martedì 29 aprile 2025

Una doppia persecuzione: La testimonianza del Cardinale Zen di Hong Kong

«Mentre il cardinale ha reagito al suo arresto con il commento “il martirio è normale nella nostra Chiesa”, il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, ha risposto esprimendo non solo preoccupazione ma anche speranza che l’arresto non interrompa il dialogo con la Cina». Non è un articolo recente; ma illustra bene la situazione, immutata nella sostanza, Gli sviluppi della persecuzione li trovate in questo Indice degli articoli sulla questione Sino/Vaticana.

Una doppia persecuzione: 
La testimonianza del Cardinale Zen di Hong Kong
Il martire o il diplomatico – chi ha in mente il miglior interesse della Chiesa?
di Dr. R. Jared Staudt
Catholic World Report, 9 giugno 2022

Se la Chiesa deve continuare a essere la presenza di Cristo nel mondo, allora parte di questa missione include la continuazione del suo sacrificio.

Recentemente ho scritto della testimonianza sacrificale del sacerdote di fronte all’oppressione moderna, citando esempi come il Cardinale Nguyễn Văn Thuận e il Servo di Dio Walter Ciszek. In realtà, tuttavia, è una testimonianza che proprio ora continua in tutto il mondo. Sacerdoti, religiosi e fedeli laici vengono regolarmente rapiti e martirizzati in Nigeria dai terroristi islamici. La Chiesa affronta persecuzioni anche in Paesi tradizionalmente cattolici come il Nicaragua e il Venezuela, dove i leader vengono messi a tacere per aver parlato contro le ingiustizie. La Chiesa rimane una delle più forti testimoni della dignità umana di fronte alla continua oppressione comunista e alla dittatura del relativismo che si è abbattuta sulla società occidentale.

lunedì 28 aprile 2025

Pratica del Tempo Pasquale

Vedi anche: Cenno storico sul tempo pasquale qui.
Pratica del Tempo Pasquale

La gioia spirituale.
Il riflesso di questo periodo sacro si riassume nella gioia spirituale che esso deve produrre nelle anime risuscitate assieme a Cristo, gioia che è una pregustazione della felicità eterna e che il Cristiano deve, d'ora in avanti, conservare in sé, cercando sempre più con ardore quella Vita che è nel nostro divin Salvatore e fuggendo, con costante energia, la morte, figlia del peccato.
Nelle settimane precedenti abbiamo dovuto dolerci di noi stessi, piangere le nostre colpe, abbandonarci all'espiazione, seguire Gesù fino al Calvario; ma adesso la Chiesa c'impone, invece, di rallegrarci. Essa stessa ha bandito ogni tristezza; non geme, ormai, che come la colomba; canta, quale, sposa che ha ritrovato il suo sposo!
E per rendere più universale questo sentimento di gioia, essa si adattata alla debolezza dei suoi figli. Dopo aver loro ricordato la necessità dell'espiazione, ha concentrato tutto il vigore della penitenza cristiana nei quaranta giorni appena trascorsi; ed ora, rendendo la libertà al nostro corpo, e nel medesimo tempo ai sentimenti dell'anima nostra, ci ha trasportato in una regione dove non esiste che allegrezza, luce e vita, dove tutto è gioia, serenità, dolcezza e speranza di immortalità.

domenica 27 aprile 2025

Domenica in albis, 'Octava dies' di Pasqua

Rispolvero un vecchio articolo, con l'aggiunta del testo dell'antifona per ritrovarne le perle sempre da approfondire e custodire. Vedi anche le suggestioni del gregoriano qui

«Quasi modo géniti infántes,
alleluia,
rationabile, sine dolo lac concupiscite
(I Petr. 2,2),
alleluia, alleluia.
Exultate Deo, adiutori nostro,
iubilate Deo Jacob
(Ps. 80,2)
Gloria Patri ...»
«Quasi come bimbi appena nati,
alleluia
desiderate il latte spirituale e puro (1 Pt 2,2)
alleluia, alleluia.
Esultate in Dio, nostra forza,
giubilate nel Dio di Giacobbe (Sal 80,2).
Gloria al Padre ...»

Dalle prime parole dell'introito della Messa del giorno "Quasi modo geniti infantes". Ogni Domenica è Pasqua, ma quella in Albis, Ottava (Octava Dies) di Pasqua, ci si ricorda la gioia e la grandiosità dell'unica e solenne Domenica che ha portato e porta tutto il mondo cristiano alla Risurrezione di Cristo Signore.
Parole rivolte ai neofiti che avevano appena ricevuto la Fede per esortarli a continuare a nutrirla. Essi (e vale per tutti noi), una volta finiti i festeggiamenti del loro ingresso pasquale nella Chiesa, depositavano le vesti bianche ([in] albis vestibus) "esterne" ricevute la Domenica di Pasqua col Santo Battesimo, iniziando la feriale (ma sempre gioiosa) vita cristiana nella quale bisogna continuare a portare le vesti bianche "interne".
« Il nostro Divin Risorto ha voluto che la sua Chiesa così ne comprendesse il mistero, poiché, avendo intenzione di mostrarsi una seconda volta ai suoi discepoli, riuniti tutti assieme, ha aspettato, per farlo, il ritorno della Domenica. Durante tutti i giorni precedenti ha lasciato Tommaso in preda ai suoi dubbi; solamente oggi è voluto venire in suo soccorso, manifestandosi a questo Apostolo in presenza degli altri e obbligandolo a deporre la sua incredulità di fronte alla più palpabile evidenza. Oggi, dunque, la Pasqua riceve da Cristo il suo ultimo titolo di gloria, aspettando che lo Spirito Santo discenda dal cielo per venire a portare la luce del suo fuoco e fare, di questo giorno, già così privilegiato, l'era della fondazione della Chiesa Cristiana ». (Dom Prosper Guéranger)

venerdì 25 aprile 2025

La Santa Tunica di Argenteuil

La santa Tunica di Argenteuil, Francia
di Don Denis Puga, FSSPX


Gli Ebrei che vivevano in Palestina nei tempi evangelici, in generale portavano diversi indumenti: una cintura di tessuto sui reni con una tunica piuttosto corta indossata a contatto con la pelle. Sopra veniva indossata una tunica più ampia, più lunga e più spessa. Il tutto coperto con un grande mantello.

Come raccontano i Vangeli, nel Pretorio di Pilato Gesù fu interamente spogliato per subire l’atroce supplizio della flagellazione. Dopo averLo schernito incoronandolo di spine, i soldati gli restituirono gli indumenti e Lo portarono via per crocifiggerLo.

In cima al Calvario, il Figlio di Dio fu nuovamente spogliato. I Suoi indumenti furono divisi tra i carnefici; i quali tirarono a sorte per prendere la Sua tunica senza cuciture.

Tutto questo ci è specificato nel racconto fatto da San Giovanni, testimone fedele dei fatti.

Papa Francesco: la fine di un pontificato modernista e la crisi della Chiesa

Papa Francesco: la fine di un pontificato
modernista e la crisi della Chiesa


La morte di Papa Francesco segna la conclusione di un papato che ha diviso la Chiesa come mai prima d’ora. Più che un “pontefice della misericordia”, come molti amano definirlo, Francesco è stato il simbolo di un pontificato modernista, che ha sfidato la Tradizione millenaria della Chiesa in nome di un falso ecumenismo e di un dialogo sottomesso al mondo. La sua morte non chiude solo un’epoca, ma lascia aperte le cicatrici di un pontificato che ha cercato di cambiare la Chiesa, allontanandola dalle sue radici.

Un pontificato senza radici: l’accoglienza a tutti i costi
Il principale tratto distintivo del papato di Francesco è stata la sua costante ricerca di “accoglienza”, una parola che, nei suoi pronunciamenti più noti, ha assunto un significato ambiguo, talvolta opposto ai principi cristiani di verità e giustizia. In nome di questa accoglienza, ha abbattuto barriere dottrinali e disciplinari che erano rimaste in piedi per secoli. L’esempio più lampante è il sinodo sulla famiglia, che ha aperto la porta alla comunione dei divorziati “risposati”, una rottura radicale con la dottrina tradizionale della Chiesa, senza un adeguato dibattito teologico, senza nemmeno un chiaro discernimento sulle implicazioni spirituali di tali cambiamenti.

