venerdì 23 maggio 2025

La Chiesa deve rimuovere le conseguenze dell'Amoris Laetitia e della sottostante teologia morale eretica

Interessante articolo di LifeSiteNews  sull'incontro mondiale sugli abusi nella Chiesa conclusosi ieri. Il rilievo mosso da più parti è che gli organizzatori hanno focalizzato l'attenzione sugli abusi sui minori, ignorando il tema dell'omosessualità che, invece, resta il fulcro del problema. Lo sostiene anche il Dr. Christian Spamann, specialista in psichiatria e psicoterapia.

Il cardinale Blase Cupich, uno degli organizzatori del Summit, sembra pensare di poter sorvolare il problema delle reti omosessuali tra il clero con uno specioso stratagemma argomentativo. Sebbene l’80% dei casi di abuso siano “maschio su maschio”, egli sostiene che l’omosessualità stessa non è una delle cause. Alla luce dei fatti, questa affermazione del cardinale sembra abbastanza oltraggiosa.
Non intendo gettare un sospetto generale sui motivi per i quali gli omosessuali chiedano il sacerdozio. Non si può negare che ci siano sacerdoti con inclinazioni omosessuali sinceri e santi. Tuttavia, è necessario dare uno sguardo onesto ai fatti. Non solo i casi di pedofilia e di pederastia sono molte volte più comuni tra gli omosessuali che tra gli eterosessuali, ma è anche significativo che le relazioni omosessuali siano statisticamente molto fragili. Secondo gli studi condotti dagli stessi omosessuali, tali relazioni durano in media solo un anno e mezzo. Inoltre, sono spesso accompagnati da numerosi rapporti sessuali di passaggio al di fuori della relazione. Questa fragilità o mutevolezza non deriva solo dalla mancanza di complementarietà tra le persone dello stesso sesso, ma anche come dimostra l’esperienza, dalla tendenza che questa forma di sessualità deve funzionare come meccanismo di compensazione che regola l’autostima e l’identità. I dati esistenti da soli rendono comprensibile il motivo per cui le reti omosessuali si formano in un modo non presente nel contesto dell’eterosessualità.

Card. Arinze: «Gli esseri umani non possono cambiare l’ordine voluto da Dio». Card. Eijk spiega perché non si possono benedire certe coppie

(Salvo qui un altro post censurato)
L'astuta finestra di Overton dei vescovi delle Fiandre, che hanno prodotto il documento Homoseksuele personen pastoraal nabij zijn. Voor een gastvrije kerk, die niemand uitsluit (Essere pastoralmente vicini alle persone omosessuali. Per una Chiesa ospitale, che non esclude nessuno) che crea ulteriore confusione nell'Orbe cattolico. Di seguito le dichiarazioni dei Cardinali Arinze e Eijk. Precedente qui.

«Gli esseri umani non possono cambiare l’ordine voluto da Dio»

Un gesto eclatante, quello compiuto martedì scorso, 20 settembre, dai vescovi belgi di lingua olandese, legato alla pubblicazione di un documento in cui si prevede una liturgia specifica per “benedire” le unioni omosessuali, nonostante il veto posto, nel 2021, dalla Congregazione per la dottrina della fede. Di fatto un gesto di formale apertura verso le unioni omosessuali. Atto che, tuttavia, non è passato sotto silenzio, attirando, anzi, il richiamo all’ordine del cardinale Francis Arinze, ex capo dell’ufficio liturgico del Vaticano.
Il cardinale ha affermato che i vescovi belgi hanno adottato un approccio errato e pastoralmente imperfetto, in quanto «gli esseri umani non hanno il potere di cambiare l’ordine stabilito da Dio Creatore» e che la buona intenzione di essere vicini pastoralmente alle coppie omosessuali non basta a giustificare un tale gesto.
Nonostante sia ormai in pensione, il Cardinale, alla soglia dei 90 anni, non ha rinunciato a rispondere a quella che si è rivelata come una vera e propria sfida al Magistero della Chiesa, chiarendo come la condanna delle discriminazioni contro gli omosessuali, così come contro qualunque altro individuo, non giustifica alcuna “concessione” all’ideologia omosessualista, e ribadendo che, anzi, la tradizione della Chiesa, espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica «ha sempre dichiarato che gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati».

martedì 20 maggio 2025

Indice articoli: Bergoglio lobby, ambiguità

 Indice articoli: Bergoglio, la Chiesa e una lobby potente
Collegato con: Indice delle reazioni dei vescovi et alii alla 'Fiducia supplicans' (qui)


giovedì 15 maggio 2025

Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara e Comacchio (La Verità, 28 luglio 2017)

(l'ennesima censura di Google sull'altro blog a cui stanno facendo le pulci) Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara e Comacchio (La Verità, 28 luglio 2017)

Il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna, qualche mese fa ha introdotto nel dibattito ecclesiale una preoccupazione e un tema cui si connettono queste brevi note. Egli ha parlato della possibilità di una mutazione del genoma1 del cattolicesimo, che avviene quasi senza colpo ferire e nella sostanziale mancanza di «cura» di troppa parte del mondo cattolico. In questo senso vorrei riprendere un tema ormai largamente diffuso: l’omoeresia.

Il problema dell’omosessualità non è impostato a partire dai contenuti che essa propugna, ma soltanto dalle modalità con cui viene vissuta. In troppo mondo cattolico l’omosessualità è un dato di partenza su cui non si formula un giudizio, o forse, più profondamente, si confonde il giudizio di fatto - l’estensione del fenomeno con il giudizio sul valore. Come dire: l’omosessualità c’è, è diffusa, perciò anche per noi cattolici deve andare bene. In questa linea anche illustri ecclesiastici sono intervenuti su avvenimenti non discutibili, come fatti, ma cui si attribuisce il carattere di valore. In ambito cattolico matrimoni omosessuali, seguiti da celebrazioni eucaristiche, nel corso delle quali i «coniugi» (si fa per dire) hanno potuto accostarsi alla comunione, come cosa normalissima.

lunedì 12 maggio 2025

Gerard J.M. van den Aardweg. “L’ispirazione omosessuale soggiacente alla Relazione Provvisoria del Sinodo Episcopale sulla famiglia, tenutosi nell’ottobre 2014”

(Articolo del 20.09.2015 censurato da google ripubblico qui)
Gerard J.M. van den Aardweg

Il Prof. Gerard J. M. van den Aardweg è uno psicanalista olandese (di impostazione non freudiana) il cui campo di ricerca è l’omosessualità.
È l’autore di On the Origins and Treatment of Homosexuality: A Psychoanalytic Reinterpretation (Sulle origini e sul trattamento dell’omosessualità: una reinterpretazione psicoanalitica) e The Battle for Normality: Self-Therapy for Homosexual Persons (La battaglia per la normalità: autoterapia per le persone omosessuali). È un’autorità mondiale nella cura delle persone omosessuali, visto come il fumo negli occhi dalla lobby gay, ovviamente. Nei suoi precisi e documentati interventi, ha ripetutamente dimostrato la totale infondatezza scientifica della tesi dell’esistenza del “gene” dell’omosessualità. Merita certamente di essere riprodotta qui una sua intervista, apparsa sul sito “LifeSite” il 3 marzo 2015. L’Autore vi critica pesantemente e con grande franchezza di linguaggio la grave deriva omofila presente nella Relazione Intermedia del Sinodo dell’anno scorso, dovuta come è noto ai soliti noti. I suoi argomenti ci sembrano estremamente validi e sempre attuali, dal momento che non si può affatto escludere il tentativo di riproporre le “aperture” al vizio contronatura nel Sinodo del 2105, ormai imminente (pensiamo alla recente, scandalosa intervista dell’erratico cardinale austriaco Christoph von Schönborn, uno degli invitati pontifici al Sinodo, esaltante l’omosessualità, in particolare quando si realizzi in una relazione stabile tra due “persone”!).
[Presentazione di Paolo Pasqualucci. Traduzione a cura della nostra Redazione. Le frasi tra parentesi quadre sono pure della Redazione.]

“L’ispirazione omosessuale soggiacente alla Relazione Provvisoria
del Sinodo Episcopale sulla famiglia, tenutosi nell’ ottobre 2014”
di Gerard J.M. van den Aardweg

mercoledì 7 maggio 2025

Anche il vescovo Schneider lancia una crociata di preghiera mondiale per il prossimo Conclave e un nuovo papa "zelante"

Anche il vescovo Schneider lancia una crociata di preghiera mondiale per il prossimo Conclave e un nuovo papa "zelante"
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Il vescovo Athanasius Schneider, vescovo ausiliario di Astana (Kazakistan) chiede una crociata mondiale di preghiere per il prossimo Conclave affinché si elegga un Papa che abbia, soprattutto, uno zelo per la la gloria di Cristo e la salvezza delle anime, che rafforzi i fedeli e non scenda a compromessi, che difenda ad ogni costo l'integrità della fede cattolica, della liturgia della Chiesa e della disciplina della Chiesa, un nuovo Papa pienamente cattolico, pienamente apostolico e pienamente romano.
Invita i fedeli a pregare per tali intenzioni durante l'Adorazione eucaristica, attraverso il Santo Rosario, attraverso le intenzioni della Messa e attraverso i sacrifici personali, tra cui il digiuno e gli atti di amore soprannaturale per Dio e il prossimo.

