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mercoledì 13 settembre 2023

Teilhard de Chardin: una figura chiave per poter comprendere il nostro papa gesuita

Nella nostra traduzione da Tradition & sanity un interessante articolo di Peter Kwasniewski circa l'influsso su Bergoglio del modernismo panteista del gesuita Teilhard de Chardin.

Teilhard de Chardin: una figura chiave
per poter comprendere il nostro papa gesuita

Francesco si è dimostrato un eccellente discepolo del suo precursore modernista
Peter Kwasniewski, 7 settembre 2023


Fantasticherie mongole
Nella sua omelia pronunciata in Mongolia domenica scorsa (3 settembre), Papa Francesco ha deciso di citare a lungo padre Teilhard de Chardin (1881–1955):
La Messa è azione di grazie, “Eucaristia”. Celebrarla in questa terra mi ha fatto ricordare la preghiera del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin, elevata a Dio esattamente 100 anni fa, nel deserto di Ordos, non molto lontano da qui. Dice così: “Mi prostro, o Signore, dinanzi alla Tua Presenza nell’universo diventato ardente e, sotto le sembianze di tutto ciò che incontrerò, e di tutto ciò che mi accadrà, e di tutto ciò che realizzerò in questo giorno, io Ti desidero, io Ti attendo”. Padre Teilhard era impegnato in ricerche geologiche. Desiderava ardentemente celebrare la Santa Messa, ma non aveva con sé né pane né vino. Ecco, allora, che compose la sua “Messa sul mondo”, esprimendo così la sua offerta: “Ricevi, o Signore, questa Ostia totale che la creazione, mossa dalla Tua attrazione, presenta a Te nell’alba nuova”. E una preghiera simile era già nata in lui mentre si trovava al fronte durante la Prima guerra mondiale, dove operava come barelliere. Questo sacerdote, spesso incompreso, aveva intuito che “l’Eucaristia è sempre celebrata, in un certo senso — in un certo senso —, sull’altare del mondo” ed è “il centro vitale dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile” (Enc. Laudato si’, 236), [qui - qui] anche in un tempo come il nostro di tensioni e di guerre. Preghiamo, dunque, oggi con le parole di padre Teilhard: “Verbo sfavillante, Potenza ardente, o Tu che plasmi il molteplice per infondergli la Tua Vita, abbassa su di noi, Te ne supplico, le Tue Mani potenti, le Tue Mani premurose, le Tue Mani onnipresenti”.
Un po' melenso e fumoso, ma lo si può leggere nella sua interezza in modo ortodosso.
Eppure Teilhard de Chardin, paleontologo di Piltdown e mistagogo di “Omega Point”, non è proprio una figura semplice e incontrovertibile. Phil Lawler lo descrive come “un autore francese la cui strana miscela di eugenetica e teorie evoluzionistiche attirò diversi avvertimenti da parte del Vaticano durante i pontificati di Pio XII e Giovanni XXIII. Più recentemente il suo lavoro ha attirato l’interesse di esponenti della spiritualità New Age”. 1

“Un oracolo e un’icona”
Ritengo che Jorge Bergoglio, S.J., ad un livello non ancora così ampiamente riconosciuto come dovrebbe essere, si è dimostrato da tempo un eccellente discepolo del suo precursore gesuita, che ha esercitato un enorme influsso sui giovani gesuiti turchi del XX secolo.

