«La medicina è ammalata. Si fermi subito la follia di obblighi e green pass»
«Premetto che io sono una persona che vive fuori dal mondo e dalla politica, da tutto. Però questa epidemia mi ha spinta ad osservare con molta attenzione quello che stava succedendo. È ciò che mi ha più turbato a un certo punto è stata proprio la sudditanza delle persone che avrebbero dovuto dire: “Un momento, ragioniamo, pensiamo…”. Invece sentivo gente dire: “Sono felice di avere il Green Pass in tasca” o cose del genere, per me assolutamente abominevoli. E le poche persone che obiettavano, come Massimo Cacciari o Giorgio Agamben, venivano messi all’angolo da un sistema dei media agguerrito in una maniera preoccupante.
— Anche la stampa si è fatta troppo spesso strumento del potere e ha alimentato questo discorso dominante.
«Sì. È stato un canto trionfale, senza possibilità di riflessione, e questo è sempre molto preoccupante in un Paese democratico, dove bisognerebbe riflettere. E una scienza che si propone come assoluta è una scienza che apre le porte a una tirannia, naturalmente, perché la scienza è tale quando sa che può sbagliare e lo ammette. Invece c’è stato un monoblocco, tutti in massa si sono messi a convincere che bisognava agire in una determinata maniera. Sono rimasta molto turbata nel vedere l’inerzia prima dello scoppio della pandemia, che era prevedibilissimo, e poi l’esplosione dell’irrazionalità. Quando un paese diventa irrazionale, si mette su una china pericolosissima».
— Quel che continuo a chiedermi è: come stato possibile? Gli intellettuali hanno taciuto, per lo più, e la stampa si è subito schierata. Ma anche la popolazione si è adeguata… Come siamo diventati «disumani» secondo lei?
«Io vivo da tantissimi anni in un paese piccolo, di provincia. Ho avuto modo di vedere ancora più chiaramente questa cosa, stava deflagrando il tessuto sociale. In un paese conosci tutti, vedi famiglie spaccate, amicizie rotte, sulla base del “sei vaccinato?”. Io non ho mai chiesto a nessuno se fosse vaccinato, perché non mi è mai interessato. Perché non si può discriminare. Se cominciamo così, facciamo come nella es Jugoslavia, dove - lo ricordo nel libro - prima facevano le feste di compleanno a casa dei vicini di altra etnia e poi si sono massacrati a vicenda durante la guerra. Questo è dentro di noi: tutti abbiamo una parte nera dell’anima che aspetta di infiammarsi ed esplodere. E poi ci sono le paure arcaiche, come quella della peste, e il fatto che abbiamo rimosso il discorso sulla morte dalla nostra società. Nessuno pensa più che, democraticamente, siamo tutti destinati a morire. Gli eventi di questi anni hanno sollevato il velo sulle menzogne della nostra società. E questo ha fatto paura».
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