martedì 15 aprile 2025

Il nuovo vescovo D'Ivrea Daniele Salera" / tolleranza zero per chi si inginocchia alla comunione"!

Il nuovo vescovo D'Ivrea Daniele Salera"
tolleranza zero per chi si inginocchia alla comunione"! 


Carissimi amici e lettori, che nella Chiesa contino i gesti, si è sempre saputo.
Ma a Ivrea ora contano soprattutto le posizioni. Quelle del corpo. Da qualche settimana, in diverse parrocchie, i fedeli che si inginocchiano per ricevere l’Ostia vengono sistematicamente saltati. Il messaggio è chiaro, il metodo pure: ti inginocchi? Non comunichi.

La scena si è già vista più volte: il parroco si avvicina, Ostia in mano, e quando incontra un fedele inginocchiato... tira dritto. Nessuno dice nulla, ma tutti capiscono. Qualcuno si alza all’ultimo secondo per non fare la figura dell’eretico, altri restano lì, come statue di gesso, in ginocchio davanti all’altare e col vuoto tra le mani. Benvenuti nella nuova liturgia in salsa eporediese, dove non si sa bene cosa si prega, ma si sa benissimo come bisogna stare.

La direttiva – perché di questo si tratta – non è scritta, non è firmata, non è motivata. Ma c’è. E gira. E viene fatta rispettare alla lettera, come certe leggi non dette dei regimi più ordinati. A pronunciarla, direttamente o indirettamente, sarebbe stato proprio lui: il nuovo vescovo, monsignor Daniele Salera. Arrivato da Roma solo da pochi mesi, ha deciso di far capire subito chi comanda. E niente funziona meglio che far saltare qualche Comunione per segnare il territorio. Si dirà "Stile canino, più che pastorale..." ma tant'è!

Naturalmente, nessuna dichiarazione ufficiale. Ci mancherebbe. Sarebbe rischioso. Perché se si va a leggere davvero cosa dice la Chiesa, c’è da rimanere a bocca aperta: la Redemptionis Sacramentum (2004) – mica un bollettino parrocchiale – stabilisce con chiarezza che nessun fedele può essere obbligato a ricevere la Comunione solo in piedi. Inginocchiarsi si può. Si deve poter fare. È previsto.

Insomma, nella Diocesi di Ivrea la liturgia, ormai, è una questione di logistica. E le ginocchia – come i trolley nei corridoi dei treni – danno solo fastidio. I parroci, ovviamente, si adeguano. Qualcuno con rassegnazione, qualcuno con zelo, nessuno che osi fiatare. Il nuovo corso non ammette dubbi: verticali, ordinati e senza inciampi genuflessi.

Tant’è. Per la cronaca – ma non solo per quella – monsignor Salera era atteso alle celebrazioni delle Palme a Rivarolo, ma nessuno lo ha visto. Assente per motivi di salute, si è detto. E non abbiamo motivo di dubitarne.
Cosa c’entra la “comunione” con Rivarolo?

Guarda caso, qui — com’è risaputo — da tempo è attiva una comunità di nostalgici delle messe in latino.

Tutto comincia nella chiesa di San Rocco, terzo patrono di Rivarolo Canavese (dopotutto, i primi due avevano già il loro daffare). Qui, con il placet del precedente vescovo, monsignor Edoardo Cerrato, era stata autorizzata una Messa in latino una volta al mese, permettendo ai fedeli affezionati alla liturgia preconciliare di trovare un punto di riferimento.

La comunità ha poi trovato rifugio nella cripta di San Michele, dove – da qualche tempo a questa parte – la Messa in latino c’è tutti i santi giorni. Il gruppo è collegato a don Raffaele Roffino.

C’è che nella Messa in latino (detta anche Messa tridentina o rito straordinario), la Comunione si riceve esclusivamente in ginocchio e sulla lingua, così come previsto dalle norme anteriori al Concilio Vaticano II. In questo contesto, inginocchiarsi non è una scelta, ma la norma. Chi frequenta la Messa tradizionale è spesso molto legato al gesto dell’inginocchiarsi, vissuto come espressione di adorazione, riverenza e umiltà davanti all’Eucaristia.

