Dopo l'intervista [qui], riprendo, nella nostra traduzione, la ferma Dichiarazione ufficiale del Card. Burke su Traditionis custodes. Questo documento acquista particolare rilevanza, non solo per la sua minuziosa ed efficace articolazione ma per l'autorevolezza del cardinale, peraltro già prefetto della Segnatura apostolica.
Anche nel suo caso, come per il card Muller [qui], notiamo il riferimento alle "due forme" e l'afflato vaticansecondista, sia pur temperato da notazioni sapienti. Di fatto tuttavia è il modo più efficace per interloquire con i referenti di questa Curia. Spiace l'uso del termine "scismatico" in riferimento alla FSSPX. La questione è stata ripetutamente affrontata [vedi]. Qui l'indice degli interventi precedenti e collegati.
Molti fedeli – laici, ordinati e consacrati – mi hanno espresso la profonda angoscia che il Motu Proprio «Traditionis Custodes» ha recato loro. Coloro che sono attaccati all'Usus Antiquior (l'uso più antico) [UA], quella che Papa Benedetto XVI ha chiamato la Forma Straordinaria, del Rito Romano sono profondamente afflitti dalla severità della disciplina che il Motu Proprio impone e offesi dal linguaggio che esso usa per descrivere loro, i loro atteggiamenti e la loro condotta. Come fedele, che ha anche un intenso legame con l'UA, condivido pienamente i loro sentimenti di profondo dolore.
Come Vescovo della Chiesa e come Cardinale, in comunione con il Romano Pontefice e con la particolare responsabilità di assisterlo nella cura pastorale e nel governo della Chiesa universale, offro le seguenti osservazioni:
- In via preliminare, ci si deve chiedere perché il testo latino o ufficiale del Motu Proprio non sia stato ancora pubblicato. Per quanto ne so, la Santa Sede ha promulgato il testo nelle versioni italiana e inglese e, successivamente, nelle traduzioni tedesca e spagnola. Poiché la versione inglese è definita traduzione, si deve presumere che il testo originale sia in italiano. In tal caso, vi sono traduzioni di testi significativi nella versione inglese non coerenti con la versione italiana. Nell'articolo 1, l'importante aggettivo italiano, "unica", è tradotto in inglese come "unico", invece di "solo". Nell'articolo 4, l'importante verbo italiano, “deve”, è tradotto in inglese come “should”, invece di “must”.
- Innanzitutto, è importante stabilire, in questa e nelle due seguenti osservazioni (nn. 3 e 4), l'essenza di quanto contiene il Motu Proprio. Dalla severità del documento emerge che papa Francesco ha emesso il Motu Proprio per affrontare quello che percepisce come un grave male che minaccia l'unità della Chiesa, ovvero l'UA. Secondo il Santo Padre, coloro che adorano secondo questo uso compiono una scelta che rifiuta «la Chiesa e le sue istituzioni in nome di quella che viene chiamata la 'vera Chiesa'», una scelta che «contraddice la comunione e alimenta la tendenza divisiva... contro la quale l'apostolo Paolo reagì così vigorosamente».
- Chiaramente, Papa Francesco considera il male così grande che è intervenuto immediatamente, non informando preventivamente i Vescovi e nemmeno prevedendo la consueta vacatio legis, un periodo che intercorre tra la promulgazione di una legge e la sua entrata in vigore. La vacatio legis offre ai fedeli e soprattutto ai Vescovi il tempo per studiare la nuova normativa riguardante il culto di Dio, l'aspetto più importante della loro vita nella Chiesa, in vista della sua attuazione. La normativa, infatti, contiene molti elementi che richiedono uno studio per quanto riguarda l'applicazione.
- Inoltre, la normativa pone delle restrizioni all'UA, che ne segnano la definitiva eliminazione, ad esempio il divieto dell'uso di una chiesa parrocchiale per il culto secondo l'UA e l'istituzione di determinati giorni per tale culto. Nella sua Lettera ai Vescovi del mondo, Papa Francesco indica due principi-guida per i Vescovi nell'attuazione del Motu Proprio. Il primo principio è «provvedere al bene di coloro che sono radicati nella precedente forma celebrativa e hanno bisogno di tempo per tornare al Rito Romano promulgato dai Santi Paolo VI e Giovanni Paolo II». Il secondo principio è «interrompere l'erezione di nuove parrocchie personali legate più al desiderio e alla volontà dei singoli sacerdoti che al bisogno reale del 'popolo santo di Dio'».