Nel suo libro The Myth of an Anti-Science Church: Galileo, Darwin, Teilhard, Hawking, Dawkins [Il mito di una Chiesa ostile alla scienza: Galileo, Darwin, Teilhard, Hawking, Dawkins] (Angelico Press, 2019), il genetista Gerard M. Verschuuren dedica un intero capitolo piuttosto dettagliato (pp. 77-121) a Teilhard scienziato e teologo. Egli osserva:
Raggiunse la sua massima statura quando divenne per molti quasi un oracolo e un’icona di ciò che dovrebbe essere un gesuita del XX secolo. Teilhard era diventato il loro modello. Nonostante le ammonizioni ecclesiastiche nei confronti di Teilhard l’ideologo, le sue idee continuarono a diffondersi nella Compagnia di Gesù. Non solo il suo modo di pensare si è infiltrato — o infettato, secondo alcuni — nel pensiero dei gesuiti, ma è diventato un elemento importante anche in altri gruppi cattolici. Molti gesuiti e altri teologi hanno adottato l’approccio evolutivo di Teilhard. (118)
Ai fini di questo articolo darò per scontato che il lettore abbia un’idea sommaria di chi fosse Teilhard: uno scienziato che contribuì a una serie di ricerche scientifiche interessanti (ma non sempre oneste) e uno scrittore di ponderosi tomi poetico-teologico-scientifici come Il fenomeno umanoL’ambiente divino, che furono crudelmente derisi dagli scienziati e, a causa del loro palpabile panteismo, gli causarono grossi guai con l’ordine dei Gesuiti — allora conservatore —, nonché con il Sant’Uffizio dell’Inquisizione (oggi Dicastero per la Dottrina della Fede). Qui mi interessa di più sottolineare i sorprendenti paralleli che emergono tra lui e il suo confratello sulla cattedra di Pietro.

Verschuuren ha raccolto un numero impressionante di citazioni tratte dall’intera carriera intellettuale di Teilhard per dimostrare che egli era, in effetti, un modernista dichiarato che si adattava perfettamente alla definizione di San Pio X. Consideriamo innanzitutto come opera il modernismo, secondo Verschuuren (il corsivo è mio):
Ciò che sostanzialmente fa il Modernismo è imbrigliare la fede e la pratica religiosa alle espressioni culturali e ai capricci della civiltà di ogni epoca, affermando che non esiste alcun dato permanente di fede, alcun dogma e alcuna credenza fissa nel cattolicesimo. Ciò significa che, sulla base dei nuovi sviluppi della società e della scienza, la Chiesa può negare in un’epoca successiva ciò che aveva affermato come dogma essenziale in un’epoca precedente. Il modernismo è la conservazione delle formule dottrinali svuotate del loro significato, per adattare la Fede della Chiesa alle presunte esigenze della società moderna.
Non sorprende che, agli occhi della Chiesa, modernismo e cattolicesimo non possano convivere nella stessa casa religiosa. Il cattolicesimo riconosce che ciò che era vero ieri nella dottrina della Chiesa non può essere falso oggi, e ciò che era immorale ieri non può essere morale oggi. I modernisti, al contrario, sembrano aver perso la fiducia nella loro fede e nella loro ortodossia; Charles Péguy li chiamava persone che non credono più a ciò in cui credono. Pertanto, il modernismo è stato condannato in più occasioni dalla Chiesa per aver tentato di trasformare il cattolicesimo dall’interno. 2
Le frasi in rilievo descrivono in modo sorprendente il partito oggi al comando della Chiesa cattolica.

Il modello di un generale a due stelle modernista
Da parte sua, Teilhard de Chardin mostra entrambe le tendenze del modernista. Da un lato, egli ha voluto “aggiornamentalizzare” o aggiornare la dottrina cristiana finché, cessando di essere quella che era stata storicamente, si è trasformata sostanzialmente in pensiero moderno. Il suo strumento preferito per operare la transizione era lo scientismo evoluzionistico. Egli credeva non solo che l’evoluzione delle specie fosse già stata adeguatamente dimostrata, ma anche che l’evoluzione fosse il paradigma per cogliere l’intera realtà, compresi i suoi aspetti spirituali. Sosteneva che la materia si evolve in spirito e che lo spirito si evolverà nel Cristo cosmico. Il quadro generale è un progressismo hegeliano in cui, nonostante battute d’arresto e conflitti momentanei, l’intero universo, con l’umanità al suo vertice, sta gradualmente migliorando, elevandosi e raggiungendo la spiritualizzazione.

