Analisi interessante. La riprendo per i punti condivisibili; ma anche per registrare ciò che non è condivisibile e che penso sia una delle ragioni di quanto accade e di cui dobbiamo prendere atto. Si tratta della divisione purtroppo esistente nel mondo tradizionale, che si manifesta con molti fraintendimenti, segnatamente delle comunità Ecclesia Dei (ma non solo) nei confronti della FSSPX, che in molte occasioni abbiamo confutato. Qui una per tutte, da cui si può risalire ai precedenti. Qui l'indice dei precedenti e collegati su Traditionis custodes.
L’incomprensione è ciò che domina leggendo il motu proprio Traditionis Custodes e la lettera di accompagnamento ai vescovi. Non si comprendono né la giustificazione né la necessità di un tale testo, tanto più che il Papa ha legiferato sulla base di un argomento incompleto e di informazioni false.
- L’argomento incompleto. Affermare che il motu proprio Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II fosse motivato solo da “una ragione ecclesiale di ricomposizione dell’unità della Chiesa” non è esatto. Certo, questa era una ragione importante, ma ce n’è stata un’altra omessa da Francesco: “tutti i pastori e gli altri fedeli devono anche avere una nuova consapevolezza non solo della legittimità, ma anche della ricchezza che rappresenta per la Chiesa la diversità dei carismi e delle tradizioni di spiritualità e apostolato. Questa diversità costituisce anche la bellezza dell’unità nella varietà: tale è la sinfonia che, sotto l’azione dello Spirito Santo, la Chiesa terrena fa salire al cielo” (Ecclesia Dei, 5a).
- Informazioni false. Papa Francesco sostiene che la generosità di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è stata usata dai tradizionalisti per opporsi alla Messa di Paolo VI e al Concilio Vaticano II mettendo in pericolo l’unità della Chiesa. Scrive: “Una possibilità offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI al fine di ricomporre l’unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni. [...] Ma non di meno mi rattrista un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la ‘vera Chiesa’. […] è sempre più evidente nelle parole e negli atteggiamenti di molti la stretta relazione tra la scelta delle celebrazioni secondo i libri liturgici precedenti al Concilio Vaticano II e il rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni in nome di quella che essi giudicano la ‘vera Chiesa’. Si tratta di un comportamento che contraddice la comunione, alimentando quella spinta alla divisione”.
Lo stesso vocabolario usato da Francesco è quello della Fraternità Sacerdotale San Pio X: la “vera Chiesa”! Nessun tradizionalista fedele a Roma dice così! Pertanto, la sua osservazione è vera se ci limitiamo alla Fraternità Sacerdotale San Pio X. Ma è falsa se applicata all’ambiente “Ecclesia Dei” nella sua ampia maggioranza. Che ci siano dei casi che corrispondono a quanto dice il Papa è vero, ma sono alquanto minoritari: perché applicare una punizione collettiva per la colpa di pochi, non sarebbe bastato reprimere costoro?
Evidentemente, non conosciamo il medesimo mondo tradizionalista del Papa o dei suoi consiglieri, perché semplicemente ciò non corrisponde alla realtà; lo vedono come un mondo omogeneo, che altro non è che quello della Fraternità Sacerdotale San Pio X! Chi consiglia e illumina il Papa su questi argomenti?
