Il Prof. Enrico Maria Radaelli ci fa pervenire questa sua replica ad una recente stroncatura, da parte di Corrispondenza Romana, del suo testo su papa Ratzinger, del quale trovate, dopo la replica, una essenziale presentazione, ricca delle motivazioni che lo hanno ispirato e costruito, con le quali l'Autore ci è andato giù duro... Personalmente, mentre vi richiamo ai numerosi precedenti sul tema - disseminati nel nutrito indice qui - conservo le mie perplessità più volte evidenziate; ma non mi sento di poter trarre conclusioni apodittiche.
Corrispondenza Romana
o Corrispondenza modernista?
A proposito di una recensione di Corrispondenza Romana al mio ultimo lavoro,
Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro,
per l’acquisto del quale rimando alla nota qui in calce.
Sul n. 1773 di Corrispondenza Romana del 15 dicembre 2022 è stato pubblicato un articolo a firma di Emanuele Barbieri in cui si legge:
« Il prof. Enrico Maria Radaelli, nel suo libro Al cuore di Ratzinger, sostiene che l’abdicazione di papa Benedetto è invalida e nulla, proprio perché è stata elaborata sulle basi di una dottrina eretica, di stampo hegeliano. Ma a questa tesi il prof. de Mattei già rispondeva il 1° luglio 2020 su Corrispondenza Romana: “Se fosse provato che Benedetto XVI aveva l’intenzione di scindere il pontificato, modificando la costituzione della Chiesa, sarebbe caduto in eresia; e poiché questa concezione eretica del Papato sarebbe certamente anteriore alla sua elezione, l’elezione di Benedetto dovrebbe essere ritenuta invalida per lo stesso motivo per cui si ritiene invalida l’abdicazione. Egli non sarebbe in nessun caso Papa. Ma questi sono discorsi astratti, perché solo Dio giudica le intenzioni, mentre il diritto canonico si limita a valutare il comportamento esterno dei battezzati: … ‘De internis non iudicat praetor’; un giudice non giudica le cose interne.” ».
Ma perché mai il Prof. Roberto de Mattei vuole stroncare un libro di un fratello nella fede – non di un Modernista, ma di un vero fratello nella fede – e vuole stroncarlo senza nemmeno averlo mai letto, anzi prima ancora che sia stato scritto? Perché mai?
E perché mai il Prof. Roberto de Mattei e il suo collaboratore, col sottile artifizio retorico di troncare il titolo a metà e citarne solo la prima parte, vorrebbero far credere che l’edizione del libro su Papa Benedetto XVI di cui parlano è quella odierna, dato che essi non possono non venire a sapere che le edizioni del libro sono appunto due, il titolo delle quali è per la prima metà uguale, e cambia solo la seconda metà, e qui ora se ne spiegherà il motivo, quando sanno anch’essi che è facile per chiunque informarsi in internet della nuova edizione, e infatti sono molti quelli che son venuti a saperlo, basta cliccare il mio sito Aurea Domus, come farebbe chiunque voglia documentare per bene la propria recensione, fosse pure, come questa, una stroncatura, di un libro del sottoscritto?
L’odierna e definitiva edizione, in cui esamino la Rinuncia di Benedetto XVI e ne dimostro sotto plurimi aspetti e con molteplici argomenti l’invalidità, è stata resa disponibile solo dal I febbraio 2021, ossia sei mesi dopo la recensione del de Mattei, la quale, come risulta dalle date, non può che riferirsi alla sua prima edizione, datata 2017, intitolata Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, in cui mi prefiggevo illustrare quelli che poi si sarebbero rivelati essere i fondamenti teoretici tutti hegeliani della Rinuncia, incredibilmente mai riscontrati da nessuno, e da qui rilevavo soltanto, in un breve paragrafo, la peraltro incontrovertibile realtà: il modulo hegeliano che lì vi avevo individuato non poteva non portare che a una Rinuncia canonicamente assolutamente invalida. Tutto qui.
