Nella nostra traduzione il testo della risposta ufficiale del papa alla lettera di dimissioni del cardinale Marx da vescovo di Monaco e Frisinga, fatta pubblicare sul sito della Santa Sede, in cui le respinge. Evito i commenti. Ne parleremo nella discussione. Quello che però mi colpisce con immediatezza, al di là del sorvolare sui nodi scismatici e del merito alcune affermazioni, è il discorso da pari a pari e nemmeno - e sarebbe comunque una diminutio - da primus inter pares!
Precedenti sulla Chiesa in Germania qui - qui - qui - qui - qui (J. Ratzinger qui - qui).
Precedenti sulla Chiesa in Germania qui - qui - qui - qui - qui (J. Ratzinger qui - qui).
Caro fratello,
Prima di tutto, grazie per il tuo coraggio. È un coraggio cristiano che non ha paura della croce, e che non ha paura di umiliarsi di fronte alla terribile realtà del peccato. È ciò che ha fatto il Signore (Fil 2,5-8). È una grazia che il Signore ti ha dato, e vedo che vuoi accettarla e conservarla perché porti frutto. Grazie.
Mi dici che stai attraversando un momento di crisi, e non solo tu, ma anche la Chiesa in Germania. Tutta la Chiesa è in crisi a causa degli abusi; ancora di più, la Chiesa non può fare un passo avanti ora senza accettare questa crisi. La politica dello struzzo non aiuta, e la crisi deve essere abbracciata dalla nostra fede pasquale. Sociologismi e psicologismi non aiutano. Assumersi la crisi, personalmente e comunitariamente, è l’unica via fruttuosa; perché non si esce da una crisi da soli ma solo in comunità, e inoltre dobbiamo renderci conto che dalla crisi si esce migliori o peggiori, mai uguali.”[1]
Mi dici di aver riflettuto dall’anno scorso: sei partito dal cercare la volontà di Dio deciso di accettarla, qualunque essa sia.
Sono d’accordo con te nel definire la triste storia degli abusi sessuali e il modo in cui la Chiesa l’ha affrontata fino a poco tempo fa una catastrofe. Acquisire la consapevolezza dell’ipocrisia de modo in cui viviamo la fede è una grazia e il primo passo che dobbiamo fare. Dobbiamo assumerci la responsabilità della storia, sia come individui che come comunità. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questo crimine. Accettarlo significa esporsi alla crisi.
Non tutti vogliono accettare questo fatto, ma è l’unico modo. Perché fare “buoni propositi” per cambiare la propria vita senza “mettere la carne al fuoco” non porta da nessuna parte. La realtà personali, sociali e storiche sono concrete e non vanno assunte con le idee. Sulle idee si può discutere (ed è un bene). Ma bisogna che la realtà venga assunta e che su di essa si faccia discernimento. È vero che gli eventi storici devono essere valutati con l’ermeneutica del tempo in cui avvengono. Ma questo non ci esime dal compito di assumerci la responsabilità e di accettare questi eventi come la storia del «peccato che ci assale». Perciò credo che ogni vescovo della Chiesa debba assumerla e chiedersi: cosa devo fare di fronte a questa catastrofe?
Più di una volta e in molte situazioni abbiamo fatto il “mea culpa” di fronte a tanti errori del passato, anche se non eravamo personalmente coinvolti in nella specifica situazione storica. Ed è questo stesso comportamento che ci si richiede ancora oggi. Ci viene chiesto di riformarci, non – in questo caso – a parole, ma con comportamenti che abbiano il coraggio di metterci in crisi, di accettare la realtà, quali che siano le conseguenze. E tutte le riforme cominciano da se stessi. La riforma nella Chiesa è stata portata avanti da uomini e donne che non hanno avuto paura di esporsi alla crisi e di lasciarsi riformare dal Signore. Questo è l’unico modo; altrimenti saremmo solo “ideologi della riforma” che non mettono in gioco la nostra carne.
Il Signore non si è mai impegnato in una “riforma” (consentitemi l'espressione), né con il progetto dei farisei, né con quello dei sadducei o degli zeloti o degli esseni. Ma l’ha realizzato con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne, sulla croce. E questa è la via che anche tu, caro fratello, prendi quando presenti le tue dimissioni.
Dici bene nella tua lettera che non ci porta a nulla seppellire il passato. Il silenzio, le omissioni, il peso eccessivo dato al prestigio delle istituzioni – tutto questo porta solo al fallimento personale e storico; ci porta a vivere con il peso di avere, come suol dirsi, “scheletri nell’armadio”.
È importante “areare” la realtà dell’abuso e il comportamento della Chiesa, e permettere allo Spirito di condurci nel deserto della desolazione, alla croce e alla resurrezione. È la via dello Spirito che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è l’umile confessione: abbiamo sbagliato, abbiamo peccato. Non saranno i sondaggi a salvarci, né il potere delle istituzioni. Non saremo salvati dal prestigio della nostra Chiesa, che tende a nascondere i suoi peccati. Non saremo salvati dal potere del denaro, né dall’opinione dei media (di cui spesso siamo fin troppo dipendenti). Ci salverà aprire la porta a Colui che solo può salvarci, e confessare la nostra nudità: “Ho peccato”, “Abbiamo peccato” – e piangere, e balbettare come meglio possiamo, “Vai via da me, perché sono un peccatore”, un’eredità lasciata dal primo Papa ai papi e ai vescovi della Chiesa. E allora sentiremo quella vergogna risanatrice che apre le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore che ci è sempre vicino. Come Chiesa, dobbiamo chiedere la grazia della vergogna e che il Signore ci preservi dall'essere la prostituta senza vergogna di Ezechiele 16.
Mi piace come concludi la lettera: “Continuerò con piacere ad essere sacerdote e vescovo di questa Chiesa e continuerò ad impegnarmi a livello pastorale sempre e comunque lo riterrà sensato ed opportuno. Vorrei dedicare gli anni futuri del mio servizio in maniera più intensa alla cura pastorale e impegnarmi per un rinnovamento spirituale della Chiesa, come Lei instancabilmente richiede”.
E questa è la mia risposta, caro fratello. Vai avanti come tu stesso proponi, ma come arcivescovo di Monaco e Frisinga. E se sei tentato di pensare che questo Vescovo di Roma (tuo fratello che ti ama), confermando la tua missione e non accettando le tue dimissioni, non ti capisca, pensa a ciò che ha provato Pietro davanti al Signore quando, a suo modo, ha presentato la sua rinuncia: “allontanati da me, sono un peccatore”, e ascolta la risposta: “pasci le mie pecorelle”.
Con affetto fraternoFrancesco
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1. C'è il rischio di non accettare la crisi e di rifugiarsi nei conflitti, atteggiamento che finisce per soffocare e impedire ogni possibile trasformazione. Perché la crisi ha un seme di speranza, il conflitto - al contrario - di disperazione; la crisi coinvolge... il conflitto - invece - ci avvince e provoca l'atteggiamento asettico di Pilato: «Io sono innocente di questo sangue. Sono affari tuoi» (Mt 27, 24)… quanto male ci ha fatto e ci sta facendo.
Bella la lettera del Papa al Card. Marx ma non si è messo il dito nelle piaghe (il rispetto della vita, la difesa della famiglia, l'identità di genere, la difesa degli ideali tenuti in nessun conto). Su questi temi il cristiano vuole risposte precise e puntuali. Pertanto si aspetta solo chiarezza.
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