Il cardinale Müller: «Francesco? Ambiguo su gay, donne e Islam. Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi»

Il cardinale Müller: «Francesco? Ambiguo su gay, donne e Islam. 
Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi»

L'esponente dell'ala conservatrice del collegio cardinalizio e il prossimo conclave: ogni pontefice è il successore di Pietro Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, esponente dell’ala conservatrice del collegio cardinalizio, dice che ogni Papa «non è un successore del suo predecessore ma un successore di Pietro». Un modo per sostenere che il prossimo Conclave non dovrà per forza agire nel solco di Francesco. Il quale ha avuto «unanime l’apprezzamento per l’impegno con i migranti, i poveri e per superare le divisioni tra il centro e la periferia». Ma in alcuni momenti è stato un po’ ambiguo: «Per esempio quando con Eugenio Scalfari ha parlato di resurrezione. Con papa Benedetto abbiamo avuto la chiarezza teologica perfetta», dice oggi a Repubblica.

giovedì 24 aprile 2025

Note sulla "Preghiera per gli ebrei" e sulle sue modifiche nei diversi Messali

Nel ripristinare alcuni contenuti importanti persi con la censura dell'altro blog, ho rivisto il testo che segue, in tema con la settimana Santa appena trascorsa e le intervenute variazioni liturgiche che diventano dottrinali... Ve lo ripropongo (dopo aver fatto un lavoraccio di redazione) con tutti gli approfondimenti di cui ai link di riferimento.

Note sulla "Preghiera per gli ebrei" e sulle sue modifiche nei diversi Messali

Premessa

Messale Romano 1955
La soppressione delle parole perfidis e perfidiam, decisa il venerdì santo del 1959 e tradotta in pratica a partire dal 1960, non fu dovuta a un atto di buonismo del Papa, come affermato da una certa propaganda modernista, ma a una causa contingente ben precisa. Come si evince da una dichiarazione della S. Congregazione dei Riti, pubblicata pochi anni prima, nella maggior parte dei messalini bilingue (tanto italiani quanto stranieri), perfidis veniva tradotto letteralmente con perfidi mentre il significato proprio del termine latino (composto da per negativo + fidus) è infedeli. Tale traduzione poteva apparire non solo offensiva dal punto di vista linguistico, visto che nelle lingue moderne perfido viene generalmente inteso come equivalente di cattivo, malvagio, ma anche poco sensata dal punto di vista teologico. Nel citato documento della S. Congregazione dei Riti si suggeriva l'uso di termini che avessero il significato di infideles, infideles in credendo. Giovanni XXIII, per sanare alla radice l'equivoco, che si era generato non per un difetto della preghiera latina ma per la scorrettezza delle traduzioni volgari, decise di sopprimere del tutto il termine in questione. A posteriori, i modernisti, appoggiandosi sulla nuova teologia (dottrina della doppia via di salvezza) e sulle ulteriori revisioni della preghiera nel 1965 e nel 1969, interpretarono questo gesto come un'implicita ammissione dell'antisemitismo della preghiera precedente, quasi che il Papa avesse voluto sconfessare una formula che la Chiesa usava da secoli. Dispiace constatare come questo atteggiamento venga favorito, ancora oggi, da quanti sono a favore della sostituzione della preghiera tradizionale con quella del Messale moderno.

Tavola sinottica delle variazioni intervenute negli anni
 
Messale quotidiano dei fedeli, a cura di J. Feder, ed. ital. A cura di A. Bugnini, 1963 Missale Romanum anno 1962 promulgatum, Ristampa a cura di C. Johnson e A. Ward, C.L.V. - Ed. Liturgiche, 1994 Messale Romano Latino - Italiano per le domeniche e feste, LEV, imprim.: 12 marzo 1965 Variationes in Ordinem hebdomadae sanctae inducendae: (9 marzo  e 19 marzo 1965)
8. 8. Pro conversione Iudaeorum 8. Pro conversione Iudaeorum 8. Pro Iudaeis.
Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum.

Omnipotens sempiterne Deus, qui Iudaeos a tua misericordia non répellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis ténebris eruantur.
Per eumdem Dominum.
Amen

(ma "perfidis" e "perfidia" di fatto  sono eliminati da Giovanni XXIII già dal 1959 -ndR)

Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum. Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum.

Omnipotens sempiterne Deus, qui Iudaeos a tua misericordia non répellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis ténebris eruantur.
Per eumdem Dominum.
Amen
 

Oremus et pro Iudaeis: ut Deus et Dominus noster faciem suam super eos illuminare dignetur; ut et ipsi agnoscant omnium Redemptorem, Iesum Christum Dominum nostrum.

Omnipotens sempiterne Deus, qui promissiones tuas Abrahae et semini eius contulisti: Ecclesiae tuae preces clementer exaudi; ut populus acquisitionis antiquae ad Redemptionis mereatur plenitudinem pervenire. Per Dominum nostrum.(1)
 

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Da un'intervista a Mons. Angelo Amato (CDF) da Avvenire 11 luglio

Eccellenza, permetta una domanda sul motu proprio «Summorum Pontificum». C'è chi lo accusa di essere anti-conciliare perché offre piena cittadinanza ad un Messale in cui si prega per la conversione degli ebrei. È davvero contrario alla lettera e allo spirito del Concilio formulare questa preghiera?
«Certamente no. Nella Messa noi cattolici preghiamo sempre, e per primo, per la nostra conversione. E ci battiamo il petto per i nostri peccati. E poi preghiamo per la conversione di tutti i cristiani e di tutti i non cristiani. Il Vangelo è per tutti».

Però si obietta che la preghiera per la conversione degli ebrei è stata superata definitivamente da quella in cui si invoca il Signore affinché li aiuti a progredire nella fedeltà alla sua alleanza.
«Lo stesso Gesù nel Vangelo di san Marco afferma: "Convertitevi e credete al Vangelo", e i suoi primi interlocutori erano i suoi confratelli ebrei. Noi cristiani non possiamo fare altro che riproporre quello che Gesù ci ha insegnato. Nella libertà e senza imposizioni, ovviamente, ma anche senza autocensure.

VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello  - La preghiera per gli Ebrei: “un tentativo completamente nelle mani di Dio”

Messale Romano 1962

Alcuni circoli ebraici ed alcuni organi di stampa hanno fatto rumore in occasione della recente promulgazione del Motu proprio di Benedetto XVI sulla Messa antica, temendo la reintroduzione della preghiera per gli Ebrei, quella da cui Papa Giovanni tolse l’aggettivo ‘perfidi’.
Forse pochi sanno che la orazione solenne per gli Ebrei del Venerdì Santo ha una corrispondente nella cosiddetta birkat ha-minim (benedizione contro gli eretici) della liturgia giudaica, che è la seguente: “Che per gli apostati non ci sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell’orgoglio; e periscano in un istante i nazareni (ndr. i giudeo-cristiani) e gli eretici: siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu che pieghi i superbi”. Così recita la XII benedizione della liturgia sinagogale nella forma primitiva. Mentre in quella del Talmud babilonese più diffusa oggi: “Per i calunniatori e gli eretici non vi sia speranza, e tutti in un istante periscano; tutti i Tuoi nemici prontamente siano distrutti, e Tu umiliali prontamente ai nostri giorni. Benedetto Tu, Signore, che spezzi i nemici e umili i superbi”.

Quanto all’Orazione solenne del Venerdì Santo, la versione italiana del Messale Romano del 1962 dice: “Preghiamo anche per gli Ebrei, affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori, in modo che essi pure con noi riconoscano Gesù Cristo Signor Nostro. Preghiamo. O Dio onnipotente ed eterno, che non rigetti dalla tua misericordia neppure gli Ebrei, esaudisci le suppliche che ti rivolgiamo per questo popolo accecato, affinché ammetta che il Cristo è la luce della tua verità, ed esca così dalle tenebre”.

