Una doppia persecuzione:
Il martire o il diplomatico – chi ha in mente il miglior interesse della Chiesa?
di Dr. R. Jared Staudt
Catholic World Report, 9 giugno 2022
Sant'Agostino adottava l'uso onnicomprensivo del termine «Catholica» nel presupposto che fosse inequivocabilmente riferito all'«Ecclesia», non in quanto sinonimo, ma nella consapevolezza della «ratio Ecclesiae», perché la Chiesa - lasciando da parte la vexata questio tra substistit in ed est - o è cattolica oppure non è Chiesa. (Brunero Gherardini)
«Quasi modo géniti infántes, alleluia, rationabile, sine dolo lac concupiscite (I Petr. 2,2), alleluia, alleluia. Exultate Deo, adiutori nostro, iubilate Deo Jacob (Ps. 80,2) Gloria Patri ...» |
«Quasi come bimbi appena nati, alleluia desiderate il latte spirituale e puro (1 Pt 2,2) alleluia, alleluia. Esultate in Dio, nostra forza, giubilate nel Dio di Giacobbe (Sal 80,2). Gloria al Padre ...» |
« Il nostro Divin Risorto ha voluto che la sua Chiesa così ne comprendesse il mistero, poiché, avendo intenzione di mostrarsi una seconda volta ai suoi discepoli, riuniti tutti assieme, ha aspettato, per farlo, il ritorno della Domenica. Durante tutti i giorni precedenti ha lasciato Tommaso in preda ai suoi dubbi; solamente oggi è voluto venire in suo soccorso, manifestandosi a questo Apostolo in presenza degli altri e obbligandolo a deporre la sua incredulità di fronte alla più palpabile evidenza. Oggi, dunque, la Pasqua riceve da Cristo il suo ultimo titolo di gloria, aspettando che lo Spirito Santo discenda dal cielo per venire a portare la luce del suo fuoco e fare, di questo giorno, già così privilegiato, l'era della fondazione della Chiesa Cristiana ». (Dom Prosper Guéranger)
Messale Romano 1955 |
Messale quotidiano dei fedeli, a cura di J. Feder, ed. ital. A cura di A. Bugnini, 1963 | Missale Romanum anno 1962 promulgatum, Ristampa a cura di C. Johnson e A. Ward, C.L.V. - Ed. Liturgiche, 1994 | Messale Romano Latino - Italiano per le domeniche e feste, LEV, imprim.: 12 marzo 1965 | Variationes in Ordinem hebdomadae sanctae inducendae: (9 marzo e 19 marzo 1965) |
8. | 8. Pro conversione Iudaeorum | 8. Pro conversione Iudaeorum | 8. Pro Iudaeis. |
Oremus et
pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum;
ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum.
Omnipotens sempiterne Deus, qui Iudaeos a tua misericordia non répellis:
exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut,
agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis ténebris eruantur.
|
Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum. | Oremus et
pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum;
ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum.
Omnipotens sempiterne Deus, qui Iudaeos a tua misericordia non répellis:
exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut,
agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis ténebris eruantur.
|
Oremus et
pro Iudaeis: ut Deus et Dominus noster faciem suam super eos illuminare
dignetur; ut et ipsi agnoscant omnium Redemptorem, Iesum Christum Dominum
nostrum.
Omnipotens sempiterne Deus, qui promissiones tuas Abrahae et semini
eius contulisti: Ecclesiae tuae preces clementer exaudi; ut populus
acquisitionis antiquae ad Redemptionis mereatur plenitudinem pervenire.
Per Dominum nostrum.(1) |
Da un'intervista a Mons. Angelo Amato (CDF) da Avvenire 11 luglio
VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello - La preghiera per gli Ebrei: “un tentativo completamente nelle mani di Dio”
Messale Romano 1962 |
Alcuni circoli ebraici ed alcuni organi di stampa hanno fatto rumore in
occasione della recente promulgazione del Motu proprio di Benedetto XVI sulla Messa
antica, temendo la reintroduzione della preghiera per gli Ebrei, quella da
cui Papa Giovanni tolse l’aggettivo ‘perfidi’.