Un alto Prelato, lette quelle mie righe, al contrario dell’atteggiamento difensivo e quindi, certo senza volere, chiaramente filo-modernista del de Mattei su uno status quo della Chiesa che si presentava come minimo non canonicamente lineare, per non dire senz’altro ereticale, modernisticamente ereticale, mi sollecitò ad analizzare in profondità la grave problematica, sicché quell’edizione fu da me completamente rielaborata, nel 2020, con l’aggiunta di quasi ottanta pagine che finalmente avevano per preciso oggetto la molto ereticale Rinuncia, ossia la modernisticamente ereticale Rinuncia, e il conseguente adeguamento della configurazione da dare, nel corpo di testo già presente nel libro, al vero assetto dei gradi alti della Chiesa, dove il Papa, pur con tutte le sue modernistiche eresie sulle spalle, si dimostra che è e che non può essere altri che Benedetto XVI e “Francesco” è solo un altrettanto eretico, anzi idolatra, e comunque molto consapevole antipapa eletto da altrettanto eretici, forse idolatri e comunque molto consapevoli Cardinali.
Quest’edizione definitiva del libro è stata proposta al pubblico dal I febbraio del 2021, con nuovo e definitivo titolo: Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, corredata dalla Prefazione dell’eroico Vescovo emerito statunitense René Henry Gracida.
Detto ciò, volgendoci ora al contenuto delle critiche ricevute, va chiarito che quanto in esse asserito è totalmente e assolutamente errato, e per ben tre motivi. Eccoli:
- In primo luogo nel mio libro io sono il primo a sostenere che non vengono affatto e non mai discusse le intenzioni poste in corde hominis Joseph Ratzinger, ma vengono discusse solo e unicamente quelle sue intenzioni esplicitate poi in azioni rilevabili oggettivamente, v. ad esempio il § 12 di quello che chiamo Antefatto, dove sono esaminate le quattro uniche realtà che, a norma del Canone 188 del Codex Iuris Canonici, potrebbero invalidare una Rinuncia Papale. Tra queste quattro cause figura il dolo; ma cosa dico io del dolo? Dico: « Il dolo è naturalmente tutto da verificare, e solo Benedetto XVI è autorizzato a riconoscerlo », concetto che confermo alla fine del paragrafo: « Nella Declaratio è stata surrettiziamente introdotta dal suo augustissimo Autore una realtà proibita, una realtà fuori Legge, composta da tre errori sostanziali, il che già picchia sonoramente col Canone 188 del CIC, con la possibile aggravante del dolo, che sarebbe tutto da verificare, ma della cui consistenza ci potrebbe dire solo l’altissimo Soggetto. Ma noi in ogni caso non consideriamo punto tale aggravante, perché a invalidare sostanzialmente la Rinuncia basta e avanza la presenza in sé dei tre errori sostanziali che ora si vedranno. Per il dolo, se la veda lui con Dio. A noi non interessa punto ».E ciò che il sottoscritto ritiene valido per la Rinuncia, come qui si vede, lo ritiene valido, come nelle mie pagine ben evidenziato, identicamente anche per l’Elezione. Che è tutto il contrario di quanto il Prof. Roberto de Mattei sostiene che io affermi. E uno.
- Come citato dallo stesso de Mattei, facendosi un bell’autogol, il Canone 1526, § 1 del CIC, asserisce: “Onus probandi incumbit ei qui asserit” (L’onere di fornire le prove tocca a chi asserisce), sicché ne deriva che il fatto che « Benedetto XVI aveva l’intenzione di scindere il pontificato », giuridicamente parlando, non avendo mai nessuno fornita alcuna prova di ciò, è fatto non attestato né documentato in alcun modo, e, non essendolo, da un punto di vista giuridico esso è fatto che semplicemente non sussiste: nessuno può mettere in dubbio la correttezza giuridica dell’Elezione di Papa Benedetto XVI, in particolare perché fino a oggi nessuno, nemmeno chi qui scrive, ha mai documentato, né potrebbe documentare, che Benedetto XVI avesse al momento dell’Elezione alcuna intenzione di scindere il Pontificato, come fece poi al momento della Rinuncia. E due.
- Il Prof. de Mattei definisce « discorsi astratti » i due temi su cui qui ci si è soffermati finora – se l’intenzionalità del soggetto di compiere un certo atto sia o non sia giudicabile e a chi è richiesto l’onere della prova –, ma non c’è niente di più concreto e reale di un raffronto tra gli atti di Presuli o di semplici fedeli e il Codex Iuris Canonici che li codifica e li giudica secondo una legge stabilita dai Papi lungo la storia della Chiesa.
