giovedì 23 gennaio 2025

Un altro caso di opposizione di Bergoglio a Benedetto XVI

Un altro caso di opposizione di Bergoglio a Benedetto XVI

Nel riferirsi a quanto riporta Sandro Magister, Antonio Socci sottolinea l'ennesimo scostamento di disobbedienza e opposizione di Bergoglio nei confronti di Benedetto XVI. Ricordo che un altro precedente [qui] si riferisce alla famosa Lectio magistralis di Ratisbona [qui]. E non possiamo neppure ignorare gli opposti atteggiamenti nei confronti del Rito Romano Antiquior, che hanno visto l'effetto più doloroso nel divieto della celebrazione della stesso ai FI, ignorando i diritti di frati e fedeli sanciti da una legge universale della Chiesa come il Summorum Pontificum vanificata per mezzo di un artificio1 che rende il provvedimento (decreto 11 luglio 2013) inappellabile.
Si tratta di questioni effettivamente attribuibili a due stili diversi di pontificato, anche se il substrato modernista, compreso il dialogo, è l'eredità conciliare di entrambi. In Benedetto XVI contemperata da un residuo di "romanità" che in parte ha tenuto, ma non è stata sufficiente, tuttavia, a porre argini consistenti ad una vera e propria "rivoluzione" travestita da "aggiornamento", come numerose analisi dimostrano.
Stralcio di seguito affermazioni significative da Sandro Magister, ricordando peraltro come l'Anglicanorum coetibus [qui], sia stato un vero e proprio blitz di Benedetto XVI contrastante con la simil-bergogliana posizione contraria di Walter Kasper, allora Presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, il quale, fin dall’inizio delle trattative, promise agli anglicani ogni possibile aiuto cattolico, purché essi non abbandonassero la loro religione :
Il passaggio dall’anglicanesimo al cattolicesimo non solo di singoli individui ma di intere comunità con preti e vescovi è stato facilitato e regolato nel 2009 da Benedetto XVI con la costituzione apostolica “Anglicanorum cœtibus”. (…) Ebbene, ecco le testimonianze degli anglicani Venables e Palmer raccolte dal vaticanista inglese Austen Ivereigh nell’eccellente biografia di Bergoglio da lui pubblicata alla fine del 2014: “Nel 2009, quando papa Benedetto XVI creò una nuova struttura giuridica, l’ordinariato personale, per gli anglicani che diventano cattolici, Bergoglio chiamò il vescovo Gregory Venables, primate anglicano del Cono Sud (in comunione con Canterbury), che risiedeva a Buenos Aires. A colazione, ha ricordato Venables, ‘mi disse molto chiaramente che l’ordinariato era assolutamente superfluo e che la Chiesa ha bisogno di noi come anglicani’. Fu il messaggio di Bergoglio anche a Tony Palmer, che stava considerando l’ordinariato e si chiedeva se andasse bene per lui. ‘Mi disse che abbiamo bisogno di intermediari. Mi consigliò di non fare quel passo, perché sarebbe sembrato che avessi scelto una sponda precisa e in quel caso avrei smesso di essere un intermediario’. Bergoglio era convinto che Palmer dovesse restare anglicano ‘per amore della missione, questa missione di unità’, e gli consigliò di ‘abbandonare l’idea’ di diventare cattolico”.
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1. Da prendere nella dovuta considerazione:
  • L'art.2 del Motu proprio Summorum Pontificum prevede il diritto di ogni sacerdote di rito latino (sia secolare che religioso) di celebrare il VO senza obbligo di alcuna autorizzazione previa (di fatto equiparando l'uso dei due messali). Celebrazioni alle quali, ai sensi dell'art.4 sono ammessi anche i fedeli, come di fatto ormai avviene per prassi consolidata dal 2007 
  • l'art. 3, cui molti hanno fatto riferimento a giustificazione del decreto, riguarda la celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori"
Ne consegue che la disposizione avallata dal Papa nel decreto 11 luglio 2013 (che è un atto amministrativo) non potrebbe di fatto cancellare una disposizione papale diramata dal suo predecessore con motu proprio (art.2/4). "...il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso della Congregazione dei Frati Francescani dell'Immacolata è tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente, l'uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata dalle competenti autorità per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta".
Ciò non appare canonicamente valido, per effetto della gerarchia delle norme. E, di fatto, è e resta grave e scorretto. Anche se è stato capziosamente sottolineato che si tratta di un praeceptum, cioè di un comando particolare, che se viene dal Papa può andare oltre le leggi canoniche e dunque in questo caso non è stata promulgata alcuna legge generale. Ma non sono sicura - e andrebbe dimostrato - che esso, se può andare oltre le leggi canoniche, non violi una legge naturale o divina, che costituisce uno dei limiti al potere per altri versi assoluto del papa. E, purtroppo, il fatto che non si sia alzata la voce di alcun vescovo o cardinale che abbia osato dire mezza parola sulla sorte dei numerosi frati fedeli al carìsma originario, non lascia ben sperare che si alzi una voce autorevole anche a questo riguardo, ignorando le esigenze spirituali di molti fedeli, peraltro espresse ma rimaste inascoltate. Tenendo altresì conto che il provvedimento ha avuto ricadute negative, accentuando la strana avversione, che diventa ostracismo attraverso gli espedienti più capziosi, da parte di vescovi e anche di sacerdoti nei confronti del Rito Romano Antiquior "mai abrogato".
Sta di fatto inoltre che la disposizione, formulata senz'alcuna motivazione, può essere inquadrata tra gli aspetti della ormai imperante "prassi ateoretica senza spiegazioni", che non si può concepire da parte di un pontefice. Egli deve esprimere la sua attività di governo oltre che il suo munus docendi attraverso pronunciamenti adeguatamente ponderati. Cosa che sembra definitivamente tramontata, mentre invece l'alta dignità conferitagli per mistero di grazia lo esige. Infatti le forme espressive dei pronunciamenti papali sono sempre state di prassi ponderate. In esse, ogni parola è stata sempre misurata, ogni concetto esplicitato e sviluppato, proprio per non lasciare spazio a equivoci e interpretazioni errate, come invece sta accadendo da due anni con la complice ridondanza dei media.

giovedì 16 gennaio 2025

Il cardinale Marx e il Sinodo: è il Papa che vuole la discussione sui divorziati "risposati" e sugli omosessuali. Attenzione al "Dio delle sorprese"...