A seguire il testo della preghiera composta dal vescovo Schneider
Che il Signore nella Sua infinita misericordia ascolti le preghiere, le lacrime e i sacrifici di tutti i veri cattolici che amano la nostra Madre Chiesa, che in questi giorni implorano umilmente e con fiducia l'infinita Misericordia di Dio per il miracolo dell'elezione di un Papa, che brucia di zelo per la gloria di Cristo e la salvezza delle anime, rafforzi i fratelli nella fede, essendo senza compromessi fedele al suo nome e al suo dovere di Successore di Pietro e Vicario di Cristo sulla terra.
Che attraverso un nuovo Papa, ardente con lo zelo per la gloria di Cristo e la salvezza delle anime, il Signore giunge all'assistenza della Sua Chiesa, difendendo il gregge di Cristo dai lupi intrusi, dai "religiosi" non credenti e mondani che senza precedenti bruciano l'incenso davanti agli idoli delle ideologie della nostra età, avvelenando spiritualmente così la vita della Chiesa, che assomiglia a una nave in mezzo alla tempesta, in cui "le sentine dei vizi si gonfiavano e le tavole marce già scricchiolavano per il naufragio", come Papa San Gregorio Magno descrisse lo stato della Chiesa Romana al momento della sua assunzione dell'ufficio pontificio.
Possa il Signore, attraverso un nuovo Papa ardente di zelo per la gloria di Cristo e per la salvezza delle anime, venire in aiuto della Sede Apostolica, che ai nostri giorni giace spiritualmente incatenata, simile alle catene materiali in cui fu imprigionato l’Apostolo Pietro agli inizi della vita della Chiesa, liberando la Sede Apostolica dalle catene dell'allineamento con l'agenda globalista materialista, moralmente depravata e anticristiana di questo mondo.
Possa il Signore donarci un nuovo Papa, che, ardente di zelo per la gloria di Cristo e per la salvezza delle anime, sia pronto a difendere l'integrità della Fede Cattolica, della Liturgia Cattolica e della disciplina ecclesiastica, anche a costo della suprema testimonianza della propria vita per amore di Gesù Cristo e delle anime immortali.
Possano tutti i veri figli e figlie della Chiesa implorare il miracolo dell'elezione di un nuovo Papa, che sia pienamente cattolico, pienamente apostolico e pienamente romano.
Questo si può ottenere attraverso la preghiera, specialmente con le Sante Ore di Adorazione Eucaristica, la recita del Santo Rosario, i sacerdoti e i vescovi offrendo il sacrificio della Santa Messa a questa intenzione, e anche mediante sacrifici personali, che possono consistere nel portare pazientemente le croci della propria vita, nelle sofferenze corporali e spirituali, nelle mortificazioni corporali, nel digiuno e soprattutto negli atti di amore soprannaturale verso Dio e verso il prossimo.
Crediamo che il Signore verrà in aiuto della Sua Chiesa, che ai nostri giorni somiglia a una nave nella notte "in mezzo al mare, affaticata a remare, perché il vento era loro contrario." Possa il Signore venire di nuovo "verso la quarta vigilia della notte, camminando sul mare e dicendo: Coraggio, sono io, non abbiate paura".

martedì 6 maggio 2025

Una inammissibile e reiterata ingerenza. Ebrei versus FSSPX

A margine dell'incontro di cui all'articolo precedente, devo registrare una notizia che non posso passare sotto silenzio. (articolo del 12 novembre 2011 censurato da google. Lo riproduco qui)
(ASCA) - Città del Vaticano, 10 nov - Davanti alla possibilità di una riconciliazione definitiva tra il Vaticano e i tradizionalisti lefebvriani, il rabbino David Rosen, responsabile del dialogo interreligioso per l'American Jewish Committee, ribadisce che "le nostre preoccupazioni sono già state espresse e ho ricevuto l'assicurazione da parte del card. Kurt Koch (presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani e per la Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, ndr) che non c'è possibilità di arrivare ad una riconciliazione che comprometta Nostra Aetate", il documento del Concilio Vaticano II considerato come un punto di svolta nei rapporti tra cattolici e ebrei dopo due millenni di ostilità e sospetto.

"Per il resto - ha aggiunto Rosen al termine dell'incontro avuto questa mattina con papa Benedetto XVI insieme agli altri leader religiosi di Israele - è una questione interna della Chiesa cattolica".

Nostra Aetate, ha spiegato ancora il rabbino interpellato sul suo colloquio con il card. Koch, "non è in discussione". Questo, ha aggiunto, non significa che un riconoscimento esplicito del documento conciliare faccia parte della proposta di accordo sottoposto dalla Santa Sede alla Società Sacerdotale San Pio X ma che, dal punto di vista pratico, "ogni riconciliazione richieda in effetti l'accettazione di Nostra Aetate".

Quanto all'opportunità della trattativa vaticana, "posso avere le mie opinioni, ma non ho il diritto di intervenire nelle scelte interne di un'altra religione" [eppure è quello che sta facendo!]. "Mi aspetto - ha concluso - che la Santa Sede sia esplicita nel ripudiare la negazione dell'Olocausto nel caso di una riconciliazione", per rassicurare il mondo ebraico, anche se il vero problema, ha tenuto a sottolineare, non è tanto mons. Williamson quanto "chiarire che Nostra Aetate non è sul tavolo".
Non è la prima volta che vien fuori una condizione in relazione alla regolarizzazione canonica della Fraternità. Già all'epoca della revoca delle scomuniche, subito dopo la visita del Papa in Sinagoga il 17 gennaio 2010, fu Rav Di Segni, il rabbino capo di Roma, a porre addirittura un'alternativa tanto sconcertante quanto sorprendente dal momento che non si capisce su cosa possa essere fondata: "o loro o noi!". Le seguenti dichiarazioni di Rav Di Segni sono tratte da un'intervista rilasciata in occasione della "Giornata della memoria", che si celebra il 27 gennaio:
"Se la pace con i lefebvriani significa rinunciare alle aperture del Concilio, la Chiesa dovrà decidere: o loro o noi!": così il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo di Segni, in un passaggio di un'intervista al mensile 'Il consulente Re' uscito il giorno prima della giornata della memoria.
Di Segni rievoca, al proposito, il discorso pronunciato in sinagoga in occasione della recente visita del Papa, quando, in riferimento alle "aperture" del Concilio vaticano II, ha affermato: "Se venissero messe in discussione, non ci sarebbe più possibilità di dialogo". Ora il rabbino spiega, in riferimento al discorso del giorno prima del Papa alla congregazione per la Dottrina della fede: "E' stata l'ultima aggiunta al discorso, dopo che venerdì mattina 15 gennaio c'è stata una strana apertura ai lefebvriani...".
Ebbene, al riguardo riporto e ribadisco quanto ne ho già scritto in quei giorni, che resta tuttora valido.

Necessità di uscire dal sepolcro e guarire dal passato per poter avere un futuro.

Non è mia intenzione entrare in una polemica; vorrei soltanto che il 27 gennaio fosse veramente il giorno della Memoria, e quindi che si accomunassero nel ricordo tutte le vittime del Novecento: il secolo, che è stato definito da V. Grossman, della massima violenza dello Stato sull' uomo; ma ad esse vorrei fossero accomunate le vittime di ogni generazione che ci ha preceduti nella storia, ma anche della nostra che - senza nulla togliere al dramma dello sterminio degli ebrei che è e resta mostruoso - ne ha viste e continua a vederne davvero tante.

Tutti dovremmo comunque ricordare innanzitutto che per avere un futuro bisogna guarire dal passato... e la memoria deve essere sana e responsabile consapevolezza che assimila gli eventi, se li assume e li porta con sé redenti e non il "sacrario dell'odio" dal quale tirar fuori ogni possibile ricatto morale nei confronti del resto del mondo chiamato a testimone, come sta avvenendo da parte degli ebrei attraverso la shoah.

Considerazioni sulle parole del Rabbino. Indebite interferenze

Da parte nostra non possiamo non rimanere ancora una volta esterrefatti per le pesanti e inaccettabili ingerenze di Rav Di Segni, Rav Rosen e quanti altri non hanno mancato e non mancano di parlarne, nelle questioni interne della Chiesa. Oltretutto si tratta di una prerogativa che non appartiene né a loro né a nessun altro, ebreo o non ebreo che sia e stupisce il fatto che nessun portavoce Vaticano affermi con fermezza un dato così elementare, quando ogni volta che vengono nominati gli ebrei anche di striscio, si montano polveroni mediatici a non finire e analoga sensibilità esasperata mostrano i musulmani quando si parla della loro fede. Ma per i cristiani tutto questo non vale e per contro negli ultimi tempi queste interferenze vanno moltiplicandosi: basti pensare alla contestazione infinita su Pio XII e alle rimostranze sulla preghiera per gli ebrei del Venerdì Santo...

Affermare: "Se la pace con i lefebvriani significa rinunciare alle aperture del Concilio, la Chiesa dovrà decidere: o loro o noi!" cos'è: un ultimatum al Papa su una questione prettamente interna alla Chiesa? E in forza di quale principio questo parallelismo?

Tra l'altro non risulta che la Fraternità S. Pio X sia mai stata negazionista dell'orrendo 'sterminio', impropriamente definito 'olocausto' (a parte le personalissime dichiarazioni 'riduzioniste' e non negazioniste di Mons. Williamson, sulle quali è stato montato ad arte uno scandalo mediatico in occasione dell'annullamento della scomunica da parte di Benedetto XVI ai vescovi ordinati da Mons. Lefebvre)

Shoah, 'luogo' teologico o dogma di fede?

Come già detto, l'appartenenza alla Chiesa non può essere condizionata dall'accettazione o meno di un fatto storico, che non è e non può e non deve diventare un dogma di fede!

Inoltre il linguaggio del rabbino sembra riferirsi ad un'APPARTENENZA che in ogni caso non riguarda il popolo ebraico che è interessato al dialogo e non certo all'assimilazione; rischio che invece correrebbe la Chiesa se andassero in porto i piani sionisti (sionismo non coincide necessariamente con ebraismo) e continuasse il processo di giudaizzazione innescato da tempo e di cui, ad esempio, tra le realtà ecclesiali post conciliari, il cammino neocatecumenale è una 'punta' avanzata [vedi]!