Chiarito che su entrambi i punti formali il de Mattei è in errore, ecco l’argomento portante, e l’argomento ce lo fornisce lo stesso augusto Soggetto della grave discussione.
Infatti è lo stesso Ratzinger, col suo triadico modulo concettuale hegeliano, che può negare in ogni momento con la destra quanto asserito con la sinistra, posto che la sua dottrina si fonda sul seguente concetto, ribadito nel suo Introduzione al Cristianesimo per ben settantatre pagine: « Se il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede, però, reciprocamente, nemmeno l’incredulo va immaginato immune dal processo dialettico, ossia come semplicemente una persona priva di fede », da cui ne deriva che « è la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza. E chissà mai che proprio il dubbio … non divenga il luogo della loro comunicazione ».
Ecco: nel lontano 1968 la triade hegeliana di tesi-antitesi-sintesi è ben fissata in una mente cattolica di primo livello, e non ci si preoccupi della sua apparente complessità verbale, perché ci penserà il Cardinale Carlo Maria Martini a semplificarla nell’incisiva e icastica formula: « Ciascuno di noi ha in sé un credente e un non-credente, che si interrogano a vicenda », il che permette a chiunque, d’ora in avanti, di essere ateissimo e al contempo cattolicissimo in ogni momento della sua vita, con tutta comodità e senza che se ne accorga nessuno, specie senza che se ne accorga lui stesso, in barba a ogni schizofrenia.
Come si vede, qui non si sta trattando affatto di interiori intenzioni, ma di affermazioni oggettive e pubbliche, insegnate e divulgate per decenni, dove un Presule – seguito peraltro, successivamente, come visto, da epigoni del calibro del Cardinal Martini – elabora, insegna e attua nella propria stessa vita di Pastore, e persino di Sommo Pastore, una dottrina modulata sullo schema hegeliano di tesi-antitesi-sintesi, per la quale un uomo, avendo in sé « un credente e un non-credente, che si interrogano a vicenda » può professare la fede e insieme dubitarla, ossia sconfessarla, senza mai in realtà apertamente sconfessare e dubitare lo schema che gli permette l’anticattolica e tutta hegeliana schizofrenia.
Il Codex ha permesso all’hegelianissimo/cattolicissimo Cardinale Ratzinger di salire al Trono Papale perché nei molti decenni che hanno preceduto la sua altissima nomina ha professato rigorosamente e pubblicamente la dottrina cattolica, v. per esempio, ma non solo, il celebre Rapporto sulla Fede scritto nel 1985 col giornalista Vittorio Messori.
La professione rigorosa della dottrina cattolica permette la sua elezione al Papato in tutta fedeltà alle disposizioni canoniche: l’Elezione è salva, e a salvarla è proprio la stretta obbedienza del Cardinale Ratzinger alla dottrina hegelian/cattolica da lui così studiatamente elaborata e poi molto pubblicamente da lui in tutta la Chiesa diffusa: nei decenni che precedono la sua elezione al Papato è l’antitesi che vince, ossia la Fede, e i Cardinali possono serenamente riconoscere in lui il paladino della Fede che ci vuole. Quindi l’argomento del de Mattei può essere rigettato come assolutamente insussistente. E tre.
In vista però della Rinuncia del 2013, riaffiora nella mente del Papa l’antica ricetta hegeliana nella sua parte destruens, quella che gli permetterebbe dimezzare il monolite cattolico senza grandi problemi, perché, come scrivo a p. XL di Antefatto, essa potrebbe rivelarsi di certo un ottimo, finissimo e tutto sommato ben nascosto stratagemma che lo potrebbe mettere al riparo da eventuali se pur ormai molto improbabili processi canonici. Ecco allora realizzarsi quella formula di Rinuncia che è rinuncia a ciò che lui chiama “Papato attivo”, mantenendo il “Papato passivo”, formula che, pur venendo accettata dalla praticamente assoluta maggioranza dei Pastori della Chiesa, tranne due, tra cui il Gracida, si pone oggettivamente fuori della Fede cattolica, dunque è di fatto invalida e nulla, come illustro ampiamente in Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro. E tre bis.
Questo per dimostrare l’assoluta inconsistenza dei giudizi critici alla mia posizione sull’attuale situazione della Chiesa. E qui avrei concluso, se non fosse che l’articolo della rivista del Prof. Roberto de Mattei merita a sua volta almeno due importanti rettifiche.
