescovo di Buenos Aires. Ciò che risalta è il fatto che, quando fu scoperta la frode, egli trattò Monsignor Toledo coi guanti. Quest’ultimo fu inizialmente rispedito nella sua città natale senza alcuna sanzione. Otto anni dopo, nel 2005, fu processato per frode, ma non venne mai emessa alcuna sentenza. Va aggiunto che Monsignor Toledo era notoriamente omosessuale e aveva un amante, un istruttore di palestra, che aveva svolto un ruolo di intermediario nei rapporti finanziari che ho descritto. Il dettaglio più macabro di questo caso emerse nel 2017, quando Monsignor Toledo, che da diciotto anni esercitava la carica di parroco senza alcun tipo di sanzione ecclesiastica, fu accusato di aver ucciso un suo amico di lunga data e di aver falsificato il suo testamento per ottenere un’eredità milionaria.
Monsignor Toledo è un esempio di prelato già in carica quando Bergoglio divenne vescovo ausiliare, ma è altrettanto rivelatore dare un’occhiata a coloro che questi ha promosso una volta divenuto arcivescovo. Il primo a farsi notare è Juan Carlos Maccarone, che Bergoglio ha nominato vescovo ausiliare nel 1999. Nel 2005, dopo essere stato filmato mentre aveva rapporti sessuali con un prostituto nella sagrestia della sua cattedrale, Maccarone fu destituito dall’episcopato da Papa Benedetto XVI. Eppure il Cardinal Bergoglio lo difese pubblicamente, sostenendo che le riprese erano una montatura per far fuori il vescovo a causa del suo impegno politico nelle file della sinistra. Un altro protetto di Bergoglio fu Joaquín Sucunza, che Bergoglio consacrò vescovo ausiliare nel 2000 sebbene fosse già stato citato in una causa di divorzio come amante di una donna sposata. Il Vescovo Sucunza è rimasto in carica come ausiliare e nel 2013, dopo la sua elevazione al papato, Papa Francesco lo ha addirittura nominato amministratore temporaneo dell’arcidiocesi.
Questi casi mostrano che, mentre presentava l’immagine pubblica di un riformatore, Bergoglio ha adottato dietro le quinte un codice di condotta caratterizzato dal cinismo morale e dal clientelismo clericale. Gli esempi più lampanti sono forniti dal suo ruolo di protettore dei religiosi rei di abusi sessuali. Un caso è quello del sacerdote di Buenos Aires Rubén Pardo, denunciato per aver abusato sessualmente di un quindicenne. Alla madre del ragazzo è costato molto convincere l’arcidiocesi ad ammettere il caso; ella si è lamentata del fatto che il Cardinal Bergoglio stesse proteggendo il sacerdote colpevole, che gli avesse dato alloggio in una residenza diocesana e che, quando aveva cercato di parlare col cardinale nella residenza arcivescovile, quest’ultimo l’avesse fatta espellere dal personale di sicurezza. Il sacerdote fu infine condannato dal tribunale civile e poco dopo morì di AIDS, e un tribunale di Buenos Aires obbligò la Chiesa cattolica a risarcire la famiglia per ciò che aveva sofferto. L’opinione che questa donna aveva della pretesa di Bergoglio di reprimere questo tipo di crimini era: “L’impegno di Bergoglio è fatto solo di chiacchiere”.

Un altro caso ben noto è quello di Padre Julio Grassi, che gestiva orfanotrofi e sfruttava le ambizioni dei ragazzi di fuggire dalla povertà attraverso il calcio professionistico. Nel 2009 Padre Grassi fu condannato per aver abusato sessualmente di un adolescente, ma mentre il caso era in corso la conferenza episcopale argentina, guidata dal Cardinal Bergoglio, sostenne spese enormi per commissionare un documento di 2.600 pagine che affermava la sua innocenza. Il rapporto è stato condannato dal tribunale argentino come un grave tentativo di interferire con la giustizia e di pregiudicare l’udienza giudiziaria. Intanto lo stesso Don Grassi ha testimoniato di aver avuto durante tutte le udienze l’appoggio personale dello stesso Cardinal Bergoglio. Come sappiamo, la carriera di molti vescovi nel mondo è stata troncata da accuse meno gravi di questa, eppure Bergoglio è riuscito a cavarsela indenne. Inoltre, come papa, ha dimostrato in molti casi di non avere scrupoli nel proteggere i religiosi rei di abusi sessuali, indipendentemente dalla presunta politica di tolleranza zero che egli dichiara di applicare.