Di conseguenza, Teilhard rifiutò la dottrina della creazione e la caduta di Adamo ed Eva e, più specificamente per quanto interessa al Sant’Uffizio, la dottrina del peccato originale, che definì “un’assurdità”. Per Teilhard i primi uomini (erano molti) furono primati preistorici di debole intelligenza, e la “caduta” descriverebbe semplicemente l’alienazione da Dio di esseri non sufficientemente spiritualizzati. Non c’è quindi alcun posto per la dottrina di un peccato connesso alla natura umana attraverso la generazione naturale da Adamo, nonostante il fatto che ciò sia stato insegnato come dogma de fide dal Concilio di Trento.

Le opinioni di Teilhard sul poligenismo e sul peccato originale erano tra quelle condannate nell’enciclica Humani Generis di Pio XII del 1950. Eppure la reazione di Teilhard, sebbene apparentemente sottomessa in pubblico, fu ferocemente sprezzante in privato. Si espresse sulla Humani Generis nei termini seguenti:
Un buon psicoanalista vi vedrebbe le tracce evidenti di una specifica perversione religiosa: il sadomasochismo; il piacere di ingoiare, e di far ingoiare, la verità nelle sue forme più crude e più stupide. 3
D’altra parte — e questo è un punto cruciale per comprendere la crisi ecclesiale generale in cui ci troviamo oggi — Teilhard, come molti modernisti prima e dopo di lui, si rifiutò di lasciare la Chiesa cattolica, non importa quanto “male” si sentisse o sia stato trattato. Per lui l’obiettivo era quello di cavalcare le onde il più a lungo possibile, influenzare e infiltrarsi, fare discepoli, piantare semi e pubblicare (o, nel suo caso, provvedere a pubblicazioni postume, poiché nel periodo finale della sua vita era sotto restrizioni). Credeva davvero di avere la missione di cambiare la Chiesa dall’interno. Anche se non professava più la fede cattolica — disse una volta a Dietrich von Hildebrand che sant’Agostino “aveva rovinato tutto introducendo il soprannaturale” (!) — l’idea di essere un ex-cattolico seduto all’esterno dell’istituzione non aveva alcuna attrattiva per lui. Era come se pensasse che solo la Chiesa cattolica fornisse l’infrastruttura necessaria per la trasmissione di una filosofia sintetica e mondiale.

Quindi, in una lettera datata 26 gennaio 1926, egli scrisse:
Ciò che monopolizza sempre più il mio interesse è lo sforzo di fondare dentro di me, e di diffondere intorno a me, una nuova religione (chiamiamola se vogliamo un cristianesimo migliorato) il cui Dio personale non è più il grande proprietario terriero neolitico dei tempi passati, ma l’Anima del mondo… come esige lo stadio culturale e religioso ormai raggiunto.
In un’altra lettera di circa cinque anni dopo (21 marzo 1941) dichiarò: “Secondo i miei principi, non posso combattere contro il cristianesimo; posso solo lavorare al suo interno cercando di trasformarlo e convertirlo”. In risposta a un sacerdote deposto al quale si riferisce come “P. G.”, Teilhard scriveva il 4 ottobre 1950:
In fondo ritengo — come Lei — che la Chiesa (come ogni realtà vivente dopo un certo tempo) abbia raggiunto, dopo duemila anni, un periodo di “mutazione” o di “riforma necessaria”; è inevitabile. L’umanità è in mutazione, come potrebbe non esserlo anche il cattolicesimo?
Il suo punto di vista evoluzionista-panteistico-animistico lo ha spinto ad ammettere: “Trovo di non poter fare a meno di rendermi conto nuovamente (e ancor più profondamente) della profondità dell’abisso che separa la mia visione religiosa del Mondo e la visione degli Esercizi di Ignazio”. Un gesuita che non può più abbracciare gli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio non solo in realtà non è un gesuita, ma non è nemmeno cattolico. Non ci stupiamo, quindi, di leggere queste parole nel 1934: “Se, a causa di qualche sconvolgimento interiore, arrivassi a perdere successivamente la mia fede in Cristo, la mia fede in un Dio personale, la mia fede nello Spirito, mi sembra che dovrei continuare a credere nel Mondo”. In questo senso, si considerino le infauste ammissioni contenute in una lettera che Teilhard scrisse a Léontine Zanta, pubblicata nel 1965 in Lettres à Léontine Zanta:
Non si tratta di sovrapporre Cristo al mondo, ma di “pancristizzare” l’Universo. Il punto delicato (ne ho in parte accennato in Christologie et Evolution) è che, seguendo questa linea di pensiero, si è portati non solo ad un allargamento delle vedute, ma anche a un ribaltamento di prospettive: il Male (non più punizione per un colpa, ma “segno ed effetto” del Progresso) e la Materia (non più elemento colpevole ed inferiore, ma “materia dello Spirito”) assumono un significato diametralmente opposto a quello abitualmente considerato cristiano. Cristo esce dalla trasformazione incredibilmente esaltato (almeno credo, e tutte le persone preoccupate a cui ne ho parlato condividono il mio punto di vista). Ma è ancora davvero il Cristo del Vangelo? E se non è Lui, su cosa si baserà ormai ciò che cerchiamo di costruire? … Una cosa mi rassicura: è che la luce crescente dentro di me è accompagnata dall’amore e dalla rinuncia a me stesso nel Più Grande di me. Ciò non può assolutamente trarre in inganno. 4
(Su questo particolare passaggio, Jacques Maritain rimarcò seccamente: “Vorrei che tali prove, ahimè, per quanto nobili siano, non potessero mai trarre in inganno.” 5)

