Nella nostra traduzione da LifeSiteNews - Il vescovo Athanasius Schneider ha di nuovo alzato la voce in merito alla controversa Dichiarazione di Abu Dhabi sulla Fraternità umana del 4 febbraio 2019 [qui - indice approfondimenti qui] in cui Papa Francesco e un Grande Imam hanno dichiarato congiuntamente, tra le altre dichiarazioni problematiche, che Dio vuole la “diversità” delle religioni. È importante anche perché definisce teologicamente ambigua l'affermazione di Lumen gentium 16, chiamando ancora una volta in causa un documento conciliare per individuare la radice del problema. E così ancora una volta ci conferma [qui - qui - qui]
L'intervento del vescovo Schneider (testo completo di seguito) fa seguito all'ampia interpretazione e spiegazione dello stesso Documento da parte del Card, Gerhard Müller [qui], che presenta una "chiave interpretativa" grazie alla quale lo si potrebbe leggere in modo meno controverso; e dunque il vescovo Schneider sottolinea quegli aspetti del documento che non sono conformi alla tradizione cattolica e quindi devono essere confutati.
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Il vescovo Athanasius Schneider interviene al Virtual Life Forum di Roma, il 22 maggio 2020.Tra cattolici e musulmani non possono essere condivisibili
né fede comune in Dio né adorazione comune di Dio
L'affermazione più errata e pericolosa del Documento di Abu Dhabi sulla "Fraternità umana per la pace e la vita nel mondo" (firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb il 4 febbraio 2019) è la seguente: “ Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi ”.
È in contraddizione con la Rivelazione divina affermare che, proprio come Dio vuole positivamente la diversità dei sessi maschile e femminile e la diversità delle nazioni, allo stesso modo egli vuole anche la diversità delle religioni [vedi].
Il documento di Abu Dhabi parla anche di una fede comune in Dio: "È un documento che invita tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana". Qui il significato della fede stessa è ambiguo e, inoltre, il significato della fede in Dio viene messo al livello naturale di credere "nella fratellanza umana". Questo è teologicamente sbagliato e fuorviante.
Il significato del termine "fede" è dato da Gesù Cristo stesso, quindi dalla Divina Rivelazione. C'è solo "un solo Signore, una sola Fede, un solo Battesimo" (Ef 4, 5), "poiché tutti gli uomini non hanno fede". (2 Tess. 3: 2) Gesù Cristo, il Figlio incarnato di Dio, è "l'autore e il perfezionatore della nostra fede". (Ebr. 12: 2) Chi non crede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, non ha fede e non soddisfa Dio, come dice il Signore: “Chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio” (Gv 3, 18) e “Chi non crede nel Figlio, non vedrà la vita; ma l'ira di Dio rimane su di lui" (Gv 3:36).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: "Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in Colui che Egli ha mandato, "il suo Figlio prediletto" nel quale si è compiaciuto ( Mc 1,11 ); Dio ci ha detto di ascoltarlo (Mc 9,7). Il Signore stesso dice ai suoi discepoli: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1) - (CCC n. 151). “Fede” e “credere” non significa conoscere Dio mediante la luce naturale della ragione, ma un dono soprannaturale di Dio “suscitato e aiutato dalla grazia divina, ricevendo la fede mediante l’ascolto, credendo vero ciò che è stato divinamente rivelato e promesso”. (Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, sess. 6, cap. 6)
La Chiesa ha sempre insegnato (Concilio Vaticano I) che "non è la stessa la condizione di coloro che con il celeste dono della fede aderirono alla verità cattolica e la condizione di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione." (Costituzione dogmatica" Dei Filius ", cap. 3)
Lo stesso Concilio insegna: “L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina”. (Costituzione dogmatica " Dei Filius ", cap. 4)