Derive sincretiste e moderniste e processo di giudaizzazione presenti nella Chiesa
Dove viene espunta la Presenza Reale del Signore in una celebrazione (il particolare Rito neocatecumenale) che non è più il Sacrificio eucaristico che riattualizza il Sacrificio di Cristo, ma solo una festa assembleare che 'commemora' la Cena con la commistione del ricordo dell'uscita dall'Egitto, non è forse già entrato l'abominio della desolazione, come tra l'altro ricorda Giovanni Paolo II nella Dominicae Cenae?: "Il mistero eucaristico, disgiunto dalla propria natura sacrificale e sacramentale, cessa semplicemente di essere tale. Esso non ammette alcuna imitazione «profana» che diventerebbe assai facilmente (se non addirittura di regola) una profanazione." Oltretutto, negli insegnamenti e nelle prassi soprattutto ai livelli più avanzati, si assiste alla progressiva giudaizzazione del cristianesimo, molto presente ed arbitrariamente attribuita ad un sedicente spirito-del-concilio, che assume anche connotati neo-protestanti. Purtroppo, nella variegata realtà ecclesiale non mancano deprecabili abusi liturgici di altro genere favoriti dalla banalizzazione e dalla desacralizzazione indotte dalla Riforma di Paolo VI. Che sia colpita la Liturgia dà la misura della gravità della crisi ma anche delle sue conseguenze.

A che stadio siamo del processo di giudaizzazione. Dove sta andando la Chiesa?

Di questo processo è riprova un recente articolo a firma di Marco Morselli "L'ebraismo e i diritti culturali" ove egli afferma, tra l'altro:
«Non vi è una Nuova Alleanza che si contrapponga a una Vecchia Alleanza, non vi è neppure un’unica Alleanza Vecchio-Nuova che costringerebbe gli ebrei a farsi cristiani o i cristiani a farsi ebrei. Vi è un’unica Torah eterna che contiene molte Alleanze, i molti modi in cui il Santo, benedetto Egli sia, rivela il suo amore per gli uomini e indica le vie per giungere all’incontro con Lui»
salvo che loro restano "il popolo dell'Alleanza" e noi i goym... Nella conclusione, Morselli cita Elia Benamozegh, il grande rabbino livornese che in un’opera postuma pubblicata a Parigi nel 1914 scriveva:
«La riconciliazione sognata dai primi cristiani come una delle condizioni della Parusia, o avvento finale di Gesù, il ritorno degli ebrei nel seno della Chiesa, senza di cui le diverse confessioni cristiane sono concordi nel riconoscere che l’opera della redenzione rimane incompleta, questo ritorno si effettuerà non come lo si è atteso, ma nel solo modo serio, logico e durevole, e soprattutto nel solo modo proficuo al genere umano. Sarà la riunione dell’ebraismo e delle religioni che ne sono derivate, e, secondo la parola dell’ultimo dei profeti, il sigillo dei veggenti, come i dottori chiamano Malachia, “il ritorno del cuore dei figli ai loro padri”» (Ml 3,24).
Citazione peraltro strumentale di Malachia, che parla anche della riconciliazione dei padri verso i figli e nessuno autorizza a pensare che i padri siano gli ebrei e i figli siano i cristiani, il quali sono innanzitutto figli di Dio nel Figlio...

Sta di fatto che gli ebrei si sono in qualche modo riappropriati di Cristo come rabbi e profeta e non certo come Dio... e, oggi, in riferimento al dialogo, arrivano a sostenere:
«Il dialogo ebraico-cristiano era giunto negli ultimi mesi a un punto di crisi che sembrava insormontabile, intorno alla questione della conversione degli ebrei. In un recente incontro tra Autorità rabbiniche e Autorità episcopali italiane si è chiarito che non vi è nessuna intenzione da parte della Chiesa Cattolica di operare attivamente per la conversione degli ebrei e che di conversione si parla solo in una prospettiva escatologica». [citazione dall'articolo di Morselli sopra indicato - cfr. brano del Comunicato della CEI riportato di seguito]
Estratto dal comunicato CEI del 22 settembre 2009:
«Il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha incontrato oggi i rabbini Giuseppe Laras, Presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, e Riccardo Di Segni, Rabbino capo della Comunità ebraica di Roma. “Il Cardinale – si legge in un comunicato diffuso dalla Cei - ha voluto porgere loro gli auguri per l’inizio dell’anno ebraico pregandoli di estenderli a tutti gli ebrei italiani”. Durante l’incontro il cardinale ha affrontato con i due rabbini alcune questione rimaste “aperte” con la comunità ebraica in seguito alla pubblicazione dell’“Oremus et pro Iudaeis”. A questo proposito il comunicato afferma: Non c’è, nel modo più assoluto, alcun cambiamento nell’atteggiamento che la Chiesa Cattolica ha sviluppato verso gli Ebrei, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. A tale riguardo la Conferenza Episcopale Italiana ribadisce che non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei”... “La fede nel Dio dei Padri, ricevuta in dono – si è affermato al termine dell’incontro - rende responsabili i credenti cristiani ed ebrei per l’edificazione di una convivenza basata sul rispetto dell'Insegnamento di Dio”.»
[Non possiamo ignorare che il riferimento ai dieci comandamenti gli ebrei lo fanno anche quando ne attribuiscono l'osservanza ai "noachidi". Ricordiamoci che Noè non fa parte della Storia della Salvezza, che comincia con Abramo, e che i noachidi sono tutti i non-ebrei compresi noi, mentre l'identità che essi ancora sentono è quella del Popolo Sacerdotale al quale appartengono l'Alleanza e le promesse. Mentre la Chiesa si profonde in questo riconoscimento, altrettanto non può dirsi da parte loro nei confronti della Chiesa e dei cristiani, che appartengono alla Nuova ed Eterna Alleanza per essi inconcepibile e già rifiutata! - ndR].
Conclusione

Certo non può esistere da parte della Chiesa - riguardo alla conversione che è un dono legato alla libertà inviolabile di ognuno - alcun comportamento coercitorio nei confronti di chicchessia, ebrei compresi; ma questo non significa che la Chiesa debba rinunciare ad Annunciare il Signore a tutti, compresi gli ebrei, che hanno tutta la libertà di continuare a rifiutarlo ed aspettare il loro Messia, ma non quella di assimilarci a loro dopo aver annichilito l'Incarnazione, il Sacrificio e la Risurrezione di Cristo con la connivenza dell'apostasia ormai interna alla Chiesa!

Nessuno nega che gli ebrei vadano rispettati, amati e non perseguitati. L'antisemitismo, la furia distruttrice contro un popolo è da condannare senza riserve. Questo, sembra condiviso da ogni uomo di buona volontà prima ancora che da un vero cristiano. Ciò premesso, dichiarazioni come questa della CEI nonché le altre espressioni sul valore delle false religioni presenti nella Nostra Aetate e le ulteriori posizioni nei confronti degli ebrei non sono imposte con autorità infallibile. Si tratta di posizioni "pastorali" ambigue e pericolosissime, in contrasto col Magistero precedente, perché aprono la strada all'indifferentismo ed al relativismo religioso e, peggio, al sincretismo. I guasti li abbiamo sotto gli occhi giorno dopo giorno.

In particolare l'impegno espresso con le seguenti parole: "non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei" poteva esser preso da una sola persona che, nella Chiesa, gode di una tale rappresentatività che presuma parlare per l'intera Chiesa, ed è il Papa.

L'irrevocabilità della predilezione appartiene al Nuovo Israele, cioè alla Chiesa fuori della quale la vecchia Alleanza non ha più senso né fine. I rami vecchi sono stati recisi, i nuovi sono innestati sul tronco dell'Israele di Abramo che ha creduto nel Cristo venturo. La Legge antica non ha di per sé più alcuna linfa ed i rami ed il tronco isteriliti potranno riavere vita solo dall'innesto in Cristo. L'irrevocabilità della predilezione è qui e solo qui.
  1. Gli ebrei che rifiutano Cristo rifiutano la predilezione.
  2. Per tornare ad essere prediletti dovranno innestarsi nella nuova storia che inizia e si perpetua con Cristo.
  3. L'unico soggetto della predilezione è la Chiesa. Gli ebrei increduli restano fuori a causa dell'irrevocabilità per loro scelta.
L'Antica Alleanza vive, nella parte in cui doveva ancor continuare a vivere dopo la venuta di Cristo, nella Chiesa, Nuovo Israele, frutto della Nuova ed Eterna Alleanza. Vivendo solamente nell'Antica Alleanza, la fede degli ebrei non giustifica né salva, perché non è più la fede di Abramo e dei giusti che credettero nel Cristo venturo, né è quella di coloro che hanno accolto Gesù.
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Vedi anche:
:: Mons. Brunero Gherardini - "Sugli ebrei, così serenamente"
:: G. Copertino - "Tra noi e loro la pietra angolare non il negazionismo"
:: F. Colafemmina - "Archivi e ipocrisie. L'antidefamation League e Pio XII"
:: Maria Guarini, Se non si esce dal sepolcro. Il Papa allo Yad Vashem
:: La preghiera per gli ebrei nella liturgia del Venerdì Santo
:: Maria Guarini, Modifica della “Dottrina della sostituzione” della Sinagoga con la Chiesa in
   “dottrina delle due salvezze parallele”

domenica 4 maggio 2025

Dichiarazione sull'Accordo segreto Sino-Vaticano

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati. Qui l'indice degli articoli sulla questione Sino/vaticana. Denuncia card. Zen qui

Mons. Carlo Maria Viganò
Dichiarazione
sull'Accordo segreto sino-vaticano


La violazione dell’Accordo Sino-vaticano
L’Agenzia AsiaNews ha diramato (qui) la notizia secondo la quale lo scorso 28 Aprile il clero diocesano di Shanghai avrebbe eletto come proprio Vescovo padre Wu Jianlin. Lo stesso sarebbe avvenuto il 29 Aprile, con l’elezione di padre Li Jianlin alla Diocesi di Xinxiang. Entrambe le nomine, provenienti dalla “chiesa patriottica” scismatica, sono state fatte in palese violazione dei termini dell’Accordo segreto che il Vaticano ha firmato con il governo di Pechino nel 2018, rinnovato nel 2020, nel 2022 e nel 2024 per quattro anni.