PERCHÉ IL MUNUS NON È IL MINISTERIUM E IL MINISTERIUM NON È IL MUNUS.
Ecco la prima. Leggiamo infatti: « In conclusione: l’essenza del Papato non è nel munus, come nei vescovi, ma è nell’esercizio del governo, ovvero nel ministerium, che non è un sacramento indelebile, ma un potere di giurisdizione, che si può perdere o a cui si può rinunciare. Il Papato non è una condizione spirituale o sacramentale, ma un “ufficio”, o più precisamente una istituzione. Chi rinuncia al ministerium, cioè al governo, perde il Papato ».
Qui l’articolista inverte completamente il valore che il Codex Iuris Canonici dà rispettivamente a munus e a ministerium, assegnando all’uno il valore dell’altro.
Ma le definizioni e le disposizioni del Codex sono precise, univoche, puntuali: i Canoni 331-5, inerenti al Romano Pontefice, riguardo alla sua potestà di giurisdizione usa il termine Munus, che io maiuscolizzo per distinguerlo dall’analoga potestà esercitata dai Vescovi, a questa soggiacente, tenuta in minuscolo; i Canoni 232-64, inerenti ai Ministri sacri, o Chierici, riguardo al loro ufficio sacramentale, usano invece il termine ministerium, l’ufficio sacro che conferisce loro il potere in sacris, ‘nelle cose sacre’, soggiacente però a sua volta da una parte al Munus giurisdizionale Papale, e reggente dall’altra il munus giurisdizionale vescovile che permette all’Ordinario, all’interno appunto dell’ordinamento giurisdizionale vigente, l’amministrazione dei Sacramenti e l’insegnamento della Parola divina.
I due poteri discendono entrambi da Cristo: il Munus Papale e il munus vescovile discendono dal Christus Dominus et Pantochrator, il ministerium discende dal Christus Agnus Dei et Sacerdos; i primi possono essere revocati e rinunciabili, il secondo è eterno. Come si capisce, scambiare i primi col secondo è errore madornale, sciagurato, e specialmente ereticale, che porta a conseguenze devastanti, come infatti è avvenuto al Papa modernista Benedetto XVI e ora ai suoi davvero inattesi epigoni di Corrispondenza Romana.
Senza ironia, se il Barbieri e il de Mattei prendessero finalmente in mano e studiassero bene le decine e decine di pagine che dedico all’argomento, oltre che ovviamente se esaminassero direttamente la fonte di ogni scienza al riguardo, e parlo naturalmente del Codex sopraindicato, non solo ne trarrebbero giovamento loro, ma di certo poi anche tutti i loro inconsapevoli lettori, che avrebbero modo di capire fino in fondo fin dove è arrivato a destrutturare la Chiesa, oggigiorno, il demoniaco Mostro modernista.
Un Mostro cui però essi stessi, alla fine, si assoggettano, certo non volendo, ma la realtà è che se essi ne utilizzano gli stessi argomenti, se vogliono giungere alle stesse conclusioni e se poi si scagliano anche contro i suoi nemici, i nemici di esso Mostro dico, la conclusione è questa. Abbiamo forse qui i primi due esemplari di Tradizion-Modernisti?
L’articolo del Barbieri si conclude infine con una seconda e inaspettata contraddizione. Leggiamo infatti: « Potrà piacere o no, ma Francesco è il legittimo Papa. … Chi sostiene il contrario è mosso da sentimenti o risentimenti personali di varia natura, ma non è sorretto da ragioni teologiche o canoniche, le sole che contano, nelle epoche di crisi come l’attuale ».
Ma non è proprio il Prof. de Mattei a ricordare che « de internis non iudicat praetor »?
E allora come si fa a sostenere che una conclusione che ha il solo torto di essere contraria a quella della (modernista) Chiesa ufficiale sarebbe dovuta a « sentimenti o risentimenti personali » e non invece a sacrosante « ragioni teologiche o canoniche », senza prendere in esame neanche per un attimo che forse persino la (modernista) conclusione ufficiale potrebbe essere intaccata, come infatti è, da gravi elementi ereticali, e anche fortemente?