In quella del Messale Romano del 1970 è stata così modificata: “Preghiamo per gli ebrei: il Signore Dio nostro, che li scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola, li aiuti a progredire sempre nell’amore del suo nome e nella fedeltà alla sua alleanza”. Preghiera in silenzio. “Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta benigno la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.

Osservando comparativamente le formule, si nota che quella giudaica si serve delle invettive proprie di taluni salmi e testi profetici (per esempio il Salmo 58), non estranee nemmeno al Nuovo Testamento; quella cristiana dell’antico Messale riecheggia l’invito di San Paolo alla comunità cristiana, a pregare per tutti gli uomini (cfr. 1 Timoteo 2,1), quindi anche per i giudei, quando le rammenta l'irrevocabilità dell'elezione divina d’Israele (cfr. Romani 11,29) [ma non si può lasciar correre : 11.29: Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! ; ignora 11,20 : Bene; essi però sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu non insuperbirti, ma abbi timore! -ndR] [e, poi, vedi infra: la confutazione delle "due salvezze parallele" -ndR] ed il mistero della sua conversione alla fine dei tempi (cfr. Romani 11,25-26). Secondo De Clerk, questa preghiera potrebbe essere “segno di grande antichità delle orationes sollemnes, oppure potrebbe risalire a un periodo in cui i giudei erano molto numerosi a Roma. Quanto all’orazione del nuovo Messale, il tema è il popolo di Abramo, depositario delle ‘irrevocabili’ promesse divine e chiamato comunque “alla pienezza della redenzione”. Questa è stata sempre la coscienza della Chiesa che nell’orazione domanda a Dio che si affretti la realizzazione di quella promessa.

Dunque, non è il caso che i nostri ‘fratelli maggiori’ continuino a scandalizzarsi della preghiera che i cristiani innalzano a Dio per loro, quando dovrebbero agire a modificare la loro, visto che nella prima forma e anche in quella del Talmud babilonese, non è stata tolta la maledizione di Dio che non si concilia col suo amore universale. .

Un po’ di storia.

In realtà la querelle cesserebbe se si inquadrasse nel rapporto tra liturgia cristiana e liturgia giudaica, da cui anche l’orazione di lode e di intercessione ha la sua origine, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (1096). Infatti, il corrispondente giudaico dell’Oratio fidelium - anche dell’anafora secondo taluni studiosi come Adrien Nocent - è la preghiera Shemonèh Esréh (la Tefillah delle diciotto benedizioni). Com’è noto, il cristianesimo delle origini, e quindi la liturgia, si è posto in rapporto di continuità e nel contempo di novità rispetto al giudaismo. I nazareni o cristiani avevano frequentato il Tempio (cfr. Atti 2,46), come pure le sinagoghe, finché, due decenni dopo la sua distruzione nel 70, i giudei non introdussero nella Tefillah la XII “benedizione”, appunto la birkat ha-minim (diventarono così diciannove ma il nome di Shemonèh Esréh non fu cambiato), ovvero una maledizione contro la setta considerata eretica, dei giudeo-cristiani (cfr. Atti 24,14) sia per tenerli lontani dalla sinagoga, sia per proclamare formalmente la rottura definitiva tra le due religioni.

Accanto ai minim (dissidenti) si menzionavano i nozrim, i nazareni, cioè i seguaci di Gesù di Nazareth, perché “spariscano all’istante, cancellati dal libro della vita e non scritti con i giusti. Benedetto sei tu che umili i superbi” (cfr. G. De Rosa, Gesù di Nazareth e l’Ebraismo di ieri e di oggi. Dal rifiuto all’appropriazione esclusiva. “La Civiltà Cattolica”, 15 (2000), n 12). Nel medesimo periodo venne comminata infatti la scomunica contro i giudeo-cristiani, i quali pur pretendendo di rimanere dentro la sinagoga, la dividevano nella fede, proteggevano i “gentili”, soprattutto i romani, e distruggevano il principio dommatico della habdàlàh ossia la separazione tra circoncisi e non (cfr. H.Herts, Daily Prayer Book with commentary. Introductions and notes, New York 1971, p 142 s.). Così nel Medioevo la pensava Maimonide e ai nostri giorni il rabbino americano J.Petuchowski (cfr. S.Ben Chorin, Il giudaismo in preghiera. La liturgia della sinagoga, Cinisello B.1988, p 80). Tuttavia oggi non tutti gli ebrei nominano i nazareni e i dissidenti, ma si limitano ai calunniatori, i cattivi e i nemici.

Quanto alle Orazioni solenni del Venerdì Santo e alla Orazione universale o dei fedeli nella Messa, si riallacciano alla tradizione apostolica di pregare per tutti: in particolare perché trascorrano una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità, quale “cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (cfr. 1 Timoteo 2,1-3). Tracce di tale preghiera si ritrovano in Clemente di Roma, Policarpo di Smirne, Giustino, Tertulliano e Cipriano, che sottolineano la richiesta a Dio di giungere alla conoscenza della verità e alla salvezza eterna. Sarà Prospero d’Aquitania (390-455), autore del celebre “ut legem credendi lex statuat supplicandi” a riferirvisi con più evidenza. L’autore non intendeva istituire un automatismo, quasi che dalla preghiera derivi la norma della fede, ma dire che diventa norma di fede quella preghiera connessa con la dottrina cattolica conclusa con la morte dell’ultimo apostolo. In certo senso la liturgia deve esprimere la fede cattolica e apostolica, oltre che l’unità e la santità della Chiesa.

Tuttavia, la descrizione più antica delle orationes sollemnes è contenuta nei Capitula, un documento annesso alla lettera di Papa Celestino I ai Vescovi della Gallia, scritto tra il 435-442. In particolare nella preghiera pro Judaeis dice: “ut Judaeis, ablato cordis velamine, lux veritatis appareat”. La frase evidentemente richiama da un lato San Paolo (2 Cor. 3,12-16) e dall’altro la orazione che, attraverso Leone Magno e i libri liturgici romani altomedievali noti come Ordines, giunge fino alla forma del Messale romano del 1962. Dunque le fonti liturgiche che ci tramandano le orationes sollemnes risalgono alle tradizioni gelasiana, gregoriana e gallicana codificate nei Sacramentari e negli Ordines romani.

L’Oratio pro conversione iudaeorum, la sesta delle orazioni solenni, nel Messale del 1970 è intitolata semplicemente “pro iudaeis”. L’appellativo ‘perfidi’ è stato tolto, sebbene significasse semplicemente ‘increduli’, in certo senso meglio del minim, i dissidenti della birkat giudaica. Per l’analisi e la traduzione dell’espressione, approvata già nel 1948 dalla Congregazione dei Riti, rimandiamo agli studi esistenti; ma già nel 1936 il grande esegeta protestante diventato cattolico Eric Peterson, aveva pubblicato uno studio in cui mostrava che l’epiteto voleva dire fedifrago, in quanto i giudei avevano stretto un patto conal quale erano venuti meno. Tale significato, applicato anche ai pagani, si trova in alcune opere di Cipriano e di Ambrogio. Sant’Agostino rifacendosi alla giustizia della fede in San Paolo, la traduce con ingiustizia e mancanza di fede. Sulla stessa linea anche Gelasio e Gregorio Magno.

