RIFLESSIONI DEL TEMPO
Feria Quinta in Coena Domini

Questa Messa del Giovedì Santo è tra le più solenni di tutto l’anno; sebbene l’istituzione della festa del Santissimo Sacramento abbia per oggetto d’onorare con maggior splendore il medesimo mistero, pure la Chiesa non vuole che l’anniversario della Cena del Signore perda nessuno degli onori cui ha diritto. Il colore dei paramenti sacri, in questa Messa, è il bianco, come nei giorni di Natale e di Pasqua; ogni segno di lutto scompare.
Tuttavia, molti dei riti straordinari mostrano che la Chiesa teme ancora per il suo sposo e solo per un momento sospende la tristezza che l’opprime. Il sacerdote all’altare ha intonato l’inno angelico: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli!» e le campane lo hanno accompagnato fino alla fine, suonando gioiosamente a distesa; ma a partire da questo momento rimarranno mute e il loro silenzio, per lunghe ore, stenderà sulla città un’impressione d’abbandono; come se la santa Chiesa volesse farci sentire che questo mondo, testimone dei patimenti e della morte del suo divino autore, ha perduto ogni dolcezza e melodia, ed è divenuto deserto e melanconico; e più particolarmente ci vuol ricordare che gli apostoli, voce del Cristo, figurati nelle campane che col loro suono chiamano i fedeli alla casa di Dio, sono tutti fuggiti, lasciando il maestro in preda ai suoi nemici
I «Sepolcri»
Sebbene la Chiesa sospenda per alcune ore l’offerta dell’eterno sacrificio, tuttavia non permette che siano negati al suo divino sposo gli omaggi a lui dovuti nel sacramento del suo amore. I momenti in cui l’ostia santa pare divenuta inaccessibile alla nostra indegnità, la pietà cattolica ha saputo trasformarli in un vero trionfo all’augusta Eucaristia, allestendo in ogni chiesa un altare-sepolcro dove, dopo la Messa, la Chiesa rinchiuderà il corpo del Signore. Esso rimarrà nascosto sotto alcuni veli; ma i fedeli si affolleranno ugualmente ai suoi piedi ad adorarlo. Tutti accorreranno a onorare il sepolcro dell’uomo-Dio, perché «ovunque sarà il suo corpo s’aduneranno le aquile» 240; e da ogni punto del mondo cattolico s’eleverà a Gesù, come un felice compenso degli oltraggi di cui fu fatto segno in queste medesime ore dai Giudei, un vivo concerto di fervorose preghiere, come mai accade in altri tempi dell’anno.
Là si daranno convegno sia le anime ferventi nelle quali Gesù già vive sia i peccatori convertiti dalla grazia e avviati alla riconciliazione.
Terminata la Messa, la processione si avvia al sepolcro dove sarà riposto il santo Ciborio. Esso viene portato dal celebrante sotto il baldacchino, come nella festa del Corpus Domini; però oggi il sacro corpo del redentore rimane nascosto non circondato di raggi come nei giorni di trionfo. Adoriamo questo sole di giustizia, e durante la processione cantiamo il Pange lingua, l’inno del Santissimo Sacramento noto a tutti.
Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis; nulla talem silva profert, flore, fronde, germine. Dulce lignum, dulci clavo, dulce pondus sustinens Pànge, lingua, gloriosi Corporis mystèrium Sanguinisque pretiòsi, quem in mundi pretium fructus ventris generosi Rex effudit Gentium. Nobis datus, nobis natus ex intacta Virgine, et in mundo conversatus, sparso verbi semine, sui moras incolatus miro clausit ordine. In supremae nocte coenae recumbens cum fratribus observata lege plene cibis in legalibus, cibum turbae duodenae se dat suis manibus. Verbum caro, panem verum verbo carnem efficit: fitque sanguis Christi merum, et si sensus deficit, ad firmandum cor sincerum sola fides sufficit. Tantum èrgo Sacramentum venerèmur cernui: et antìquum documentum novo cedat rìtui: praèstet fìdes supplemèntum sènsuum defectui. Genitori, Genitoque làus et jubilàtio, salus, honor, vìrtus quòque sit et benedictio: procedenti ab utroque compar sit laudatio. | Croce fedele, fra tutti unico albero nobile: nessuna selva ne produce uno simile per fronde, fiori e frutti. Dolce legno, dolci chiodi che sostenete il dolce peso. Canta, o mia lingua, il mistero del corpo glorioso e del sangue prezioso che il Re delle nazioni, frutto benedetto di un grembo generoso, sparse per il riscatto del mondo. Si è dato a noi, nascendo per noi da una Vergine purissima, visse nel mondo spargendo il seme della sua parola e chiuse in modo mirabile il tempo della sua dimora quaggiù. Nella notte dell'ultima Cena, sedendo a mensa con i suoi fratelli, dopo aver osservato pienamente le prescrizioni della legge, si diede in cibo agli apostoli con le proprie mani. Il Verbo fatto carne cambia con la sua parola il pane vero nella sua carne e il vino nel suo sangue, e se i sensi vengono meno, la fede basta per rassicurare un cuore sincero. Adoriamo, dunque, prostrati un sì gran sacramento; l'antica legge ceda alla nuova, e la fede supplisca al difetto dei nostri sensi. Gloria e lode, salute, onore, potenza e benedizione al Padre e al Figlio: pari lode sia allo Spirito Santo, che procede da entrambi. |
Arrivati al sepolcro, il celebrante incensa il santo Ciborio e lo chiude nel tabernacolo. Si resta alcuni istanti in silenziosa preghiera, poi il corteo ritorna in coro, sempre in silenzio.
Immediatamente dopo si procede alla denudazione degli altari.
Denudazione degli altari
Aiutato dai ministri, il celebrante, toglie le tovaglie che coprono l’altare. Il rito significa che il sacrificio è sospeso. L’altare rimarrà nudo e spoglio, fino a che non sarà di nuovo presentata alla divina maestà l’offerta quotidiana; ma prima il Signore dovrà risorgere dalla tomba, vincitore della morte. Per ora è nelle mani dei Giudei, che stanno per spogliarlo delle sue vesti, come noi spogliamo gli altari. Egli sarà esposto nudo agli oltraggi di tutto un popolo; ecco perché la Chiesa, per accompagnare questa cerimonia, ha scelto il Salmo 21 (22), nel quale il Messia esprime in maniera sorprendente l’azione dei soldati romani che, ai piedi della croce, si divisero le vesti.
(Tratto da Dom Prosper Guéranger L’Anno liturgico. -Tempo di Quaresima–Tempo di Passione)
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