Che l’errore sia dovuto sempre e solo a elementi pratici, come sostengono il Manzoni e l’Amerio, tanto che chi qui scrive ne espone nelle sue anche più recenti pagine le dinamiche, è cosa comprovata, ma che esso sia dovuto così decisamente e soltanto a pravi « sentimenti o risentimenti personali » è un’accusa del tutto gratuita, ingiusta, direi anche senz’altro indegna di onesto dibattito e si resta stupefatti che essa nasca proprio da chi nelle prime sue righe si era fatto paladino del « de internis non iudicat praetor ».
Qui gli accusati sono due: oltre il sottoscritto, anche il giornalista dottor Andrea Cionci, che propone da tempo una teoria sulla Rinuncia tutta sua, ben lontana da quella che chi scrive espone in Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro. Con tutto ciò, anche quando ne parlo nel mio lavoro, mi perito metterne in risalto bene quelli che ritengo in buona fede suoi anche seri errori, ma senza con ciò infierire sulle sue intenzioni, che ritengo rispettabili come le mie, tese come sono con ogni evidenza a rilevare nodi dottrinali e percorsi esistenziali delle anche più alte personalità coinvolte che oggettivamente risultano perlomeno strani, se non ereticali, e certo non in linea col sentire cattolico.
È necessario a questo punto, a mio modesto avviso, cercare di riportare la discussione nei suoi più corretti binari, impegnandosi a conoscere frigido pacatoque animo gli argomenti e le molte realtà in campo, tenendo a mente che, come diceva Amerio, « Il concetto fondamentale su cui si basa, da cui principia e cui tende la filosofia moderna è la soggettività. Mentre il concetto fondamentale della filosofia cristiana è che la parola sta: Stat verbum » (ROMANO AMERIO, Stat Veritas, Lindau, Torino 2009, retro copertina). Qui nessuno è nemico di nessuno, tranne che del Modernismo. Riconosciamo allora gli errori fatti. Combattiamo uniti, e il Modernismo lo vinceremo. E alla grande anche. E così sia.
Enrico Maria Radaelli___________________________________
Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro.
Prefazione di S. E. R. Mons. René Henry Gracida.
Edizioni Aurea Domus, Milano 2022, pp. LXXVIII + 392 = pp. 470
Offerta di lancio = € 50,00. Richiedere a: aureadomus.emr@gmail.com
L’autore sarà felice di far avere il suo saggio
in copia numerata a mano e con dedica personalizzata.
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UN LIBRO CONTRO TUTTO E TUTTI
O UN LIBRO PER SALVARE TUTTO E TUTTI?
Quarta di copertina clicca per ingrandire |
Primo: un libro contro Papa Ratzinger o un libro invece per salvare Papa Ratzinger?
Squarciando il velo con cui anche i Pastori della Chiesa più apparentemente fedeli alla dottrina si sono per nove anni accecati gli occhi pur di nascondersi la verità, il libro che qui si propone mostra, per la prima volta al mondo, tutta la molto gravemente erronea e articolata dottrina hegeliana insegnata fin dal 1967 all’università di Tubinga dal Professor Mons. Joseph Ratzinger, il quale, salendo, come sappiamo, i più importanti gradini del Magistero, fino al più alto, è da tutti riverito oggi come il più formidabile paladino della fede, pur non essendolo, purtroppo, affatto.
Ora, stante che de internis non iudicat prætor, nel libro si rilevano fatti oggettivi, pubblici, dati i quali, v. le pp. 357-8, con viva e tutta filiale apprensione si indica a Papa Benedetto l’unica via per salvarsi dal grave pericolo che lo attende se non sconfessa al più presto quelle sue temibili e infauste dottrine che nessuno ha mai voluto rilevare, un po’ perché il loro Autore le aveva ben nascoste in persuasivi e morbidi tappeti di concetti a prima vista innocentemente “cattolici”, un po’ perché, in realtà, tali dottrine non sono altro che il sunto più sostanziale e diretto del pensiero dominante da cinquant’anni tra i Padri Conciliari del Concilio Vaticano II e i loro odierni mille eredi, un po’ infine perché è da tempo che nella Chiesa, dopo i fatti del Vescovo Marcel Lefebvre, non c’è più un Pastore disposto a esporsi per difendere la verità contro un Magistero smaccatamente esposto nel più sciagurato Modernismo.
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Secondo: un libro contro i “Ratzingeriani” o invece per salvare i “Ratzingeriani”?