A questo punto si può dedurre che la Oratio pro iudaeis appare in certo senso speculare alla birkat ha-minim giudaica, la maledizione contro gli eretici; quasi una ‘risposta’, poiché il dato liturgico non è mai astratto, ed entrambe risalgono allo stesso periodo, come abbiamo visto. Alla scomunica comminata ai giudeo-cristiani e all’accusa di “eresia” da parte dei giudei - forse durante il sinodo di Jabne tra 90 e 100 d.C., - che volevano in tal modo sancire la rottura definitiva del Giudaismo ufficiale con i cristiani, questi avrebbero ‘risposto’ con l’inserzione della “preghiera per i giudei”. Al di là di ogni polemica, è “ragionevole ritenere che la storia di entrambe le preghiere, il cui contenuto era certamente noto sia ad ebrei che a cristiani alla fine del I secolo, si sia intrecciata, dando così forma al testo liturgico così come ci è pervenuto, salvo, ovviamente, le inevitabili modifiche che, generalmente, i testi liturgici subiscono nel corso dei secoli” (Annamaria Abrusci, Storia ed evoluzione delle Orazioni solenni. Il caso della preghiera Pro Iudaeis, tesi di magistero presso l’ISSR di Bari, anno 2000-2001, p 111-112, pro manuscripto). Ciò dimostra ancora una volta l’influsso della liturgia ebraica e giudaica in specie su quella cristiana. La preghiera non può essere modificata in contraddizione con la dottrina cattolica e apostolica. Volentieri, dunque, oggi pregheremo anche con le nuove formule del Messale Romano di Paolo VI dove si supplica il Signore che “il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.

La Chiesa prega per la conversione di tutti gli uomini

“Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosé che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto” (2 Corinzi, 3, 12-16).

Questo testo paolino è notoriamente la fonte dell’orazione per gli ebrei fino al Messale del 1962. Oggi non pochi cattolici hanno timore della conversione e così pure gli ebrei, i quali vorrebbero che la Chiesa cattolica non sia se stessa, almeno nei loro confronti. Ora la conversione è l’essenza del Vangelo di Gesù, e ha designato il cammino verso di Lui di popoli e nazioni (cfr. gli studi di E. Peterson sull’interpretazione di Romani 9-11 e il significato della conversione). Facendo la verità nella carità e nel rispetto della libertà, la Chiesa ha come priorità l’annuncio del Vangelo che è la verità piena e definitiva sull’uomo e alla quale l’uomo è chiamato a convertirsi. E’ Cristo che ha dichiarato: “Il tempo è compiuto… convertitevi e credete al vangelo” (Marco 1,15), non ‘dialogate e mettetevi d’accordo’. San Pietro ha descritto la conversione come un percorso irreversibile: dalla parola dei profeti, lampada che brilla in luogo oscuro fino allo spuntare della stella del mattino (cf. 2 Pietro 1,19); i Magi avevano cercato la verità al seguito della stella, finché trovarono la luce vera (cfr. Matteo 2,2); san Paolo, dopo essere andato a tastoni come in un luogo buio (cf. Atti 17,27) fino ad essere investito da Cristo verità incarnata e convertirsi a Lui.

La Chiesa, come ha detto il Concilio, è sacramento anche in rapporto alle religioni, cioè non solo segno ma strumento di salvezza per tutti [coloro che accolgono il Signore -ndR]. Si comprende così che il cristianesimo è una religione universale che fa conoscere il vero Dio d’Israele (cfr. Giovanni Paolo II, “Varcare la soglia della speranza”, Milano 1994, p.112). [In ogni caso il Concilio ha prodotto anche la Dichiarazione Nostra aetate -ndR]

Il tema della salvezza in Gesù Cristo necessaria per ogni uomo è stato riaffermato nella Dichiarazione Dominus Jesus. Il dialogo con gli ebrei nasce dalla “coscienza del dono di salvezza unico e universale offerto dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito” (n. 13). Proprio mostrando in Cristo il compimento del Giudaismo, la Chiesa è passata ad affrontare il mondo pagano “che aspirava alla salvezza attraverso una pluralità di dèi salvatori” (ivi).

Il dialogo è parte integrante della coscienza missionaria della Chiesa; fondato sulla consapevolezza della pari dignità di tutti gli uomini, a qualsiasi religione appartengano, e nello stesso tempo sul primato di Gesù Cristo e della sua dottrina “in confronto con i fondatori delle altre religioni” (Dominus Iesus, n. 22 ).

La Chiesa propone il regno di Dio come signoria universale di Gesù Cristo (cfr J.Ratzinger -Benedetto XVI, “Gesù di Nazaret”, Città del Vaticano 2007, cap III); Benedetto XVI cita nel suo libro l’erudito rabbino Jacob Neusner che in un saggio del 1993 aveva evidenziato tutta la differenza tra la Torah e Gesù. Se e quando tutti gli uomini entreranno nella Nuova Alleanza della Chiesa, compresi gli ebrei, è questione da lasciare allo Spirito Santo (cfr. Varcare…, p. 112). La preghiera per gli ebrei esprime la convinzione che l’incontro e il dialogo è “un tentativo che sta completamente nelle mani di Dio” (Gesù di Nazaret, p 248), con un messaggio: “Allora non abbandoneranno la loro obbedienza - (alla Torah che permette di vedere Dio “di spalle”, Ivi, p 310-311), - ma essa verrà da fonti più profonde e perciò sarà più grande, più sincera e pura, ma soprattutto anche più umile” (Ivi, p 249). (1)

Così si capiscono di più le richieste di perdono e il gesto di Giovanni Paolo II al ‘muro del pianto’ e ancora prima l’intervento del Cardinale Joseph Ratzinger alla Conferenza internazionale ebraico-cristiana di Gerusalemme nel 1994, dove svolse la tesi della riconciliazione, essenza di due fedi, ricordando che il sangue versato da Cristo non grida vendetta ma appunto riconciliazione. Nessuna intenzione da parte cattolica, dunque, di incentivare l’antigiudaismo - e speriamo da parte ebraica nemmeno l’anticristianesimo - ma conoscenza e rispetto reciproco, anche delle espressioni della propria fede, pregando gli uni per gli altri. (Agenzia Fides 26/7/2007). 

[E tuttavia, per evitare ogni equivoco, vedi: M. Guarini, La “Dottrina della sostituzione” della Sinagoga con la Chiesa è stata modificata con quella delle "due salvezze parallele”]

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In breve la situazione per il Rito Ambrosiano:

In Rito Ambrosiano le cosiddette Preci Solenni non venivano recitate durante la Messa dei Presantificati, come in Rito Romano, poiché, naturalmente, essa non è mai esistita nel nostro Rito. Esse venivano invece recitate durante il Vespro, e più precisamente dopo l'ultimo Responsorio, secondo quanto prescritto da questa rubrica, che si trova alla fine dei Messali ambrosiani, nel Repertorium:

Cantato hoc Evangelio [ ci si riferisce al brano del Capitolo 26 di Matteo, in cui Giuseppe d'Arimatea chiede a Pilato il corpo del Signore, e ricevutolo, ne dà sepoltura. Esso è cantato da Diacono ebdomadario, in dalmatica rossa, senza saluti, né cantari, né incenso, a voce sommessa, col tono quaresimale ], dicuntur Vesperae, in quibus post ultimum Responsorium dicuntur sequentes Orationes hoc ordine. Archipresbyter, seu dignor Sacerdos, ante Altare, iuxta cornu Epistolae dicit primam Orationem, et ceteras dispares in tono ut infra solemni. Secundam vero Orationes et reliquas pares dicunt ceteri Sacerdotes, singuli singulas ex ordine, in tono ut infra communi Orationum, ad sinistram partem Chori iuxta cornu Evangelii. Archiepiscopus autem, si praesens sit, ad omnes istas Orationes genuflexus semper manet ante Altare.

Il testo è identico a quello del Rito Romano. Nel Rito Ambrosiano non ci si genuflette.(2) Ricordo che in Rito Ambrosiano l'ammonizione "Flectamus genua" la canta il Primo Diacono dalla parte del Vangelo prima che si canti l'Orazione, che dunque si ascolta in ginocchio, mentre il "Levate" lo canta il Secondo Diacono dalla parte dell'Epistola dopo il canto di ciascuna Orazione. Le Orazioni dispari della rubrica succitata sono quelle che cominciano con Oremus..., e hanno carattere introduttivo, mentre quelle pari sono quelle che cominciano con Omnipotens sempiterne Deus, e hanno carattere d'implorazione.

Ultima curiosità: nell'Orazione per i Pagani ci si genuflette, ma non si risponde "Amen" alla fine dell'Orazione introduttiva.
_______

(1) Questa differenza emerge in modo eclatante nella traduzione italiana ufficiale, che sostituisce quello che un tempo fu il tuo popolo eletto (versione del 1965: l'alleanza è un fatto passato e compiuto) con il popolo primogenito della tua alleanza (versione del 1970: l'alleanza può essere considerata ancora vigente).