Penso che valga la pena offrire una spiegazione generale e onnicomprensiva di questo strano lassismo, che in fin dei conti affonda le sue radici nella cultura sessuale maschilista dell’America Latina. Ciò è particolarmente evidente in Argentina, dove si suol dire che un uomo che va a letto solo con la moglie è un puf [un mollaccione — N.d.T.]. Questa cultura contamina lo stesso clero. Molto spesso i latinoamericani — ma anche gli italiani, e non solo — tendono a considerare la visione anglosassone degli abusi sessuali, meno tollerante, una manifestazione di puritanesimo. Con questo atteggiamento, la corruzione sessuale che dilaga nella Chiesa e nel Vaticano ha poche speranze di essere riformata, e difatti è peggiorata molto sotto l’attuale papa.

I fatti che ho appena menzionato sono stati pubblicati in vari articoli, o in alcuni casi scoperti da me negli ultimi cinque o sei anni, e il mio commento su di essi è il seguente: quando ho scritto The Dictator Pope l’entità delle mie informazioni mi ha indotto a descrivere Bergoglio come un uomo con difetti caratteriali che avrebbero dovuto essere noti ai cardinali quando lo elessero nel 2013, ma la realtà è ben peggiore. Ciò che scopriamo fosse già esistente nel 2013 è una situazione di orribile corruzione clericale all’interno della Chiesa argentina, e — come possiamo vedere — Bergoglio è seduto esattamente al centro di essa. Ora, non sto accusando Papa Francesco di essere lui stesso finanziariamente o sessualmente corrotto come i religiosi che ha protetto. Ricordo la descrizione che di lui ha dato il giornalista de la Cigoña come una persona “che lavora attentamente per impressionare tutti con l’aspetto di un santo di gesso”. Bisogna ammettere che Bergoglio è sempre stato personalmente e ostentatamente austero, ma a questo egli ha aggiunto una politica contraddistinta dal circondarsi di persone moralmente deboli e corrotte, per poterle controllare e costruire attraverso di esse il proprio potere. Questa politica è stata perseguita durante tutto il suo pontificato.

Dobbiamo considerare la situazione che esisteva al momento del conclave del 2013, dopo l’abdicazione a sorpresa di Papa Benedetto XVI. Era generalmente riconosciuto che la Chiesa stesse affrontando una crisi, e il Cardinal Bergoglio fu esplicitamente eletto per apportare riforme soprattutto in tre aree: in primo luogo lo scandalo mondiale degli abusi sessuali da parte del clero che aveva gravemente minato l’autorità morale della Chiesa; in secondo luogo il pantano delle finanze vaticane; in terzo luogo la corruzione morale e politica all’interno della Curia Romana, di cui Benedetto XVI aveva ricevuto prove schiaccianti in un rapporto presentato nel dicembre 2012. In tutti e tre questi ambiti il pontificato di Papa Francesco, lungi dal portare riforme, ha reso le cose infinitamente peggiori. Caso dopo caso, abbiamo visto religiosi rei di abusi sessuali protetti con un’impudenza mai vista prima. Nel settore delle finanze vaticane sembrava inizialmente che Papa Francesco stesse sposando una vera riforma: diede al Cardinal Pell ampi poteri per riformare le finanze dei vari dicasteri vaticani, ma nel giro di due anni divenne chiaro che si trattava di una promessa vana. L’audit dei dicasteri vaticani avviato da Pell fu annullato, e ad annullarlo furono due degli uomini che lo stesso Francesco aveva messo al potere: il Cardinal Parolin, in qualità di segretario di Stato, e il Cardinal Becciu, all’epoca suo vice. Nel 2020, dopo quattro anni di crescente potere, il Cardinal Becciu ha perso il favore di Papa Francesco, è stato di fatto privato del suo cardinalato ed è attualmente sotto processo per crimini finanziari. Nel 2017, Parolin e Becciu ordinarono l’interruzione della riforma finanziaria del Cardinal Pell, in una serie di circostanze che illustrano il regime di dittatura e anomia che vige attualmente in Vaticano, come per esempio il trattamento riservato al laico Libero Milone, nominato nel 2015 revisore generale del Vaticano per la messa in atto della riforma finanziaria e licenziato in frangenti che ricordano uno stato fascista, con la polizia vaticana che ha fatto irruzione nei suoi uffici e gli ha confiscato i computer mentre gli veniva dato l’aut aut di dimettersi o essere arrestato. A giustificazione di questo trattamento il Cardinal Becciu lamentava il fatto che il signor Milone spiasse i suoi superiori, ossia che svolgesse il lavoro che gli era stato assegnato.