Il cardinale Marx e il Sinodo: è il Papa che vuole la discussione sui divorziati "risposati" e sugli omosessuali. Attenzione al "Dio delle sorprese"...

La mia riflessione di oggi nasce da notizie apprese da Riposte Catholique [qui], da cui sintetizzo alcuni stralci riguardanti recenti dichiarazioni del Cardinale Reinhard Marx sul sinodo.
"" È proprio Papa Francesco, che «ha aperto la porta» sulle questioni della omosessualità e della comunione per divorziati «risposati», e nessun voto contrario del Sinodo potrà apportarvi alcun cambiamento, secondo il cardinale Reinhard Marx, che non è solo un membro del consiglio di otto cardinali nominati dal Papa, ma un megafono del «gruppo manipolatore» che ha portato queste idee al Sinodo (vedi qui). [...] I relativi articoli sono stati pubblicati con il consenso esplicito del papa, dice il cardinale Marx. Dunque «il papa ha aperto le porte ed i risultati della votazione al termine del Sinodo non cambierà nulla» nonostante le due questioni finora fossero assolutamente non negoziabili.
[...] Il cardinale ha aggiunto che il gruppo «progressista» del Sinodo non ha subìto alcuna sconfitta, dando come prova l'esempio dell'attuale pontificato: «Chiunque pensi questo non ha prestato attenzione a ciò che accade nella nostra Chiesa a partire dall'ultimo anno e mezzo... Questo Papa sa esattamente quello che fa, nessuno può metterlo in discussione. Francesco vuole che ci diamo una mossa. Il suo uso frequente della parola - Avanti! - è una prova sufficiente».
[...] In un'intervista a Die Zeit [qui], Marx ha dichiarato che il Papa stesso ha voluto il ripristino della questione sull'omosessualità (aggiunta da Bruno Forte) nella relatio post-disceptationem, anche se non ha raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi. [...]""
Ci troviamo di fronte alla stessa situazione sconcertante e ambigua, ma anche rivelatrice delle effettive manovre manipolatorie messe in risalto da più parti [qui - qui - qui - qui], e ad un deja vu, se torniamo alle dichiarazioni del cardinale Kasper, che ha accusato i suoi oppositori di volere «una guerra dottrinale», mentre lui è d'avviso opposto e agisce in sintonia col papa:
«... Io penso a un Sinodo pastorale» [solita solfa ingannatrice, di conio conciliare, come se la pastorale non sottenda essa stessa una dottrina]. Ed è quello che desidera anche Francesco, aggiunge: «È chiaro. Anche il Papa vuole un Sinodo pastorale». ... «nessuno dei miei confratelli cardinali ha mai parlato con me. Io, invece, due volte con il Santo Padre. Ho concordato tutto con lui. Era d'accordo. Loro sanno che non ho fatto da me queste cose. Ho concordato con il Papa, ho parlato due volte con lui. Si è mostrato contento». [qui]
Un'osservazione è d'obbligo. Sia Marx che Kasper affermano con enfasi la preventiva intesa del Papa sul tema dei divorziati «risposati», ma c'è chi sottolinea che non abbiamo mai sentito il Papa dire (né smentire in entrambi i casi). Tuttavia, oltre a quanto già osservato, dice ben qualcosa il fatto che il papa intenda mantenere le questioni sul tappeto nonostante i voti contrari...
Lo stesso articolista di Riposte Catholique afferma che il Cardinale Marx, arcivescovo di Monaco, esprime semplicemente ciò che egli stesso intende. È vero o falso? Una ulteriore manipolazione? Sta di fatto che egli è Presidente della Conferenza episcopale tedesca e, oltre ad avere il sostegno di molti dei suoi colleghi tedeschi, in ogni caso è molto vicino al Papa. Come del resto il cardinale Kasper - aggiungiamo noi - citato tra i migliori teologi dal papa stesso nel suo primo Angelus, da lui scelto per l'apertura del Sinodo e pubblicamente lodato nella sua allocuzione introduttiva qualificata come «teologia in ginocchio».

Sta di fatto che le recenti dichiarazioni di Marx non fanno altro che riportare la confusione là dove essa aveva cominciato a dissiparsi. Ma forse del tutto apparentemente e come toppa momentanea, come già da me [qui] osservato e anche confermato dalle seguenti parole di mons. Schneider.
È triste inoltre che il paragrafo – che non ha ottenuto l’approvazione richiesta della maggioranza qualitativa – resti tuttavia nel testo finale della Relatio e verrà inviato a tutte le diocesi per ulteriori discussioni. Aumenterà sicuramente la confusione dottrinale tra i sacerdoti e i fedeli, essendo ora ventilato che i comandamenti divini e le divine parole di Cristo e quelle dell’apostolo Paolo sono messi a disposizione di gruppi decisionali umani [qui].
Quanto al papa, diciamo che si esprime in maniera gesuitica, con una comunicazione monca, spesso criptica e indiretta, ma lanciando staffilate contro la tradizione in ogni occasione: egli mette a raffronto due schieramenti contrapposti buoni-cattivi, parteggiando evidentemente per l'innovazione rivoluzionaria. E se non espone né direttamente con chiarezza né per intero il suo pensiero, parla anche attraverso i provvedimenti. Basti pensare a chi si è scelto per il consiglio della corona [qui] e ad alcune sue scelte curiali, rapportate con la rimozione del card. Burke, del card. Piacenza ed ai provvedimenti nei confronti dei Francescani dell'Immacolata, per fare una diagnosi di certo non rassicurante.  Del resto quando tuona dalla Domus Santae Martae rimproverando chi muta i pani in pietre, che è duro di cuore, intellettualista, legalista, da museo et alia dimostra di conoscere ben poco - e solo in base a pregiudizi - chi ama la tradizione che colpevolmente scambia per la sua caricatura.