(2) Da notare che nel Messale stampato nel '54 era espressamente detto di non dire né Amen, né Oremus, né Flectamus, ma di procedere subito all'orazione: ma il fatto di non inginocchiarsi all'orazione per i Giudei miscredenti - come appunto deve correttamente essere inteso il testo - deriva dal non voler ripetere il gesto di quei Giudei che si inginocchiarono davanti al Signore per scherno durante la sua Santa Passione.

mercoledì 23 aprile 2025

L'«odore delle pecore» e il «profumo di Cristo». Gli «unti» dell'AT e l'Unto, cioè il Messia...

Ripubblico il mio primo rilievo fatto a Bergoglio in diretta (1 aprile 2013), recuperato da Chiesa e post-concilio. Riguarda la sua omelia nel primo giovedì Santo a pochi giorni dalla sua elezione (proprio nella rievocazione della istituzione del sacerdozio).

L'«odore delle pecore» e il «profumo di Cristo».
Gli «unti» dell'AT e l'Unto, cioè il Messia...


Il sacerdozio di Aronne è tramontato.
Ora abbiamo un Sommo Sacerdote nei cieli.
Sapete cosa vi ho fatto? (Gv13,12)
Il memento qui su, in rosso, in reazione a quanto emerge da questo inedito Giovedì Santo, che commento di seguito. Aggiungo il link ad un testo dedicato ai Sacerdoti per ricordare la loro 'unzione' da non banalizzare, né equivocare, né rinnegare. Mai! [pure recuperato qui]

I brani sotto riportati, tratti dall'Omelia della Messa del Crisma officiata lo scorso Giovedì Santo, meritano sottolineature ineludibili. Approfondisco qui innanzitutto il tema dell'"unzione" e, di seguito, le implicazioni di tutte le suggestioni vetero-testamentarie, che lo accompagnano:

Permanere nella verità di Cristo

Ripubblico, perché sempre attuale,  una pagina recuperata da Chiesa e post-concilio. Ho recuperato e rielaborato anche tutti i link di riferimento. Il tutto acquista importanza posto che, proprio ora, cominciano ad alzarsi, sul pontificato appena trascorso, voci molto critiche di laici. E, ora più che mai, occorre inquadrare la Verità tutta intera nella Tradizione e nel Magistero perenne, ad evitare le possibili deviazioni originate dalla grande confusione, ingravescente negli anni recenti, ma pluridecennale!

Parteciperò con molto interesse al Convegno che si terrà all'Angelicum in vista dell'imminente Sinodo: “Permanere nella verità di Cristo” (era il 30 settembre 2015) [Presentazione qui].
Mi aspetto prese di posizione chiare e nette sui temi innovativi introdotti i cui effetti pastorali in troppi casi sono stati già recepiti nelle prassi diocesane e parrocchiali nella direzione delle avventurose indiscriminate aperture messe in campo, prim'ancora delle conclusioni delle quali si è in vigile attesa e sulle quali speriamo abbiano il peso dovuto le molte prese di posizione dei pastori più illuminati. Saprò dirvi qual è l'aria che si respira nella forse non più major ma sanior pars ecclesiale. Ma la Verità non sta nella maggioranza e va difesa nonostante diventi sempre più difficile andare contro corrente.

Permanere nella verità di Cristo

Premessa
Noto con preoccupata perplessità che alcune figure di riferimento della gerarchia ecclesiale, che si sono levate focalizzando il discorso sui noti temi caldi del sinodo, giustamente sottolineano che non si può sganciare la morale dalla verità dalla quale la morale scaturisce e affermano che la pastorale non può essere sganciata dalla dottrina; ma ignorano completamente le distorsioni innescate dai punti controversi del Concilio. Non saprei dire se per prudenza – vista l’aria che tira – o per assuefazione da mitridatizzazione. E quindi c’è da chiedersi se e quando potranno venire al pettine i nodi generati proprio da quei semi di trasformazione subdolamente indotta in chiave di una 'continuità' dichiarata ma in termini sofisti, oggi ben individuati (più volte espressi e di seguito ribaditi), sui quali tuttavia è di fatto preclusa ogni discussione e rifiutato il confronto.

martedì 22 aprile 2025

La morte di Bergoglio e alcuni commenti equilibrati

Pubblico il commento di Peter Kwasniewski col quale concordo in pieno. A seguire un'analisi incisiva di Andrea Gagliarducci.

Papa Francesco è morto. E non c'è bisogno di indorare la sua partenza con pia banalità, come i mainstream cattolici faranno ad nauseam ("un uomo con un cuore di pastore per i poveri" ecc. ). Infatti cercherò di limitare i miei commenti negativi su questo tipo di auto-canonizzazione, a noi che abbiamo subito sei decenni di funerali di Novus Ordo (et alia ben noti). Il tempo sarà impiegato meglio nella preghiera e nella lettura di valutazioni più approfondite.
Pregavo da anni che Dio ci liberasse dal flagello di questo pontificato, e ho capito che se ha voluto che continuasse, doveva essere per la nostra prova e la nostra purificazione, il nostro rafforzamento nella virtù, e soprattutto la nostra crescita nella consapevolezza del netto contrasto tra potere grezzo e autentica autorità, tra regno della novità e diritti della tradizione. Ora che Francesco non c'è più, si sente, onestamente, come se fosse stato tolto un peso enorme dalla Chiesa (e, infatti, dal mondo). 

Il cardinale Joseph Zen critica la decisione vaticana di iniziare gli incontri preconclave martedì.

Fonte: Michael Haynes su X.
Il cardinale Joseph Zen lancia una forte sfida alla decisione vaticana di iniziare gli incontri preconclave martedì. [Il che, per inciso, riduce anche la finestra temporale del necessario confronto e reciproca conoscenza degli elettori -ndr].
Nella dichiarazione rilasciatami online ha scritto:
“Il Cardinale Zen vorrebbe sapere perché la prima sessione delle Congregazioni Generali deve iniziare così presto. Come fanno ad arrivare puntuali i vecchi della periferia? Esiste una buona parola che ricorda loro che non hanno il dovere di partecipare, ma ne hanno il diritto - sì o no?”
La preoccupazione di Zen evidenzia una tensione più ampia all'interno della Chiesa: il Collegio dei Cardinali del 2025 include il 31% delle Americhe, il 20% dell'Asia/Oceania e il 10% dell'Africa, secondo i dati del Vaticano II, il che significa che un incontro frettoloso potrebbe escludere voci non europee nella selezione del prossimo papa.

Cenno storico sul Tempo Pasquale

Cenno storico sul Tempo Pasquale

Definizione del Tempo Pasquale.
Si dà il nome di Tempo Pasquale al periodo formato dalle settimane che decorrono dalla Domenica di Pasqua al Sabato dopo la Pentecoste. Questa è certo la parte più sacra dell'anno, perché ad essa converge l'intero ciclo liturgico. Ce ne renderemo conto facilmente considerando l'importanza della festa di Pasqua, chiamata fin dagl'inizi del Cristianesimo la "Festa delle feste", la "Solennità delle solennità", allo stesso modo, ci dice il papa san Gregorio, per cui la parte più sacra del Tempio di Gerusalemme si chiamava "Santo dei Santi" e tuttora si dà il nome di "Cantico dei cantici" al sublime epitalamio dell'unione del Figlio di Dio con la santa Chiesa. È infatti nel giorno di Pasqua che la missione del Verbo incarnato, fino ad ora sempre tesa a questa meta, raggiunge la pienezza del suo compimento; è nel giorno di Pasqua che il genere umano viene risollevato dalla sua caduta e rientra in possesso di tutto ciò che aveva perduto per il peccato di Adamo.