In un'altra opera, Teilhard esprime l’idea hegeliana secondo cui “Dio si consuma solo unendosi” (con l’Altro).
Ciò che infonde vita nel cristianesimo non è il senso della contingenza del creato, ma piuttosto il senso del reciproco completamento del mondo e di Dio. … Dio è inevitabilmente indotto a immergersi nella Moltitudine, per “incorporarla” in Sé. 6
Teilhard de Chardin ha sempre creduto nel marxismo. Con il suo stile abituale, annunciò in una lettera del 14 agosto 1952:
Il Dio cristiano in alto e il Dio marxista del progresso in basso sono riconciliati in Cristo… Come mi piace dire, la sintesi del Dio cristiano (del sopra) e del Dio marxista (del futuro): ecco! Questo è l’unico Dio che d’ora in poi potremo adorare in spirito e verità.
Non c’è da stupirsi, come osserva Verschuuren: “Teilhard è l’unico autore cattolico romano le cui opere sono state esposte al pubblico insieme a quelle di Marx e Lenin nella Sala dell’Ateismo di Mosca”. In un omaggio a Teilhard che dovrebbe farci venire i brividi lungo la schiena per la sua applicabilità moderna, il suo discepolo Henri Rambaud proclamò:
[Teilhard] era assolutamente sincero nel definirsi cristiano e addirittura cattolico romano poiché, ai suoi occhi, l’unico disaccordo tra lui e la Chiesa nasceva dal fatto che già allora pensava ciò che la Chiesa non sapeva ancora che avrebbe presto pensato… Invece di essere d’accordo con la Chiesa di oggi, egli era d’accordo con la Chiesa di domani.
Nella maggior parte degli scritti di Pierre Teilhard de Chardin, il candore mozzafiato che egli esibiva nella sua corrispondenza privata era notevolmente assente. Al suo posto c’era una retorica nebulosa, poetica e scintillante di grandiose speculazioni pseudoscientifiche e di teologia quasi mistica, piena di un gergo tutto suo: “Cristogenesi”, “cosmogenesi”, “antropogenesi”, “ultraominizzazione”, “geosfera”, “biosfera”, “noosfera”, “punto Omega”, ecc. Egli ha abbagliato e sedotto l’ala “audace” del suo stesso ordine e coloro che, all’epoca del Concilio Vaticano II, cercavano una nuova teologia da accompagnare una nuova era dell’uomo.