Le clausole di questo Accordo – che è ufficialmente segreto, ma di cui sono trapelati alcuni dettagli – dovrebbero prevedere da un lato che la Santa Sede riconosca l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese come facente parte della Chiesa Cattolica e che il Partito Comunista Cinese abbia l’autorità di nominarne i Vescovi; dall’altro dovrebbe essere riconosciuto al Papa – almeno in teoria – il diritto di veto su tali nomine e di ratifica della rimozione dei Vescovi legittimi che il Partito Comunista intende sostituire con altri Vescovi di propria nomina.

Lettera aperta del prof Josef Seifert al card decano Gian Battista Re

La lettera aperta pubblicata di seguito riguarda la necessità di esaminare prima del prossimo Conclave l'accusa formale di eresia lanciata dall'arcivescovo Viganò (e sostenuta da molti illustri teologi, giuristi e filosofi di tutto il mondo) contro Papa Francesco. Qui la stessa in un filmato pubblicato su YouTube. In questo precedente del 2023 [vedi] lo studioso si era rivolto ai cardinali, invitando i vescovi a resistere alle azioni eterodosse del sacro soglio. 

Lettera aperta del
Prof. Dr. phil. habil. Josef Maria Seifert


All'Eminenza Cardinale Decano Gian Battista Re
Gaming, 24 aprile 2025

Sulla necessità di esaminare prima del prossimo Conclave l'accusa formale di eresia lanciata dall'arcivescovo Viganò (e sostenuta da molti illustri teologi, giuristi e filosofi di tutto il mondo) contro Papa Francesco

Eminenza, caro Cardinale Decano Giovanni Battista Re, I più cordiali saluti in Cristo.
Mi rivolgo a Lei, caro Cardinale Decano Re, perché solo Lei detiene ora l'autorità di consentire che, prima del prossimo Conclave, abbia luogo un'indagine sull'accusa di eresia sollevata contro Papa Francesco.
Lei detiene, fino all'elezione del prossimo Papa, la massima autorità nella Chiesa cattolica, inviterà, in unione con il Camerlengo Kevin Joseph Cardinale Farrell, i Cardinali qualificati di tutto il mondo di età inferiore agli 80 anni a eleggere il nuovo Papa e potrà determinare la data del prossimo Conclave.
Rendo pubblica la mia lettera a causa del poco tempo che resta per risolvere questioni di estrema importanza e urgenza.

Ho scoperto attraverso il testo J'accuse [qui] dell'arcivescovo Viganò due documenti pontifici, probabilmente dogmatici e certamente molto autorevoli, sulla questione dei “vescovi, cardinali e papi eretici” di Papa Paolo IV e San Pio V, che invocano solennemente la Sede di Pietro e dichiarano la validità di questi due documenti per tutti i tempi. Questi testi mi sembrano della massima importanza per la Chiesa in questo momento.
Essi chiedono solennemente che la Chiesa proceda con un esame delle accuse di eresia papale.

Terza Domenica dopo Pasqua ("Iubiláte Deo") / La speranza del ritorno e la Presenza

Meditiamo i tesori della nostra fede seguendo l'anno liturgico. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi (Gv, 14).

Terza Domenica dopo Pasqua
 
Iubiláte Deo, omnis terra, psalmum
dícite nómini eius, date glóriam laudi eius, allelúia.
Acclamate al Signore da tutta la terra, cantate un inno al suo nome, rendetegli gloria, elevate la lode. Alleluia.

La dignità del popolo Cristiano
Ancora un poco e non mi vedrete;
e un altro poco e mi vedrete;
perché vado al Padre
Niente di più grande, di più alto sulla terra che i Principi della Santa Chiesa, che i Pastori stabiliti dal Figlio di Dio, e di cui la successione durerà tanto quanto il mondo; ma non crediamo che i sudditi di questo immenso impero, che si chiama la Chiesa, non abbiano anche la loro magnanima dignità. Il popolo Cristiano, in seno al quale si confondono in completa uguaglianza, sia un Principe che un semplice privato, sovrasta in luce e valore morale di tutto il resto dell’umanità. Ovunque esso si estende, penetra la vera civilizzazione; poiché ovunque porta l’esatta nozione di Dio e del fine soprannaturale dell’uomo. Avanti a Lui arretra la barbarie, si cancellano le istituzioni pagane, per quanto antiche possano essere; un giorno vide anche la civiltà Greca e Romana rendergli le armi; e il diritto cristiano, scaturito dal Vangelo, sostituirsi da se stesso a quello dei Gentili. Numerosi fatti hanno dimostrato la superiorità che il battesimo imprime alla stirpe Cristiana; poiché non sarebbe ragionevole pretendere di trovare altrove la ragione principale di questa superiorità nella nostra civiltà, la quale non è stata che la conseguenza del battesimo.

sabato 3 maggio 2025

3 Maggio. Invenzione della Santa Croce

Precedente qui. Ti adoro, o Croce Santa, che fosti ornata del Corpo Sacratissimo del mio Signore, coperta e tinta del suo Preziosissimo Sangue. Ti adoro, mio Dio, posto in croce per me. Ti adoro, o Croce Santa, per amore di Colui che è il mio Signore. Così sia.

Invenzione della Santa Croce

II trionfo della Croce
Era conveniente che il nostro Re divino si mostrasse ai nostri sguardi appoggiato allo scettro della sua potenza, affinché nulla mancasse alla maestà del suo impero. Questo scettro è la Croce, e apparteneva al Tempo pasquale presentargliene l’omaggio. Una volta la Croce veniva presentata a noi quale oggetto di umiliazione per l’Emmanuele, come il letto di dolore sul quale spirò; ma poi egli non vinse la morte? E cosa è divenuta questa Croce, se non il trofeo della sua vittoria? Che essa, dunque, venga mostrata e si pieghi ogni ginocchio davanti all’augusto legno per mezzo del quale Gesù conquistò l’onore che noi oggi gli rendiamo. Il giorno di Natale cantavamo con Isaia: «Ci è nato un bambino e ci è stato dato un figlio: il suo impero poggia sugli omeri suoi» . Poi l’abbiamo visto che portava sulle spalle questa Croce, come Isacco portò la legna per il suo sacrificio; ma oggi, per lui, non è più un peso. Essa brilla di uno splendore che rapisce lo sguardo degli angeli; e dopo che sarà stata adorata dagli uomini finché durerà questo mondo, apparirà d’un tratto sulle nubi del cielo per assistere, presso il giudice dei vivi e dei morti, alla sentenza favorevole di coloro che l’avranno amata, alla condanna di quelli che l’avranno resa inutile per essi, a causa del loro stesso disprezzo e del loro oblio. Durante i quaranta giorni che passò ancora sulla terra, Gesù non giudicò conveniente glorificare lo strumento della sua vittoria. La Croce non dovrà apparire che nel giorno in cui, pur essendo rimasta invisibile, avrà conquistato il mondo a colui del quale ripete le meraviglie. Egli riposò tre giorni nella tomba: quella rimarrà seppellita durante tre secoli nella polvere. Ma risusciterà anch’essa; ed è questa ammirabile risurrezione che oggi celebra la Chiesa. Una volta compiutosi il tempo, Gesù ha voluto accrescere le gioie pasquali, rivelando questo monumento del suo amore per noi. Lo lascerà tra le nostre mani, per nostra consolazione, fino all’ultimo giorno; non è dunque giusto che noi gliene rendiamo omaggio?

Rifare l’unità della Chiesa 'Confirma fratres tuos' (Lc 22, 32)

Interessante l'articolo di Res Novae – Perspectives romaines, che ringrazio, sul pre-conclave e prospettive...

Rifare l’unità della Chiesa
Confirma fratres tuos (Lc 22, 32)

Don Claude Barthe

Ancora prima che si aprano le Congregazioni generali del pre-conclave, la Città eterna è entrata in uno stato di intensa eccitazione. La questione è di sapere se i 135 cardinali elettori, di cui circa l’80% sono stati nominati da Francesco, faranno ascendere al pontificato un uomo che manterrà la sua linea di governo o al contrario un cardinale di compromesso, il quale terrà conto, in misura maggiore o minore secondo la proporzione delle forze in campo, delle lamentele dei conservatori.

Se ci si fermasse qui, il ristabilimento dell’unità perduta non sarebbe all’ordine del giorno. Nel «rifare unità» nella Chiesa tutti i papi del post-Vaticano II hanno in definitiva fallito: tanto i papi «di restaurazione», Giovanni Paolo II e soprattutto Benedetto XVI, quanto il papa «di progresso» Francesco. Fallirà, in questo, anche un papa di progresso moderato.

Sì, perché il problema di fondo è totalmente diverso. Il problema di fondo è magisteriale, e più precisamente consiste nel mancato esercizio del magistero come tale. L’aspetto più visibile di questa deficienza consiste nell’omissione della condanna dell’eresia. Da ciò deriva uno scisma latente, cosa in un certo senso peggiore di uno scisma visibile, perché i fedeli di Cristo non sono più in grado di individuare il confine tra la fede e l’errore.

venerdì 2 maggio 2025

Conclave. Eijk e Sarah danno il tono alla Prima Congregazione. Sarah il più applaudito

In attesa del Conclave. Riprendo da Infovaticana by Stilum Curiae.
Conclave. Eijk e Sarah danno il tono alla
Prima Congregazione. Sarah il più applaudito.


Mentre gli italiani si agitano e gli spagnoli si fanno notare per la loro assenza, due voci risuonano forti nell’aula del Sinodo: quella dell’olandese Willem Eijk e quella dell’africano Robert Sarah. Il tono generale tra i cardinali sorprende per la sua serenità.

Lunedì è stato un giorno importante in questo pre-conclave che sta lentamente ma inesorabilmente prendendo forma. E non per manovre, perdite o movimenti di blocco, ma per quello che dovrebbe contare di più: il contenuto degli interventi. E tra tutti quelli ascoltati nella Congregazione Generale di ieri, due si sono distinti chiaramente per profondità, chiarezza e accoglienza: quello del Cardinale Willem Eijk e quello del Cardinale Robert Sarah.