Il Cristo vincitore.
Il Natale ci aveva dato un Uomo-Dio; tre giorni fa abbiamo raccolto il suo sangue di un valore infinito per il nostro riscatto; ma all'alba della Pasqua non abbiamo più sotto i nostri occhi una vittima immolata, vinta dalla morte: è il trionfatore che l'ha annientata perché figlia del peccato, e che proclama la vita, quella immortale che ci ha riconquistata. Non è più l'umiltà delle fasce, non sono più gli spasimi dell'agonia e della croce; è la gloria, prima per Lui, poi per noi. Nel giorno di Pasqua Dio restaura nell'Uomo-Dio risuscitato la sua opera iniziale; il passaggio della morte non ha lasciato maggior traccia di quella del peccato, di cui l'Agnello divino si era degnato prendere la somiglianza; e non è solo Lui che torna alla vita immortale, ma tutta intera l'umanità. "Poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, ci dice l'Apostolo, anche per mezzo di un uomo vi è la risurrezione dei morti. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo saranno vivificati" (1Cor 15,21-22).

lunedì 21 aprile 2025

Musica sacra per i poveri

Nella nostra traduzione da OnePeterFive 
Musica sacra per i poveri

Quattro secoli fa, il 17 aprile 1625, la storia fu testimone di un evento epocale: la fondazione della Congregazione della Missione di San Vincenzo de' Paoli († 1660), comunemente nota come Lazzaristi, dal nome della sua casa madre, Saint-Lazare a Parigi. Questo anniversario offre un'opportunità preziosa per riflettere sulla duratura eredità di questa straordinaria impresa missionaria, nata con il nobile obiettivo di portare il gioioso messaggio del Vangelo ai poveri.

La fondazione della Congregazione è strettamente legata alla famiglia Gondi, che il 17 aprile 1625 formalizzò un accordo con Vincenzo de' Paoli. Questo contratto garantiva il sostegno finanziario al suo progetto, assicurandogli una pensione per sostenere la giovane missione. Fin dall'inizio, la vocazione di questa "Piccola Compagnia" fu chiara: predicare missioni popolari gratuite, formare il clero e alleviare le sofferenze dei poveri.

È morto stamane Bergoglio

È arrivata poco fa la notizia. Sui media la solita agiografia. Lo chiamano un papa  "fuori dagli schemi" : cosa effettivamente certa. Vedremo come si manifesterà la Provvidenza.

* * *
In breve:
Sul pontificato di Francesco...
seguendo la lezione di Romano Amerio


Il pontificato di Papa Francesco (2013-2025), conclusosi con la sua morte il 21 aprile 2025 di fronte alla quale ogni credente é chiamato a pregare invocando la infinita misericordia del Signore, ha segnato uno snodo storico di grande complessità per la Chiesa cattolica. Nel tentativo di incarnare una riforma ispirata all’"ethos" pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), il Papa ha impresso una svolta che, pur animata da intenzioni misericordiose, ha lasciato emergere con maggiore evidenza rispetto al passato le tensioni strutturali che già gravavano sull’istituzione ecclesiale da decenni. In questo senso, il pensiero di Romano Amerio (1905-1997), insigne teologo di origine svizzera, costituisce una chiave ermeneutica di rilevante profondità per comprendere le implicazioni dottrinali, antropologiche e filosofiche di questo pontificato. 
Amerio, nella sua opera capitale "Iota Unum", non si limita a un’analisi storica degli effetti del Concilio Vaticano II, ma propone una diagnosi metafisica della crisi della Chiesa, individuata nella dissoluzione della forma mentis tradizionale, che trova la sua radice in una alterazione del rapporto tra verità e carità, tra dottrina e prassi. Egli parla di una "mutazione sostanziale della coscienza ecclesiale" dove la nozione di verità, un tempo intesa come oggettiva, rivelata e immutabile, è progressivamente subordinata a istanze pragmatiche, psicologiche, pastorali. In questa luce, molte delle scelte compiute da Papa Francesco sembrano inscriversi non come causa prima, quanto come accelerazione di una deriva già in atto, in cui l’identità cattolica viene intesa in termini esistenziali piuttosto che ontologici.

Vienna, Milano, Breslavia: Rosario di riparazione

Si è tenuto ad aprile il tour europeo di The Unholy Trinity (La Trinità Empia). Si tratta di tre bande di rock satanico: Behemoth, Satyricon e Rotten Christ, rispettivamente di origine polacca, norvegese e greca. Il nome del tour è ispirato al poema Paradise Lost, di John Milton, e si riferisce a Belzebù, Lucifero e Astaroth, cioè tre demoni.

Le bande si dedicano a deridere Gesù e tutto il Cristianesimo, glorificare Satana e inscenare rituali anticristiani sul palco. Fanno della bestemmia un loro stile. 
Possiamo farci un’idea dei contenuti dai titoli di alcune canzoni: Satanica, Antichristian Phenomenon, Horns of Baphomet, The Apostasy, Evangelia Heretica e The Satanist.

domenica 20 aprile 2025

Arciv. Viganò. Surrexit vere/ Omelia nella Domenica di Resurrezione

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati
Mons. Carlo Maria Viganò
Surrexit vere
Omelia nella Domenica di Resurrezione

Resurrexi, et adhuc tecum sum, alleluja. Posuisti super me manum tuam, alleluja.
Mirabilis facta est scientia tua, alleluja, alleluja.

Intr. ad Missam in die Paschatis
Resurrexi
, abbiamo cantato nell’Introito solenne di questo santissimo giorno. È la voce del Verbo Incarnato che si rivolge al Padre: Sono risorto e sono di nuovo con te; tu hai posto su di me la tua mano, la tua sapienza è degna di ammirazione. Sono versetti del Salmo 138 della Vulgata, che fanno da controcanto al grido del Golgota, Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Un grido lanciato non come voce di disperazione, ma come antifona del Sacrificio perfetto che il Sommo Sacerdote celebra sulla Croce offrendoSi come Vittima immacolata. Vi cogliamo il richiamo all’Introito della Notte di Natale: Dominus dixit ad me: filius meus es tu, ego hodie genui te (Salmo 2, 7), il Signore mi ha detto: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Per questo il giorno di Pasqua è veramente dies, quam fecit Dominus, giorno che la Santissima Trinità ha preparato sin dalla fondazione del mondo in vista dell’Incarnazione e della Redenzione. Nella Lettera agli Ebrei (Eb 10, 5-10), San Paolo riprende il Salmo 39 e lo interpreta nel suo significato cristologico: Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà – la volontà del Padre, che chiede al proprio Figlio Unigenito di offrirSi per noi, pro nobis obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Fil 2, 8). Dinanzi all’obbedienza del Figlio, il Padre Lo ha esaltato e Gli ha dato un nome che è sopra ogni nome, affinché ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sottoterra. La Resurrezione dai morti di Nostro Signore Gesù Cristo è il tributo di gloria a Colui che siede alla destra del Padre, il Quale pone i Suoi nemici a sgabello dei Suoi piedi (Salmo 109, 1).`

Il Santo giorno della Pasqua

Il Santo giorno della Pasqua

Al Mattino

La Risurrezione di Cristo.
Le lunghe ore della notte dal Sabato alla Domenica sono ormai trascorse ed il sorgere del giorno si avvicina. Maria, col cuore oppresso, attende con paziente coraggio il momento che le restituirà il Figlio. La Maddalena, con le sue compagne, ha vegliato tutta la notte e non tarderà molto ad incamminarsi verso il sepolcro. Dal fondo del Limbo, lo spirito del divin Redentore si appresta a dare il segnale della liberazione a quelle miriadi di anime giuste, prigioniere da sì lungo tempo, e che ora lo circondano di tutto il loro rispetto, di tutto il loro amore. La morte si libra silenziosa sul sepolcro ove ha racchiuso la sua vittima. Da quel giorno lontano, in cui essa divorò Abele, inghiottì innumerevoli generazioni: ma giammai aveva ghermito tra i suoi lacci una sì nobile preda. Mai come allora la sentenza del Paradiso Terrestre si era così spaventosamente adempiuta; e mai, pure, nessuna tomba aveva visto fallire le sue speranze con una smentita altrettanto crudele. Più di una volta la potenza divina le aveva involato le sue vittime: il figlio della vedova di Naim, la figlia del capo della Sinagoga, il fratello di Marta e di Maddalena, le sono stati rubati; ma essa li attende alla loro seconda morte. V'è un altro, però, di cui fu scritto: "Io sarò la tua morte, o morte; sarò la tua rovina, o sepolcro" (Osea 13, 14).