L’aspetto più noto di questa repressione è stato il modo in cui il Cardinal Pell è stato fatto fuori [quiqui - quiqui - qui - qui - qui]. Nel 2017 egli è dovuto tornare in Australia per affrontare le note accuse di abuso sessuale, per le quali è stato condannato al carcere fino a quando la sua condanna è stata annullata in appello tre anni dopo: a quel punto era troppo tardi per riprendere il suo incarico in Vaticano. Ci sono tutte le ragioni per credere che la procura australiana sia stata istigata e assistita da personalità del Vaticano come mezzo per fermare la sua riforma, e il Cardinal Becciu è stato specificamente indicato come l’agente di questo stratagemma.

Quando passiamo a esaminare la riforma della Curia nel suo insieme, osserviamo che l’esperienza degli ultimi undici anni è stata disastrosa come le vicende finanziarie. E il motivo è che a Papa Francesco non interessa riformare la Curia, ma controllarla. Come ho detto prima, egli ha sempre esercitato il suo controllo nominando personaggi moralmente deboli e compromessi, che diventano i suoi strumenti incondizionati. Così, nella prima metà del suo pontificato lo abbiamo visto rimuovere uno dopo l’altro i pochi individui realmente integri che si trovavano all’interno della Curia — Burke, Sarah, Müller, Pell — e far prendere il loro posto a una combriccola di criminali ecclesiastici senza precedenti. Ad esempio, l’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede, che controllava il denaro del Vaticano, è rimasta sotto la presidenza del Cardinal Calcagno — un truffatore italiano della vecchia scuola — nonostante egli fosse indagato per strani investimenti in beni immobiliari che hanno danneggiato le finanze della sua precedente diocesi. Calcagno era anche un noto protettore di religiosi rei di abusi sessuali. Conservò il suo prestigioso incarico ed ebbe il privilegio di cenare ogni sera con Papa Francesco fino al suo pensionamento per motivi di età nel 2018.

Una nomina ancor più scandalosa per diversi motivi è stata quella dell’arcivescovo sudamericano Peña Parra, che ha preso il posto del cardinale Becciu come vicesegretario di Stato nel 2018. Quando era ancora studente Peña fu espulso dal suo primo seminario in quanto moralmente sospetto, e si dice che abbia fatto carriera sotto il manto di un circolo clericale omosessuale che lo ha protetto e promosso. Si presume che sia fuggito dal nativo Venezuela e si sia rifugiato a Roma dopo un grave incidente che ha comportato l’intervento della polizia venezuelana. Questo background non ha impedito a Peña di diventare il secondo uomo più potente della Segreteria di Stato, posizione che ricopre tuttora. Egli è solo uno dei tanti membri della cerchia di latinoamericani poco raccomandabili che sono stati promossi ai vertici della Chiesa sotto l’attuale papa: potremmo andare avanti con gli esempi, con un susseguirsi di appuntamenti scandalosi che fanno precipitare la riforma morale della Curia sempre più nel regno dell’impossibile.