Vademecum per il prossimo Vicario di Cristo

Vademecum per il prossimo Vicario di Cristo

Per piacere al mondo:
• Salutare con lo sconcertante “Buonasera”. Vestire in modo inconsueto per il ruolo, sforzandosi di sembrare una specie di parroco 2.0, e non il Successore di Pietro.
• Ostentare umiltà scenografica, facendo della semplicità un manifesto pubblicitario.
• Parlare instancabilmente di pace, ambiente e diritti umani, sinodalità, et similia… ma tacere su salvezza eterna, sacrificio, penitenza.
• Affermare che “Dio perdona tutto” senza mai nominare il peccato da cui dobbiamo essere salvati.
• Ridurre il diavolo a metafora, togliendo ogni reale senso del combattimento spirituale.
• Accogliere ogni cultura e religione senza mai annunciare Cristo, per non turbare sensibilità.
• Riformare la dottrina per renderla compatibile con ogni capriccio del momento: morale fluida, verità negoziabile.
• In tema di migranti, ridurre tutto a questione socio-politica, senza mai ricordare che anche loro hanno un’anima e che la prima carità è portare il Vangelo, magari iniziando ad accogliere chi condivide già la nostra Fede e si trova in grave necessità.
• Sopprimere una volta e per sempre il Rito Romano Antico perché “non inclusivo”, dimenticando quanti santi si sono formati proprio attorno a quel tesoro liturgico.
• Favorire la comunione distribuita in mano, magari in piedi e con fretta, senza preoccuparsi dei frammenti consacrati e delle profanazioni che ne derivano.
• Inginocchiarsi davanti ai potenti della terra, non davanti all’Ostia Consacrata.
• Presentarsi come “leader spirituale globale” piuttosto che come servo dei servi di Dio.
• Scegliere un nome che piaccia al popolo: un nome moderno, informale, magari “Francesco II”, che suoni accogliente e popolare, ben lontano dai nomi troppo “impegnativi” come Pio, Bonifacio, o quei pesanti nomi storici come Leone o Clemente. Un nome che rievochi più una specie di piacioneria moderna che una tradizione millenaria.

Per piacere a Dio:
• salutare con il meraviglioso “Laudetur Jesus Christus”.
Vestire con solenne consapevolezza e massima dignità, sapendo che si rappresenta Cristo Re e non un delegato di una ONG.
• Vivere l’umiltà come nascondimento di sé e glorificazione di Dio, non come marketing personale.
• Parlare di pace, sì, ma ricordando che la pace nasce dalla Verità, non dal compromesso col peccato.
• Annunciare con chiarezza la necessità della conversione e la realtà del giudizio.
• Parlare del diavolo come di un nemico reale, contro cui lottare con la preghiera, i sacramenti e la penitenza.
• Evangelizzare tutte le genti, senza mai dimenticare che “nessuno viene al Padre se non per mezzo di Cristo”.
• Custodire intatta la fede ricevuta, senza cedere a revisionismi dottrinali.
• Ricordare che anche i migranti hanno un’anima immortale: prima della pancia, salvare l’anima; e aiutare chi è già cristiano a non perdere la Fede sotto il peso dell’abbandono.
• Difendere e promuovere la Santa Messa nel Rito Romano Antico, fonte di santità e di fedeltà in tempi di confusione.
• Restituire alla Santa Eucaristia il rispetto dovuto: incoraggiare la Comunione ricevuta in ginocchio e sulla lingua, per proteggere i Sacri Frammenti e onorare realmente la Presenza Reale di Gesù.
• Inginocchiarsi davanti a Dio con il cuore e con il corpo, sapendo che “davanti a Lui si piega ogni ginocchio, in cielo, sulla terra e sotto terra”.
• Ricordarsi che il santo e tremendo compito del papa non è piacere al mondo, ma salvare anime per l’eternità.
Roberto Bonaventura

Se Dio è dalla tua parte

Se Dio è dalla tua parte, non c’è giudizio umano, calunnia, sconfitta o isolamento che possa davvero vincerti. Anche quando tutto sembra andare storto, anche quando sei lasciato solo, frainteso, tradito, abbandonato da chi ti era caro, resta una Presenza che non viene meno, una Voce che non mente, una Forza che non vacilla. Il mondo può rovesciarsi contro di te, ma se il tuo cuore resta fedele a Dio, tu sei già nella vittoria.

Perché chi vive secondo Dio, anche quando cade, cade nelle Sue mani. Anche quando perde tutto, ha in sé una ricchezza incorruttibile. La solitudine diventa luogo di intimità con l’Eterno, e la croce — se portata con amore — diventa seme di gloria. Male che vada, andrai in Paradiso: e non è una consolazione per deboli, ma la certezza che ogni sconfitta è solo apparente se unita alla Croce di Cristo. Il Paradiso non è l’alternativa, ma il compimento: è il luogo dove ogni lacrima avrà senso, ogni sacrificio verrà svelato, ogni ingiustizia sarà riscattata nella luce.

giovedì 1 maggio 2025

Perché non "tifo" Pietro Parolin

Perché non "tifo" Pietro Parolin

Ho appena concluso la stesura di questo contributo su richiesta di alcuni amici che mi hanno sollecitato a scriverlo:

Nel tempo critico in cui si prepara l’elezione del successore di Pietro (il Conclave è fissato per il 07 maggio 2025), ogni nome che circola quale papabile deve essere scrutinato (sempre con grande rispetto) non sulla base di suggestioni mediatiche, di equilibri geo-ecclesiastici o di prudentismi diplomatici, ma alla luce della conformità intima e profonda con la "veritas fidei" e con quella "forma mentis" che il Magistero costante della Chiesa ha riconosciuto nella sapienza metafisica, in particolare tomista.

mercoledì 30 aprile 2025

La Ue finanzia il Corano e cancella il cristianesimo

Riprendo un articolo pubblicato il 29 aprile scorso da Libero a pag. 10. Viviamo in un'epoca in cui la storia è falsificata e la realtà è manipolata. Difficile mantenere la rotta — non tanto per chi come noi ha consapevolezza della propria identità — quanto per la massa quotidianamente bombardata dalle manovre più o meno spregiudicate del mainstream. Qui l'indice degli articoli sul filoislamismo.

La Ue finanzia il Corano e cancella il cristianesimo

Dieci milioni di euro stanziati dall'Ue per finanziare il progetto di ricerca EuQu o "Corano Europeo". Per dimostrare che l'Islam è fra le radici culturali dell'Europa. Quindi sono dieci milioni di nostri soldi per contribuire alla legittimazione dell'islamizzazione dell'Europa, a spese di ebraismo e cristianesimo.Convincere gli europei che l’islam è stato il fulcro della cultura e della storia dell’Europa tanto quanto la cristianità. È questo l’obiettivo del progetto “Il Corano europeo”, noto anche con l’acronimo “EuQu”, promosso e curato da una trentina di ricercatori italiani, spagnoli, francesi, ungheresi e olandesi grazie a un maxi finanziamento di quasi dieci milioni di euro (nel dettaglio, si tratta di una borsa Synergy Grant da 9.842.534 euro) da parte del Consiglio europeo della ricerca, organismo creato dalla Commissione europea e finanziato dal bilancio dell’Ue.

martedì 29 aprile 2025

Una doppia persecuzione: La testimonianza del Cardinale Zen di Hong Kong

«Mentre il cardinale ha reagito al suo arresto con il commento “il martirio è normale nella nostra Chiesa”, il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, ha risposto esprimendo non solo preoccupazione ma anche speranza che l’arresto non interrompa il dialogo con la Cina». Non è un articolo recente; ma illustra bene la situazione, immutata nella sostanza, Gli sviluppi della persecuzione li trovate in questo Indice degli articoli sulla questione Sino/Vaticana.

Una doppia persecuzione: 
La testimonianza del Cardinale Zen di Hong Kong
Il martire o il diplomatico – chi ha in mente il miglior interesse della Chiesa?
di Dr. R. Jared Staudt
Catholic World Report, 9 giugno 2022

Se la Chiesa deve continuare a essere la presenza di Cristo nel mondo, allora parte di questa missione include la continuazione del suo sacrificio.

Recentemente ho scritto della testimonianza sacrificale del sacerdote di fronte all’oppressione moderna, citando esempi come il Cardinale Nguyễn Văn Thuận e il Servo di Dio Walter Ciszek. In realtà, tuttavia, è una testimonianza che proprio ora continua in tutto il mondo. Sacerdoti, religiosi e fedeli laici vengono regolarmente rapiti e martirizzati in Nigeria dai terroristi islamici. La Chiesa affronta persecuzioni anche in Paesi tradizionalmente cattolici come il Nicaragua e il Venezuela, dove i leader vengono messi a tacere per aver parlato contro le ingiustizie. La Chiesa rimane una delle più forti testimoni della dignità umana di fronte alla continua oppressione comunista e alla dittatura del relativismo che si è abbattuta sulla società occidentale.

lunedì 28 aprile 2025

Pratica del Tempo Pasquale

Vedi anche: Cenno storico sul tempo pasquale qui.
Pratica del Tempo Pasquale

La gioia spirituale.
Il riflesso di questo periodo sacro si riassume nella gioia spirituale che esso deve produrre nelle anime risuscitate assieme a Cristo, gioia che è una pregustazione della felicità eterna e che il Cristiano deve, d'ora in avanti, conservare in sé, cercando sempre più con ardore quella Vita che è nel nostro divin Salvatore e fuggendo, con costante energia, la morte, figlia del peccato.
Nelle settimane precedenti abbiamo dovuto dolerci di noi stessi, piangere le nostre colpe, abbandonarci all'espiazione, seguire Gesù fino al Calvario; ma adesso la Chiesa c'impone, invece, di rallegrarci. Essa stessa ha bandito ogni tristezza; non geme, ormai, che come la colomba; canta, quale, sposa che ha ritrovato il suo sposo!
E per rendere più universale questo sentimento di gioia, essa si adattata alla debolezza dei suoi figli. Dopo aver loro ricordato la necessità dell'espiazione, ha concentrato tutto il vigore della penitenza cristiana nei quaranta giorni appena trascorsi; ed ora, rendendo la libertà al nostro corpo, e nel medesimo tempo ai sentimenti dell'anima nostra, ci ha trasportato in una regione dove non esiste che allegrezza, luce e vita, dove tutto è gioia, serenità, dolcezza e speranza di immortalità.

domenica 27 aprile 2025

Domenica in albis, 'Octava dies' di Pasqua

Rispolvero un vecchio articolo, con l'aggiunta del testo dell'antifona per ritrovarne le perle sempre da approfondire e custodire. Vedi anche le suggestioni del gregoriano qui

«Quasi modo géniti infántes,
alleluia,
rationabile, sine dolo lac concupiscite
(I Petr. 2,2),
alleluia, alleluia.
Exultate Deo, adiutori nostro,
iubilate Deo Jacob
(Ps. 80,2)
Gloria Patri ...»
«Quasi come bimbi appena nati,
alleluia
desiderate il latte spirituale e puro (1 Pt 2,2)
alleluia, alleluia.
Esultate in Dio, nostra forza,
giubilate nel Dio di Giacobbe (Sal 80,2).
Gloria al Padre ...»