Santa Pasqua 2025

Buona e Santa Pasqua
in questa terra d'esilio; ma comunque benedetta.



Quapropter astantes vos, fratres carissimi,
ad tam miram huius sancti luminis claritatem,
una mecum, quaeso,
Dei omnipotentis misericordiam invocate.
/
E voi, fratelli carissimi,
qui radunati nella solare chiarezza
di questa nuova luce,
invocate con me
la misericordia di Dio onnipotente.

(dall'Exultet)

sabato 19 aprile 2025

Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa

Vedi anche: Storia del Tempo di Passione e della Settimana Santa qui ; Mistica del Tempo di Passione e della Settimana Santa qui.
Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa

Contemplazione di Cristo.

Il cielo della santa Chiesa si fa sempre più cupo; non bastano più al suo dolore le tinte severe di cui s'era rivestita durante le quattro passate settimane. Ella sa che gli uomini cercano Gesù e hanno deciso la sua morte; non passeranno dodici giorni e i suoi nemici gli metteranno addosso le loro mani sacrileghe. Lo seguirà sul monte Calvario per raccoglierne l'ultimo suo anelito, e farà porre sul suo corpo esanime la pietra del sepolcro. Non ci dobbiamo quindi meravigliare, se invita i suoi figli, durante questa quindicina, a contemplare colui che forma oggetto di tutti i suoi affetti e di tutte le sue tristezze.

Amore.
Non le lacrime, od una sterile compassione ci domanda la nostra Madre; ma che approfittiamo degl'insegnamenti che derivano dagli avvenimenti della grande Settimana. Essa ci ricorda ciò che il Salvatore disse, salendo il Calvario, alle donne di Gerusalemme che osavano piangerlo al cospetto dei carnefici: "Non piangete sopra di me, ma su di voi stesse e sui vostri figli" (Lc 23,28). Non che egli rifiutasse il tributo delle loro lacrime, di cui anzi era commosso; ma fu l'amore che sentiva per loro a suggerirgli quelle parole, soprattutto perché voleva vederle ben comprese della grandezza di ciò che si stava adempiendo, nel momento in cui la giustizia di Dio si manifestava così inesorabile verso il peccato.

Storia del Tempo di Passione e della Settimana Santa

Vedi anche: Mistica del Tempo di Passione e della Settimana Santa qui ; Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa qui.
Storia del Tempo di Passione
e della Settimana Santa


Preparazione alla Pasqua.

La santa Chiesa, dopo aver presentato alla meditazione dei fedeli, nelle prime quattro settimane di Quaresima, il digiuno di Cristo sulla montagna, consacra ora le altre due settimane che ci separano dalla festa di Pasqua alla commemorazione dei dolori del Redentore, non permettendo che i suoi figli arrivino al giorno dell’immolazione del divino Agnello, senza aver prima disposte le loro anime alla compassione dei patimenti da lui sofferti in loro vece.
I più antichi documenti della Liturgia, i Sacramentari e gli Antifonari di tutte le Chiese, col tono delle loro preghiere, la scelta delle letture ed il senso d’ogni sacra formula, ci avvertono che la Passione di Cristo, a partire da oggi, forma l’unico pensiero della cristianità. Fino alla Domenica delle Palme potranno ancora aver luogo, nel corso della settimana, le feste dei Santi; ma nessuna solennità, a qualsiasi classe appartenga, avrà la precedenza sulla Domenica di Passione.

La Riforma Pacelliana della Settimana Santa del 1955

Ripubblico, perché l'argomento è molto dibattuto soprattutto oltre oceano. Nella nostra traduzione da OnePeterFive un interessante articolo sulle variazioni alle liturgie della Settimana Santa, ricche di simbolismo e di cerimoniale, già alterate da Papa Pio XII nei primi anni ’50 mediante un inedito atto di revisione inorganica, con la motivazione che le liturgie dovevano essere “ristabilite ai loro orari originari”. Alla luce di quanto emerge dall'articolo — che peraltro si sofferma solo su alcuni punti  — vien da pensare che, se nella Chiesa si sta ridestando l'interesse e l'affezione per l’usus antiquior nonostante le pesanti restrizioni, occorre recuperare anche i suoi riti autentici, prima del '55, non i loro sostituti neo-tridentini. Precedenti qui  - qui.

La riforma pacelliana della Settimana Santa (1955)
Jeffrey M. Ostrowski, 31 marzo 2023

I nostri bisnonni sarebbero rimasti sbalorditi se avessero saputo che la Chiesa avrebbe in futuro permesso ai cattolici di adempiere al loro precetto domenicale un giorno prima, il sabato pomeriggio. Al contrario, la maggior parte dei cattolici di oggi rimarrebbe scioccata apprendendo che, da tempo immemorabile, la Veglia Pasquale è stata celebrata la mattina del Sabato Santo. Sebbene non tutti i cattolici siano “liturgisti di professione”, nutrire curiosità a proposito dei cambiamenti liturgici è normale e salutare. Pertanto, oggi esporrò le differenze tra la Settimana Santa del 1950 e la Settimana Santa del 1962 (che, inutile dirlo, incorpora le riforme di Papa Pio XII). Baso il mio articolo sulla terza edizione del Saint Edmund Campion Missal, che presenta entrambe le versioni della Settimana Santa con spiegazioni meticolose delle loro differenze e somiglianze.

Arciv. Viganò /'Obediens usque ad mortem' Meditazione nel Venerdì di Parasceve

Obediens usque ad mortem
Meditazione nel Venerdì di Parasceve
in Passione et Morte Domini


Christus factus est pro nobis
obediens usque ad mortem, mortem autem crucis:
propter quod et Deus exaltavit illum,
et dedit illi nomen, quod est super omne nomen;
ut in nomine Jesu omne genu flectatur
cœlestium, terrestrium et infernorum:
et omnis lingua confiteatur,
quia Dominus Jesus Christus
in gloria est Dei Patris.
Fil 2, 8-11
Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit. Un’antichissima melodia accompagna, in tre tonalità crescenti, lo svelamento della Santa Croce durante i riti del Venerdì Santo. È un grido, un monito, un invito alla conversione e alla penitenza: Ecco il legno della Croce, alla quale fu appesa la salvezza del mondo. Ma il mondo non vuole la salvezza da Cristo. Non vuole la Croce. Non vuole riconoscersi peccatore, nel suo folle orgoglio di poter prescindere da Dio e dalla Sua santa Legge. Per il mondo non vi è peccato, se non nel compiere il bene; non vi è vizio, se non nel praticare la virtù; non vi è paradiso, se non in terra e in vendita per chi se lo può permettere; non vi è inferno, se non per i rigidi e gli indietristi. In questo mondo alla rovescia, nel quale spadroneggia l’infernale tirannide massonica, la sovranità non appartiene a Dio né ai Suoi vicari temporali e spirituali, perché sulle corone dei Re e dei Papi svetta l’odiato simbolo della Redenzione, la Croce su cui Gesù Cristo, Re e Pontefice, ha ricapitolato in Sé tutte le cose.

Mistica del Tempo di Passione e della Settimana Santa

Vedi anche: Storia del Tempo di Passione e della Settimana Santa qui ; Pratica del Tempo di Passione e della Settimana Santa qui.
Mistica del Tempo di Passione
e della Settimana Santa


Misteri e riti.

La Liturgia è piena di misteri in questo tempo nel quale la Chiesa celebra gli anniversari di sì meravigliosi avvenimenti; ma riferendosi per lo più a riti e cerimonie propri d'alcuni giorni particolari, ne tratteremo a misura che si presenterà l'occasione. Intendiamo qui solamente dedicare alcune parole alle costumanze della Chiesa nelle due prossime settimane.