Su tali basi, oggi, per la prima volta al mondo, si dimostra con la più inconfutabile e rigorosa evidenza che la Rinuncia compiuta l’11 febbraio 2013 da Benedetto XVI è una Rinuncia invalida e nulla, e lo è proprio e solo perché è stata elaborata sulle basi della dottrina erronea di stampo hegeliano di cui si è detto, una dottrina che tutti i Cardinali e i Vescovi della Chiesa hanno accettato supinamente da cinquant’anni, tranne due: Mons. René Henry Gracida e Mons. Jan Pawel Lenga, il primo dei quali ha anche voluto redigere l’importante Prefazione posta ora in capo al libro.
Se però i Pastori ora fedifraghi riconosceranno finalmente che la Rinuncia è evidentemente invalida, come dimostrato con ogni evidenza alle pp. LXXVI e seguenti e poi ancora alle pp. 366-8 del libro, chi qui scrive è il primo a far rilevare che anch’essi si salverebbero dalla terribile ed eterna pena che attende non solo chi aderisce, ma anche chi non si discosta e non trafigge dottrine erronee ed ereticali pur avendo il dovere di farlo, sempre nel rispetto del principio giudiziale di cui sopra.
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Terzo: un libro contro “Francesco” o un libro invece per salvare “Francesco”? Da quanto detto discende che “Francesco” è in realtà un antipapa, sicché vale anche per lui quanto appena detto: se anch’egli riconoscerà che il Conclave che (sapendo di eleggere un antipapa: i fatti sono oggettivi) l’ha eletto il 13 marzo 2013 è invalido e nullo, anch’egli tornerà a obbedire alle Leggi di Dio, come indicato per tutto il libro, specie alle pp. 375-7, così forse salvandosi come i suoi complici modernisti dal castigo riservato a chi tradisce la Legge di Dio.
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Ecco qui in estrema sintesi le diciotto gravi deviazioni ereticali rilevate in Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, insegnate da cinquant’anni dal Professor Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, nel suo Introduzione al Cristianesimo, quindici delle quali fulminate dalla Chiesa – e una persino tre volte –, dai dovuti anàtemi, e il cui insieme dà luogo alla plurieresia, mai dal suo Autore sconfessata, anzi tre volte chiaramente ribadita, che dà luogo al “RATZINGERISMO”:
- la deviazione più sorgiva e iniziale: adozione del modello fideistico kierkegaard-pascaliano, per il quale è impossibile la conoscenza metafisica di Dio (v., in Al cuore di Ratzinger, i §§ 11-21); [vedi versione presentata qui]
- la più incisiva: sovvertimento dell’ordine delle Persone della divina Monotriade, ossia non avvertita ma attuata e sistematica inversione dell’ordine metafisico che debbono avere volontà e intelletto (la volontà, che procede, vien fatta precedere l’intelletto), così facendo della ss. Trinità un Dio arbitrario e dittatoriale come nella nozione islamica, così da perdere le Sue due più sostanziali qualità: la ragione e l’amore (per tutto il libro, specie ai §§ 65-6 e 70); anatemizzata;
- la più cataclismatica: conseguente ricorso ai postulati della ragion pratica: sostituzione delle ragioni per credere con la volontà di credere. È rimpiazzata così la teoria con la praxis, che però, come si sa, non è idonea al ragionamento, ma ne costituisce anzi l’inciampo che lo devasta e annienta, ne è cioè l’errore (v. §§ 11-21); anatemizzata;
- la più modernista: adozione del dubbio scettico fideista a base della conoscenza, assumendo a criterio di conoscenza proprio ciò che costituisce il più sicuro veicolo d’incertezza conoscitiva, ponendolo alla base della conoscenza insegnata dalla Chiesa, la conoscenza soprannaturale, o testimoniale, ossia per fede, sicché avviene che la fede va a reggersi proprio sull’interrogativo che la pone in dubbio (§§ 11-6); anatemizzata;
- la più tragica: la convinzione che Dio resti “essenzialmente invisibile” anche e persino nella visione beatifica del Paradiso (§ 18);
- la più antiscientifica: l’evidente se pur non esplicito disconoscimento dell’origine divina della Bibbia, per cui sarebbe l’uomo che congettura le cose su Dio, e non Dio che con la Sua Parola insegna all’uomo ciò che l’uomo deve sapere di Lui e deve di conseguenza poi fare (§§ 64 e 69);