Forse pochi sanno che la orazione solenne per gli Ebrei del Venerdì Santo ha
una corrispondente nella cosiddetta birkat ha-minim (benedizione contro gli eretici) della
liturgia giudaica, che è la seguente: “Che per gli apostati non ci sia speranza;
sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell’orgoglio; e periscano in un
istante i nazareni (ndr. i giudeo-cristiani) e gli eretici: siano cancellati dal
libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu che
pieghi i superbi”.
Così recita la XII benedizione della liturgia sinagogale nella forma primitiva.
Mentre in quella del Talmud babilonese più diffusa oggi: “Per i calunniatori e
gli eretici non vi sia speranza, e tutti in un istante periscano; tutti i Tuoi
nemici prontamente siano distrutti, e Tu umiliali prontamente ai nostri giorni.
Benedetto Tu, Signore, che spezzi i nemici e umili i superbi”.
Quanto all’Orazione solenne del Venerdì Santo, la versione italiana del Messale Romano del 1962 dice: “Preghiamo anche per gli Ebrei, affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori, in modo che essi pure con noi riconoscano Gesù Cristo Signor Nostro. Preghiamo. O Dio onnipotente ed eterno, che non rigetti dalla tua misericordia neppure gli Ebrei, esaudisci le suppliche che ti rivolgiamo per questo popolo accecato, affinché ammetta che il Cristo è la luce della tua verità, ed esca così dalle tenebre”.
In quella del Messale Romano del 1970 è stata così modificata: “Preghiamo per gli ebrei: il Signore Dio nostro, che li scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola, li aiuti a progredire sempre nell’amore del suo nome e nella fedeltà alla sua alleanza”. Preghiera in silenzio. “Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta benigno la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.
Osservando comparativamente le formule, si nota che quella giudaica si serve delle invettive proprie di taluni salmi e testi profetici (per esempio il Salmo 58), non estranee nemmeno al Nuovo Testamento; quella cristiana dell’antico Messale riecheggia l’invito di San Paolo alla comunità cristiana, a pregare per tutti gli uomini (cfr. 1 Timoteo 2,1), quindi anche per i giudei, quando le rammenta l'irrevocabilità dell'elezione divina d’Israele (cfr. Romani 11,29) [ma non si può lasciar correre : 11.29: Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! ; ignora 11,20 : Bene; essi però sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu non insuperbirti, ma abbi timore! -ndR] [e, poi, vedi infra: la confutazione delle "due salvezze parallele" -ndR] ed il mistero della sua conversione alla fine dei tempi (cfr. Romani 11,25-26). Secondo De Clerk, questa preghiera potrebbe essere “segno di grande antichità delle orationes sollemnes, oppure potrebbe risalire a un periodo in cui i giudei erano molto numerosi a Roma. Quanto all’orazione del nuovo Messale, il tema è il popolo di Abramo, depositario delle ‘irrevocabili’ promesse divine e chiamato comunque “alla pienezza della redenzione”. Questa è stata sempre la coscienza della Chiesa che nell’orazione domanda a Dio che si affretti la realizzazione di quella promessa.
Dunque, non è il caso che i nostri ‘fratelli maggiori’ continuino a scandalizzarsi della preghiera che i cristiani innalzano a Dio per loro, quando dovrebbero agire a modificare la loro, visto che nella prima forma e anche in quella del Talmud babilonese, non è stata tolta la maledizione di Dio che non si concilia col suo amore universale. .
Un po’ di storia.