Dalle prime parole dell'introito della Messa del giorno "Quasi modo geniti infantes". Ogni Domenica è Pasqua, ma quella in Albis, Ottava (Octava Dies) di Pasqua, ci si ricorda la gioia e la grandiosità dell'unica e solenne Domenica che ha portato e porta tutto il mondo cristiano alla Risurrezione di Cristo Signore.
Parole rivolte ai neofiti che avevano appena ricevuto la Fede per esortarli a continuare a nutrirla. Essi (e vale per tutti noi), una volta finiti i festeggiamenti del loro ingresso pasquale nella Chiesa, depositavano le vesti bianche ([in] albis vestibus) "esterne" ricevute la Domenica di Pasqua col Santo Battesimo, iniziando la feriale (ma sempre gioiosa) vita cristiana nella quale bisogna continuare a portare le vesti bianche "interne".
« Il nostro Divin Risorto ha voluto che la sua Chiesa così ne comprendesse il mistero, poiché, avendo intenzione di mostrarsi una seconda volta ai suoi discepoli, riuniti tutti assieme, ha aspettato, per farlo, il ritorno della Domenica. Durante tutti i giorni precedenti ha lasciato Tommaso in preda ai suoi dubbi; solamente oggi è voluto venire in suo soccorso, manifestandosi a questo Apostolo in presenza degli altri e obbligandolo a deporre la sua incredulità di fronte alla più palpabile evidenza. Oggi, dunque, la Pasqua riceve da Cristo il suo ultimo titolo di gloria, aspettando che lo Spirito Santo discenda dal cielo per venire a portare la luce del suo fuoco e fare, di questo giorno, già così privilegiato, l'era della fondazione della Chiesa Cristiana ». (Dom Prosper Guéranger)

venerdì 25 aprile 2025

La Santa Tunica di Argenteuil

La santa Tunica di Argenteuil, Francia
di Don Denis Puga, FSSPX


Gli Ebrei che vivevano in Palestina nei tempi evangelici, in generale portavano diversi indumenti: una cintura di tessuto sui reni con una tunica piuttosto corta indossata a contatto con la pelle. Sopra veniva indossata una tunica più ampia, più lunga e più spessa. Il tutto coperto con un grande mantello.

Come raccontano i Vangeli, nel Pretorio di Pilato Gesù fu interamente spogliato per subire l’atroce supplizio della flagellazione. Dopo averLo schernito incoronandolo di spine, i soldati gli restituirono gli indumenti e Lo portarono via per crocifiggerLo.

In cima al Calvario, il Figlio di Dio fu nuovamente spogliato. I Suoi indumenti furono divisi tra i carnefici; i quali tirarono a sorte per prendere la Sua tunica senza cuciture.

Tutto questo ci è specificato nel racconto fatto da San Giovanni, testimone fedele dei fatti.

Papa Francesco: la fine di un pontificato modernista e la crisi della Chiesa

Papa Francesco: la fine di un pontificato
modernista e la crisi della Chiesa


La morte di Papa Francesco segna la conclusione di un papato che ha diviso la Chiesa come mai prima d’ora. Più che un “pontefice della misericordia”, come molti amano definirlo, Francesco è stato il simbolo di un pontificato modernista, che ha sfidato la Tradizione millenaria della Chiesa in nome di un falso ecumenismo e di un dialogo sottomesso al mondo. La sua morte non chiude solo un’epoca, ma lascia aperte le cicatrici di un pontificato che ha cercato di cambiare la Chiesa, allontanandola dalle sue radici.

Un pontificato senza radici: l’accoglienza a tutti i costi
Il principale tratto distintivo del papato di Francesco è stata la sua costante ricerca di “accoglienza”, una parola che, nei suoi pronunciamenti più noti, ha assunto un significato ambiguo, talvolta opposto ai principi cristiani di verità e giustizia. In nome di questa accoglienza, ha abbattuto barriere dottrinali e disciplinari che erano rimaste in piedi per secoli. L’esempio più lampante è il sinodo sulla famiglia, che ha aperto la porta alla comunione dei divorziati “risposati”, una rottura radicale con la dottrina tradizionale della Chiesa, senza un adeguato dibattito teologico, senza nemmeno un chiaro discernimento sulle implicazioni spirituali di tali cambiamenti.

Il cardinale Müller: «Francesco? Ambiguo su gay, donne e Islam. Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi»

Il cardinale Müller: «Francesco? Ambiguo su gay, donne e Islam. 
Non possiamo accettare che i comunisti nominino i vescovi»

L'esponente dell'ala conservatrice del collegio cardinalizio e il prossimo conclave: ogni pontefice è il successore di Pietro Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, esponente dell’ala conservatrice del collegio cardinalizio, dice che ogni Papa «non è un successore del suo predecessore ma un successore di Pietro». Un modo per sostenere che il prossimo Conclave non dovrà per forza agire nel solco di Francesco. Il quale ha avuto «unanime l’apprezzamento per l’impegno con i migranti, i poveri e per superare le divisioni tra il centro e la periferia». Ma in alcuni momenti è stato un po’ ambiguo: «Per esempio quando con Eugenio Scalfari ha parlato di resurrezione. Con papa Benedetto abbiamo avuto la chiarezza teologica perfetta», dice oggi a Repubblica.

giovedì 24 aprile 2025

Note sulla "Preghiera per gli ebrei" e sulle sue modifiche nei diversi Messali

Nel ripristinare alcuni contenuti importanti persi con la censura dell'altro blog, ho rivisto il testo che segue, in tema con la settimana Santa appena trascorsa e le intervenute variazioni liturgiche che diventano dottrinali... Ve lo ripropongo (dopo aver fatto un lavoraccio di redazione) con tutti gli approfondimenti di cui ai link di riferimento.

Note sulla "Preghiera per gli ebrei" e sulle sue modifiche nei diversi Messali

Premessa

Messale Romano 1955
La soppressione delle parole perfidis e perfidiam, decisa il venerdì santo del 1959 e tradotta in pratica a partire dal 1960, non fu dovuta a un atto di buonismo del Papa, come affermato da una certa propaganda modernista, ma a una causa contingente ben precisa. Come si evince da una dichiarazione della S. Congregazione dei Riti, pubblicata pochi anni prima, nella maggior parte dei messalini bilingue (tanto italiani quanto stranieri), perfidis veniva tradotto letteralmente con perfidi mentre il significato proprio del termine latino (composto da per negativo + fidus) è infedeli. Tale traduzione poteva apparire non solo offensiva dal punto di vista linguistico, visto che nelle lingue moderne perfido viene generalmente inteso come equivalente di cattivo, malvagio, ma anche poco sensata dal punto di vista teologico. Nel citato documento della S. Congregazione dei Riti si suggeriva l'uso di termini che avessero il significato di infideles, infideles in credendo. Giovanni XXIII, per sanare alla radice l'equivoco, che si era generato non per un difetto della preghiera latina ma per la scorrettezza delle traduzioni volgari, decise di sopprimere del tutto il termine in questione. A posteriori, i modernisti, appoggiandosi sulla nuova teologia (dottrina della doppia via di salvezza) e sulle ulteriori revisioni della preghiera nel 1965 e nel 1969, interpretarono questo gesto come un'implicita ammissione dell'antisemitismo della preghiera precedente, quasi che il Papa avesse voluto sconfessare una formula che la Chiesa usava da secoli. Dispiace constatare come questo atteggiamento venga favorito, ancora oggi, da quanti sono a favore della sostituzione della preghiera tradizionale con quella del Messale moderno.

Tavola sinottica delle variazioni intervenute negli anni
 
Messale quotidiano dei fedeli, a cura di J. Feder, ed. ital. A cura di A. Bugnini, 1963 Missale Romanum anno 1962 promulgatum, Ristampa a cura di C. Johnson e A. Ward, C.L.V. - Ed. Liturgiche, 1994 Messale Romano Latino - Italiano per le domeniche e feste, LEV, imprim.: 12 marzo 1965 Variationes in Ordinem hebdomadae sanctae inducendae: (9 marzo  e 19 marzo 1965)
8. 8. Pro conversione Iudaeorum 8. Pro conversione Iudaeorum 8. Pro Iudaeis.
Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum.

Omnipotens sempiterne Deus, qui Iudaeos a tua misericordia non répellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis ténebris eruantur.
Per eumdem Dominum.
Amen

(ma "perfidis" e "perfidia" di fatto  sono eliminati da Giovanni XXIII già dal 1959 -ndR)

Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum. Oremus et pro Iudeis: ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Iesum Christum Dominum nostrum.

Omnipotens sempiterne Deus, qui Iudaeos a tua misericordia non répellis: exaudi preces nostras, quas pro illius populi obcaecatione deferimus; ut, agnita veritatis tuae luce, quae Christus est, a suis ténebris eruantur.
Per eumdem Dominum.
Amen
 

Oremus et pro Iudaeis: ut Deus et Dominus noster faciem suam super eos illuminare dignetur; ut et ipsi agnoscant omnium Redemptorem, Iesum Christum Dominum nostrum.