Boh. In tanti dicono che l’aria sta per cambiare, a cominciare da una convivenza pacifica che potrebbe trasformarsi in terreno di scontro. Salera, infatti, a differenza del predecessore, ha già dimostrato di non avere grande simpatia per certe nostalgie.
Sarà guerra liturgica? Continuerà a tollerare i latinorum e gente che si inginocchia, magari limitandosi a un atteggiamento da spettatore neutrale come il suo predecessore? Oppure Salera deciderà di imprimere una svolta ancora più rigorosa?

Vero è che l’assenza del vescovo è stata notata da tutti. Anche perché, nei giorni precedenti, di chilometri ne ha macinati eccome. In macchina. Da solo. Non ha bisogno dell'autista. A tappe forzate, in pellegrinaggio non ufficiale tra tutte le chiese della Diocesi.

A volte annunciato, spesso no. C’è chi se lo è trovato in sacrestia alle 9 del mattino, mentre stava ancora accendendo le luci. Chi l’ha visto spuntare in chiesa prima ancora di mettere su il caffè. Un vescovo “on the road”, a metà strada tra un ispettore del Vaticano e un rappresentante di caldaie, sempre con una parola pronta e una visita sorpresa.

C’è chi apprezza lo zelo, e chi inizia a sospettare che, sotto quella mobilità da venditore porta a porta, si nasconda una visione molto chiara di Chiesa: verticale, rigida, e possibilmente tutta in piedi. Le ginocchia, del resto, rallentano la fila. Rompono il ritmo. Stonano nell’inquadratura. Meglio eliminarle.

E i fedeli? Alcuni si adeguano. Altri si alzano giusto in tempo, con la destrezza del veterano. Altri ancora si siedono, e rinunciano. Tutti, però, hanno capito che qualcosa è cambiato.

“Se anche inginocchiarsi diventa un problema, allora la Chiesa ha proprio perso l’orientamento”, dice una signora a fine Messa, mentre si sistema il foulard e guarda l’altare come si guarda un vecchio amico che non si riconosce più.

Il problema, forse, non è più inginocchiarsi. È sapere dove guardare. - Fonte

10 commenti:

  1. Si tratta di cattiveria.

    Vocabolario Treccani:

    cattiveria /kat:i'vɛrja/ s. f. [der. di cattivo]. - 1. [l'essere cattivo] ≈ empietà, malevolenza, malignità, ostilità. ↑ crudeltà, ferocia, malvagità, perfidia. ↓ malizia, maliziosità. ↔ benevolenza, benignità, bontà. ↑ santità. 2. [atto cattivo] ≈ canagliata, infamia, malefatta, mascalzonata, misfatto, tiro mancino. ↓ dispetto, fastidio, molestia.

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  2. Pover'uomo!
    Per mezzo del Cuore Immacolato di Maria affidiamolo al Preziosissimo Sangue!

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  3. A me questi casi interessano in quanto spingono alla loro analisi, a capirne la distorsione. Certamente qui è presente la superbia che sempre si accompagna alla ignoranza. Non manca l'accidia che ostacola ogni sforzo verso il meglio interiore ed esteriore. Implicito e ben radicato quindi vi è il materialismo che sempre si manifesta nell'eccedere nella gola e nella fornicazione, cioè nella erezione quale esercizio illusorio di potere, di potenza mostrata a se stessi, le quali gola e fornicazione oscurano ogni senso spirituale. Un vescovo che abbia solo la metà di queste abitudini ha sbagliato mestiere e ancor di più hanno sbagliato coloro che non hanno visto o non hanno voluto vedere l'assoluta mancanza di una reale sua vocazione sacerdotale.
    m.a.

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  4. Se il vescovo è il responsabile della liturgia nella sua diocesi, non ne è però il padrone. E non può dare direttive contrarie a quanto disposto dalla Chiesa, che è una legge di livello superiore.
    In questo caso il vescovo sembra furbetto: niente direttive ufficiali (decreto o quant'altro) ma ufficiose, per cui è anche piu' difficile stanarlo o denunciarlo a Roma, ammesso che a Roma ci sia qualche orecchia disposta ad ascoltare, o che le direttive arrivino direttamente da Roma, sempre in via ufficiosa.
    Nella mia diocesi c'è un frate che ancora non dà la comunione in bocca. Io una volta gli ho detto ad alta voce, "Si vergogni!" Ma ha voltato il deretano ed è tornato all'altare facendo finta di nulla.