Maestro dell'ambiguità
È a questo punto che sono saltato sulla sedia mentre leggevo Verschuuren:
Manipolare la terminologia e il vocabolario è spesso un modo molto intelligente di mascherare la propria ideologia di fondo. Ciò è accaduto molte volte nella storia. È così che alcuni hanno trasformato il concetto di diritti umani in qualcosa come “diritti riproduttivi”. È così che alcuni hanno semplicemente ridefinito la parola “concezione” non indicando più il momento dell’unione dello spermatozoo e dell’ovulo, ma piuttosto il momento, una settimana dopo, in cui questo nuovo essere umano viene impiantato all’interno del rivestimento dell’utero materno. E altri hanno — a volte apertamente, a volte subdolamente — ridefinito il concetto di “genere” per riferirsi al sesso con cui una persona si identifica, invece che al sesso con cui è nata. Tuttavia, ridefinire i termini non cambia la realtà. 7
Più specificamente:
Teilhard sapeva manipolare il linguaggio in modo che non si sapesse bene cosa affermava o intendeva affermare realmente. Ciò spiega probabilmente perché egli possa essere accettato ed elogiato sia da cristiani che da non cristiani, da credenti e non credenti, da cristiani ortodossi ed eterodossi. Ma questo è anche il motivo per cui non si può semplicemente difenderlo completamente o attaccarlo [su tutto quel che ha detto]… Ancora una volta, il suo segreto era l’ambiguità, con la quale poteva ingannare sia quelli “per” lui che quelli “contro” di lui… In gran parte dei suoi scritti, Teilhard è abbastanza vago e ambiguo da schivare i critici da entrambe le parti… Teilhard sapeva in modo sufficiente come rivestire le sue idee in modo tale che potessero non essere soppresse a prima vista. 8
Questa è la strategia che Papa Francesco ha adottato ripetutamente. In Amoris Laetitia [vedi], si è assicurato che il permesso di conferire i sacramenti agli adulteri impenitenti fosse formulato in un linguaggio vago, forzato e infinitamente discutibile che ha contrapposto i progressisti ai conservatori, i conservatori ai tradizionalisti e tutti contro tutti. Nella modifica del Catechismo sulla pena di morte [quiqui - qui - qui] ha scelto la parola ambigua “inammissibile” anziché il più forte “contrario al Vangelo” che aveva usato nel suo discorso dell’11 ottobre 2017 — eppure il testo modificato continua a riportare a piè di pagina proprio questo discorso. In tutti e tre i sinodi — i due sulla famiglia e quello più recente sui giovani — ha messo in piedi una burocrazia di adulatori che ha lavorato instancabilmente perché i documenti finali fossero infarciti di mezze verità, di gergo sociologese, di mancanza di distinzioni, e di altri simili strumenti di stile indiretto e di insinuazione. 9

La ragion d’essere di tale strategia è semplice. La verità fa luce e cerca ulteriore luce, ma l’inganno e l’errore si nascondono in luoghi ombrosi e scivolosi. Proprio come le persone favorevoli all’aborto sono generalmente restie a dichiarare apertamente che ognuno dovrebbe essere libero di avvelenare o smembrare i propri figli, e proprio come Planned Parenthood non è disposta a dichiarare apertamente che uno dei principali obiettivi fondativi e operativi della sua organizzazione è la riduzione di quelle che Margaret Sanger riteneva razze inferiori geneticamente inadatte come i negri, così anche la maggior parte dei preti e dei vescovi progressisti non sono ancora disposti a dissentire apertamente dalla fede cattolica, quindi devono trovare modi indiretti per esprimere le loro opinioni — e, in definitiva, per imporli ai fondamentalisti “non ricostruiti”.

Verschuuren definisce Teilhard de Chardin un “maestro dell’ambiguità”, sottolineando che “l’ambiguità può aiutare a immunizzare contro qualsiasi attacco” (96). Così è stato con il gesuita Bergoglio: a parte alcuni casi evidenti in cui chiacchiera semplicemente, egli preferisce virare avanti e indietro, dando con una mano e prendendo con l’altra, dicendo ora qualcosa di ortodosso, ora qualcosa di sospetto, ma spingendo sempre in modo pragmatico, attraverso le sue nomine gerarchiche e decisioni strategiche, verso gli obiettivi modernisti che si è prefissato.