Omnipotens sempiterne Deus, qui promissiones tuas Abrahae et semini eius contulisti: Ecclesiae tuae preces clementer exaudi; ut populus acquisitionis antiquae ad Redemptionis mereatur plenitudinem pervenire. Per Dominum nostrum.(1)
 

__________________

Da un'intervista a Mons. Angelo Amato (CDF) da Avvenire 11 luglio

Eccellenza, permetta una domanda sul motu proprio «Summorum Pontificum». C'è chi lo accusa di essere anti-conciliare perché offre piena cittadinanza ad un Messale in cui si prega per la conversione degli ebrei. È davvero contrario alla lettera e allo spirito del Concilio formulare questa preghiera?
«Certamente no. Nella Messa noi cattolici preghiamo sempre, e per primo, per la nostra conversione. E ci battiamo il petto per i nostri peccati. E poi preghiamo per la conversione di tutti i cristiani e di tutti i non cristiani. Il Vangelo è per tutti».

Però si obietta che la preghiera per la conversione degli ebrei è stata superata definitivamente da quella in cui si invoca il Signore affinché li aiuti a progredire nella fedeltà alla sua alleanza.
«Lo stesso Gesù nel Vangelo di san Marco afferma: "Convertitevi e credete al Vangelo", e i suoi primi interlocutori erano i suoi confratelli ebrei. Noi cristiani non possiamo fare altro che riproporre quello che Gesù ci ha insegnato. Nella libertà e senza imposizioni, ovviamente, ma anche senza autocensure.

VATICANO - LE PAROLE DELLA DOTTRINA a cura di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello  - La preghiera per gli Ebrei: “un tentativo completamente nelle mani di Dio”

Messale Romano 1962

Alcuni circoli ebraici ed alcuni organi di stampa hanno fatto rumore in occasione della recente promulgazione del Motu proprio di Benedetto XVI sulla Messa antica, temendo la reintroduzione della preghiera per gli Ebrei, quella da cui Papa Giovanni tolse l’aggettivo ‘perfidi’.
Forse pochi sanno che la orazione solenne per gli Ebrei del Venerdì Santo ha una corrispondente nella cosiddetta birkat ha-minim (benedizione contro gli eretici) della liturgia giudaica, che è la seguente: “Che per gli apostati non ci sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell’orgoglio; e periscano in un istante i nazareni (ndr. i giudeo-cristiani) e gli eretici: siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu che pieghi i superbi”. Così recita la XII benedizione della liturgia sinagogale nella forma primitiva. Mentre in quella del Talmud babilonese più diffusa oggi: “Per i calunniatori e gli eretici non vi sia speranza, e tutti in un istante periscano; tutti i Tuoi nemici prontamente siano distrutti, e Tu umiliali prontamente ai nostri giorni. Benedetto Tu, Signore, che spezzi i nemici e umili i superbi”.

Quanto all’Orazione solenne del Venerdì Santo, la versione italiana del Messale Romano del 1962 dice: “Preghiamo anche per gli Ebrei, affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori, in modo che essi pure con noi riconoscano Gesù Cristo Signor Nostro. Preghiamo. O Dio onnipotente ed eterno, che non rigetti dalla tua misericordia neppure gli Ebrei, esaudisci le suppliche che ti rivolgiamo per questo popolo accecato, affinché ammetta che il Cristo è la luce della tua verità, ed esca così dalle tenebre”.

In quella del Messale Romano del 1970 è stata così modificata: “Preghiamo per gli ebrei: il Signore Dio nostro, che li scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola, li aiuti a progredire sempre nell’amore del suo nome e nella fedeltà alla sua alleanza”. Preghiera in silenzio. “Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta benigno la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.

Osservando comparativamente le formule, si nota che quella giudaica si serve delle invettive proprie di taluni salmi e testi profetici (per esempio il Salmo 58), non estranee nemmeno al Nuovo Testamento; quella cristiana dell’antico Messale riecheggia l’invito di San Paolo alla comunità cristiana, a pregare per tutti gli uomini (cfr. 1 Timoteo 2,1), quindi anche per i giudei, quando le rammenta l'irrevocabilità dell'elezione divina d’Israele (cfr. Romani 11,29) [ma non si può lasciar correre : 11.29: Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! ; ignora 11,20 : Bene; essi però sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu non insuperbirti, ma abbi timore! -ndR] [e, poi, vedi infra: la confutazione delle "due salvezze parallele" -ndR] ed il mistero della sua conversione alla fine dei tempi (cfr. Romani 11,25-26). Secondo De Clerk, questa preghiera potrebbe essere “segno di grande antichità delle orationes sollemnes, oppure potrebbe risalire a un periodo in cui i giudei erano molto numerosi a Roma. Quanto all’orazione del nuovo Messale, il tema è il popolo di Abramo, depositario delle ‘irrevocabili’ promesse divine e chiamato comunque “alla pienezza della redenzione”. Questa è stata sempre la coscienza della Chiesa che nell’orazione domanda a Dio che si affretti la realizzazione di quella promessa.

Dunque, non è il caso che i nostri ‘fratelli maggiori’ continuino a scandalizzarsi della preghiera che i cristiani innalzano a Dio per loro, quando dovrebbero agire a modificare la loro, visto che nella prima forma e anche in quella del Talmud babilonese, non è stata tolta la maledizione di Dio che non si concilia col suo amore universale. .

Un po’ di storia.

In realtà la querelle cesserebbe se si inquadrasse nel rapporto tra liturgia cristiana e liturgia giudaica, da cui anche l’orazione di lode e di intercessione ha la sua origine, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (1096). Infatti, il corrispondente giudaico dell’Oratio fidelium - anche dell’anafora secondo taluni studiosi come Adrien Nocent - è la preghiera Shemonèh Esréh (la Tefillah delle diciotto benedizioni). Com’è noto, il cristianesimo delle origini, e quindi la liturgia, si è posto in rapporto di continuità e nel contempo di novità rispetto al giudaismo. I nazareni o cristiani avevano frequentato il Tempio (cfr. Atti 2,46), come pure le sinagoghe, finché, due decenni dopo la sua distruzione nel 70, i giudei non introdussero nella Tefillah la XII “benedizione”, appunto la birkat ha-minim (diventarono così diciannove ma il nome di Shemonèh Esréh non fu cambiato), ovvero una maledizione contro la setta considerata eretica, dei giudeo-cristiani (cfr. Atti 24,14) sia per tenerli lontani dalla sinagoga, sia per proclamare formalmente la rottura definitiva tra le due religioni.

Accanto ai minim (dissidenti) si menzionavano i nozrim, i nazareni, cioè i seguaci di Gesù di Nazareth, perché “spariscano all’istante, cancellati dal libro della vita e non scritti con i giusti. Benedetto sei tu che umili i superbi” (cfr. G. De Rosa, Gesù di Nazareth e l’Ebraismo di ieri e di oggi. Dal rifiuto all’appropriazione esclusiva. “La Civiltà Cattolica”, 15 (2000), n 12). Nel medesimo periodo venne comminata infatti la scomunica contro i giudeo-cristiani, i quali pur pretendendo di rimanere dentro la sinagoga, la dividevano nella fede, proteggevano i “gentili”, soprattutto i romani, e distruggevano il principio dommatico della habdàlàh ossia la separazione tra circoncisi e non (cfr. H.Herts, Daily Prayer Book with commentary. Introductions and notes, New York 1971, p 142 s.). Così nel Medioevo la pensava Maimonide e ai nostri giorni il rabbino americano J.Petuchowski (cfr. S.Ben Chorin, Il giudaismo in preghiera. La liturgia della sinagoga, Cinisello B.1988, p 80). Tuttavia oggi non tutti gli ebrei nominano i nazareni e i dissidenti, ma si limitano ai calunniatori, i cattivi e i nemici.

Quanto alle Orazioni solenni del Venerdì Santo e alla Orazione universale o dei fedeli nella Messa, si riallacciano alla tradizione apostolica di pregare per tutti: in particolare perché trascorrano una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità, quale “cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (cfr. 1 Timoteo 2,1-3). Tracce di tale preghiera si ritrovano in Clemente di Roma, Policarpo di Smirne, Giustino, Tertulliano e Cipriano, che sottolineano la richiesta a Dio di giungere alla conoscenza della verità e alla salvezza eterna. Sarà Prospero d’Aquitania (390-455), autore del celebre “ut legem credendi lex statuat supplicandi” a riferirvisi con più evidenza. L’autore non intendeva istituire un automatismo, quasi che dalla preghiera derivi la norma della fede, ma dire che diventa norma di fede quella preghiera connessa con la dottrina cattolica conclusa con la morte dell’ultimo apostolo. In certo senso la liturgia deve esprimere la fede cattolica e apostolica, oltre che l’unità e la santità della Chiesa.

Tuttavia, la descrizione più antica delle orationes sollemnes è contenuta nei Capitula, un documento annesso alla lettera di Papa Celestino I ai Vescovi della Gallia, scritto tra il 435-442. In particolare nella preghiera pro Judaeis dice: “ut Judaeis, ablato cordis velamine, lux veritatis appareat”. La frase evidentemente richiama da un lato San Paolo (2 Cor. 3,12-16) e dall’altro la orazione che, attraverso Leone Magno e i libri liturgici romani altomedievali noti come Ordines, giunge fino alla forma del Messale romano del 1962. Dunque le fonti liturgiche che ci tramandano le orationes sollemnes risalgono alle tradizioni gelasiana, gregoriana e gallicana codificate nei Sacramentari e negli Ordines romani.

