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venerdì 9 aprile 2021

Alcune considerazioni del grande latinista e cardinale Bacci per la Giornata della Lingua Latina

Quest’anno per la prima volta, il 9 e il 10 aprile, verrà celebrata la Giornata Mondiale della Lingua Latina. L'iniziativa è promossa dalla Presidenza nazionale dell’Associazione italiana di cultura classica (Aicc) e patrocinata dall'Unesco, dal Ministero dei Beni culturali e da cinque università del Lazio: Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre, Cassino e Tuscia. Ogni lezione è affidata a uno studioso specialista nello specifico tema del titolo, che farà dialogare antico e contemporaneo con lo scopo di avvicinare gli studenti del triennio dei licei allo studio universitario del latino, inteso come lingua non solo splendida nella elaborazione artistica dei maggiori scrittori, ma “viva” sotto varie forme nel passato, e viva certamente ancor oggi nella sua eredità. Le lezioni si svolgono in modalità telematica.
Per seguire le lezioni.
Prendiamo spunto da Radio Spada per celebrare l'evento riprendendo alcune parole del cardinale Antonio Bacci (1885-1971) [vedi anche], grande latinista, tratte da una intervista rilasciata all’Osservatore Romano della Domenica del 18 marzo 1962 (XXIX-11, p. 3). Notiamo che sull'uso del Latino come lingua universale della Chiesa le sue affermazioni, purtroppo, non sono più attuali. 
Sulla vexata questio potete documentarvi qui : indice degli articoli sulla Latina lingua.
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«Il decadimento dello studio del latino è da lamentare dovunque, in Italia e all’estero, in ogni ordine e grado di scuole dove il latino è materia basilare o soltanto accessoria. Mi domanderete le ragioni. A mio parere, sono due: la prima si deve ricercare nell’utilitarismo che caratterizza la nostra epoca. Oggi interessa soltanto quello ch’è utile, pratico, quello "che serve”; con il tramonto dell’umanesimo, si è spento ogni amore alla cultura di per se stessa. 
La seconda ragione è che oggi lo studio del latino non è impartito per fare amare questa mirabile lingua, tutt’altro: la si studia come una lingua morta, archeologica, cioè da un punto di vista freddamente scientifico. Gli insegnanti di latino sono dei filologi puri che insegnano la grammatica, la sintassi, la critica dei testi, ma rendono arido l’insegnamento. 
Vorrei citare, a questo proposito, Plutarco che diceva: «I giovani non sono dei vasi da riempire, ma delle fiaccole da accendere». Ora, i ragazzi nostri seguono le lezioni di latino sbadigliando, imparano pappagallescamente delle regole, si aiutano nelle traduzioni con i «traduttori», e non sanno scrivere in latino perché, anche uscendo dal liceo classico, e cioè dopo molti anni di studio, conoscono la parte lessicale, ma non conoscono praticamente l’uso della lingua […] 
Non c’è nulla di più formativo per l’intelligenza di un giovane che lo studio razionale della lingua latina. Noi italiani, inoltre non si può comprendere appieno la bellezza della nostra lingua moderna, in tutte le sue sfumature senza lo studio del latino. Altrettanto si può dire per tutte le lingue neolatine; mentre nelle lingue anglo-sassoni un terzo dei vocaboli correnti è di origine latina. 
Il latino, comunque, è una lingua straordinariamente logica, quadrata; forse l’espansione della civiltà romana si deve anche alla forza di suggestione, alla chiarezza estrema della lingua di Roma; o almeno è un coefficiente molto importante. 
Trascurare il latino, oggi, è errore gravissimo. Anzitutto, il latino aiuta estremamente anche gli uomini di scienza non soltanto per creare un linguaggio di universale intelligenza; ma perché il latino ha la stessa logicità di un ragionamento scientifico. 
Il latino fa pensare; è ormai acquisito che i giovani che riescono bene in matematica, sono anche ottimi latinisti […] nella Chiesa il latino è potuto rimanere anche oggi lingua viva per il fatto che essa non si è rinchiusa nella torre d’avorio del latino ciceroniano, ma usa tre latini a seconda degli scopi che si prefigge; e cioè il latino classico per la compilazione dei grandi documenti Pontifici, il latino curiale presso le Congregazioni della S. Sede, ed il latino scolastico cioè scorrevole, piano, facile nell’insegnamento degli Atenei e dei Seminari, arricchendolo dei nuovi vocaboli necessari a questo scopo, come ho fatto io pure nel mio lessico delle parole moderne».

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