Affermare che i musulmani adorano insieme a noi l'unico Dio (“nobiscum Deum adorant”), come afferma il Concilio Vaticano II in Lumen Gentium 16, teologicamente è un'affermazione molto ambigua. Che noi cattolici adoriamo con i musulmani l'unico Dio non è vero. Non adoriamo con loro. Nell'atto di adorazione adoriamo sempre la Santissima Trinità, non adoriamo semplicemente “l'unico Dio” ma, piuttosto, consapevolmente, la Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. L'Islam rifiuta la Santissima Trinità. Quando i musulmani adorano, non adorano ad un livello di fede soprannaturale. E ancora, il nostro atto di adorazione è radicalmente diverso. È essenzialmente diverso. Proprio perché ci rivolgiamo a Dio e lo adoriamo come figli costituiti nell'ineffabile dignità dell'adozione filiale divina, lo facciamo con fede soprannaturale. Invece, i musulmani non hanno una fede soprannaturale. Essi hanno solo una conoscenza naturale di Dio. Il Corano non è la rivelazione di Dio, ma una specie di anti-rivelazione di Dio, perché il Corano nega espressamente la rivelazione divina dell'Incarnazione, dell'eterna divinità del Figlio di Dio, del sacrificio redentore di Cristo sulla Croce, e quindi nega la verità di Dio, la Santa Trinità. Certamente una persona, quando adora sinceramente Dio Creatore - come la maggior parte dei semplici musulmani - adora Dio con un atto di adorazione naturale, basato sulla conoscenza naturale di Dio Creatore. Ogni persona non cristiana, ogni persona non battezzata, compreso un musulmano, può adorare Dio a livello della conoscenza naturale dell'esistenza di Dio. Essi adorano in un atto naturale di adorazione lo stesso Dio, che noi adoriamo in un atto soprannaturale e con fede soprannaturale nella Santissima Trinità. Ma si tratta di due atti di adorazione sostanzialmente diversi: l'uno è un atto di conoscenza naturale e l'altro è un atto di fede soprannaturale. Gli atti di adorazione e gli atti di conoscenza su cui si basano sono sostanzialmente diversi, sebbene l'oggetto sia lo stesso in quanto è lo stesso Dio. Forse si potrebbe formulare in questo modo: "I musulmani adorano Dio in un atto di adorazione naturale, e quindi in un senso sostanzialmente diverso da quello che facciamo noi cattolici, dato che adoriamo Dio sempre con fede soprannaturale".
Anche l'atto soggettivo di adorazione dei musulmani è diverso perché la loro comprensione di Dio è diversa dalla nostra. Bisogna tener presente che i musulmani, accettando proposizioni rivendicate come divine ma che non sono di origine divina, rischiano di offrire una falsa conoscenza e una falsa adorazione a Dio anche a livello naturale.
Il documento di Abu Dhabi parla della “base della nostra comune fede in Dio”. Tuttavia, coloro che seguono l'Islam vedono Dio come distante, privo di una relazione personale, e questa è un'idea di Dio molto carente. Una parte considerevole dei musulmani possiede un'immagine distorta e falsa di Dio come Uno che non può comunicare personalmente con noi e che noi non possiamo amare veramente e personalmente come nostro Padre e nostro Redentore.
Bisogna anche considerare il fatto che la concezione musulmana di Gesù è un rifiuto dell'idea cristiana: poiché il Corano afferma che Dio non può avere un Figlio, e quindi essi respingono l'Incarnazione anche se accettano la Nascita verginale. Pertanto, è inesatto equiparare la loro venerazione di Gesù alla nostra adorazione di Lui come Dio incarnato e Redentore dell'umanità; e la loro venerazione di Maria non è la stessa nostra venerazione di Lei come la Madre di Dio. Quindi, non possiamo imparare da loro come relazionarsi correttamente con Gesù o con Maria. Inoltre, la loro comprensione che la vita è “per” Dio non è la stessa rispetto alla nostra, poiché Gesù ha insegnato che Dio è nostro Padre, che viviamo per Lui, al fine di accrescere il nostro amore per Lui ed essere felici con Lui per sempre, mentre la loro concezione di vivere per Dio è quella di uno schiavo che vive per servire un potente Maestro. Infine, il concetto di misericordia musulmano è diverso da quello cristiano perché noi siamo misericordiosi, come il Padre è stato misericordioso con noi, mandando suo Figlio e morire per noi quando eravamo ancora suoi nemici; cosa che i musulmani negano.
Secondo la Sura 9:29, i musulmani devono “Combattere coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo [jizyah] e siano soggiogati”.