Eppure i media di tutto il mondo, che non hanno mai perso occasione per attaccare ferocemente Benedetto XVI, sono rimasti in silenzio di fronte a scandali che avrebbero distrutto qualsiasi altro papato. Il motivo è semplice: Papa Francesco dà loro esattamente quel che vogliono. Stanno cercando un papa che indebolisca la Chiesa e la pieghi alla loro agenda secolarizzante, e questo è esattamente ciò che Papa Francesco sta dando loro. Ciò induce quindi a chiedersi: di cosa parla esattamente Francesco nel suo pontificato? Fin dall’inizio, il palcoscenico su cui si è esibito sono stati i media secolari, insieme all’establishment intellettuale e politico woke: per farli contenti egli sposa ogni causa secolare alla moda, a scapito dell’autentico insegnamento cattolico [qui - qui]. Le sue parole e le sue azioni sono pensate esclusivamente per ottenere l’approvazione del mondo, cosa in cui egli è riuscito pienamente, così tanto che può permettersi di ignorare qualsiasi altro collegio elettorale e di farla franca con un clientelismo clericale e una corruzione per cui i media lo avrebbero massacrato se fossero stati adottati da un papa conservatore.

Un corollario di ciò è la sua avversione nei confronti della tradizione. Papa Francesco sa perfettamente che l’unico vero ostacolo alla sua rivoluzione viene dai tradizionalisti della Chiesa cattolica, l’unico elemento dotato di spina dorsale e disposto a riconoscere che l’imperatore è nudo. Di qui la campagna che ha condotto durante tutto il suo pontificato contro i cosiddetti cattolici “rigidi” e “arretrati”, che egli deride in ogni occasione. Ha insistito su questo tema appena qualche settimana fa, quando ha affermato che è uno scandalo che i giovani preti si rechino dalle sartorie ecclesiastiche per ordinare tonache e paramenti tradizionali. Sappiamo tutti quali siano i veri scandali della Chiesa moderna, ma gli unici che danno fastidio a papa Francesco sono quelli dei sacerdoti che seguono la tradizione. Di qui anche la promozione del Cardinal Roche a prefetto del Culto divino al posto del Cardinal Sarah, e il Motu Proprio Traditionis Custodes per disfare l’opera di Benedetto XVI [qui]. (A proposito, è stato sottolineato che una possibile traduzione di Traditionis Custodes  è “i carcerieri della tradizione”, che è certamente il lavoro che il Cardinal Roche e Papa Francesco vorrebbero svolgere.) Come Papa Francesco, il Cardinal Roche ha anche il vizio di dare lezioncine ai cattolici tradizionali, ricordando loro quanto siano antiquati. È stato osservato che la Chiesa cattolica è l’unica istituzione in cui uomini tra i settanta e gli ottant’anni dicono continuamente ai ventenni e ai trentenni di modernizzarsi. Papa Francesco è furbo quando fa finta che il tradizionalismo cattolico sia semplicemente una questione di sacerdoti che amano indossare l’abito talare e usare l’incenso in chiesa, ma in realtà sa benissimo che si tratta di dottrina, di Deposito della Fede, di filosofia perenne della Chiesa, dei tesori della spiritualità; e per questo esso costituisce un ostacolo indistruttibile per un papa che tenta di condurre la Chiesa sulle vie del secolarismo moderno.