Sulla base d’informazioni distorte sulla situazione reale, si fa credere che il Papa risponda a una richiesta che è solo quella di una piccola minoranza, la quale è sempre stata ferocemente ostile alla forma extraordinaria. - L’obiettivo del Papa... e le sue prevedibili drammatiche conseguenze. “È per difendere l’unità del Corpo di Cristo che mi vedo costretto a revocare la facoltà concessa dai miei Predecessori. L’uso distorto che ne è stato fatto è contrario ai motivi che li hanno indotti a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962”. Volendo difendere l’unità, questo motu proprio porterà incomprensione, disordine, drammi e infine susciterà divisioni invece di ridurle: raggiungerà il contrario del suo obiettivo! Con un colpo di penna, spazza via 35 anni di sforzi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per placare la situazione e portare a una pace certamente imperfetta, ma reale. Anche la sintesi della Conferenza Episcopale Francese, sebbene poco benevola nei confronti del mondo tradizionalista, ha riconosciuto che Summorum Pontificum aveva portato globalmente a una “situazione pacifica”, che la nostra indagine ha ampiamente confermato (cfr. il dossier sui “tradizionalisti”, in La Nef, n. 338, luglio-agosto 2021). Risveglierà la guerra liturgica, aggraverà la resistenza dei tradizionalisti e, soprattutto, condurrà a molti abbandoni in favore della Fraternità Sacerdotale San Pio X (che deve gioire di questo motu proprio, che alimenterà le sue forze e confermerà ciò che non hanno smesso di ripetere dal 1988, vale a dire che non possiamo fidarci di Roma, confortandoli nel rifiuto di qualsiasi riconciliazione). Proprio ciò che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano saputo evitare mediante la loro attenzione nei confronti del mondo tradizionalista. Ciò rischia di essere una grande confusione.Aggiungiamo un’osservazione importante dal punto di vista storico e psicologico: Paolo VI era pronto a fare concessioni sulla Messa se Mons. Lefebvre non avesse respinto il Vaticano II – fu la famosa dichiarazione del 21 novembre 1974 contro la “Roma modernista” del Concilio che pose difficoltà –; ma Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano capito che la pacificazione liturgica era la condizione necessaria affinché i tradizionalisti più titubanti sul Vaticano II si aprissero al Concilio e lo assimilassero [un conto è il realismo di partire del concilio in maniera critica sulle sue variazioni - indispensabile per riconoscere le ragioni della crisi e trovare le soluzioni - da cui peraltro gli istituti Ecclesia Dei si tengono ben lontani; un altro conto è assimilarlo! -ndr]. Stringendo il cappio sulla Messa, Francesco otterrà il risultato opposto a quello legittimamente perseguito.
- Due pesi e due misure? Il tono del motu proprio e della lettera è di una tale durezza e severità contro i tradizionalisti che non si può fare a meno di pensare che ci siano due pesi e due misure: mentre Francesco insiste così spesso sulla misericordia, la clemenza, il perdono... mentre è così paziente con la Chiesa di Germania che è sull’orlo dello scisma, lui, il Padre comune, non mostra l’ombra di un segno di amore o di comprensione per coloro che sono comunque una piccola parte del suo gregge! Attraverso questi due testi, i tradizionalisti appaiono dannosi, essendo appena tollerati nelle “riserve indiane” per il tempo necessario a rientrare nei ranghi, con l’obiettivo dichiarato di farli sparire (senza mai chiedersi se potessero dare un contributo alla Chiesa, in termini di giovinezza, dinamismo, vocazioni...). Ci sono così tanti cattolici praticanti e convinti in Occidente che è necessario limitarne drasticamente alcuni di loro? La storia recente ha dimostrato che disprezzare i tradizionalisti in questo modo, perseguitandoli, non aiuta a farli evolvere; al contrario, si fomenta la resistenza dei più duri, che diventano più rigidi, il che è contrario all’obiettivo di promuovere l’unità [questo è da vedere. La resistenza è dei più fedeli, non dei più rigidi! -ndr]. Rendiamo omaggio alla Conferenza Episcopale Francese per il comunicato del 17 luglio, che mostra stima per i “tradizionalisti”: “Essi [i vescovi] desiderano manifestare ai fedeli che celebrano abitualmente secondo il messale di san Giovanni XXIII e ai loro pastori, la loro attenzione, la stima che hanno per lo zelo spirituale di questi fedeli e la loro determinazione a portare avanti insieme la missione, nella comunione della Chiesa e secondo le norme in vigore”.