- Apparentemente, la legislazione mira alla correzione di un'aberrazione imputabile principalmente al “desiderio e volere” di alcuni sacerdoti. Al riguardo, devo osservare, soprattutto alla luce del mio servizio di Vescovo diocesano, che non sono stati i sacerdoti, per loro desiderio, a esortare i fedeli a richiedere la Forma Straordinaria. Sarò, infatti, sempre profondamente grato ai tanti sacerdoti che, nonostante i loro già gravosi impegni, hanno generosamente servito i fedeli che legittimamente chiedevano l'UA. I due principi fanno intendere ai fedeli devoti che hanno un profondo apprezzamento e attaccamento all'incontro con Cristo attraverso la Forma Straordinaria del Rito Romano che soffrono di un'aberrazione che può essere tollerata per un po' ma che alla fine deve essere sradicata.
- Da dove proviene l'azione severa e rivoluzionaria del Santo Padre? Il Motu Proprio e la Lettera indicano due fonti: la prima, “la volontà espressa dall'episcopato” attraverso “una minuziosa consultazione dei vescovi” condotta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2020, e, la seconda, “il parere del la Congregazione per la Dottrina della Fede”. Riguardo alle risposte alla “consultazione dettagliata” o “questionario” inviato ai Vescovi. Papa Francesco scrive ai Vescovi: “Le risposte rivelano una situazione che mi preoccupa e mi rattrista, e mi persuade della necessità di intervenire”.
- Riguardo alle fonti, è da ritenere che la situazione che preoccupa e rattrista il Romano Pontefice esista in genere nella Chiesa o solo in certi luoghi? Data l'importanza attribuita alla “consultazione dettagliata” o “questionario”, e la gravità della materia trattata, parrebbe indispensabile che i risultati della consultazione siano resi pubblici, insieme all'indicazione del loro carattere scientifico. Allo stesso modo, se la Congregazione per la Dottrina della Fede fosse dell'opinione dell'ineluttabilità di un provvedimento così rivoluzionario, avrebbe dovuto verosimilmente predisporre un'Istruzione o un documento simile per indirizzarlo.
- La Congregazione si fregia della competenza e della lunga esperienza di alcuni funzionari – già in servizio nella Pontificia Commissione Ecclesia Dei e poi nella Quarta Sezione della Congregazione – incaricati di trattare questioni riguardanti l'UA. C'è da chiedersi se il “parere della Congregazione per la Dottrina della Fede” rifletta la consultazione dei più grandi conoscitori dei fedeli devoti all'UA?
- Riguardo al grave male percepito costituito dall'UA, ho una vasta esperienza in molti anni e in molti luoghi diversi con i fedeli che adorano regolarmente Dio secondo l'UA. In tutta onestà, devo dire che questi fedeli, in nessun modo, rifiutano “la Chiesa e le sue istituzioni in nome di quella che viene chiamata la 'vera Chiesa'”. Né li ho trovati fuori dalla comunione con la Chiesa o che provochino divisioni all'interno della Chiesa. Al contrario, essi amano il Romano Pontefice, i loro Vescovi e sacerdoti, e, quando altri hanno fatto la scelta dello scisma, hanno voluto rimanere sempre in piena comunione con la Chiesa, fedeli al Romano Pontefice, spesso a costo di grande sofferenza. Non si attribuiscono in alcun modo un'ideologia scismatica o sedevacantista.
- La Lettera che accompagna il Motu Proprio afferma che l'UA è stata autorizzata da Papa San Giovanni Paolo II e poi regolata da Papa Benedetto XVI con “il desiderio di favorire la soluzione dello scisma con il movimento di mons. Lefebvre." Il movimento in questione è la Fraternità San Pio X. Mentre entrambi i Romani Pontefici desideravano risanare lo scisma in questione, come tutti i buoni cattolici, desideravano anche mantenere in permanenza l'UA per coloro che erano rimasti nella piena comunione con la Chiesa e non erano divenuti scismatici. Papa San Giovanni Paolo II ha mostrato carità pastorale, in vari modi significativi, ai fedeli cattolici attaccati all'UA, ad esempio, concedendo l'indulto per l'UA ma anche istituendo la Fraternità Sacerdotale di San Pietro, una società di vita apostolica per sacerdoti attaccati l'UA. Nel libro "Ultime conversazioni" [a cura di Peter Seewald, 2016 -ndT], con le sue stesse parole, Papa Benedetto XVI ha risposto all'affermazione: «D. La riabilitazione dell'antica Messa viene spesso interpretata come una concessione alla Fraternità sacerdotale san Pio X. - R. Questo è assolutamente falso! Per me era importante che la Chiesa preservasse la continuità interna con il suo passato. Che ciò che prima era sacro non divenisse da un momento all'altro una cosa sbagliata. ...» (pp. 201-202)