Inoltre, se ci soffermiamo su recenti dichiarazioni provenienti dal blog Caminante-Wanderer [qui], della cui serietà fornisce assicurazioni New Catholic, responsabile dell'altrettanto affidabile Rorate caeli, i nostri timori vengono confermati. Egli riferisce tre episodi che vanno nella medesima direzione, rivelando le intenzioni distruttive di Bergoglio, e ne trae l'ovvia conclusione che il papa andrà fino in fondo nella sua rivoluzionaria ansia di cambiamento che vorrebbe irreversibile. Cito il terzo episodio: nel corso di un recente convegno di teologi nel Seminario di una «grande Arcidiocesi argentina» un teologo molto vicino al papa avrebbe riferito circa le sue intenzioni
«medesima conversazione, un po' più tardi. Chi parla è un sacerdote che ha contatti abituali, o piuttosto quotidiani, col Santo Padre. «L'ultima cosa che mi ha detto prima che io venissi qui è di pregare affinché egli possa effettuare cambiamenti profondi e definitivi nella Chiesa, in modo tale che non possano mai più essere modificati».
Dunque è finito il tempo delle discussioni dottrinali altrimenti vien detto e ripetuto - e più che una constatazione appare una minaccia - che ciò « ci impedisce di essere sorpresi e infiammati dallo Spirito Santo». Ma si dimentica anche che la Verità non risiede nelle opposte fazioni e neppure nella maggioranza, ma nella Rivelazione apostolica, in Cristo Signore, così com'è stata consegnata e custodita fino ad oggi e fino alla fine dei tempi da la Catholica.

Insomma è entrato in campo il «Dio delle sorprese».
Se per «sorprese» intendiamo il fatto che il Signore «fa nuove tutte le cose», questo non è altro che l'effetto della sua Presenza e della sua grazia nella storia; il cui divenire riguarda noi e le vicende terrene che scriviamo con le nostre vite donate nella Sua, ma non Lui che è lo stesso ieri oggi e sempre.
Non dimentichiamo, invece, che il concetto di sorpresa che ci si vorrebbe rifilare significa cose non preannunciate... Il nostro non è il Dio delle sorprese, ma il Dio che si è definitivamente rivelato in Cristo Signore perché non ha nascosto ai "Suoi": i Santi e profeti di un tempo, tutto ciò che stava per fare nella Storia della salvezza. Se però per «sorprese» intendiamo i cambiamenti avallati da un dio che si evolve nel nostro divenire, per dirla con mons. Gherardini, allora non è altro che
«la molla di quel divenire dialettico che, con Feuerbach, porta alle conseguenze estreme la dialettica hegeliana, trasformando la teologia in pura e semplice antropologia e ... imprigiona il messaggio evangelico nelle maglie del divenire, lo spoglia d'ogni sua componente soprannaturale e lo riduce ad un dato sempre cangiante dell'immanenza».
Ma, oltre a ciò, se si permette questo, si spacca l'unità tra le azioni ad extra della Santissima Trinità e la rivelazione dei segreti ai Profeti dell'Antica Alleanza, e così si apre la possibilità a un dio che agisce fuori dai limiti della rivelazione...
Maria Guarini

mercoledì 15 gennaio 2025

Conversione del papato (!?)

Conversione del papato (!?)

Riprendiamo un punto chiave della Evangelii Gaudium, che non esito a definire senza mezzi termini la versione peronista dell' ottimismo "ingenuo" e "aprioristico" di Giovanni XXIII e Paolo VI, senza la mens subtilis di Benedetto XVI, con l'unico effetto positivo di lasciar cadere ogni maschera e di mettere chi è in grado di 'vedere' di fronte ad una allarmante accelerazione della rivoluzione copernicana innescata dalle innovazioni conciliari. La chiesa 2.0, riformata dal Vaticano II, ora prende il largo e sta mostrando al mondo una palingenesi inedita e dirompente, dalle coloriture sociologiche, che tratteggia il suo nuovo volto.
32. Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. [le "necessità attuali" non sono subordinate al "significato che Gesù Cristo intese dargli" e quindi viste alla luce e in funzione di esso; ma vengono poste sulle stesso piano ed è facile riconoscervi il rovesciamento di approccio tutto post conciliare: "il vangelo letto alla luce della cultura contemporanea" e non viceversa]. Il Papa Giovanni Paolo II chiese di essere aiutato a trovare «una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova».[Ut unum int, 95] Siamo avanzati poco in questo senso. [a parte le dimissioni, alle quali sembra si debba fare l'abitudine, ingravescente aetate?] [1]Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle antiche Chiese patriarcali, le Conferenze episcopali possono «portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente».[Lumen Gentium, 23] Ma questo auspicio non si è pienamente realizzato, perché ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. [Leggasi collegialità (2) e sue applicazioni, con il conferimento di potestà normativa? Giovanni Paolo II, Apostolos suos] Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria.
33. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale. [Audacia e creatività paradossalmente non dispiegabili nella direzione di una pastorale tradizionale]
Si ha conversione quando si passa dallo stato di peccato, cioè dalla perdita della Grazia allo stato di Grazia. E si tratta di un passaggio, che è un'inversione di tendenza, sancisce un cambiamento di vita, un ri-orientamento al Padre. Una volta che si è fatta la scelta fondamentale per Dio e si rimane nella vita di Fede, fortificandosi nella Chiesa. Ed è il percorso successivo, di perfezionamento[3] - che è sempre ulteriore configurazione a Cristo - e per questo è necessario fortificarsi e rimanere nella fedeltà, ma non ancora e sempre convertirsi, a meno che non si inverta di nuovo la rotta. 