Accanto ai minim (dissidenti) si menzionavano i nozrim, i nazareni, cioè i seguaci di Gesù di Nazareth, perché “spariscano all’istante, cancellati dal libro della vita e non scritti con i giusti. Benedetto sei tu che umili i superbi” (cfr. G. De Rosa, Gesù di Nazareth e l’Ebraismo di ieri e di oggi. Dal rifiuto all’appropriazione esclusiva. “La Civiltà Cattolica”, 15 (2000), n 12). Nel medesimo periodo venne comminata infatti la scomunica contro i giudeo-cristiani, i quali pur pretendendo di rimanere dentro la sinagoga, la dividevano nella fede, proteggevano i “gentili”, soprattutto i romani, e distruggevano il principio dommatico della habdàlàh ossia la separazione tra circoncisi e non (cfr. H.Herts, Daily Prayer Book with commentary. Introductions and notes, New York 1971, p 142 s.). Così nel Medioevo la pensava Maimonide e ai nostri giorni il rabbino americano J.Petuchowski (cfr. S.Ben Chorin, Il giudaismo in preghiera. La liturgia della sinagoga, Cinisello B.1988, p 80). Tuttavia oggi non tutti gli ebrei nominano i nazareni e i dissidenti, ma si limitano ai calunniatori, i cattivi e i nemici.
Quanto alle Orazioni solenni del Venerdì Santo e alla Orazione universale o dei fedeli nella Messa, si riallacciano alla tradizione apostolica di pregare per tutti: in particolare perché trascorrano una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità, quale “cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (cfr. 1 Timoteo 2,1-3). Tracce di tale preghiera si ritrovano in Clemente di Roma, Policarpo di Smirne, Giustino, Tertulliano e Cipriano, che sottolineano la richiesta a Dio di giungere alla conoscenza della verità e alla salvezza eterna. Sarà Prospero d’Aquitania (390-455), autore del celebre “ut legem credendi lex statuat supplicandi” a riferirvisi con più evidenza. L’autore non intendeva istituire un automatismo, quasi che dalla preghiera derivi la norma della fede, ma dire che diventa norma di fede quella preghiera connessa con la dottrina cattolica conclusa con la morte dell’ultimo apostolo. In certo senso la liturgia deve esprimere la fede cattolica e apostolica, oltre che l’unità e la santità della Chiesa.
Tuttavia, la descrizione più antica delle orationes sollemnes è contenuta nei Capitula, un documento annesso alla lettera di Papa Celestino I ai Vescovi della Gallia, scritto tra il 435-442. In particolare nella preghiera pro Judaeis dice: “ut Judaeis, ablato cordis velamine, lux veritatis appareat”. La frase evidentemente richiama da un lato San Paolo (2 Cor. 3,12-16) e dall’altro la orazione che, attraverso Leone Magno e i libri liturgici romani altomedievali noti come Ordines, giunge fino alla forma del Messale romano del 1962. Dunque le fonti liturgiche che ci tramandano le orationes sollemnes risalgono alle tradizioni gelasiana, gregoriana e gallicana codificate nei Sacramentari e negli Ordines romani.
L’Oratio pro conversione iudaeorum, la sesta delle orazioni solenni, nel
Messale del 1970 è intitolata semplicemente “pro iudaeis”. L’appellativo
‘perfidi’ è stato tolto, sebbene significasse semplicemente ‘increduli’, in
certo senso meglio del minim, i dissidenti della birkat giudaica.
Per l’analisi e la traduzione dell’espressione, approvata già nel 1948 dalla
Congregazione dei Riti, rimandiamo agli studi esistenti; ma già nel 1936 il
grande esegeta protestante diventato cattolico Eric Peterson, aveva pubblicato
uno studio in cui mostrava che l’epiteto voleva dire fedifrago, in quanto i
giudei avevano stretto un patto conal quale erano
venuti meno. Tale significato, applicato anche ai pagani, si trova in alcune
opere di Cipriano e di Ambrogio. Sant’Agostino rifacendosi alla giustizia della
fede in San Paolo, la traduce con ingiustizia e mancanza di fede. Sulla stessa
linea anche Gelasio e Gregorio Magno.
