Avevo preparato il testo che segue, sui tweet incoraggianti del Card. Sarah; ma ora è da aggiornare prima della pubblicazione.
Si tratta di una 'voce' e dunque è da prendere con cautela. Viene da fonti autorevoli e riservate riportate da Rorate Caeli, secondo le quali venerdì 16 luglio prossimo - Festa della Beata Vergine del Carmelo - verrà pubblicato il famigerato documento vaticano (che sarebbe già firmato) per arginare il Motu Proprio “Summorum Pontificum”. Forse le preghiere dei fedeli di tutto il mondo - anche in questa fase avanzata - alla Madonna del Monte Carmelo, eviteranno il disastro. Qui - qui gli articoli più recenti sulle minacce al Rito Romano antico, nei quali potrete trovare i link per risalire ai precedenti.
Tweet incoraggianti del card. Sarah.
Ma incombono ombre sulla Messa antica
Ma incombono ombre sulla Messa antica
Ho appreso da Bree A. Deal, la corrispondente dal Vaticano che li ha tradotti in inglese, dei tre tweet con i quali giorni fa il card. Robert Sarah, Prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha espresso il suo pensiero in merito alle temute modifiche al Summorum Pontificum.
Parole di speranza per chi ha a cuore la Messa antica ed un avvertimento, sembrerebbe, ai detrattori. Può confortare chi, come noi, è fedele alla Tradizione e al Rito Antico che la rappresenta senza ombre né ambiguità. Ma cosa potremmo sperare, se pensiamo che al Culto divino lo scavalcavano già prima del suo pensionamento, mentre ora è stato nominato Roche, da anni la sua spina nel fianco e noto acerrimo nemico del Rito antico.... Peccato che il Cardinale, Ratzingeriano doc, insista sulle "due forme". Ne parlo di seguito.
Ecco i tweet, con la traduzione.
"A partire dal Motu Proprio Summorum Pontificum, nonostante le difficoltà e le resistenze, la Chiesa ha intrapreso un
cammino di riforma liturgica e spirituale che, seppur lento, è irreversibile."
"La Chiesa non è un campo di battaglia dove si gioca per vincere cercando di nuocere agli altri e alla sensibilità spirituale dei propri fratelli e sorelle nella fede."
"La crisi liturgica ha portato alla crisi della fede. Allo stesso modo, il rispetto delle due forme ordinaria e straordinaria della liturgia latina ci condurrà a uno slancio missionario per l’evangelizzazione, e potremo finalmente uscire dal tunnel della crisi."
Ma la sequenza dei tweet non è finita.
Alcuni giorni prima il cardinal Sarah affermava che nella storia, riguardo a Benedetto XVI rimarrà il ricordo di un Papa “che ha preso a cuore il desiderio di riscoprire le radici cristiane e l’unità dell’Europa e si è opposto al secolarismo senza senso e alla disgregazione della cultura europea”. Aggiungendo che “nonostante gli intransigenti atteggiamenti clericali di opposizione alla venerabile liturgia latino-gregoriana, atteggiamenti tipici di questo clericalismo che papa Francesco più volte ha denunciato [captatio benevolentiae? -ndr] nel cuore della Chiesa è emersa una nuova generazione di giovani. Questa generazione è quella delle giovani famiglie, che dimostrano che questa liturgia ha un futuro perché ha un passato, una storia di santità e di bellezza che non può essere cancellata o abolita da un giorno all’altro”.
Sulle "due forme" delle stesso rito
Nella Chiesa latina vi sono stati diversi usi della liturgia ma mai due forme (nella sua revisione, che non fu sostituzione, Pio V lasciò in vigore i riti di tradizione più antica di 200 anni).
La Messa riformata di Paolo VI, secondo Peter Kwasniewski [qui], fu più che una mera revisione dell'antecedente. Egli afferma senza mezzi termini che si trattò di "un vero e proprio sdoppiamento della liturgia di Roma: un caso di disturbo dissociativo dell'identità o schizofrenia". E dunque, cito ancora:
La Messa riformata di Paolo VI, secondo Peter Kwasniewski [qui], fu più che una mera revisione dell'antecedente. Egli afferma senza mezzi termini che si trattò di "un vero e proprio sdoppiamento della liturgia di Roma: un caso di disturbo dissociativo dell'identità o schizofrenia". E dunque, cito ancora:
Non è affatto possibile, né tanto meno desiderabile, parlare del rito tridentino e del Novus Ordo come “due usi” o “forme” dello stesso rito romano; ed è assurdo affermare che la forma deviata è "ordinaria" e quella tradizionale "straordinaria", a meno che la valutazione non sia meramente sociologica o statistica. Con una crescente compagine di studiosi che mostra le differenze radicali nel contenuto teologico e spirituale tra il rito romano e il moderno rito papale di Paolo VI, non è intellettualmente onesto o credibile affermare che il vecchio e il nuovo rito esprimano la stessa lex orandi o, di conseguenza, la stessa lex credendi. Può darsi che il nuovo rito sia esente da eresia, ma la sua lex orandi si sovrappone solo in parte a quella dell'antico rito, e così anche per le credenda che essi trasmettono — come si vede non solo nei testi ma anche nelle cerimonie e in ogni altra dimensione del culto pubblico.
Di fatto è obiettivamente difficile considerare « straordinaria » la forma antica con cui la Chiesa ha espresso il suo culto pubblico per tanti secoli, dal momento che ad un'analisi rigorosamente critica non potrebbe sfuggire che quella cosiddetta « straordinaria » - prettamente teocentrica - si distacca nella sostanza, da quella « ordinaria » - decisamente antropocentrica, centrata sull'assemblea - che veicola una ecclesiologia ed una teologia diverse. Basta un solo esempio a confermarlo. Lo dico con le parole di mons. Gherardini:
Si sa che l'offerta è parte integrante del sacrificio: ci sono anzi autori che riconoscono il sacrificio già nell'offerta. in tale ottica si esprimeva si esprimeva l'Offertorio [vedi] della Santa Messa nel messale riveduto da San Pio V. Vi si raccolsero infatti a partire dal XIII sec. le varie preghiere offertoriali che costituivano la tradizione liturgica della Chiesa cattolica: la Curia romana le aveva inserite nel messale suo proprio ed il Papa Pio V le estese alla Chiesa universale.Eppure, oltretutto con il pretesto non dimostrato e storicamente infondato che si trattava di formule recenti, nuove, individualiste e liturgicamente aberranti, la Messa cosiddetta « di Paolo VI » abolì l'Offertorio. Se non che la scienza liturgica ha sempre sostenuto e dimostrato il contrario: Si dispone di manoscritti che comprovano la falsità dell'assunto: il «Suscipe sancte Pater», il «Deus, qui humanae substantiae», l’«Offerimus tibi Domine », il testo «In spiritu humilitatis», il «Veni sanctificator», il «Suscipe sancta Trinitas» sono preghiere attestate da manoscritti del IX secolo.Non c'è bisogno di dilungarsi dunque per dimostrare che col nuovo ordinamento venne meno qualcosa di intimamente legato all'essenziale e innestato nella Tradizione. Non dico che la consacrazione delle specie eucaristiche venga con ciò resa impossibile. Mi limito a dire che le due forme non concordano sull'essenziale e che questo «essenziale» non è a pari titolo incluso nell'una e nell'altra forma.
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