mercoledì 5 marzo 2025

Antonio Livi sull'obbedienza al Papa

Ricevo segnalazione da parte di mons. Antonio Livi di un suo recente intervento su La bussola quotidiana, con esplicito invito ad un dibattito, al quale penso saranno in diversi a non sottrarsi. L'articolo è lungo e articolato e contiene diversi spunti che andrebbero colti e sviluppati. Purtroppo in questo momento, pur essendone molto interpellata, sono impossibilitata ad un'analisi e sintesi accurate come il tema meriterebbe. Tuttavia non riesco a tacere almeno sull'essenziale. E, mentre vi invito a consultare il testo dal link, mi limito ad inserire qui la conclusione seguita da alcune mie osservazioni. [vedi e anche]
[...] Meglio allora, come ho detto, lasciar perdere le tante interpretazioni delle intenzioni del Papa che certi malintenzionati impongono all’opinione pubblica cattolica manipolando il contenuto dei suoi discorsi: ci si attenga ai suoi insegnamenti ufficiali, e certamente si vedrà che – al di là di iniziative di “dialogo” che possono essere imprudenti o accenni ad argomenti dottrinali che possono risultare ambigui – i capisaldi della dottrina cristiana non sono minacciati e ogni riforma pastorale della Chiesa sarà, come insegnato da Benedetto XVI, una «riforma nella continuità». E per i fedeli comuni, giustamente non interessati a nomine, sostituzioni e deposizioni in campo ecclesiastico, è quanto basta.
Parto da una premessa, ineludibile per qualunque considerazione, che è anche un dato di fatto: il primo concilio proclamatosi 'pastorale' ha poi attuato una pastorale ateoretica che, de facto se non de iure, liquefa i dogmi. Ciò è potuto accadere inserendo nei suoi documenti - ad opera dell'ormai ben nota agguerrita minoranza costituita dall'alleanza renana - elementi di ambiguità che hanno spostato il fulcro dal teocentrismo all'antropocentrismo. Ciò ha reso possibili applicazioni conseguenti al cambiamento paradigmatico che trasferisce al soggetto Chiesa e al suo divenire nella storia la continuità che appartiene all'oggetto Rivelazione contenuto e trasmesso dal dogma. Elemento fortemente determinante, che l'autore ,nel citare Benedetto XVI, ignora completamente. 

Per questo è possibile che un filosofo come Livi, sostenitore della logica aletica, possa affermare che i capisaldi della dottrina cristiana non sono minacciati. Ciò forse in linea esclusivamente teorica, ma nella prassi non si può dire altrettanto. Inoltre, gli ultimi documenti magisteriali (Lumen Fidei ed Evangelii gaudium) hanno sollevato non poche perplessità espresse e documentate anche su questo blog. Per non parlare di quei punti controversi dei documenti conciliari - e delle loro applicazioni - ben individuati, documentati e mai confutati se non con proclami apodittici (vedi: ecumenismolibertà di religionecollegialità ed ecclesiologie et alia).

Per sviluppare un vero e costruttivo dibattito che affronti alla radice le cause dei problemi che stiamo vivendo, sarebbe dunque auspicabile che Livi dimostrasse in termini teoretici chiari e definitori l'effettiva continuità con la tradizione perenne dei punti sopra richiamati non sorvolando sulle dislocazioni conseguenti al recente Magistero sopra citato. E, semmai, confutasse negli stessi termini le documentate perplessità e relative argomentazioni poste sia sui punti controversi del concilio che sul Magistero recente. Piuttosto che invitare al silenzio quei laici che pongono interrogativi seri sui quali esprimono con acribìa ponderate riflessioni.

Sostanzialmente sembra non volersi riconoscere che se il livello non più sovrastorico del Magistero - proprio in quanto pastorale - non può modificare le essenze, tuttavia di fatto esso provoca l'alterazione della forma e l'oscuramento della Verità finché, Deo adiuvante, non ne avverrà il ripareggiamento ad opera di un Pontefice.

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