In un certo senso, è una capacità piuttosto magistrale quella di manifestare un’arte portata alla perfezione. Sebbene gran parte di ciò che è stato detto sui gesuiti nel corso dei secoli possa essere liquidato come leggenda nera, ci sono ragioni per cui l’aggettivo “gesuitico” è diventato sinonimo di astuto, intelligente, consequenzialista, equivoco. Oltre a Teilhard de Chardin, gesuiti moderni come George Tyrrell, Karl Rahner, Joseph Jungmann, John Courtney Murray, Josef Fuchs, Carlo Maria Martini, Anthony de Mello e ai nostri giorni James Martin e Arturo Sosa Abascal mostrano ancora la stessa arte di trovare il modo di dire cose sbagliate senza dare l’impressione di dirle, di compromettere la fede cattolica pur sembrando rimanere nei limiti dell’ortodossia. 10

San Tommaso d’Aquino, elogiato dozzine di volte dal Magistero della Chiesa come esempio dell’armonia tra fede e ragione, ha fatto esattamente il contrario. Come sottolinea lo stesso Verschuuren, Tommaso d’Aquino è “il maestro delle distinzioni filosofiche e della chiarezza terminologica” (136). Il Dottore Angelico evitò accuratamente ambiguità ed equivoci, trovando le formulazioni migliori e più lucide per le dottrine più difficili, sempre con immensa umiltà davanti al mistero della Divina Rivelazione e ai documenti autorevoli della Chiesa. 11

Difatti, sebbene Tommaso fosse particolarmente dotato per la poesia (come rivelato dai suoi inni per l’Ufficio del Corpus Domini, a cui si riconosce la qualità di vertici insuperati della poesia medievale), egli scelse deliberatamente nella sua prosa uno stile semplice e lucido, in modo che i cliché retorici, le immagini poetiche e le vibrazioni emotive non ingombrassero, confondessero o oscurassero la trasmissione della sacra dottrina. In breve, egli ha evitato il tipo di linguaggio che pervade le effusioni di Teilhard.

La disobbedienza personificata?
La valutazione finale di Verschuuren su Teilhard ha ancora una volta una rilevanza agghiacciante per la nostra situazione:
Alcuni lo hanno definito “un figlio obbediente ma testardo della Chiesa”, una Chiesa che egli si rifiutava di abbandonare, poiché la considerava un grande veicolo per i suoi pensieri. Probabilmente è altrettanto esatto descriverlo come un ribelle ostinato mascherato da sottomesso. Roma gli ripete molte volte che sta sbagliando, ma lui non cambia una sola caratteristica del suo universo mentale. Non ha mai rinunciato a perseguire, con tutte le sue forze, un obiettivo che Roma aveva condannato.
Solo che ora la situazione è decisamente peggiore. Teilhard era un gesuita anticonformista con una propria agenda che continuava a entrare in conflitto con una Roma impegnata nell’ortodossia dottrinale. Oggi sul trono di Pietro siede un gesuita anticonformista con un proprio programma rivoluzionario, che ha introdotto novità condannate dall’insegnamento dei suoi predecessori, in modo tale che le stesse categorie di obbedienza e testardaggine, ribellione e sottomissione sono irrimediabilmente confuse. Per quanto problematico e insoddisfacente possa essere contrapporre la “Roma eterna” alla “Roma modernista”, non si può negare che la nostra drammatica situazione ha dato a questa narrazione — che possiede già una scomoda plausibilità per l’intero periodo postconciliare — una clamorosa veridicità.