- Il disprezzo per la grande opera di Benedetto XVI! Questi due testi del Papa annullano senza sfumature l’opera di riconciliazione di Giovanni Paolo II e in particolare di Benedetto XVI, partendo da un’analisi dei fatti che è falsa, e si spinge fino a cancellare il contributo essenziale del Papa emerito, che aveva distinto le due forme ordinaria ed extraordinaria del medesimo rito romano. Così facendo, il Papa sopprime al tempo stesso ogni esistenza giuridica all’antica forma extraordinaria – come se non esistesse più –, facendo così precipitare la Chiesa in un’infinita disputa liturgica sullo statuto giuridico della Messa di San Pio V. [Sul discorso delle 'due forme' vedi]. Si torna al regime di tolleranza secondo modalità più severe di quelle del 1988, quello della “parentesi misericordiosa”... che non è più misericordiosa! Si tratta di un passo indietro di oltre trent’anni per mezzo di un solo gesto di governo.
- Quale strategia di Roma si può leggere in filigrana? I due testi di Francesco dimostrano molto chiaramente che il Papa vuole sradicare il mondo tradizionalista nella Chiesa, per fare scomparire la Messa di San Pio V: si fa di tutto per impedire che questo movimento cresca – divieto di ogni nuovo gruppo e percorso a ostacoli per il sacerdote diocesano che volesse celebrare con l’antico ordo –, essendo questo motu proprio in vigore per il tempo in cui i fedeli della forma extraordinaria si adeguino al nuovo messale. Tutto è fatto affinché a lungo termine la Messa tradizionale sia celebrata solo dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X e i suoi satelliti. Sembra quindi che la strategia del Papa sia quella di spingere i recalcitranti verso la Fraternità Sacerdotale San Pio X, affinché tutto l’ambiente tradizionalista vi si ritrovi: saranno così perfettamente controllati e isolati in una riserva indiana separata da Roma e dalle diocesi, ma con la quale si mantiene un legame minimo per evitare uno scisma formale. Questo spiega perché il Papa non cerca più la riconciliazione con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, ma mostra una grande generosità nei suoi confronti, riconoscendo la piena validità dei matrimoni e delle confessioni e incoraggiando a riceverli nelle chiese durante i pellegrinaggi, ecc. Tutto ciò ha una sua coerenza... all’esatto opposto di tutti gli sforzi passati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI... per l’unità della Chiesa.
- Esclusivismo liturgico? Questo motu proprio non è forse un’occasione, per gli istituti che si rifiutano di celebrare la forma ordinaria – che, precisiamolo, sono una minoranza all’interno della galassia “Ecclesia Dei” –, di mettere in discussione molto seriamente i presupposti liturgici, teologici ed ecclesiali di tale rifiuto? Dal 1988, i Papi esortano a non rifiutare il principio stesso della celebrazione del novus ordo – è vero che le posizioni della Commissione Ecclesia Dei sono state più ondivaghe sull’argomento, non contribuendo a chiarirlo –, il che nulla toglie al carisma proprio di questi istituti per la Messa antica. Benedetto XVI è stato molto esplicito nella sua lettera ai vescovi del 2007 e, a questo proposito, occorre ammettere che le linee non si sono quasi mosse da allora. Obbedendo al Papa su questo punto nevralgico, questi istituti non dimostrerebbero, con il loro stesso esempio, che Francesco sbaglia nella sua analisi?
- Conclusione. Tutto ciò è triste perché è ingiusto, quindi è legittimo lamentarsi, argomentare, chiedere instancabilmente una riforma di questo motu proprio o un’applicazione il più flessibile possibile di questo testo, nel rispetto dell’autorità e della funzione del Papa. I vescovi avranno un ruolo essenziale da svolgere, tutto dipenderà da come applicheranno questo motu proprio – le prime reazioni osservate sono incoraggianti, un grande grazie a questi vescovi preoccupati per il loro gregge. Spetta anche a loro riportare a Roma un’informazione più accurata su chi siano realmente i tradizionalisti. La storia recente ha dimostrato che costoro non sono abituati a lasciar perdere senza reagire: speriamo che la maggior parte non cada in una “resistenza” che si traduce nella rivolta e nella disobbedienza aperta: l’esempio da non seguire è quello di Mons. Lefebvre e della Fraternità Sacerdotale San Pio X; vediamo dove questo porta... È difficile soffrire per la Chiesa, ma questo non potrà che dare i suoi frutti... - Fonte
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