Non si può concordare con la tesi secondo la quale una lettura corretta del Corano è contraria a ogni forma di violenza. In primo luogo, questo non è vero semplicemente in base alla lettura del Corano. Le successive Sure del Corano sono molto violente nei confronti dei non musulmani e richiedono l'occupazione dei paesi non musulmani per mezzo della violenza. Anche oggi è questa la corretta lettura del Corano nella comprensione di molti musulmani. Inoltre, la maggior parte dei musulmani concorda sul fatto che le successive (più violente) Sure hanno autorità maggiore. Di solito, i musulmani comprendono il Corano nel significato letterale in quanto non hanno esegesi spirituale o allegorica. Forse alcune persone eccezionali, alcuni valenti studiosi islamici è possibile che lo facciano, ma essi non rappresentano l'Islam in quanto tale. Non hanno un'autorità suprema.
Pertanto, dal punto di vista teologico, è fuorviante e fonte di confusione che il Romano Pontefice abbia firmato un documento comune con un'autorità religiosa islamica usando i termini "Dio", "Fede", "pluralismo e diversità delle religioni", "fraternità", nonostante questi termini abbiano significati sostanzialmente diversi negli insegnamenti del Corano e nella Divina Rivelazione di Nostro Signore Gesù Cristo. Inoltre, bisogna anche tener presente il fatto che i musulmani non hanno un'autorità per risolvere le controversie con autorità universale, poiché non hanno magistero e non esiste l'autorità che rappresenti l'Islam in quanto tale e non esiste nell'Islam un'autorità che decida questioni dottrinali per tutti i musulmani.
L'unica fraternità universale stabile è la fraternità in Cristo. Solo in Gesù Cristo e nello Spirito Santo da Lui inviato, le persone possono veramente essere figli di Dio e chiamare Dio Padre e di conseguenza essere veramente fratelli. “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio... E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm. 8: 14-17).
L'unica vera e stabile pace è la pace di Cristo. Il seguente insegnamento di Papa Pio XI di quasi cento anni fa, trasmette fedelmente ciò che Gesù Cristo, nostro Divino Maestro e Redentore, e il Magistero costante della Chiesa hanno insegnato attraverso i secoli, e che rimane il principio a cui sottoporre l'analisi del documento di Abu Dhabi:
+ Atanasio Schneider, vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Santa Maria ad Astana
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
È in contraddizione con la Rivelazione divina affermare che, proprio come Dio vuole positivamente la diversità dei sessi maschile e femminile e la diversità delle nazioni, allo stesso modo egli vuole anche la diversità delle religioni [vedi].
Il documento di Abu Dhabi parla anche di una fede comune in Dio: "È un documento che invita tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana". Qui il significato della fede stessa è ambiguo e, inoltre, il significato della fede in Dio viene messo al livello naturale di credere "nella fratellanza umana". Questo è teologicamente sbagliato e fuorviante.
Il significato del termine "fede" è dato da Gesù Cristo stesso, quindi dalla Divina Rivelazione. C'è solo "un solo Signore, una sola Fede, un solo Battesimo" (Ef 4, 5), "poiché tutti gli uomini non hanno fede". (2 Tess. 3: 2) Gesù Cristo, il Figlio incarnato di Dio, è "l'autore e il perfezionatore della nostra fede". (Ebr. 12: 2) Chi non crede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, non ha fede e non soddisfa Dio, come dice il Signore: “Chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio” (Gv 3, 18) e “Chi non crede nel Figlio, non vedrà la vita; ma l'ira di Dio rimane su di lui" (Gv 3:36).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: "Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in Colui che Egli ha mandato, "il suo Figlio prediletto" nel quale si è compiaciuto ( Mc 1,11 ); Dio ci ha detto di ascoltarlo (Mc 9,7). Il Signore stesso dice ai suoi discepoli: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1) - (CCC n. 151). “Fede” e “credere” non significa conoscere Dio mediante la luce naturale della ragione, ma un dono soprannaturale di Dio “suscitato e aiutato dalla grazia divina, ricevendo la fede mediante l’ascolto, credendo vero ciò che è stato divinamente rivelato e promesso”. (Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, sess. 6, cap. 6)
La Chiesa ha sempre insegnato (Concilio Vaticano I) che "non è la stessa la condizione di coloro che con il celeste dono della fede aderirono alla verità cattolica e la condizione di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione." (Costituzione dogmatica" Dei Filius ", cap. 3)