Infatti, molti che attualmente desiderano adorare secondo l'UA non hanno esperienza e forse non conoscono la storia e la situazione attuale della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Sono semplicemente attratti dalla santità dell'UA. - Sì, ci sono individui e anche alcuni gruppi che sposano posizioni radicali, come avviene anche in altri settori della vita ecclesiale, ma non riguardano in alcun modo il numero sempre maggiore e sempre crescente di fedeli che desiderano adorare Dio secondo l'UA. La Sacra Liturgia non è una questione di cosiddetta “politica ecclesiale”, ma il nostro incontro più pieno e perfetto con Cristo in questo mondo. I fedeli in questione, tra i quali sono numerosi i giovani adulti e i giovani sposi con figli, attraverso l'UA incontrano Cristo, che li avvicina sempre più a Sé mediante la riforma della loro vita e la cooperazione con la grazia divina che si riversa nei loro cuori dal Suo Cuore glorioso. Non hanno bisogno di esprimere giudizi nei confronti di coloro che adorano Dio secondo l'Usus Recentior (l'Uso Più Recente, quello che Papa Benedetto XVI chiamò la Forma Ordinaria del Rito Romano) [UR], promulgato per la prima volta da Papa San Paolo VI. Come osservatomi da un sacerdote, membro di un istituto di vita consacrata, che serve questi fedeli: mi confesso regolarmente a un sacerdote, secondo l'UR, e partecipo, in occasioni speciali, alla Santa Messa secondo l'UR. Ha concluso: Perché qualcuno dovrebbe accusarmi di non accettarne la validità?
- Qualora vi siano situazioni di atteggiamento o prassi contrarie alla sana dottrina e disciplina della Chiesa, la giustizia esige che siano affrontate individualmente dai Pastori della Chiesa, dal Romano Pontefice e dai Vescovi in comunione con lui. La giustizia è la condizione minima e insostituibile della carità. Non può esserci carità pastorale, se non si osservano le esigenze della giustizia.
- Uno spirito scismatico o uno scisma effettivo sono sempre gravemente malvagi, ma non c'è nulla nell'UA che favorisca lo scisma. Per chi di noi ha conosciuto l'UA in passato, come me, si tratta di un atto di culto segnato da bontà, verità e bellezza secolari. Ne conosco le attrattive fin dall'infanzia e in effetti mi ci sono molto affezionato. Avendo avuto il privilegio di assistere il sacerdote come ministrante sin dall'età di dieci anni, posso testimoniare che l'UA è stata una delle principali fonti di ispirazione della mia vocazione sacerdotale. Per coloro che si sono accostati all'UA per la prima volta, li ha avvicinati a Cristo la sua ricca bellezza, soprattutto perché manifesta l'azione di Cristo rinnovando sacramentalmente il Suo Sacrificio sul Calvario attraverso il sacerdote che agisce in Persona Christi. Conosco molti fedeli per i quali l'esperienza del Culto Divino secondo l'UA ha fortemente ispirato la loro conversione alla Fede o la ricerca della Piena Comunione con la Chiesa Cattolica. Inoltre numerosi sacerdoti che sono tornati alla celebrazione dell'UA o che l'hanno imparata per la prima volta mi hanno detto quanto profondamente abbia arricchito la loro spiritualità sacerdotale. Per non parlare dei santi lungo tutti i secoli cristiani per i quali l'UA ha nutrito una pratica eroica delle virtù. Alcuni hanno dato la vita per difendere l'offerta di questa stessa forma di culto divino.
- Per me e per altri che hanno ricevuto tante grazie potenti attraverso la partecipazione alla Sacra Liturgia, secondo l'UA, è inconcepibile che essa possa ora essere caratterizzata come qualcosa di dannoso per l'unità della Chiesa e per la sua stessa vita. Al riguardo, è difficile comprendere il significato dell'articolo 1 del Motu Proprio: «I libri liturgici promulgati da san Paolo VI e da san Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono gli unici (unica, nella versione italiana che pare sia il testo originale) espressione della lex orandi del rito romano”. L'UA è una forma vivente del Rito Romano e non ha mai cessato di esserlo. Fin dalla promulgazione del Messale di Papa Paolo VI, in riconoscimento della grande differenza tra l'UR e l'UA, la continua celebrazione dei Sacramenti, secondo l'UA, era consentita per alcuni conventi e monasteri e anche per determinati individui e gruppi. Papa Benedetto XVI, nella Lettera ai Vescovi del mondo, accompagnata dal Motu Proprio « Summorum Pontificum », ha chiarito che il Messale Romano in uso prima del Messale di Papa Paolo VI, «non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso.»