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  5. un vescovo da cui non andrei mai, nemmeno a chiedere che ore sono.... ; se li conosci li eviti, dice un vecchio adagio. Molto meglio andare dai sacerdoti dell'Istituto Mater Boni Consilii, che celbrano solo in latino, col rito tridentino, rivolti all'altare, e poi distribuiscono la santa Comunione ai fedeli in ginocchio, in bocca... alla faccia della "chiesa" sinodal-conciliare (minuscolo intenzionale, ovviamente). Quanno ce vo' ce vo', come dicono i trasteverini...

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  6. "Non ci scandalizziamo dunque quando veniamo a conoscenza di Sacerdoti cattivi o di membra guaste della Chiesa, piuttosto pensiamo noi a consolarla nei suoi dolori con la nostra virtù."

    La Chiesa è guidata dalla Provvidenza di Dio.
    Gli scandali dei membri della Chiesa sono un segno della sua vita, poiché le malattie non colpiscono le statue o le figure dipinte, ma gli esseri vivi. Nella sua anima la Chiesa è invece immacolata, santa, senza macchie e senza rughe.

    Le sette che sono un corpo senza vita, hanno spesso un volto incipriato e dipinto, si gloriano della loro apparenza, ma vanamente. Un fiore soverchiamente manierato e simmetrico, è un fiore artificiale, senza profumo e senza vita, mentre quasi sempre il fiore sbocciato da una pianta viva, ha qualche petalo che cade, o qualche foglia intristita dal gelo. La Chiesa non è una vetrina di fiori artificiali, belli solo in apparenza; è un giardino fecondo dove cresce il germe cattivo con quello buono, fino alla raccolta e alla mietitura.

    Non ci scandalizziamo dunque quando veniamo a conoscenza di Sacerdoti cattivi o di membra guaste della Chiesa, piuttosto pensiamo noi a consolarla nei suoi dolori con la nostra virtù.

    La Chiesa in mezzo alle sue pene dà a Dio le anime privilegiate, formate esse pure dall'angustia e dal dolore; fioriscono in Lei per la lotta fra il bene ed il male gli atti più vivi di amore, le riparazioni, l'apostolato, la virtù. Germinano in Lei i gigli candidi della purezza, i fiori vermigli del martirio, e le gemme profumate della carità in mezzo all'uragano che vorrebbe sradicare da Lei ogni vita, come germinarono dal Corpo piagato del suo Redentore i fiori dell'amore, della riparazione e della vita che salvò il mondo.

    Persuadiamoci che la Chiesa è guidata da una specialissima Provvidenza di Dio, e che ogni male in Lei è utilizzato come concime delle piante buone. Essa è tutto un ricamo ammirabile della grazia, dove, proprio come nel ricamo; ci sono anche dei vuoti, che fanno risaltare la bellezza dell'insieme. Giudicarla a modo umano, significa non intendere nulla della sua divina costituzione, significa smarrirsi nelle conclusioni più stolte e più menzognere.

    (Don Dolindo Ruotolo)

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  7. Non c’è da stupirsi: il vescovo arriva da Roma ed è convinto per tale motivo di sapere come si comanda. Prima o poi si scontrerà con la realtà dei fatti, cioè che Roma l’impero l’ha perso 1600 anni fa e da allora non ha ancora capito il perché.

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  8. # Commento anonimo ore 19:00
    Il riferimento a Roma che non avrebbe ancora capito di aver perso l'impero (romano antico) appare del tutto fuori luogo e alquanto superficiale. Non c'entra il fatto di "venire da Roma"; la cosa grave è che "da Roma" vengono direttive non buone, come sappiamo, viene l'ordine di costruire una "Chiesa sinodale", sulle rovine dell'antica Chiesa gerarchica, conforme alla Tradizione.

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    1. @commento anonimo 10,08
      Venire da Roma c’entra eccome: ogni paese ha i suoi buoi. E quelli romani sono chiusi sui loro allori appassiti.

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  9. In fondo, paradossalmente, è un bene, perché così più fedeli capiranno (si spera) dove non andare a Messa, e cercheranno qualche rifugio liturgico Tridentino traendone beneficio.

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