Prima di concludere, vorrei commentare la situazione in cui ci troviamo ora. Come ho detto all’inizio, gli eventi verificatisi negli ultimi tre mesi hanno colto di sorpresa anche coloro che non si facevano illusioni sull’attuale regime. La spirale discendente si è accelerata in un modo che io stesso non avevo previsto. Abbiamo assistito a una forma più concentrata degli scandali del pontificato di Papa Francesco. Inizierò con lo scandalo degli abusi sessuali e del loro insabbiamento da parte del clero, il cui esempio più lampante ha fatto notizia. È il caso, di cui sono sicuro che tutti avrete sentito parlare, del gesuita Padre Rupnik, accusato di abusi sessuali del tipo più orrendo inflitti a religiose di cui avrebbe dovuto essere il direttore spirituale. Gli abusi includevano terribili elementi sacrileghi di cui non parlerò e andavano avanti da decenni, eppure i gesuiti non sono riusciti a fare nulla al riguardo. All’inizio di quest’anno hanno deciso tardivamente che sarebbe stato meglio fare a meno di Padre Rupnik e lo hanno espulso dalla Società, ma egli ha continuato ad essere protetto dal Vaticano. Padre Rupnik è stato riconosciuto colpevole del grave reato canonico di aver assolto uno dei suoi partner sessuali in confessionale ed è incorso nella pena automatica della scomunica, che però è stata revocata dopo meno di un mese. Non solo, ma proprio in quel periodo Padre Rupnik è stato invitato a predicare in un ritiro all’interno dello stesso Vaticano. I tentativi di sottomettere questo sacerdote a un processo ecclesiastico sono stati ostacolati dal fatto che i suoi reati siano caduti in prescrizione; questa situazione può essere revocata quando necessario, ma Papa Francesco non lo ha fatto. Egli ha negato pubblicamente il proprio coinvolgimento nel caso, ma Christopher Altieri ha scritto: “eminenti uomini di Chiesa vicini a Francesco hanno suggerito con insistenza che Francesco avesse praticamente tutto a che fare con la gestione del caso”. Padre Rupnik è infatti l’esempio tipico di amici religiosi immorali che Papa Francesco ha costantemente protetto durante il suo pontificato e prima di esso.

Verso la metà di quest’anno l’insabbiamento del caso Rupnik stava per essere ultimato. Alcuni, come il cardinale gesuita Ladaria, prefetto della Dottrina della Fede, volevano che Padre Rupnik fosse punito esemplarmente, e si dice che questo sia il motivo per cui Ladaria non è stato invitato al recente Sinodo sulla sinodalità [qui]. Le gerarchie vaticane stavano addirittura cercando di far annullare la precedente scomunica di padre Rupnik in quanto irregolare. Alla fine si è scatenata una protesta pubblica, in primo luogo quando un rapporto della Commissione Vaticana per la Protezione dei Minori ha criticato il lassismo dimostrato, e in secondo luogo quando è emerso che Padre Rupnik, nonostante la sua espulsione dalle file dei gesuiti e le accuse ancora pendenti su di lui, è stato nuovamente incardinato nella diocesi di Capodistria. Alla fine di ottobre il Vaticano ha finalmente pubblicato un annuncio secondo cui i difetti nella gestione del caso di Padre Rupnik erano stati portati a conoscenza del papa e che questi aveva deciso di rinunciare ai termini di prescrizione per consentirgli di essere processato. A questo proposito Christopher Altieri ha commentato: “Con la sua tempistica inverosimile e le sue spiegazioni assurde, questo annuncio non fa altro che confermare ulteriormente che il cinismo ha fatto diventare palesemente Responsabilità, Affidabilità e Trasparenza luoghi comuni. L’atto di potere puro dimostra che lo stato di diritto nella Chiesa è una farsa”.

Quali sono gli altri atti papali che ci sono piovuti addosso nelle ultime settimane? Abbiamo avuto l’esortazione apostolica Laudate Deum sulla cosiddetta crisi climatica, nella quale, come qualcuno a rimarcato, Papa Francesco si è espresso in pieno accordo con Greta Thunberg [qui]. L’esortazione dichiara: “Non è più possibile non credere alla causa principalmente umana del cambiamento climatico”. Tanti altri articoli di fede cristiana sono stati scossi, ma siamo lieti che Papa Francesco sostenga ancora un dogma di fede indiscutibile. Poi ci sono stati gli ulteriori scandali morali: ad esempio il fatto che al Cardinal Ricard, francese, sia stato permesso di mantenere il cardinalato nonostante abbia ammesso di aver molestato un quattordicenne, o che Papa Francesco, nel caso del vescovo Gisana, siciliano, abbia difeso ancora una volta un vescovo accusato di tutelare molestatori sessuali e abbia denigrato i suoi accusatori.