Sulle citate parole del papa c'è da chiedersi se si tratta di una promessa o di una minaccia, perché conversione è un termine forte, che designa un cambiamento rivoluzionario non banale e dunque resta da stabilire il perché e in cosa consista questa inversione di rotta per la pastorale, ma soprattutto per il Papato. Che significa? Un giro di boa c'è già stato. Ed ora, cos'altro?
Vedi nota 1 e queste precedenti riflessioni [qui] e [qui], da riallacciare a quest'altra sulla collegialità, alle quali aggiungo:
Le perplessità e le riflessioni non mancano; manca chi di dovere che le esprima con la dovuta autorevolezza. Il nostro allarme deriva dalla consapevolezza che qualunque adeguamento ai tempi operato attraverso 'forme' su essi modulate, porta lontano dalla fontale primazialità del Papato voluta dal Signore. Infatti ogni 'forma' veicola e manifesta una sostanza corrispondente pur se implicita. Difendere la manifestazione della sostanza significa difendere la sostanza stessa, nella consapevolezza che la negazione di una dimensione accidentale rischia di essere un ferimento che la sostanza può sopportare solo fino ad un certo punto.
Al di là delle vicende che si dipanano nella storia, la Gerusalemme celeste scende continuamente dal Cielo nel "Pane vivo" rappresentato da Cristo Signore che è con noi fino alla fine dei tempi.
Diciamo che al momento è oscurata, ma non è di là da venire, è già qui, nella Chiesa e nella sua fedeltà. Le realtà che noi andiamo denunciando perché ci colpiscono e per resistere al sovvertimento non esauriscono la Realtà intera, così come non esauriscono la Chiesa intera, che è nelle mani dell'Onnipotente e del Suo Figlio diletto.
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1.«Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri...». (dall'intervista al Corriere della Sera)
2. Collegialità introdotta nel Nuovo Codice di Diritto Canonico: «...Perciò il Codice, non soltanto per il suo contenuto, ma già anche nel suo primo inizio, dimostra lo spirito di questo Concilio, nei cui documenti la Chiesa «universale sacramento di salvezza (Cfr. Cost. Dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 1, 9, 48), viene presentata come Popolo di Dio e la sua costituzione gerarchica appare fondata sul Collegio dei Vescovi unitamente al suo Capo ».[Costituzione Apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983]
3. L'idea di perfezionamento non è peregrina, se Gesù ha detto: "Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro che è nei cieli".

venerdì 10 gennaio 2025

Indice degli articoli sul controverso documento di Abu Dhabi e posterius

Il 4 febbraio 2019 il papa ha firmato col Grande Imam Ahmad el-Tayeb ad Abu Dhabi il controverso “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” che contraddice la fede della Chiesa.
Indice degli articoli

Sinodalità recidiva: "Lineamenta" per il 2015

Sinodalità recidiva: "Lineamenta" per il 2015

Premessa
Constatiamo che lo "spirito del concilio", nei suoi aspetti più rivoluzionari, nonché il maanchismo - il terribile deleterio effetto di un'affermazione principale corretta, seguita dal o dai "ma anche", che hanno aperto spiragli che stanno diventando voragini - risulta trasferito pari pari al Sinodo.
Abbiamo già parlato ampiamente sul blog del Sinodo conciliarista [vedi qui - qui]
Per ora mi limito al volo alle seguenti essenziali riflessioni a caldo, avendo sotto gli occhi il documento appena pubblicato: "Lineamenta" per la XIV Assemblea Generale Ordinaria: La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (4-25 ottobre 2015), 09.12.2014 [qui].

I punti che non sarebbero neppure dovuti entrare in discussione

Se mi soffermo per il momento su questi punti è perché le relative questioni – tra l'altro di per sé neppure da mettere in discussione –  non erano state approvate e purtuttavia – per volontà del papa – essi sono stati ugualmente mantenuti nel testo reso pubblico e quindi reinseriti nel circuito della discussione, nei termini indicati nella premessa. Non solo, ma il questionario appare redatto in modo da orientare le risposte, dando per scontate premesse evidentemente pilotate secondo la mens che sta conducendo il gioco.

