Lunedì 29 e martedì 30 agosto, tutti i cardinali, elettori e non, in tutto 206 prelati, si sono incontrati a porte chiuse attorno a Francesco. Tema ufficiale: la “riforma della Curia”, il cui testo è stato pubblicato il 19 marzo scorso. Ma diverse fonti indicavano che sarebbe stato anche una sorta di bilancio del pontificato e di individuazione di personalità eminenti. Sta di fatto tuttavia che Francesco, innamorato dello spirito sinodale, diffida degli incontri del collegio cardinalizio, tant'è che dopo una sola esperienza nel 2015, si è ben guardato, da allora, dal convocare il suo Senato.
Qui - qui due interessanti articoli sulla riforma della Curia e possibili evoluzioni a partire dalle avvisaglie attuali. Per definir meglio il contesto.
Esclusivo. Brandmüller in concistoro:
il papa vuole chiudere la bocca ai cardinali
Non silenzio imposto, ma “aperitio oris”
L’intervento del cardinale Walter Brandmüller nel concistoro del 29-30 agosto 2022
(s.m.) Queste sopra sono alcune righe autografe dell’intervento preparato dal cardinale Walter Brandmüller per il concistoro del 29 e 30 agosto, che non gli è stato consentito di pronunciare, pubblicato integralmente in questa pagina di Settimo Cielo.
Il concistoro vedeva riuniti i cardinali con papa Francesco. Era a porte chiuse, ma soprattutto è stato scomposto, per volere del papa, in gruppi linguistici, impedendo con ciò un dialogo diretto e tra tutti, come era in effetti avvenuto nell’ormai lontano febbraio del 2014, nell’ultimo concistoro in piena regola convocato da Francesco, in vista del sinodo sulla famiglia e sulla “vexata quaestio” della comunione ai divorziati risposati, concistoro rivelatosi talmente franco nel criticare l’impostazione voluta dal papa da indurlo a cancellare da lì in avanti convocazioni dei cardinali altrettanto libere e aperte all’ascolto.
Brandmüller, 93 anni, tedesco, una vita da storico della Chiesa e presidente dal 1998 al 2009 del pontificio comitato di scienze storiche, non è nuovo a proposte riguardanti il ruolo dei cardinali nella Chiesa cattolica. Meno di un anno fa aveva già avanzato su Settimo Cielo un’ipotesi di riforma dell’elezione dei papi a suo giudizio più consona alle origini storiche e ai fondamenti teologici del cardinalato: Meno elettori e più eleggibili. Il conclave sognato dal cardinale Brandmüller [qui]
Ma in questo concistoro, l’intervento da lui preparato ha preso di mira soprattutto il rapporto che dovrebbe legare al papa i cardinali, di fatto da lui ammutoliti, all’opposto di quello che invece dovrebbe avvenire, in primo luogo sulle verità di fede e di morale.
Non silenzio imposto, ma “aperitio oris”
L’intervento del cardinale Walter Brandmüller nel concistoro del 29-30 agosto 2022
La convocazione di un concistoro dopo tanto tempo motiva una riflessione sulla natura e il compito del cardinalato, soprattutto nelle circostanze attuali. Bisogna pure sottolineare che i cardinali non sono soltanto membri del conclave per l’elezione del sommo pontefice.
I veri compiti dei cardinali, indipendentemente dalla loro età, sono formulati nei canoni 349 e seguenti del codice di diritto canonico. Vi si legge: “assistono il romano pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale”. E al papa “prestano principalmente aiuto nei concistori” (canone 353).
Questa funzione dei cardinali anticamente trovò espressione simbolica, cerimoniale, nel rito di “aperitio oris”, di apertura della bocca. Esso significava infatti il dovere di pronunciare con franchezza la propria convinzione, il proprio consiglio, soprattutto nel concistoro. Quella franchezza – papa Francesco parla di “parresía” – che all’apostolo Paolo fu particolarmente cara.
Per ora, purtroppo, quella franchezza viene sostituita da uno strano silenzio. Quell’altra cerimonia, della chiusura della bocca, che seguiva alla “aperitio oris”, non si riferiva alle verità di fede e di morale, ma ai segreti d’ufficio.
Oggi però bisognerebbe sottolineare il diritto, anzi, il dovere, dei cardinali di esprimersi chiaramente con franchezza proprio quando si tratta delle verità di fede e di morale, del “bonum commune” della Chiesa.
L’esperienza degli ultimi anni è stata tutt’altra. Nei concistori – convocati quasi solo per le cause dei santi – venivano distribuite schede per chiedere la parola, e seguivano degli interventi ovviamente spontanei su qualsiasi argomento, e basta. Non c’è stato mai un dibattito, uno scambio di argomenti su un tema preciso. Ovviamente una procedura del tutto inutile.
Un suggerimento presentato al cardinale decano di comunicare in anticipo un tema per la discussione affinché si potessero preparare eventuali interventi rimase senza riscontro. Insomma, i concistori da almeno otto anni finivano senza qualsiasi forma di dialogo.
Il primato del successore di Pietro, però, non esclude per niente un dialogo fraterno con i cardinali, i quali “sono tenuti all’obbligo di collaborare assiduamente col romano pontefice” (canone 356). Quanto più gravi e urgenti sono i problemi del governo pastorale, tanto più necessario è il coinvolgimento del collegio cardinalizio.
Quando Celestino V, nel 1294, rendendosi conto delle circostanze particolari della sua elezione volle rinunciare al papato, lo fece dopo intensi colloqui e col consenso dei suoi elettori.
Una concezione dei rapporti tra papa e cardinali del tutto diversa fu quella di Benedetto XVI, che – caso unico nella storia – la sua rinuncia al papato, per motivi personali, la fece all’insaputa di quel collegio cardinalizio che lo aveva eletto.
Fino a Paolo VI, che aumentò il numero degli elettori a 120, c’erano soltanto 70 elettori. Questo aumento del collegio elettorale a quasi il doppio era motivato dall’intenzione di andare incontro alla gerarchia dei paesi lontani da Roma e onorare quelle Chiese con la porpora romana.
La conseguenza inevitabile era che venivano creati dei cardinali i quali non avevano nessuna esperienza della curia romana e perciò dei problemi del governo pastorale della Chiesa universale.
Tutto ciò ha delle conseguenze gravi quando questi cardinali delle periferie sono chiamati all’elezione di un nuovo papa.
Molti, se non la maggioranza degli elettori, non si conoscono a vicenda. Ciononostante sono lì ad eleggere il papa, uno tra loro. È chiaro che questa situazione facilita le operazioni di gruppi o ceti di cardinali per favorire un loro candidato. In questa situazione non si può escludere il pericolo di simonia nelle varie sue forme.
Alla fine, mi pare che meriti una seria riflessione l’idea di limitare il diritto di voto nel conclave, per esempio, ai cardinali residenti a Roma, mentre gli altri, sempre cardinali, potrebbero condividere lo “status” dei cardinali ultraottantenni.
Insomma, pare auspicabile che carica e competenza del collegio cardinalizio vengano aggiornate. - Fonte
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