L’Oratio pro conversione iudaeorum, la sesta delle orazioni solenni, nel Messale del 1970 è intitolata semplicemente “pro iudaeis”. L’appellativo ‘perfidi’ è stato tolto, sebbene significasse semplicemente ‘increduli’, in certo senso meglio del minim, i dissidenti della birkat giudaica. Per l’analisi e la traduzione dell’espressione, approvata già nel 1948 dalla Congregazione dei Riti, rimandiamo agli studi esistenti; ma già nel 1936 il grande esegeta protestante diventato cattolico Eric Peterson, aveva pubblicato uno studio in cui mostrava che l’epiteto voleva dire fedifrago, in quanto i giudei avevano stretto un patto conal quale erano venuti meno. Tale significato, applicato anche ai pagani, si trova in alcune opere di Cipriano e di Ambrogio. Sant’Agostino rifacendosi alla giustizia della fede in San Paolo, la traduce con ingiustizia e mancanza di fede. Sulla stessa linea anche Gelasio e Gregorio Magno.

A questo punto si può dedurre che la Oratio pro iudaeis appare in certo senso speculare alla birkat ha-minim giudaica, la maledizione contro gli eretici; quasi una ‘risposta’, poiché il dato liturgico non è mai astratto, ed entrambe risalgono allo stesso periodo, come abbiamo visto. Alla scomunica comminata ai giudeo-cristiani e all’accusa di “eresia” da parte dei giudei - forse durante il sinodo di Jabne tra 90 e 100 d.C., - che volevano in tal modo sancire la rottura definitiva del Giudaismo ufficiale con i cristiani, questi avrebbero ‘risposto’ con l’inserzione della “preghiera per i giudei”. Al di là di ogni polemica, è “ragionevole ritenere che la storia di entrambe le preghiere, il cui contenuto era certamente noto sia ad ebrei che a cristiani alla fine del I secolo, si sia intrecciata, dando così forma al testo liturgico così come ci è pervenuto, salvo, ovviamente, le inevitabili modifiche che, generalmente, i testi liturgici subiscono nel corso dei secoli” (Annamaria Abrusci, Storia ed evoluzione delle Orazioni solenni. Il caso della preghiera Pro Iudaeis, tesi di magistero presso l’ISSR di Bari, anno 2000-2001, p 111-112, pro manuscripto). Ciò dimostra ancora una volta l’influsso della liturgia ebraica e giudaica in specie su quella cristiana. La preghiera non può essere modificata in contraddizione con la dottrina cattolica e apostolica. Volentieri, dunque, oggi pregheremo anche con le nuove formule del Messale Romano di Paolo VI dove si supplica il Signore che “il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.

La Chiesa prega per la conversione di tutti gli uomini

“Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosé che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto” (2 Corinzi, 3, 12-16).

Questo testo paolino è notoriamente la fonte dell’orazione per gli ebrei fino al Messale del 1962. Oggi non pochi cattolici hanno timore della conversione e così pure gli ebrei, i quali vorrebbero che la Chiesa cattolica non sia se stessa, almeno nei loro confronti. Ora la conversione è l’essenza del Vangelo di Gesù, e ha designato il cammino verso di Lui di popoli e nazioni (cfr. gli studi di E. Peterson sull’interpretazione di Romani 9-11 e il significato della conversione). Facendo la verità nella carità e nel rispetto della libertà, la Chiesa ha come priorità l’annuncio del Vangelo che è la verità piena e definitiva sull’uomo e alla quale l’uomo è chiamato a convertirsi. E’ Cristo che ha dichiarato: “Il tempo è compiuto… convertitevi e credete al vangelo” (Marco 1,15), non ‘dialogate e mettetevi d’accordo’. San Pietro ha descritto la conversione come un percorso irreversibile: dalla parola dei profeti, lampada che brilla in luogo oscuro fino allo spuntare della stella del mattino (cf. 2 Pietro 1,19); i Magi avevano cercato la verità al seguito della stella, finché trovarono la luce vera (cfr. Matteo 2,2); san Paolo, dopo essere andato a tastoni come in un luogo buio (cf. Atti 17,27) fino ad essere investito da Cristo verità incarnata e convertirsi a Lui.

La Chiesa, come ha detto il Concilio, è sacramento anche in rapporto alle religioni, cioè non solo segno ma strumento di salvezza per tutti [coloro che accolgono il Signore -ndR]. Si comprende così che il cristianesimo è una religione universale che fa conoscere il vero Dio d’Israele (cfr. Giovanni Paolo II, “Varcare la soglia della speranza”, Milano 1994, p.112). [In ogni caso il Concilio ha prodotto anche la Dichiarazione Nostra aetate -ndR]

Il tema della salvezza in Gesù Cristo necessaria per ogni uomo è stato riaffermato nella Dichiarazione Dominus Jesus. Il dialogo con gli ebrei nasce dalla “coscienza del dono di salvezza unico e universale offerto dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito” (n. 13). Proprio mostrando in Cristo il compimento del Giudaismo, la Chiesa è passata ad affrontare il mondo pagano “che aspirava alla salvezza attraverso una pluralità di dèi salvatori” (ivi).

Il dialogo è parte integrante della coscienza missionaria della Chiesa; fondato sulla consapevolezza della pari dignità di tutti gli uomini, a qualsiasi religione appartengano, e nello stesso tempo sul primato di Gesù Cristo e della sua dottrina “in confronto con i fondatori delle altre religioni” (Dominus Iesus, n. 22 ).

La Chiesa propone il regno di Dio come signoria universale di Gesù Cristo (cfr J.Ratzinger -Benedetto XVI, “Gesù di Nazaret”, Città del Vaticano 2007, cap III); Benedetto XVI cita nel suo libro l’erudito rabbino Jacob Neusner che in un saggio del 1993 aveva evidenziato tutta la differenza tra la Torah e Gesù. Se e quando tutti gli uomini entreranno nella Nuova Alleanza della Chiesa, compresi gli ebrei, è questione da lasciare allo Spirito Santo (cfr. Varcare…, p. 112). La preghiera per gli ebrei esprime la convinzione che l’incontro e il dialogo è “un tentativo che sta completamente nelle mani di Dio” (Gesù di Nazaret, p 248), con un messaggio: “Allora non abbandoneranno la loro obbedienza - (alla Torah che permette di vedere Dio “di spalle”, Ivi, p 310-311), - ma essa verrà da fonti più profonde e perciò sarà più grande, più sincera e pura, ma soprattutto anche più umile” (Ivi, p 249). (1)

Così si capiscono di più le richieste di perdono e il gesto di Giovanni Paolo II al ‘muro del pianto’ e ancora prima l’intervento del Cardinale Joseph Ratzinger alla Conferenza internazionale ebraico-cristiana di Gerusalemme nel 1994, dove svolse la tesi della riconciliazione, essenza di due fedi, ricordando che il sangue versato da Cristo non grida vendetta ma appunto riconciliazione. Nessuna intenzione da parte cattolica, dunque, di incentivare l’antigiudaismo - e speriamo da parte ebraica nemmeno l’anticristianesimo - ma conoscenza e rispetto reciproco, anche delle espressioni della propria fede, pregando gli uni per gli altri. (Agenzia Fides 26/7/2007). 

[E tuttavia, per evitare ogni equivoco, vedi: M. Guarini, La “Dottrina della sostituzione” della Sinagoga con la Chiesa è stata modificata con quella delle "due salvezze parallele”]

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In breve la situazione per il Rito Ambrosiano:

In Rito Ambrosiano le cosiddette Preci Solenni non venivano recitate durante la Messa dei Presantificati, come in Rito Romano, poiché, naturalmente, essa non è mai esistita nel nostro Rito. Esse venivano invece recitate durante il Vespro, e più precisamente dopo l'ultimo Responsorio, secondo quanto prescritto da questa rubrica, che si trova alla fine dei Messali ambrosiani, nel Repertorium:

Cantato hoc Evangelio [ ci si riferisce al brano del Capitolo 26 di Matteo, in cui Giuseppe d'Arimatea chiede a Pilato il corpo del Signore, e ricevutolo, ne dà sepoltura. Esso è cantato da Diacono ebdomadario, in dalmatica rossa, senza saluti, né cantari, né incenso, a voce sommessa, col tono quaresimale ], dicuntur Vesperae, in quibus post ultimum Responsorium dicuntur sequentes Orationes hoc ordine. Archipresbyter, seu dignor Sacerdos, ante Altare, iuxta cornu Epistolae dicit primam Orationem, et ceteras dispares in tono ut infra solemni. Secundam vero Orationes et reliquas pares dicunt ceteri Sacerdotes, singuli singulas ex ordine, in tono ut infra communi Orationum, ad sinistram partem Chori iuxta cornu Evangelii. Archiepiscopus autem, si praesens sit, ad omnes istas Orationes genuflexus semper manet ante Altare.

Il testo è identico a quello del Rito Romano. Nel Rito Ambrosiano non ci si genuflette.(2) Ricordo che in Rito Ambrosiano l'ammonizione "Flectamus genua" la canta il Primo Diacono dalla parte del Vangelo prima che si canti l'Orazione, che dunque si ascolta in ginocchio, mentre il "Levate" lo canta il Secondo Diacono dalla parte dell'Epistola dopo il canto di ciascuna Orazione. Le Orazioni dispari della rubrica succitata sono quelle che cominciano con Oremus..., e hanno carattere introduttivo, mentre quelle pari sono quelle che cominciano con Omnipotens sempiterne Deus, e hanno carattere d'implorazione.

Ultima curiosità: nell'Orazione per i Pagani ci si genuflette, ma non si risponde "Amen" alla fine dell'Orazione introduttiva.
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(1) Questa differenza emerge in modo eclatante nella traduzione italiana ufficiale, che sostituisce quello che un tempo fu il tuo popolo eletto (versione del 1965: l'alleanza è un fatto passato e compiuto) con il popolo primogenito della tua alleanza (versione del 1970: l'alleanza può essere considerata ancora vigente).

(2) Da notare che nel Messale stampato nel '54 era espressamente detto di non dire né Amen, né Oremus, né Flectamus, ma di procedere subito all'orazione: ma il fatto di non inginocchiarsi all'orazione per i Giudei miscredenti - come appunto deve correttamente essere inteso il testo - deriva dal non voler ripetere il gesto di quei Giudei che si inginocchiarono davanti al Signore per scherno durante la sua Santa Passione.