Tutto questo è scioccante, ma ciò a cui dobbiamo prestare attenzione è un evento di conseguenze più gravi per la Chiesa, vale a dire il corso apertamente scismatico del Cammino sinodale tedesco [qui], che è andato avanti senza alcun tentativo da parte di Papa Francesco di controllarlo o ammonirlo. Il 3 novembre il vescovo di Spira ha annunciato che avrebbe autorizzato la benedizione di coppie omosessuali e che avrebbe compilato un elenco di sacerdoti della sua diocesi disposti a impartirla. Ancora una volta, silenzio totale da parte di Roma. Solo pochi giorni dopo è arrivato l’annuncio che il vescovo Strickland, di Tyler, era stato destituito per non essersi allineato alla linea modernista. Qui vediamo mostrato con perfetta simmetria il modello del pontificato di Papa Francesco: l’eretico è protetto e il vescovo cattolico fedele è destituito. Il Cardinal Müller ha pubblicamente definito la destituzione del vescovo Strickland [qui] un abuso del diritto divino del papato. Un giornalista italiano ha descritto questo papato come “il pontificato delle purghe” e ha criticato il contrasto tra gli slogan di Francesco, pieni di misericordia, e le sue azioni. Peter Kwasniewski ha commentato:
Anni fa Henry Sire definì Papa Francesco “il papa dittatore”. Più volte questa valutazione è stata confermata, e mai più di quando il papa ha deposto un vescovo senza un giusto processo, contro il diritto canonico e per nessun grave illecito immaginabile. Egli ha unito la mentalità “la tradizione sono io” di Pio IX con il motto di Juan Perón: “All’amico, tutto. Al nemico, nemmeno giustizia”.
Per quanto tutto ciò sia grave, dobbiamo prestare ancora più attenzione al Sinodo sulla sinodalità recentemente conclusosi, poiché esso è il mezzo con cui Papa Francesco sta tentando di istituzionalizzare la sua rivoluzione [qui]. La prima osservazione da fare è che tutti questi sinodi, compresi i due precedenti sulla famiglia, sono stati gestiti in modo da consentire a una cricca di modernisti di portare avanti il loro programma, con il pretesto di un processo consultivo. Per citare un osservatore italiano,
lo svolgimento dei vari sinodi di questo pontificato, a cominciare da quello sulla famiglia, per finire clamorosamente con l’ultimo, mostra che le regole delle discussioni e delle deliberazioni, predisposte in anticipo con la scelta degli stessi partecipanti, sono state modificate più volte per mettere a tacere l’evidente rifiuto da parte della maggioranza ecclesiale dell'unica linea di pensiero che le si tentava di imporre, e per evitare che emergesse all’interno del Sinodo una linea che non concordasse con quella predeterminata dall’alto.
Tuttavia, quando è stata pubblicata la relazione finale del Sinodo, tutti abbiamo ricevuto una sorpresa: esso si è rivelato inaspettatamente inconcludente. Molti di noi sono rimasti per un attimo perplessi, ma la spiegazione la si è ottenuta da una rivelazione giornalistica apparsa poco dopo. Si trattava della divulgazione di un progetto di modifica delle regole dei conclavi papali tesa a introdurre la partecipazione dei laici, donne comprese [qui]. Ciò ci ha dimostrato che il fine del Sinodo precedente non era il documento che ne è emerso, ma il processo stesso. È stato progettato per ammorbidire la Chiesa in vista di una rivoluzione nell’elezione papale. Così abbiamo avuto vescovi che hanno fatto dichiarazioni del tipo: “Sarà impossibile d’ora in poi tenere un Sinodo senza la partecipazione dei laici”. Se così fosse, la gente chiederebbe che anche l’elezione papale si svolgesse con la sua partecipazione.

Da questa notizia è emerso che i colloqui tra il papa e il Cardinal Ghirlanda per la modifica delle regole del conclave erano in corso da mesi. Il Cardinal Ghirlanda, tra l’altro, oltre ad essere gesuita, è il sostenitore di una visione teologica estrema del potere papale che fa di lui l’agente ideale per radicare il regime di dittatura papale. Appena la storia si è diffusa, c’è stata una pronta smentita da parte del Vaticano, accompagnata da sforzi furiosi all’interno dei vari dicasteri per scoprire chi fosse stato il responsabile della fuga di notizie. Questi fatti hanno mostrato un Vaticano che ha scoperto di aver perso il controllo della narrazione, come si dice oggi, e che è stato messo in imbarazzo da una rivelazione che ha anticipato i suoi piani. Penso che ci siano pochi dubbi sul fatto che la cosiddetta riforma andrà avanti, ma presumo che la sua rivelazione prematura abbia sconvolto il programma di Papa Francesco.