Lo stesso Concilio insegna: “L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina”. (Costituzione dogmatica " Dei Filius ", cap. 4)
Affermare che i musulmani adorano insieme a noi l'unico Dio (“nobiscum Deum adorant”), come afferma il Concilio Vaticano II in Lumen Gentium 16, teologicamente è un'affermazione molto ambigua. Che noi cattolici adoriamo con i musulmani l'unico Dio non è vero. Non adoriamo con loro. Nell'atto di adorazione adoriamo sempre la Santissima Trinità, non adoriamo semplicemente “l'unico Dio” ma, piuttosto, consapevolmente, la Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. L'Islam rifiuta la Santissima Trinità. Quando i musulmani adorano, non adorano ad un livello di fede soprannaturale. E ancora, il nostro atto di adorazione è radicalmente diverso. È essenzialmente diverso. Proprio perché ci rivolgiamo a Dio e lo adoriamo come figli costituiti nell'ineffabile dignità dell'adozione filiale divina, lo facciamo con fede soprannaturale. Invece, i musulmani non hanno una fede soprannaturale. Essi hanno solo una conoscenza naturale di Dio. Il Corano non è la rivelazione di Dio, ma una specie di anti-rivelazione di Dio, perché il Corano nega espressamente la rivelazione divina dell'Incarnazione, dell'eterna divinità del Figlio di Dio, del sacrificio redentore di Cristo sulla Croce, e quindi nega la verità di Dio, la Santa Trinità. Certamente una persona, quando adora sinceramente Dio Creatore - come la maggior parte dei semplici musulmani - adora Dio con un atto di adorazione naturale, basato sulla conoscenza naturale di Dio Creatore. Ogni persona non cristiana, ogni persona non battezzata, compreso un musulmano, può adorare Dio a livello della conoscenza naturale dell'esistenza di Dio. Essi adorano in un atto naturale di adorazione lo stesso Dio, che noi adoriamo in un atto soprannaturale e con fede soprannaturale nella Santissima Trinità. Ma si tratta di due atti di adorazione sostanzialmente diversi: l'uno è un atto di conoscenza naturale e l'altro è un atto di fede soprannaturale. Gli atti di adorazione e gli atti di conoscenza su cui si basano sono sostanzialmente diversi, sebbene l'oggetto sia lo stesso in quanto è lo stesso Dio. Forse si potrebbe formulare in questo modo: "I musulmani adorano Dio in un atto di adorazione naturale, e quindi in un senso sostanzialmente diverso da quello che facciamo noi cattolici, dato che adoriamo Dio sempre con fede soprannaturale".
Anche l'atto soggettivo di adorazione dei musulmani è diverso perché la loro comprensione di Dio è diversa dalla nostra. Bisogna tener presente che i musulmani, accettando proposizioni rivendicate come divine ma che non sono di origine divina, rischiano di offrire una falsa conoscenza e una falsa adorazione a Dio anche a livello naturale.
Il documento di Abu Dhabi parla della “base della nostra comune fede in Dio”. Tuttavia, coloro che seguono l'Islam vedono Dio come distante, privo di una relazione personale, e questa è un'idea di Dio molto carente. Una parte considerevole dei musulmani possiede un'immagine distorta e falsa di Dio come Uno che non può comunicare personalmente con noi e che noi non possiamo amare veramente e personalmente come nostro Padre e nostro Redentore.
Bisogna anche considerare il fatto che la concezione musulmana di Gesù è un rifiuto dell'idea cristiana: poiché il Corano afferma che Dio non può avere un Figlio, e quindi essi respingono l'Incarnazione anche se accettano la Nascita verginale. Pertanto, è inesatto equiparare la loro venerazione di Gesù alla nostra adorazione di Lui come Dio incarnato e Redentore dell'umanità; e la loro venerazione di Maria non è la stessa nostra venerazione di Lei come la Madre di Dio. Quindi, non possiamo imparare da loro come relazionarsi correttamente con Gesù o con Maria. Inoltre, la loro comprensione che la vita è “per” Dio non è la stessa rispetto alla nostra, poiché Gesù ha insegnato che Dio è nostro Padre, che viviamo per Lui, al fine di accrescere il nostro amore per Lui ed essere felici con Lui per sempre, mentre la loro concezione di vivere per Dio è quella di uno schiavo che vive per servire un potente Maestro. Infine, il concetto di misericordia musulmano è diverso da quello cristiano perché noi siamo misericordiosi, come il Padre è stato misericordioso con noi, mandando suo Figlio e morire per noi quando eravamo ancora suoi nemici; cosa che i musulmani negano.