- Ma il Romano Pontefice può giuridicamente abrogare l'UA? La pienezza del potere (plenitudo potestatis) del Romano Pontefice è il potere necessario per difendere e promuovere la dottrina e la disciplina della Chiesa. Non è “potere assoluto” che includerebbe il potere di cambiare la dottrina o di sradicare una disciplina liturgica che è viva nella Chiesa dai tempi di papa Gregorio Magno e anche prima. La corretta interpretazione dell'articolo 1 non può essere la negazione che l'UA sia un'espressione sempre vitale della "lex orandi del rito romano". Nostro Signore che ha dato il meraviglioso dono dell'UA non permetterà che venga sradicato dalla vita della Chiesa.
- Va ricordato che, dal punto di vista teologico, ogni valida celebrazione di un sacramento, per il fatto stesso di essere sacramento, è anche, al di là di ogni legislazione ecclesiastica, un atto di culto e, quindi, professione di fede. In tal senso, non è possibile escludere il Messale Romano, secondo l'UA, come valida espressione della lex orandi e, quindi, della lex credendi della Chiesa. Si tratta di una realtà oggettiva della grazia divina che non può essere cambiata con un semplice atto di volontà anche della più alta autorità ecclesiastica.
- Nella lettera ai Vescovi, Papa Francesco afferma: «Rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano». L'abrogazione totale in questione, secondo giustizia, richiede che ogni singola norma, istruzione, permesso e consuetudine venga studiata, per verificare che essa «contraddica la comunione e alimenti la tendenza divisiva... contro la quale l'apostolo Paolo reagì così vigorosamente».
- Qui è necessario osservare che la riforma della Sacra Liturgia operata da papa san Pio V, in accordo con le indicazioni del Concilio di Trento, fu ben diversa da quanto avvenne dopo il Concilio Vaticano II. Papa San Pio V ha sostanzialmente riordinato la forma del Rito Romano come esisteva già da secoli. Allo stesso modo, da quel momento qualche ordinamento del Rito Romano è stato fatto nei secoli dal Romano Pontefice, ma la forma del Rito è rimasta la stessa. Ciò che accadde dopo il Concilio Vaticano II costituì un cambiamento radicale nella forma del Rito Romano, con l'eliminazione di molte delle preghiere, di gesti rituali significativi, ad esempio, le molte genuflessioni e i frequenti baci dell'altare, e altri elementi ricchi dell'espressione della realtà trascendente – l'unione del cielo con la terra – che è la Sacra Liturgia. Papa Paolo VI ha già lamentato la situazione in modo particolarmente drammatico con l'omelia pronunciata nella festa dei Santi Pietro e Paolo nel 1972. Papa San Giovanni Paolo II ha lavorato durante tutto il suo pontificato e, in particolare, durante i suoi ultimi anni, per affrontare gravi abusi liturgici. Sia i Romani Pontefici, sia il Papa Benedetto XVI, si sono adoperati per conformare la riforma liturgica all'attuale insegnamento del Concilio Vaticano II, poiché i fautori e gli agenti degli abusi invocavano lo “spirito del Concilio Vaticano II” per giustificarsi.
- L'articolo 6 del Motu Proprio trasferisce la competenza degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica dedicati all'UA alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. L'osservanza dell'UA appartiene al cuore stesso del carisma di questi istituti e società. Mentre la Congregazione è competente a rispondere alle domande riguardanti il diritto canonico per tali istituti e società, non è competente per alterare il loro carisma e le loro costituzioni, al fine di accelerare l'apparentemente desiderata eliminazione dell'UA nella Chiesa.
Ci sono molte altre osservazioni da fare, ma queste sembrano essere le più importanti. Auspico che possano essere di aiuto a tutti i fedeli e, in particolare, ai fedeli che adorano secondo l'UA, rispondendo al Motu Proprio « Traditionis Custodes » e alla Lettera ai Vescovi che l'accompagna. La severità di questi documenti genera naturalmente un profondo disagio e persino un senso di confusione e abbandono. Prego che i fedeli non si lascino andare allo scoraggiamento ma, con l'aiuto della grazia divina, perseverino nell'amore per la Chiesa e per i suoi Pastori, e nell'amore per la Sacra Liturgia. A tal proposito, esorto i fedeli a pregare con fervore per Papa Francesco, i Vescovi e i sacerdoti. Nello stesso tempo, a norma del can. 212, §3, «§3. In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità delle persone». Infine, in segno di gratitudine a Nostro Signore per la Sacra Liturgia, il più grande dono di Sé a noi nella Chiesa, continuino a custodire e coltivare l'antico e sempre nuovo Uso più Antico o Forma Straordinaria del Rito Romano.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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