Il digiuno.
Non abbiamo nulla da aggiungere a quanto abbiamo esposto sul mistero dei quaranta giorni; il periodo dell'espiazione perdura nel suo corso fin quando il digiuno degli uomini non abbia raggiunta la durata di quello che fece l'Uomo-Dio nel deserto. I fedeli di Cristo continuano a combattere, sotto l'armatura spirituale, i nemici invisibili della salvezza; assistiti dagli Angeli della luce, essi lottano corpo a corpo con gli spiriti delle tenebre, mediante la compunzione del cuore e la mortificazione della carne.

venerdì 18 aprile 2025

Il Preziosissimo Sangue di Cristo

Diceva Santa Caterina da Siena: "Chi con la mano del libero arbitrio prende il Sangue di Cristo e lo applica al suo cuore, anche se è duro come diamante lo vedrà aprirsi al pentimento e all'amore". 

Il Sangue di Cristo è onnipotente. Il Sangue di Gesù racchiude la salvezza di tutto il nostro essere ed è particolarmente efficace contro tutte le forze del male. 

O mio Signore Gesù Cristo per la tua dolorosa passione fa scendere una goccia del tuo prezioso sangue su di me, la mia famiglia, i miei defunti, sui miei amici e sui miei nemici affinché possiamo ricevere la grazia del perdono!

Dalle Litanie del Preziosissimo SangueSanguis Christi, Novi et ætérni Testamenti Salva nos!

Nec senescat tempore /Omelia per la Messa Crismale del Giovedì Santo

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati.
Mons. Carlo Maria Viganò
Nec senescat tempore
Omelia per la Messa Crismale del Giovedì Santo

Inde etiam Moysi famulo tuo mandatum dedisti,
ut Aaron fratrem suum prius aqua lotum
per infusionem hujus unguenti
constitueret Sacerdotem.
Præf. ad cons. Chrisma
Nel Giovedì della Settimana Santa la Chiesa onora con la massima solennità alcuni tra i più importanti Misteri della nostra Religione. Nell’antichità questo giorno benedetto iniziava con la riconciliazione dei pubblici peccatori che avevano espiato le proprie colpe durante la Quaresima. Vivo ego, dicit Dominus: nolo mortem peccatoris, sed ut magis convertatur, et vivat.

Ma perché il peccatore non muoia, perché si converta e viva, è indispensabile che sia perpetuato in modo incruento il Sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza, la Santa Messa; e perché questo Sacrificio perenne possa essere celebrato, occorre il Sacerdozio, e quindi l’Episcopato che lo trasmetta nella linea della Successione Apostolica; e con esso gli Oli e il Crisma dell’unzione dei Sacerdoti e dei Re, dei Profeti e dei Martiri. Occorre insomma che il Messia – il Χριστός, l’Unto del Signore – gloriosamente risorto e asceso al Cielo dopo aver patito ed essere morto sulla Croce, perpetui la propria presenza nella Santa Chiesa, Suo Mistico Corpo, fino al giorno del Suo ritorno alla fine dei tempi.

Venerdì Santo

Venerdì Santo

La Mattina

Gesù condannato da Caifa.
Il sole è sorto su Gerusalemme; ma i pontefici e i dottori della legge non hanno aspettato la luce per sfogare il loro odio contro Gesù. L'augusto prigioniero prima è ricevuto da Anna, il quale a sua volta lo fa condurre da Caifa suo genero. L'indegno pontefice ha voluto assoggettare ad un interrogatorio il Figlio di Dio; e solo perché non risponde è oltraggiato con uno schiaffo da uno dei servi. Falsi testimoni, da loro istruiti, sono venuti ad attestare menzogne in faccia a colui ch'è la Verità; ma le loro deposizioni discordano. Allora il gran sacerdote, accorgendosi che il sistema adottato per convincere Gesù di bestemmia non è servito ad altro che a smascherare i complici della sua frode, tenta di strappare dalla stessa bocca del Salvatore la confessione d'un delitto che lo potrà rendere passibile di pena davanti alla Sinagoga: "Ti scongiuro per il Dio vivo di rispondere: Sei tu il Cristo, Figlio di Dio benedetto?" (Mt 26,63; Mc 14, 61).
Tale è l'interpellanza che il pontefice rivolge al Messia. Finalmente Gesù, volendo insegnarci il rispetto dovuto all'autorità, cui da tanto tempo ne aveva conservato i titoli, esce dal suo silenzio e con fermezza risponde: "Sì, lo sono; e vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra della potenza di Dio venire sulle nubi del cielo" (Mc 14,62). Allora il sommo sacerdote, stracciatesi le vesti, esclama: "Ha bestemmiato! che bisogno abbiamo più di testimoni? Avete sentita la bestemmia? che ve ne pare?". E da ogni angolo della sala si grida: "È reo di morte!".

giovedì 17 aprile 2025

Giovedì Santo, l’Amore Folle di Gesù Cristo. Meditazione di un Sacerdote Diocesano.

Riprendo, ringraziando per la segnalazione, una meditazione di molti anni fa pronunciata da un sacerdote diocesano

Giovedì Santo, l’Amore Folle di Gesù Cristo.
 Meditazione di un Sacerdote Diocesano.

Uno dei pericoli maggiori per i consacrati, particolarmente per i sacerdoti, è l’abitudine. Abituarsi, infatti, a Dio e alle cose che riguardano Dio, è tra i danni più dannosi che potrebbe avvenire su di noi. Ci stupisce l’umiltà che ha Dio per lasciarsi prendere dagli uomini, e ci spaventa ancora di più l’ora in cui Dio chiederà conto del modo in cui è stato trattato.

Perché Dio si lascia prendere così, da uomini peccatori e sempre indegni? Se Dio manifestasse apertamente e in modo sensibile la sua grandezza e maestà, chi oserebbe avvicinarsi e rimanere soltanto un attimo al suo cospetto? Nessuno! E Dio sa meglio di noi quanto noi abbiamo bisogno di Lui: siamo noi ad essere bisognosi di Dio e non Dio ad avere bisogno di noi. Perché sia possibile la comunicazione, la comune unione di Dio e l’uomo, agisce Dio avvolto nell’umiltà.

Dio ha preso l’umiltà mosso dal suo amore per gli uomini Poiché ci ha amati, si fece umile, si fece carne, si fece vittima, si fece agnello e pane, si fece erba per le pecore e prato verdeggiante, si fece fonte d’acqua, si fece soave brezza ed ombra in mezzo al deserto. Si fece infine medico e medicina, amante – amore – sposo, si fece… Che cosa non fece il nostro Dio per noi? Umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. (Fil 2,8).

Mistica del tempo pasquale

Mistica del Tempo Pasquale

Il vertice dell'Anno Liturgico.
Tra tutti i periodi dell'Anno Liturgico, il Tempo Pasquale è sicuramente il più fecondo per i grandi misteri che commemora: il punto culminante di tutta la Mistica liturgica dell'Anno. Chiunque ha la fortuna di penetrare, con la pienezza dello spirito e del cuore, nell'amore e nell'intendimento del mistero pasquale, può dirsi giunto al centro stesso della vita soprannaturale; ed è per questo motivo che la Santa Madre Chiesa, venendo in aiuto alla nostra debolezza, ogni anno ci invita nuovamente a commemorarlo.

Ciò che l'ha preceduto non ne era che la preparazione: l'attesa dell'Avvento, la gioia del Tempo Natalizio, i grandi ed austeri pensieri della Settuagesima, la compunzione e la penitenza della Quaresima, la visione lacerante della Passione; tutta questa serie di sentimenti e di fatti meravigliosi convergevano alla meta a cui siamo giunti. E per farci capire meglio che la solennità di Pasqua rappresenta ciò che sulla terra vi è di più importante per l'uomo, Dio ha voluto che questi due grandi misteri, tesi ad un unico fine, la Pasqua e la Pentecoste, venissero offerti alla Chiesa nascente dopo un passato che contava già quindici secoli: periodo enorme, che non è però sembrato troppo lungo alla Divina Sapienza per preparare, con apposite figure, le grandi realtà di cui noi oggi siamo in possesso.