Indice articoli sulle variazioni al Pater noster
- Il Padre Nostro come intermediazione (panem supersostantialem)
- “Genitor* 1 nostr* che sei nei cieli”. Una modesta proposta per gli anglicani che non ne vogliono più sapere del Dio Padre
- Sullo Spirito Santo, che induce Cristo nel deserto, e sulla nostra richiesta al Padre di non essere indotti in tentazione
- “Non ci indurre in tentazione”: se i vescovi leggessero la Commedia… (Dante, Purgatorio, canto XI, vv. 4-24)
- Sta in iustitia et timore et praepara animam tuam ad tentationem - Gian Pietro Caliari
- Non abbandonarli alla tentazione di cambiare il Padre nostro
- Traduzione della petizione lanciata da LifeSiteNews per non cambiare il Padre nostro
- La sesta domanda: "Non ci immettere nella tentazione" - Sant'Agostino
- Le omelie del Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney): Le tentazioni
- S. Tommaso, Commento al Padre nostro. La sesta domanda
- Breve riflessione sul "nuovo" Padre nostro - Silvio Brachetta
- Il “Padre nostro” in versione sacrilega - Luciano Pranzetti
Alcune note
Il Pater noster è una preghiera così misteriosamente semplice, sublime, completa. È alla portata intellettuale di tutti, ma supera l'intelligenza di tutti, tanto che sono insondabili le sue abissali profondità. Abbraccia, nella sua concisione, l'universo: è preghiera dell'uomo che dà voce al creato, al cosmo, alla storia dell'uomo-con-Dio.
Essa è intessuta di realtà bibliche (i"cieli"; il "regno"; la "volontà" di Dio; il "pane"; i "debiti"; la "tentazione"; il "male"…), ma ne esce, le supera. Non ci rivolgiamo a "Colui che è", all'"Onnipotente", all'"Altissimo", ma al "Padre", che è la fonte della vita, il Dio di tutti gli esseri viventi. ...È Padre, ma è anche Uno, è "Colui che è", è l'"Altissimo", l'"Onnipotente". È Tutto: ma soprattutto è nostro Padre, in quanto Padre del Signore nostro Gesù Cristo; infatti quel nostro presuppone e parte da Cristo Signore, se Lo accogliamo e in Lui "rimaniamo". Non può prescindere da Lui.
Il testo del "Padre nostro" ci è giunto in greco (vedi qui, oltre alla versione greca, quella ebraica, aramaica, della Vulgata): quindi, oltre e conoscerne le risonanze ebraiche ed aramaiche, che ci veicolano tutta la ricchezza e lo spessore della tradizione che ha nutrito la spiritualità di Gesù, bisogna ricorrere anche al greco per una sua giusta lettura.
L'osservazione più immediata in questa lettura è che le richieste del "Padre nostro" sono tutte all'imperativo ("Sia santificato"; "venga"; "sia fatta"; "dacci oggi"; "rimetti"; "non ci indurre"; "liberaci").
Dobbiamo osservare che la lingua greca usa oltre all''imperativo anche il modo "ottativo", che indica l'espressione di un desiderio; l'imperativo, invece indica un comando. Ebbene il testo greco del "Padre nostro" ha nelle forme verbali l'imperativo, non l'ottativo. Dunque chi ce ne ha tramandato il testo ha colto senz'altro in modo inequivocabile il pensiero di Cristo. La forma imperativa, dunque, viene da Cristo. Nel "Padre nostro" è Dio che prega in noi. Lo Spirito Santo grida in noi con gemiti inesprimibili "Abbà!"; "Padre!". È Dio che ci "comanda" che cosa dobbiamo chiedergli come figli; e i figli "pretendono" ciò che è loro necessario da chi li ha generati.
Il pane che ci viene fatto chiedere non è certamente il solo pane materiale, ma il pane "quotidiano", quello di cui abbiamo bisogno ogni giorno per vivere, il pane "sopra-sostanziale" (così traducevano i Padri della Chiesa), quello che nutre non solo il corpo, ma lo spirito, il pane "necessario", quello di cui Gesù ha detto "Chi mangia di questo pane vivrà in eterno"; è il pane che si identifica con Cristo stesso (Parola ed Eucaristia): "Io sono il Pane vivo disceso dal cielo".
Non dimentichiamo che, attraverso il Vangelo, il Pater ci è stato consegnato dal Suo Figlio, il Diletto... nel quale anche noi diveniamo Figli.
"Dacci oggi il nostro pane quotidiano" recita la ben nota preghiera sia nella versione di Mt:6 che di Lc:11
Ma c'è da chiedersi perché gli Evangelisti non hanno utilizzato "ephemeron" o "kathemerinon" per esprimere "quotidiano"? Che cosa indica realmente "epioúsion"?
Chiunque legge il testo greco sa che il termine è ἐπιούσιον "epioúsion", letteralmente significa "sopra-sostanziale" (Etimologicamente, epi- significa "sopra" e -ousios da ousia = "sostanza" o "essere"). Pane sovrasostanziale: prim'ancora che pane più che necessario, come in molte sottolineature, pane soprannaturale, il pane vivo che viene dal cielo... il corpo divino-umano del Signore! Perché il Padre possa riconoscere in noi – e compiacersene – l'immagine del Figlio diletto che ha pensato per ognuno di noi e che ci ha impressa come sigillo nel Battesimo, abbiamo bisogno di chiedergliela e di riceverla ogni giorno, per tenerla viva e vivificante non solo per noi, e non oscurarla.
L'interpretazione di questo vocabolo assolutamente insolito e di cui non si trovano che sparute tracce nella letteratura greca è sempre stata al centro di molte discussioni.
La Vulgata di San Girolamo lo rende con supersubstantialem nella versione matteana e quotidianum nella recensione lucana. Origene afferma che il termine era rarissimo e non usato né da colti né dalla plebe (De oration., 27,7). Il fatto è che
- quotidiano il pane di oggi fa pensare alla manna, il pane necessario che il Signore dispensava ogni giorno nel deserto durante l'Esodo in vista del Sinai e che andava raccolta secondo la necessità propria e della famiglia e consumata senza lasciarne per il domani, altrimenti sarebbe imputridita.
Ed è la sottolineatura della necessità costante e ripetitiva del nutrimento (non solo materiale ma anche spirituale) che ci attendiamo dal Padre. Infatti:
- epioúsion, il pane supersubstantialem, appunto per noi oggi e fino alla fine dei tempi, il pane vivo che viene dal cielo... il corpo divino-umano del Signore!
Nessun commento:
Posta un commento