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venerdì 26 marzo 2021

Brandmüller sulle Messe in San Pietro: usurpazione, lettera non valida

Riprendo da Stilum Curiae le dichiarazioni del cardinale Walter Brandmüller sul Tagespost riguardo alla strana nota della Segreteria di Stato che proibisce le messe individuali nella basilica di San Pietro. Fa seguito al comunicato del card. Burke qui. Altri precedenti qui - qui.

Un ordine della Segreteria di Stato vaticana, divenuto noto anche ai media, decreta che un solo sacerdote non può più celebrare la Santa Messa nella Basilica di San Pietro, ma deve partecipare a una concelebrazione. C’è stupore generale, incomprensione e fastidio per questo in Vaticano.

Tuttavia, la suddetta lettera solleva alcune domande sulla sua forma e sul suo contenuto. Il fatto che la lettera non abbia né un numero di protocollo né una firma, ma solo il timbro della Segreteria di Stato insieme alla sigla del sostituto, suscita attenzione, anche dubbi. Soprattutto perché la Segreteria di Stato non ha competenza giuridica per la Basilica di San Pietro. Si tratta piuttosto del Capitolo di San Pietro, presieduto dal Cardinale Arciprete.

È quindi più che strano che i canonici del Capitolo non siano nominati come mittente, ma come destinatari di una lettera il cui oggetto rientra nella giurisdizione del Capitolo, e il nome dell’arciprete, il cardinale Gambetti, non sia nemmeno menzionato. In parole povere, si tratta di un caso di usurpazione di autorità o di violazione di diritti da parte di chiunque. Le ordinazioni riguardanti il servizio divino in San Pietro, invece, sono discusse e decise dal capitolo.

Il fatto che questo ovviamente non sia accaduto nel caso in questione significa che la suddetta lettera è nulla. Ignora anche il canone 902 del Codex Iuris Canonici, che prevede che “… gli individui (cioè i sacerdoti) sono liberi di celebrare l’Eucaristia individualmente” se non c’è concelebrazione nella stessa chiesa nello stesso momento.

La lettera della Segreteria di Stato non è quindi vincolante per motivi di forma e di contenuto. Il cardinale Burke ha già commentato le singole questioni legali da porre in questo caso.

Ora, però, si pone la questione se tutto questo non doveva essere consapevole anche il Sostituto quando ha messo la sua sigla sotto di esso. Perché, per quale scopo, allora, questa lettera è stata comunque emessa? Si è già detto che si trattava di un “ballon d’essay”, con il quale si dovevano esplorare le reazioni da aspettarsi alle innovazioni previste.

Se questo fosse vero, tuttavia, ci si dovrebbe chiedere molto seriamente se possa essere questo il modo in cui il Potere delle Chiavi dovrebbe essere esercitato nella Chiesa di Gesù Cristo.

A questo punto bisognerebbe anche ricordare con forza che la “plenitudo potestatis” – cioè la pienezza spirituale dei poteri – propria del Primato romano trova i suoi limiti sia nella legge naturale che nella legge morale cristiana. È “piena” nella misura in cui non dipende da nessun potere superiore – terreno – ma non è affatto illimitata. Se, quindi, nel nostro caso si intendesse un’ingiunzione che violasse sia il diritto positivo che quello naturale, si dovrebbero indicare con enfasi le conseguenze del mancato rispetto del diritto e della giustizia.

Inoltre, questo caso coinvolge anche legittime preoccupazioni di cura pastorale come la pietà, che devono essere prese in considerazione. La basilica sopra la tomba di Pietro, il principe degli apostoli, e le tombe di molti santi è unica al mondo, centro della chiesa universale e fin dai tempi più antichi meta di pellegrinaggi di fedeli di tutto il mondo.

Privare i molti pellegrini, specialmente i sacerdoti, che vengono a Roma in gran numero da parti lontane del mondo, dell’opportunità di celebrare la Santa Messa nella casa del Padre, per così dire, sarebbe del tutto ingiustificabile.

1 commento:

  1. Chi ha ordinato arbitrariamente questo divieto dovrebbe essere punito e vergognarsi

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