Tuttavia, non tutte le notizie papali provengono da Roma. Uno sviluppo molto significativo è giunto dall’Argentina, sotto forma delle elezioni presidenziali di domenica scorsa e dell’avvento al potere di Javier Milei. In primo luogo, ciò va direttamente contro la presa di posizione della Chiesa, che — apparentemente su ordine di Roma — ha fatto apertamente propaganda contro Milei e ha incitato gli elettori a votare contro di lui. Milei è un nemico dichiarato di Papa Francesco e lo ha insultato pubblicamente, e la sua vicepresidente, Victoria Villarruel, è una cattolica tradizionalista. La Croix ha così commentato il risultato: “Francamente, se un gruppo di appassionati di affari ecclesiastici si fosse seduto in un bar e avesse provato a disegnare su un tovagliolo da cocktail un bozzetto che equivalesse a un rifiuto tout court dell’agenda di un papa in carica, dubito che avesse potuto inventare qualcosa di più vivido di quel che è realmente accaduto”. Un commento più severo è arrivato da un esperto di politica argentino, il professor Peretó, il quale ha affermato in una recente intervista che la vittoria di Milei
rappresenta il rifiuto di Bergoglio, e conferma quel che tutti sanno: agli argentini non piace Papa Francesco, non lo vogliono. Ormai da anni, da quando su giornali e portali compaiono notizie su Bergoglio, i loro amministratori sono costretti a chiudere i commenti dei lettori, che sono per lo più sprezzanti e duri. Molti avranno forse pensato che il rifiuto di Bergoglio fosse diffuso solo tra chi legge e si informa. È ormai dimostrato che esso è invece presente in tutti gli strati sociali, anche tra i poveri. Proprio per questo motivo Bergoglio non verrà mai in Argentina, perché il suo viaggio sarebbe un fallimento. Certo è che la maggioranza del basso clero, soprattutto i preti più giovani, è stufa di Bergoglio e non vuole avere niente a che fare con lui: è un rifiuto che abbraccia tutto ciò che il papa fa e sostiene.
Questo è il punto di vista dell’Argentina, al quale il resto del mondo dovrebbe prestare attenzione, come avrebbero dovuto fare i cardinali elettori nel 2013.

Sembra dunque che anche in questo ambito i piani di Papa Francesco siano falliti, e non bisogna sottovalutare le conseguenze di questo fatto per un papa così esplicitamente politico come Francesco. Riassumendo, cosa possiamo aspettarci per l’immediato futuro? Esito a fare previsioni, ma ciò che gli eventi delle ultime settimane ci hanno mostrato è che Papa Francesco è un vecchio che ha fretta [qui]. Ha un disperato bisogno di istituzionalizzare la sua rivoluzione prima di morire, e non si fermerà davanti a nulla per raggiungere questo obiettivo. Quindi la risposta alla domanda: “quanto più in basso possiamo scendere?”, è che probabilmente non c’è limite, e possiamo aspettarci di essere scandalizzati da enormità sempre peggiori. Tuttavia, Papa Francesco deve tenere presente che non ha il controllo di tutto. Oltre alle elezioni presidenziali in Argentina, più vicino a lui c’è una legge molto tradizionale che non ha il potere di abrogare, che è la mortalità umana. La realtà ultima è che Papa Francesco non sarà qui per sempre, e che Cristo ci ha detto invece: “Ecco, Io Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
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[Traduzione per Chiesa e post-Concilio di Antonio Marcantonio]
A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
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2 commenti:

  1. L'ambivalenza di Francesco è evidente da tempo, ma ostinatamente mi dicevi, e volevo credere, che fosse fagocitato da qualcuno. Oppure che avesse problemi psichiatrici per i quali non riesce a controllare le reazioni. Insomma una forma di bipolarismo.
    Invece no! È proprio che è "cattivo dentro".

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  2. Sono esterrefatto. Ma i complici? Chi sono?

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