A questo punto si può dedurre che la Oratio pro iudaeis appare in certo senso speculare alla birkat ha-minim giudaica, la maledizione contro gli eretici; quasi una ‘risposta’, poiché il dato liturgico non è mai astratto, ed entrambe risalgono allo stesso periodo, come abbiamo visto. Alla scomunica comminata ai giudeo-cristiani e all’accusa di “eresia” da parte dei giudei - forse durante il sinodo di Jabne tra 90 e 100 d.C., - che volevano in tal modo sancire la rottura definitiva del Giudaismo ufficiale con i cristiani, questi avrebbero ‘risposto’ con l’inserzione della “preghiera per i giudei”. Al di là di ogni polemica, è “ragionevole ritenere che la storia di entrambe le preghiere, il cui contenuto era certamente noto sia ad ebrei che a cristiani alla fine del I secolo, si sia intrecciata, dando così forma al testo liturgico così come ci è pervenuto, salvo, ovviamente, le inevitabili modifiche che, generalmente, i testi liturgici subiscono nel corso dei secoli” (Annamaria Abrusci, Storia ed evoluzione delle Orazioni solenni. Il caso della preghiera Pro Iudaeis, tesi di magistero presso l’ISSR di Bari, anno 2000-2001, p 111-112, pro manuscripto). Ciò dimostra ancora una volta l’influsso della liturgia ebraica e giudaica in specie su quella cristiana. La preghiera non può essere modificata in contraddizione con la dottrina cattolica e apostolica. Volentieri, dunque, oggi pregheremo anche con le nuove formule del Messale Romano di Paolo VI dove si supplica il Signore che “il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.
La Chiesa prega per la conversione di tutti gli uomini
“Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosé che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto” (2 Corinzi, 3, 12-16).
Questo testo paolino è notoriamente la fonte dell’orazione per gli ebrei fino al Messale del 1962. Oggi non pochi cattolici hanno timore della conversione e così pure gli ebrei, i quali vorrebbero che la Chiesa cattolica non sia se stessa, almeno nei loro confronti. Ora la conversione è l’essenza del Vangelo di Gesù, e ha designato il cammino verso di Lui di popoli e nazioni (cfr. gli studi di E. Peterson sull’interpretazione di Romani 9-11 e il significato della conversione). Facendo la verità nella carità e nel rispetto della libertà, la Chiesa ha come priorità l’annuncio del Vangelo che è la verità piena e definitiva sull’uomo e alla quale l’uomo è chiamato a convertirsi. E’ Cristo che ha dichiarato: “Il tempo è compiuto… convertitevi e credete al vangelo” (Marco 1,15), non ‘dialogate e mettetevi d’accordo’. San Pietro ha descritto la conversione come un percorso irreversibile: dalla parola dei profeti, lampada che brilla in luogo oscuro fino allo spuntare della stella del mattino (cf. 2 Pietro 1,19); i Magi avevano cercato la verità al seguito della stella, finché trovarono la luce vera (cfr. Matteo 2,2); san Paolo, dopo essere andato a tastoni come in un luogo buio (cf. Atti 17,27) fino ad essere investito da Cristo verità incarnata e convertirsi a Lui.
La Chiesa, come ha detto il Concilio, è sacramento anche in rapporto alle religioni, cioè non solo segno ma strumento di salvezza per tutti [coloro che accolgono il Signore -ndR]. Si comprende così che il cristianesimo è una religione universale che fa conoscere il vero Dio d’Israele (cfr. Giovanni Paolo II, “Varcare la soglia della speranza”, Milano 1994, p.112). [In ogni caso il Concilio ha prodotto anche la Dichiarazione Nostra aetate -ndR]
Il tema della salvezza in Gesù Cristo necessaria per ogni uomo è stato riaffermato nella Dichiarazione Dominus Jesus. Il dialogo con gli ebrei nasce dalla “coscienza del dono di salvezza unico e universale offerto dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito” (n. 13). Proprio mostrando in Cristo il compimento del Giudaismo, la Chiesa è passata ad affrontare il mondo pagano “che aspirava alla salvezza attraverso una pluralità di dèi salvatori” (ivi).