- la più atea: derubricare a fantasiosi e semipagani mitologismi le nozioni e le profezie delle Sacre Scritture riguardanti realtà invisibili come l’Inferno e il demonio o invece miracolose come la figliolanza divina e virginale di Gesù Cristo (in più punti, specialmente ai §§ 64-5); anatemizzata;
- la più hegelianamente sorgiva: l’evidente ma non esplicito disconoscimento del principio di realtà, che peraltro si può riscontrare solo e unicamente nel principio di sorgiva “innascenza” di Dio Padre, e, metafisicamente parlando, in nessun altro luogo: la realtà si ha solo e unicamente perché esiste, in Dio, la Persona di Dio Padre (§§ 10 e 25);
- la più hegelianamente conseguente: sdoppiamento del Papato in “Papato attivo” e in “Papato passivo” nell’ambito di un “Papato sinodale”, seguendo quello chesappiamo essere il tipico, irragionevole, irrealistico e anticattolico modulo idealistico hegeliano di “tesi-antitesi-sintesi” (§ 22); anatemizzata;
- la più panteistico-spinosiana: coincidere in Dio il pensare col creare, con conseguente convinzione che quindi l’essenza di Dio sarebbe coinvolta nella Sua creazione e nella storia umana (§§ 19, 42 e 63); anatemizzata;
- la più assurda (ma ideologicamente necessaria al “Ratzingerismo”): connotare Dio come “Dio Libertà”, caricandolo di due aspetti trasmessi poi, per analogia, al mondo da Lui creato: inafferrabilità e imprevedibilità, come nella falsa nozione di Dio elaborata poi da Maometto, e, novecento anni dopo, da Martin Lutero, da Giovanni Calvino e dagli atei “illuministi” di tutti i secoli, compresi gli odierni (§§ 24-26); anatemizzata;
- la più antitrinitaria: introdurre nell’essenza di Dio, oltre al giusto concetto di Logos, quello errato di Diá-logos, o “Colloquio”, per il quale le tre Persone “dialogano” tra loro come con l’uomo; l’antipapa “Francesco” porterà agli esiti estremi la cosa, sostenendo che « le tre Persone litigano », perché il dialogo di un “Dio Libertà” non può avere confini (§§ 55-60 e 66); ma l’essenza di Dio non ha moto: in essa c’è un solo, unico, omnicomprensivo ed eterno “Super-Pensiero”: è il Logos; anatemizzata;
- LA PIÙ GRAVE: rifiuto e conseguente annientamento della divina, ineffabile, miracolosa e santa Redenzione come ‘Sacrificio di Olocausto di Dio Figlio, in Gesù Cristo, a Dio Padre’, confermati nel 2016 – in un’intervista a Padre Jacques Servais s.j. – perché sarebbe un fatto « inaccettabile dall’uomo moderno », cioè, in realtà, dallo stesso Papa Ratzinger (§§ 39-43 e 62-5); anatemizzata;
- la più riduttiva: la convinzione che la Redenzione sia “il raggiungimento, in Cristo ‘Omega’, dell’uomo perfetto” nella più classica impronta teilhardiana (§§ 44-7); anatemizzata;
- la più devastante: cancellazione del peccato originale, poi del concetto di peccato come “offesa a Dio”, dell’Inferno, del diavolo, del Purgatorio, del Paradiso, nonché della separazione finale e definitiva delle “persone pie” dalle persone “empie”, perché anche tale separazione – che è la separazione definitiva e assoluta tra bene e male, – sarebbe « inaccettabile dall’uomo moderno », ossia inaccettabile sempre da Ratzinger, anche qui nascosto dietro la perifrasi di « uomo moderno » (§§ 50-3); anatemizzata;
- la più illogica e deprimente: cancellazione dei corpi gloriosi dei beati in Paradiso, compresi i corpi gloriosissimi di Gesù Cristo e della Beatissima Vergine (§§ 50-1); anatemizzata;
- la più ripugnante: la convinzione che « la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano », con tutte le molteplici, gravissime ed estremamente ereticali conseguenze che tutto ciò comporta (§ 71); anatemizzata; e ben tre volte;
- la più ecumenista: l’opinione che l’inconsutile tunica della Chiesa, per le scissioni causate dalle disobbedienze e dalle ribellioni degli eretici, sia oggi « frazionata in molteplici chiese » (§ 72); anatemizzata.
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