Dunque ci risiamo. Il Circo riparte e la girandola di sofismi e di nonsense prosegue con ostinata protervia. Se si usasse lo stesso energico impegno nel combattere gli errori e riaffermare le verità perenni, non saremmo in questa crisi assurda e sull'orlo del baratro che riguarda l'umanità tutta. Ma ciò è dovuto all'oscuramento se non al rinnegamento dell'universalità della salvezza per cui è venuto il Signore, affidandone la trasmissione alla Sua Chiesa che, invece di focalizzarsi sul suo Centro e Fondamento, esce da sé stessa nel senso deteriore del termine e si appiglia ai semina Verbi ingannevolmente tirati in ballo e sofisticamente e inappropriatamente usati, concilio o non concilio. Intanto il concilio non è il Vangelo e tra l'altro Nostra Aetate [qui] (citato tra le fonti) è un documento di secondaria rilevanza, qual è una Dichiarazione, e cioè un documento di quarto e ultimo livello, tra quelli indicati da Mons. Gherardini [qui]1: il livello delle innovazioni, che non può vantare validità infallibile e irreformabile e, conseguentemente, rende possibile il dissenso secondo fede e ragione. Una semplice Dichiarazione assurta a principio fondante di questa nuova ecclesiologia basata sull'arbitrio dei nuovi barbari porporati, che usa la prassi per oltrepassare la dottrina. Ma la dottrina e la disciplina sono le condizioni per il vero incontro con Cristo. Inoltre la pastorale poggia sulla dottrina, e dunque la prassi presuppone la retta dottrina. Il rovesciamento di questo ordine porta troppo facilmente a far sì che con una nuova realtà pastorale si sviluppi una nuova dottrina.

C'è da chiedersi, nel punto 22 sotto riportato, cosa c'entra l'apprezzamento da parte della Chiesa per il matrimonio naturale? Che di seguito diventa "realtà matrimoniale e familiare di tante culture e di persone non cristiane". Ma a cosa serve? Queste hanno forse qualcosa da insegnare a chi ha tutto solo da accogliere e trasmettere del compimento della salvezza, che la Chiesa già custodisce (o custodiva) da due millenni, operato rivelato e consegnato dal Signore e dagli Apostoli e che Lui continua ad operare nonostante le nostre infedeltà? La stessa creazione pensata in vista di Lui (si sente qui l'eco di Gaudium et Spes, 12; 24 qui), attende la rivelazione dei figli di Dio, così come tutti i popoli che, per essere salvati, devono conoscerLo e accoglierLo.
Che si possa e si debba entrare in dialogo tra culture diverse per ragioni politiche o di civile convivenza non riguarda la sfera della fede e degli insegnamenti morali che da essa scaturiscono (e non da altre fonti: "sorgenti torbide e cisterne inquinate" per usare un linguaggio biblico). Cito dai Lineamenta:
L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme
21. Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita. Pertanto, lo sguardo della Chiesa si volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso Gesù.
22. Nella stessa prospettiva, facendo nostro l’insegnamento dell’Apostolo secondo cui tutta la creazione è stata pensata in Cristo e in vista di lui (cf. Col 1,16), il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere apprezzamento per il matrimonio naturale e per gli elementi validi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e nelle culture nonostante i limiti e le insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). La presenza dei semina Verbi nelle culture (cf. Ad Gentes, 11) potrebbe essere applicata, per alcuni versi, anche alla realtà matrimoniale e familiare di tante culture e di persone non cristiane. Ci sono quindi elementi validi anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano – comunque fondato sulla relazione stabile e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Con lo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.
Continua la manipolazione in un Sinodo "taroccato"2?

Nel questionario - inviato in più lingue alle Conferenze Episcopali di tutto il mondo, la cui finalità secondo il card. Baldisseri è "l'approfondimento delle questioni affrontate nel dibattito, di tutte, ma soprattutto di quelle che hanno bisogno di essere discusse in modo più accurato" -, al suddetto n.22 è correlata la
domanda n. 19Il Concilio Vaticano II ha espresso l'apprezzamento per il matrimonio naturale, rinnovando una antica tradizione ecclesiale. In quale misura le pastorali diocesane sanno valorizzare anche questa sapienza dei popoli, come fondamentale per la cultura e la società comune? (cf. n. 22)
Notate l'inganno ancor più esplicito, contenuto anche dal questionario. Lo rivela la domanda riportata qui su, che dà per scontato sia l'apprezzamento per il matrimonio naturale che la valorizzazione della sapienza dei popoli; si tratta solo di verificare il "come"... Non sarebbe bene  limitarsi a ri-orientare i cristiani disorientati e formare rettamente quelli de-formati?

La carenza è nella formazione, cioè nell'insegnamento

In un recente articolo su la Bussola quotidiana [qui] vengono proposte interessanti riflessioni sulle aspettative laiche circa le aperture promosse e promesse dall'assise sinodale (almeno a quanto sembra dalle proposte più progressiste), aspettative e tendenze condivise da una larga fetta di cattolici "aperti al mondo", dalle coscienze e dai cuori addormentati in qualche modo assuefatti a riconsiderare in senso positivo e corrispondente al "così fan tutti" quell'agire morale che si è sempre fatto e sempre si farà fatica ad osservare. Nessuno ricorda che questo non è possibile senza la grazia di Cristo veicolata dall'azione santificatrice della Sua Chiesa, preparata e accompagnata da un insegnamento che dà il senso e rende appetibili i comandi divini fondati su verità imperiture. Ecco, questo è il punto. È di questo che non si parla più.