Il dialogo è parte integrante della coscienza missionaria della Chiesa; fondato sulla consapevolezza della pari dignità di tutti gli uomini, a qualsiasi religione appartengano, e nello stesso tempo sul primato di Gesù Cristo e della sua dottrina “in confronto con i fondatori delle altre religioni” (Dominus Iesus, n. 22 ).
La Chiesa propone il regno di Dio come signoria universale di Gesù Cristo (cfr J.Ratzinger -Benedetto XVI, “Gesù di Nazaret”, Città del Vaticano 2007, cap III); Benedetto XVI cita nel suo libro l’erudito rabbino Jacob Neusner che in un saggio del 1993 aveva evidenziato tutta la differenza tra la Torah e Gesù. Se e quando tutti gli uomini entreranno nella Nuova Alleanza della Chiesa, compresi gli ebrei, è questione da lasciare allo Spirito Santo (cfr. Varcare…, p. 112). La preghiera per gli ebrei esprime la convinzione che l’incontro e il dialogo è “un tentativo che sta completamente nelle mani di Dio” (Gesù di Nazaret, p 248), con un messaggio: “Allora non abbandoneranno la loro obbedienza - (alla Torah che permette di vedere Dio “di spalle”, Ivi, p 310-311), - ma essa verrà da fonti più profonde e perciò sarà più grande, più sincera e pura, ma soprattutto anche più umile” (Ivi, p 249). (1)
Così si capiscono di più le richieste di perdono e il gesto di Giovanni Paolo II al ‘muro del pianto’ e ancora prima l’intervento del Cardinale Joseph Ratzinger alla Conferenza internazionale ebraico-cristiana di Gerusalemme nel 1994, dove svolse la tesi della riconciliazione, essenza di due fedi, ricordando che il sangue versato da Cristo non grida vendetta ma appunto riconciliazione. Nessuna intenzione da parte cattolica, dunque, di incentivare l’antigiudaismo - e speriamo da parte ebraica nemmeno l’anticristianesimo - ma conoscenza e rispetto reciproco, anche delle espressioni della propria fede, pregando gli uni per gli altri. (Agenzia Fides 26/7/2007).
[E tuttavia, per evitare ogni equivoco, vedi: M. Guarini, La “Dottrina della sostituzione” della Sinagoga con la Chiesa è stata modificata con quella delle "due salvezze parallele”]
________In breve la situazione per il Rito Ambrosiano:
(1) Questa differenza emerge in modo eclatante nella traduzione italiana ufficiale, che sostituisce quello che un tempo fu il tuo popolo eletto (versione del 1965: l'alleanza è un fatto passato e compiuto) con il popolo primogenito della tua alleanza (versione del 1970: l'alleanza può essere considerata ancora vigente).
(2) Da notare che nel Messale stampato nel '54 era espressamente detto di non dire né Amen, né Oremus, né Flectamus, ma di procedere subito all'orazione: ma il fatto di non inginocchiarsi all'orazione per i Giudei miscredenti - come appunto deve correttamente essere inteso il testo - deriva dal non voler ripetere il gesto di quei Giudei che si inginocchiarono davanti al Signore per scherno durante la sua Santa Passione.
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Sapete cosa vi ho fatto? (Gv13,12) |
“Il Cardinale Zen vorrebbe sapere perché la prima sessione delle Congregazioni Generali deve iniziare così presto. Come fanno ad arrivare puntuali i vecchi della periferia? Esiste una buona parola che ricorda loro che non hanno il dovere di partecipare, ma ne hanno il diritto - sì o no?”La preoccupazione di Zen evidenzia una tensione più ampia all'interno della Chiesa: il Collegio dei Cardinali del 2025 include il 31% delle Americhe, il 20% dell'Asia/Oceania e il 10% dell'Africa, secondo i dati del Vaticano II, il che significa che un incontro frettoloso potrebbe escludere voci non europee nella selezione del prossimo papa.
È arrivata poco fa la notizia. Sui media la solita agiografia. Lo chiamano un papa "fuori dagli schemi" : cosa effettivamente certa. Vedremo come si manifesterà la Provvidenza.
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