Secondo la Sura 9:29, i musulmani devono “Combattere coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo [jizyah] e siano soggiogati”.
Non si può concordare con la tesi secondo la quale una lettura corretta del Corano è contraria a ogni forma di violenza. In primo luogo, questo non è vero semplicemente in base alla lettura del Corano. Le successive Sure del Corano sono molto violente nei confronti dei non musulmani e richiedono l'occupazione dei paesi non musulmani per mezzo della violenza. Anche oggi è questa la corretta lettura del Corano nella comprensione di molti musulmani. Inoltre, la maggior parte dei musulmani concorda sul fatto che le successive (più violente) Sure hanno autorità maggiore. Di solito, i musulmani comprendono il Corano nel significato letterale in quanto non hanno esegesi spirituale o allegorica. Forse alcune persone eccezionali, alcuni valenti studiosi islamici è possibile che lo facciano, ma essi non rappresentano l'Islam in quanto tale. Non hanno un'autorità suprema.
Pertanto, dal punto di vista teologico, è fuorviante e fonte di confusione che il Romano Pontefice abbia firmato un documento comune con un'autorità religiosa islamica usando i termini "Dio", "Fede", "pluralismo e diversità delle religioni", "fraternità", nonostante questi termini abbiano significati sostanzialmente diversi negli insegnamenti del Corano e nella Divina Rivelazione di Nostro Signore Gesù Cristo. Inoltre, bisogna anche tener presente il fatto che i musulmani non hanno un'autorità per risolvere le controversie con autorità universale, poiché non hanno magistero e non esiste l'autorità che rappresenti l'Islam in quanto tale e non esiste nell'Islam un'autorità che decida questioni dottrinali per tutti i musulmani.
L'unica fraternità universale stabile è la fraternità in Cristo. Solo in Gesù Cristo e nello Spirito Santo da Lui inviato, le persone possono veramente essere figli di Dio e chiamare Dio Padre e di conseguenza essere veramente fratelli. “Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio... E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm. 8: 14-17).
L'unica vera e stabile pace è la pace di Cristo. Il seguente insegnamento di Papa Pio XI di quasi cento anni fa, trasmette fedelmente ciò che Gesù Cristo, nostro Divino Maestro e Redentore, e il Magistero costante della Chiesa hanno insegnato attraverso i secoli, e che rimane il principio a cui sottoporre l'analisi del documento di Abu Dhabi:
“Occorre una pace che che non sia soltanto nell’esteriorità di cortesie reciproche, ma scenda nei cuori, ed i cuori riavvicini, rassereni e riapra a mutuo affetto di fraterna benevolenza. Ma tale non è se non la pace di Cristo; « e la pace di Cristo regni nei vostri cuori » (Col. 3:15). Né c'è altra pace possibile se non quella che Cristo ha dato ai Suoi discepoli (Gv. 14:27) mentre Dio, com’Egli è, intuisce i cuori (1 Re 16: 7) e nei nostri cuori Egli ha il suo regno. D’altra parte Gesù Cristo ha ben diritto di chiamare sua questa vera pace dei cuori, Egli che per primo disse agli uomini « voi siete tutti fratelli » (Matt. 23: 8) e loro promulgava, suggellandola nel suo sangue, la legge dell'amore fraterno, di reciproca tolleranza: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate a vicenda come io vi ho amati » (Gv. 15:12); « Sopportate gli uni i pesi degli altri, e così adempirete alla legge di Cristo » (Gal.6: 2)”. (Enciclica Ubi arcano Dei Consilio, 33).
"La vera pace, la pace di Cristo, è impossibile se non siamo disposti e pronti ad accettare i principi fondamentali del cristianesimo, a meno che non siamo disposti a osservare gli insegnamenti e obbedire alla legge di Cristo, sia nella vita pubblica che privata". (Enciclica Ubi arcano Dei Consilio, 47)
La restaurazione del regno di Cristo per la pacificazione in Cristo: « La pace di Cristo nel regno di Cristo» (Enciclica Ubi arcano Dei Consilio, 49)
"Poiché solo in questo regno di Cristo si dà quella vera uguaglianza di diritti per la quale tutti sono nobili e grandi della stessa nobiltà e grandezza, nobilitati dal medesimo prezioso Sangue di Cristo". (Enciclica Ubi arcano Dei Consilio, 58)4 giugno 2020
+ Atanasio Schneider, vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Santa Maria ad Astana
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