Ad esempio, sono in molti anche i pastori a ricordare che l'indissolubilità del matrimonio deriva dal comando del Signore presente nel Vangelo - del resto correttamente affermato al n.21, pur con i "ma anche" successivi - ma non ne spezzano il pane saporoso delle ragioni che rendono il comando assimilabile dalla ragione e dal cuore e quindi tradotto nella vita anche quando costa e non poco.
Si comprende e si accetta l'indissolubilità se si considera che è legata ad una fedeltà che ha la sua origine fontale nella fedeltà del Signore e Creatore alla sua creatura, pensata e voluta a Lui ordinata e dunque in dialogo continuo (questo è l'unico dialogo che conta) attraverso una relazione esclusiva, che mette il Signore al primo posto e da ciò fa discendere tutto quanto ne consegue di davvero fecondo, perché è una relazione che implica un'unione intima e profonda, fedele ed esclusiva, 'sponsale', appunto. Questo non riguarda solo le anime consacrate, che si sono scelte la parte migliore, ma ogni anima credente, ognuna in modo diverso a seconda delle situazioni. Si tratta di una relazione esclusiva nei confronti di Dio, perché implica il rifiuto di altri dei, che possono essere tutte le concupiscenze di cui il mondo è costante insinuatore e alle quali l'inclinazione al male, residuo del peccato originale, non rende né sordi né vaccinati. Non possiamo sottrarcene se non per mezzo della Grazia e delle scelte che essa ci consente di fare, alla fine per connaturalità più che per senso del dovere, che può essere il punto di partenza, ma non è certo il punto di arrivo.
L'esclusività riguarda innanzitutto la relazione con Dio, l'unica che allarga il cuore a dismisura rendendolo capace di accogliere la realtà dell'altro e donarsi senza aspettarsi nulla in cambio: questa è la vita vera, che solo nel Signore e nella Sua Chiesa possiamo vivere e che nessuna ONU delle religioni potrà mai rendere né possibile né accettabile.

Si parla tanto di cambiamento antropologico, tirato in ballo anche da alcuni padri sinodali:
n. 5 Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato...
E sembra questo il nuovo dato fondante le nuove prassi. Ma non c'è stato nessun cambiamento antropologico. L'uomo, con i suoi bisogni e domande fondamentali, è lo stesso di sempre nella sua essenza. Ciò che è venuto a mancare è uno sguardo metafisico su Dio e sull'uomo, e questo ci impedisce di rivolgerci al vero problema. Se solo riuscissimo a vederlo avremmo già fatto un grande passo in avanti. Saremmo cioè già usciti dalla mentalità della prassi, che ahimè domina. Molto spesso a discapito del Concilio. Ma soprattutto della Chiesa. La vera crisi non è altro che la crisi della Chiesa in quanto mistero. Il vero nodo teologico è riconducibile allo smarrimento proprio del concetto metafisico di partecipazione del mistero-Chiesa. E così la teologia si riduce ad antropologia. Infatti la teologia stava già da tempo coniando un nuovo linguaggio, accantonando per lo più quello metafisico-scolastico, per fare posto a quello più moderno, che è sfociato - e ne vediamo gli esiti -, nell'adozione di una filosofia esistenzialista e fenomenica.

Riconoscimento epocale delle tendenze omofile come "diritti"

Dai punti che seguono notiamo l'incredibile spostamento di attenzione ad elementi estranei alla fede e alla dottrina anche nella successiva proposizione, mantenuta, nonostante i voti contrari, partendo da fattori marginali, "esistenziali", rispetto al nucleo del discorso. Non mancando persino di tirare in ballo in seconda battuta i "paesi poveri" e le pressioni di organismi internazionali (!?).
Ma la Chiesa non insegna psicologia e sociologia, certamente da non disattendere; e tuttavia non si può sottovalutare il fatto che in quanto scienze umane sono ancelle della teologia, se ancora questa ha un senso.
Compito e funzione della Chiesa, infatti è affermare ed insegnare. Essa non deve né recriminare né essere condizionata da pressioni di alcun genere né soffermarsi su elementi secondari e neppure prenderci per i fondelli con i nondimeno e ciò che viene dopo... Si pensa così di aggirare gli ostacoli facendo rientrare da un'altra porta ciò che era uscito dalla finestra... Si tira in ballo un'ovvietà come il rispetto e la delicatezza, mai messa in discussione dalla Chiesa della Misericordia, quella vera e non sganciata dalla Verità e dalla Giustizia. Ma c'è il rischio, non improbabile dati i precedenti, che il marchio di ingiusta discriminazionealla fine possa andare a parare sul riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali. Che senso ha, infatti, richiamarlo qui? E del resto il documento citato è ben chiaro ed esplicita la differenza tra il rispetto della persona e il mascheramento, dietro a questo, dell'uso strumentale o ideologico della tolleranza del male, che peraltro è qualcosa di molto diverso dall'approvazione o dalla legalizzazione del male stesso. Sarebbe stato meglio partire da qui e non dalla pastorale esistenzialista con la quale diventa possibile aggirare i principi inalienabili, col rischio di ritenere poi quel documento superato alla pari della Familaris consortio, alla quale sarebbe stato bene attenersi piuttosto che guardare altrove. Cito:
L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale
55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).4
56. È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il "matrimonio" fra persone dello stesso sesso.
A questo punto è legittimo chiedersi che fine ha fatto il famoso dossier segreto, redatto dai "tre cardinali 007", ricevuto da Benedetto XVI e da lui consegnato al successore, che gli svelava l'impropriam influentiam (sporco ricatto) che si intreccia tra le file omosessuali della Curia e le loro relazioni esterne.
Il discorso tuttavia, come già ricordato, è certamente ancora tutto da sviluppare. Ma il solo fatto che vengano fatti entrare nella discussione elementi di per sé indiscutibili, i timori e le perplessità li giustifica ampiamente. E non bisogna abbassare la guardia, soprattutto da parte dei pastori, anche quelli non coinvolti direttamente nell'assise sinodale [vedi].

Una domanda fondamentale cui va data risposta

Ma non c'è da farsi una domanda ancor più fondamentale, che ne implica altre? Un sinodo dei vescovi può esser ritenuto competente nel trattare questioni che attengono ad aspetti dottrinali non modificabili per loro propria natura, non solo in quanto già sanciti dalla disciplina vigente formatasi nel corso dei secoli e con interventi del magistero supremo della Chiesa ma, come nel caso del matrimonio sacramentale, derivanti da un comando divino? Può inoltre la Chiesa in questi casi agire ex abrupto difformemente dalla sua Tradizione? Può forse essa modificare la legge naturale, il rispetto della natura dell'eucarestia, e un comando divino? Anche se la parola finale spetta sempre al papa, e sarà lui a doverla pronunciare, per quale ragione egli insiste nel mettere in discussione proprio tali questioni?