Possiamo sinceramente sperare che venga il giorno in cui un restaurato Sant’Uffizio emani un monitum su molti dei documenti apparsi sotto il pontificato di Francesco, monitum paragonabile a quello emesso dallo stesso Sant'Uffizio il 30 giugno 1962 riguardo agli scritti di Teilhard de Chardin:
È sufficientemente chiaro che le opere sopra menzionate abbondano di ambiguità e di errori anche gravi, tali da offendere la dottrina cattolica.
Ironicamente, l’anglicano C. S. Lewis mostrò una sensibilità molto più “cattolica” rispetto all’attuale leadership della Chiesa quando, nel 1960, scrisse a un amico gesuita: “Quanto aveva ragione la vostra Società a zittire de Chardin!”. 12
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1 Lawler fa riferimento al seguente articolo altamente informativo: John P. Slattery, “Pierre Teilhard de Chardin’s Legacy of Eugenics and Racism Can’t Be Ignored” [Il retaggio eugenetico e razzista di Pierre Teilhard de Chardin non può essere ignorato], Religion Dispatches, 21 maggio 2018. L’omelia in Mongolia non è la prima occasione in cui il papa gesuita ha citato il visionario cosmico: vedi Laudato Si’ 83. Il giorno dopo l’omelia del papa (!), Luke Coppen, sul sempre attento e reattivo The Pillar, ha pubblicato una panoramica imparziale: “Is Teilhard de Chardin being rehabilitated? And who is that, anyway?” [Teilhard de Chardin è forse in fase di riabilitazione? E comunque, chi è?].
2 Verschuuren, 98–99. Ho trattato il Modernismo in modo più approfondito anche nella mia conferenza “Pius X to Francis: From Modernism Expelled to Modernism Enthroned” [Da Pio X a Francesco: dal modernismo espulso al modernismo sul trono], il cui testo è pubblicato nel secondo volume della mia opera The Road from Hyperpapalism to Catholicism [Il cammino dall’iperpapalismo al cattolicesimo].
3 Tutte le citazioni di Teilhard sono tratte dal capitolo pertinente del libro di Verschuuren (pp. 77–121).
4 Citato in Jacques Maritain, The Peasant of the Garonne: An Old Layman Questions Himself about the Present Time [Il contadino della Garonna: un vecchio laico si interroga sul tempo presente], 123.
5 Maritain, Peasant, 124.
6 Maritain, Peasant, 264-65.
7 Verschuuren, 95.
8 Verschuuren, 97; 119.
9 Scorrendo Denzinger-Bergoglio si scoprono dozzine di altri esempi.
10 Mi affretto ad aggiungere che il carisma di Sant’Ignazio di Loyola, da lui vissuto fedelmente, ha sempre prodotto grandi santi in ogni epoca, come (tralasciando molti altri che si potrebbero citare) p. William Doyle e p. John Hardon. Inoltre, in tutta onestà, dobbiamo ammettere che nel XX secolo anche gli altri grandi ordini religiosi come i francescani, i domenicani, i redentoristi, i cistercensi e i benedettini sono stati gravati di eretici e pervertiti. Senza i benedettini di St. John’s a Collegeville, ad esempio, non patiremmo il flagello del Novus Ordo. È stato davvero il secolo peggiore.
11 Si può far presente di sfuggita che le citazioni di san Tommaso d’Aquino nelle note di Amoris Laetitia sono fuori contesto e fuorvianti. Ci sono due teorie al riguardo: una è che alcuni redattori siano stati abbastanza intelligenti da cercare di minare gli errori di Francesco citando la vera dottrina dell’Aquinate; l'altro è che i redattori stessero tentando incompetentemente di sostenere il testo addobbandolo con passaggi di San Tommaso scelti in modo inadeguato, passaggi che loro stessi non capivano bene. Per un resoconto completo, vedere Peter Dvořák, “Is Amoris Laetitia Thomistic?” [L’Amoris Laetitia è tomista?], in Lukáš Novák e Marie Tejklová, a cura di, Dispelling the Fog: Critical Essays on Amoris Laetitia [Dissipare la nebbia: saggi critici su Amoris Laetitia], 29-50.
12 Lettera a p. Frederick Joseph Adelmann, 21 settembre 1960.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
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