Il 22 luglio 1456, rotto l'assedio, i crociati di san Giovanni da Capestrano,
frate minore e inquisitore, uscirono da Belgrado e misero in fuga Maometto II e
i suoi soldati. Di seguito il discorso del santo condottiero.
Il discorso di san Giovanni da Capestrano che mise in fuga Maometto II
a cura di Giuliano Zoroddu
Caduta Costantinopoli il 29 maggio 1453, il famelico Sultano Maometto II si
preparava ad attaccare il Regno d’Ungheria. Si mosse quindi contro Belgrado e,
il 4 luglio 1456, la cinse d’assedio con un esercito di quasi centomila uomini.
Nonostante ciò l’esercito cristiano, guidato dai tre Giovanni – san Giovanni da
Capestrano (1386-1456), Giovanni Hunyadi reggente d’Ungheria (1407-1456) e il
Cardinal Legato Giovanni di Carvajal (1399/1400-1469) – il 22 luglio mise in
fuga Maometto II e i suoi soldati. E fu proprio san Giovanni da Capestrano, la
spada in una mano e il crocifisso nell’altra, a infervorare un esercito
raccogliticcio inculcando loro il valore spirituale della loro guerra con un
discorso infuocato.
Il Santo si raccolse tutto in Dio, e alzata con la mente la voce al Cielo udissi
dire:
“Signore, salva il tuo popolo e piovi benedizioni su la tua eredità”. Poscia,
quasi rinvenuto in sé stesso, con tenerissime lagrime, che con grand’abbondanza
gli grondavan dagli occhi, chiamò più e più volte il Santissimo Nome di Gesù.
Aveva egli fatti venir nella piazza i Crocesignati … “Su – disse – miei fratelli
e miei figliuoli, e più che a me, figliuoli a Dio e coeredi di Cristo, difensori
della sua Fede, popolo suo eletto: questo è il tempo, questa è l’occasione che
tanto voi avete bramata, che v’ha preparata e presentata Iddio: per arrivare a
questo pericolo in onore di questa Croce, voi avete lasciate le vostre case, le
vostre famiglie, e avete scelto di incontrare piuttosto la morte per la gloria
della fede che tutti professiamo, che vivere oziosi e quieti nella vostra
Patria. Vi trovate finalmente a fronte con chi ha sparso il sangue dei vostri
fratelli, a chi ha rapito loro le sostanze e la vita. Quei che voi vedete là son
quei medesimi che fumano ancora del sangue dei Costantinopolitani, quei che han
tolto l’onore alle vergini, che hanno immerso il ferro nei bambini, nei vecchi,
nei religiosi, nelle matrone, che han diroccati i templi, calpestata la Croce e
bestemmiato Gesù. Dio ve li ha qui condotti, acciocché facciate in loro le
vendette del suo onore. Li temerete voi, se sono così in odio a Dio, che è il
Signore degli Eserciti, il Dio delle Vittorie? … Vi fa impressione il loro
numero? Oh se vedeste da quale innumerabile stuolo d’Angeli è circondato questo
Vessillo ch’io qui innalzo, ognuno dei quali vuole imitare l’Angelo
distruggitore di Sennacherib, voi direste che son troppo pochi costoro per tante
spade dell’ira divina, che stanno in atto di vibrarsi contro di loro. Vi
raffredda forse il pericolo della morte? Io vi fo torto a richiedervi ciò, e son
assicurato che il fine per cui avete abbandonato tutto e vi siete arruolati
sotto la Croce non è stato il vincere da bravi soldati, ma di morire da
coraggiosi Martiri. Voi sarete e gli uni e gli altri, e Dio in questo giorno vi
farà vincitori e nell’eternità premieravvi come Martiri. So io quel che dico e
non più tante parole. Gesù, Gesù, Gesù” e al profferire del Santissimo Nome, che
fu replicato con dolcissimo insieme e terribile suono da tutto l’esercito,
alzata la destra e stesala verso i Turchi, in tono di comando, pronunziò queste
parole “Gesù vince, fuggitevene oh nemici”. Voci che furono il principio del
trionfo all’esercito cristiano e della totale sconfitta a quello dei Maomettani.
(Tomaso Cataneo,
Vita di S. Giovanni da Capistrano Minore Osservante di S. Francesco,
Parma, 1691, pp. 142-143) -
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