Notazioni di fondo sull'infallibilità papale

A proposito della pronuncia del papa a conclusione dei lavori conciliari, è erroneo attribuire infallibilità, oltre che a TUTTE le parole e atti del papa, anche ai risultati del prossimo Sinodo, quali che essi siano.
La dottrina della Chiesa insegna che quando il Papa, da solo o in unione con i vescovi, parla ex cathedra è certamente infallibile.
Ma perché un suo pronunciamento possa considerarsi ex cathedra sono richiesti alcuni requisiti:
  1. deve parlare in quanto Papa e pastore della Chiesa universale;
  2. la materia deve riguardare la fede o la morale;
  3. il giudizio pronunciato deve essere solenne e definitivo, con l’intenzione di obbligare tutti i fedeli.
Se anche una sola di queste condizioni manca, il Magistero pontificio (o conciliare) resta autentico, ma non è infallibile. Ciò non significa necessariamente erroneo, ma semplicemente che non è immune da errore: e dunque può essere fallibile.

Da non dimenticare, inoltre, che le dichiarazioni ex cathedra di tipo definitorio sono dogmi e che le fonti dei dogmi sono la Scrittura e la Tradizione: una dichiarazione, che si volesse dogmatica, basata su fonti diverse o ex abrupto (cioè totalmente innovativa) sarebbe un falso dogma.

Un altro limite all’infallibilità papale ex cathedra: secondo la Pastor Aeternus le dichiarazioni ex cathedra non possono essere cancellate o modificate in nessun caso. Dunque non sono accettabili dichiarazioni dogmatiche (cioè definitorie) o paradogmatiche (definitive), se contraddicono verità definitorie o definitive preesistenti. Resta ferma la non-contraddizione. La distinzione comporta il fatto che chi non aderisce alle prime è eretico; chi non aderisce alle seconde è in grave errore ma non è eretico.

Quanto sopra nell'ovvia considerazione che l'infallibilità papale non è "a tempo" o legata ai tempi.
Nessuno potrà costringerci ad aderire alla proclamazione di innovazioni che sono in contraddizione con il Depositum fidei cattolico.

Il potere del papa non è assoluto, ma vincolato anche alle definizioni dogmatiche dei suoi predecessori e, in definitiva al Depositum fidei, che non è un'optional, non ingabbia perché contiene realtà vive e non museali, non inganna perché non prescinde dalla Verità, che precede sempre la Carità.
Maria Guarini
_________________________
1. Guardando al contesto da cui scaturisce il documento si capisce il perché sono stati fatti fuori i Francescani dell'Immacolata e anche la "deportazione" di padre Serafino Lanzetta, uno degli studiosi più validi e anche rispettosi - senza rinnegamenti del concilio ma anche senza contorsionismi per dimostrare una continuità inesistente -, che sui noti temi controversi ha idee chiare e documentate alle fonti originali [qui, dallo stesso contesto da cui è tratto l'intervento di Mons. Gherardini: il Convegno del 2010 sul Vaticano II] e [qui, più recentemente].
2. Il termine è stato coniato da marco Tosatti [qui]. E a questo punto si impone una notazione. La rimozione del cardinal Burke, uno degli oppositori più autorevoli sui punti sollevati dal cardinale Kasper, era stata già sancita prima del sinodo ma è stata differita, sicché egli ha potuto partecipare al primo round ma non parteciperà alla tornata successiva e risulta rimosso proprio dalla Segnatura apostolica cui appartiene l’ultima istanza in materia di nullità matrimoniali.
3. C'è da chiedersi la ragione di tutta quest'attenzione al possibile marchio di discriminazione nei confronti degli omosessuali e di chi vive in situazioni di peccato - che la Chiesa ha sempre riservato alla persona e non all'errore - e il persistere, con tendenze ingravescenti, circa il marchio di disprezzo che sfocia in persecuzione discriminatoria nei confronti di chi ama la tradizione riservato sia alle persone (pastori e fedeli) che alle loro esigenze spirituali. Per inciso: dal 1° ottobre scorso la Basilica papale di Santa Maria Maggiore è stata definitivamente serrata all'ultima Santa Messa Antiquior che vi si celebrava alle 7,30 del mattino...
4. A questo proposito dichiarava il card. Burke: Mi rifiuto di parlare di persone omosessuali, perché nessuno può essere identificato da questa tendenza. Si tratta di persone che hanno una tendenza, che è una sofferenza [qui].

giovedì 9 gennaio 2025

Dedicato ai Sacerdoti per ricordare la loro 'unzione' da non banalizzare né rinnegare. Mai

UNTI E MANDATI MEDIANTE IL SACRAMENTO DEL SACERDOZIO

Sapete cosa vi ho fatto? Giovanni 13, 12
1. "Oggi si è adempiuta questa Scrittura..." (Lc 4,21). Questo Oggi del Vangelo si riferisce a quel giorno, a Nazaret, quando Gesù si rivelò, per la prima volta, come il Messia, come l'Unto e il Mandato dal Padre. Allora gli fu dato il rotolo del profeta Isaia e lesse le parole: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l'unzione, / e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio..." (Lc 4,18; cfr. Is 61,1). Proprio quell'oggi nazaretano significava allora l'inizio della missione pubblica di Gesù di Nazaret; significava l'inizio del Vangelo. L'inizio "di tutto quello che Gesù fece e insegnò" (At 1,1) in mezzo al popolo della Galilea, Giudea e Samaria. Ora questa missione pubblica s'avvicina alla fine. Nella liturgia mattutina del Giovedì Santo la Chiesa ripete le parole di Nazaret, non soltanto per ricordare quell'"oggi" di allora, ma per introdurci nell'oggi attuale.

2. Ecco, oggi si compiono fino alla fine le parole della Scrittura. Oggi inizia quel "triduo" che è, in un certo senso, un solo Giorno: Giorno-Mistero, Giorno-Pasqua. In questo Giorno, Cristo è al termine della sua via terrena. E' all'apice della sua potenza messianica. In questo giorno, nel Cenacolo, nascerà dalla pienezza di questa potenza, la Chiesa. Infatti, la Chiesa si costruisce mediante l'Eucaristia. Nelle ore serali del Giovedì Santo rinnoveremo l'Ultima Cena, durante la quale Cristo ha lasciato agli Apostoli il sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue; ha lasciato l'Eucaristia. Trasmettendo questo suo unico e inesauribile Sacrificio, egli "ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Ap 1,6). Ha fatto di noi la Chiesa. I sacerdoti sono coloro che offrono il Sacrificio, e in esso si rivela e si attua il Regno di Dio sulla terra. I sacerdoti ricevono l'unzione. Nel Giovedì Santo la Chiesa benedice, ogni anno, gli Oli liturgici, mediante i quali essa predica il nuovo "anno di grazia del Signore" (Lc 4,19; cfr. Is 61,2). Ecco, infatti, nella santa unzione liturgica otteniamo la partecipazione a questa unica, eterna unzione dell'Unto e alla missione del Mandato. Vengono unte le teste e le mani degli uomini, e lo si fa durante la celebrazione dei santi sacramenti della Chiesa. Vengono anche unti gli oggetti e i luoghi dedicati a Dio. L'unzione significa la potenza dello Spirito, data in pienezza al Messia del Signore. L'unzione significa la grazia: la bellezza e lo splendore della partecipazione alla potenza dello Spirito. L'unzione significa il legame vivificante con il Messia, con Cristo Unto e Mandato dal Padre.

3. Cari Fratelli! Noi tutti siamo "unti" in modo particolare e siamo "mandati" mediante il sacramento del sacerdozio. Tra quelli che Cristo ha fatto e continua sempre a fare "un regno di sacerdoti", noi siamo sacerdoti in modo particolare, sacramentale. Tutti abbiamo anche attinto in modo particolare alla pienezza di questa potenza messianica che si era rivelata nell'"oggi" del Giovedì Santo di Cristo. Questo "oggi" è il nostro Giorno. E' la nostra Festa. Siamo nati insieme all'Eucaristia, siamo quindi nati insieme alla Chiesa nel Cenacolo dell'Ultima Cena. Istituendo il Sacrificio, dal quale si costruisce costantemente la Chiesa, Cristo insieme ha benedetto i sacerdoti, ministri del suo Sacrificio. Egli ha detto: "Fate questo... in memoria di me" (1Cor 11,25). E noi lo facciamo. Lo facciamo tutti, noi qui riuniti e tutti i sacerdoti nella Chiesa intera, con i quali l'odierno giorno ci unisce in una profonda fratellanza sacramentale.

4. Oh! quanto dobbiamo a "Colui che ci ama" (Ap 1,5); a Colui che per primo ci ha amati e invitati, chiamati e preparati nel suo Spirito, e infine unti, mediante il servizio della Chiesa. "Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!" (Ap 1,8). Per questo Dio, che è il Principio e la Fine di tutte le cose, noi siamo sacerdoti. Tra il Principio e la Fine è il tempo di tutte le creature. Tra l'Alfa e l'Omega è il mondo che passa. In questo tempo che passa, in questo mondo entra Cristo: l'Unto e il Mandato. Cristo unico, eterno sacerdote. E noi da lui e in lui. Mediante l'Eucaristia. Mediante il Sacrificio che egli ha affidato alle nostre mani, alla nostra bocca e al nostro cuore. Da lui e in lui siamo per Dio. Da lui e in lui siamo anche per gli uomini, perché siamo scelti fra gli uomini (cfr. Eb 5,1). Siamo sacerdoti mediante tutto il nostro servizio. Mediante la consacrazione del nostro essere umano: da lui, in lui e con lui.

5. Oggi ci conviene cantare il canto di gratitudine insieme col salmista: "Ho trovato Davide, mio servo, dice il Signore, / con il mio santo olio l'ho consacrato; / la mia mano è il suo sostegno, / il mio braccio è la sua forza" (Sal 88 [89],21-22). Bisogna che cantiamo il canto di gratitudine al Signore perché ci ha trovati, come Davide, perché ci ha unti, perché ci guida e ci fortifica. "La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui / e nel mio nome si innalzerà la sua potenza. / Egli mi invocherà: tu sei mio padre, / mio Dio e roccia della mia salvezza" (Sal 88 [89],25.27). Quanto è buono Dio, Padre e Roccia della nostra salvezza! Che tutti gli manteniamo la fedeltà! Che il mistero del Giovedì Santo rinnovi la nostra alleanza sacerdotale con Dio, la Roccia della nostra salvezza! - [Fonte]

venerdì 3 gennaio 2025

Indice dei principali articoli sull'immigrazionismo e sull'islamismo

Link ai principali articoli sull'immigrazionismo
e sul filo-islamismo incoraggiati anche dal papa



Sulla impropria identificazione dei poveri (in questo caso anche dei migranti) con Cristo il papa è recidivo e avevamo confutato Bergoglio, insieme ad altro, qui.