venerdì 26 agosto 2022

Risposta ad Andrea Cionci. 1/ Confutazione dell'elogio dello scisma - 2/ Giuda, apostolo e diavolo

Risposta ad Andrea Cionci
di Don Curzio Nitoglia
25 agosto 2022

Andrea Cionci in un’intervista fatta da Marco Cosmo - il 26 marzo 2021 - sul suo canale “Il decimo toro”, intitolata “Chiesa di Cristo o dell’Anticristo?” (https://youtu.be/8vUHRzKxQ4W), asseriva che per riparare agli errori di Bergoglio occorresse fare un scisma.
Inoltre in un articolo del 24 agosto 2022 - sul quotidiano Libero - Cionci, citando un mio articolo, contesta l’asserzione che Giuda fosse Apostolo e diavolo.
Nel presente articolo confuto le teorie di Cionci sia sull’elogio dello scisma (prima parte) sia sul fatto che non fosse possibile essere assieme Apostolo e diavolo (seconda parte).

Prima parte
Confutazione dell’errore di Cionci:
l’elogio dello scisma


Certamente è necessario a) correggere nei termini giusti l’errore ereticale del modernismo di Bergoglio; tuttavia non lo si deve ne può fare b) illecitamente, mediante la via dello scisma, che è anch’essa gravemente peccaminosa e dunque non può essere seguita.

Infatti, “error non corrigitur per errorem / un errore non si corregge con un altro errore”; perciò, se occorre evitare α) l’eresia (il modernismo di Bergoglio), che nega direttamente una Verità divinamente rivelata, proposta a credere come tale dalla Chiesa (S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., II-II, q. 11; Catechismo di San Pio X, n. 127: “Gli eretici sono i Battezzati che si ostinano a non credere qualche Verità rivelata da Dio e insegnata dalla Chiesa, per esempio i Protestanti”); bisogna evitare anche β) lo scisma, che rompe il vincolo giuridico o di carità e di unione con la Chiesa di Cristo (S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., II-II, q. 39; Catechismo di San Pio X, n. 129: “Gli scismatici sono i Battezzati che ricusano ostinatamente di sottostare ai legittimi Pastori e perciò sono separati dalla Chiesa, anche se non neghino nessuna Verità di fede”).

La fede ci insegna che Gesù Cristo ha fondato una sola Chiesa (“Credo LA CHIESA: UNA, Santa, Cattolica e Apostolica”) (1) e ha voluto che per salvarsi l’anima gli uomini entrassero in essa, come unica “Arca di Salvezza” (I Sam., III, 3-VI, 19; II Sam., VII, 2-XI, 11), al di fuori della quale non c’è scampo: “Extra Ecclesiam nulla salus!” (a partire dal 1225: Conc. Later. IV, DB 430; Conc. Fir., DB 714; Innocenzo III, DB 423; Bonifacio VIII, DB 468; Clemente VI, DB 570; Benedetto XIV, DB 1473; Pio IX, DB 1647; Leone XIII, DB 1955; sino al 1943: Pio XII, Mystici Corporis, DB 2286).

Il Catechismo di San Pio X, al numero 131, insegna: “Essere fuori dalla Chiesa è danno gravissimo, perché fuori di essa non si hanno né i mezzi stabiliti né la guida sicura alla salvezza eterna, la quale per l’uomo è l’unica cosa necessaria”; poi al numero 132 aggiunge: “Chi è fuori dalla Chiesa per propria colpa e muore senza dolore perfetto, non si salva; ma chi ci si trovi [fuori della Chiesa, ndr] senza propria colpa e viva bene, può salvarsi con l’amore di Carità, che unisce a Dio e anche alla Chiesa, in spirito, cioè all’anima di lei”.

Infine, al numero 124, il “Catechismo pìano” spiega: “Coloro che son fuori della Chiesa sono fuori della Comunione dei Santi e questi sono: i dannati, gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati”. Inoltre, questa Chiesa Gesù (vero Dio e vero uomo) l’ha fondata sugli Apostoli e sul loro Capo: Pietro: “Tu sei Pietro [Kephas = pietra, roccia] e su questa pietra [kephas] Io fonderò la Mia Chiesa” (Mt., XVI, 18).

Gesù ci ha rivelato pure che essa continuerà sino alla fine del mondo: “Ecco Io sto tutti i giorni con voi, sino alla fine dei tempi” (Mt., XXVIII, 20) grazie ai successori di Pietro, i Romani Pontefici, come Suoi immediati Vicari su questa terra, Capi dei Vescovi e della Chiesa universale (Lc., XXII, 31; Giov., XXI, 15-17; Conc. Vatic. I, Pastor Aeternus, DB 1825-1831) e ha anche promesso solennemente che tutti i suoi nemici (eretici, scismatici, settari, infiltrati …) non potranno trionfare contro di essa: “Portae inferi non praevalebunt adversus eam” (Mt., XVI, 18; Conc. Vatic. I, Pastor Aeternus, DB 1794 ).

Lo scisma, per natura e per definizione, è una separazione dalla Chiesa fondata da Cristo, non riconoscendo per principio la sua divina Istituzione, con la quale da Gesù l’ha stabilita su Pietro, di cui lo scisma nega, implicitamente, il Primato di giurisdizione, che è un dogma di fede (Conc. Vat. I, Pastor Aeternus, DB 1823); per cui lo scisma immancabilmente conduce all’eresia, anche se in sé e per sé non è un’eresia, ossia un diretto errore dottrinale che nega una Verità di Fede, ma tuttavia lo è indirettamente e potenzialmente.

Da ciò segue che lo scismatico non fa parte del “corpo della Chiesa” e neppure della sua “anima”; egli, dunque, se non si trova incolpevolmente nell’errore invincibile, vive senza la grazia santificante, ossia nel peccato mortale e non si salva l’anima.

S. Agostino (Epistula CLXXIII ad Donatum) insegna: “Anche se tu fossi bruciato vivo per il Nome di Cristo, se sei fuori della Chiesa di Cristo, non entrerai in Paradiso / Aeterno supplicio punieris, etiamsi si Christi nomine vivus incendiaris”.

Il primo scisma, storicamente parlando, fu quello nato con Montano (nel 170 d. C.), proseguito da Donato (nel IV secolo), che ha avuto in Tertulliano († 240) il suo teorico più famoso. Oggi (2021) alcuni contestatori o ideologi più che teologi, ci propongono uno “scisma concordato” per salvare la Chiesa fondata da Cristo.

Ora, se si andasse a vedere in cosa consista la natura di questo primo “scisma capitale donatista”, per capire cosa esso rappresenti, anche ai nostri giorni, come “scisma terminale”; si appurerebbe che esso consiste nell’errore ecclesiologico e ascetico, secondo cui la Chiesa sarebbe la Società religiosa dei soli Santi, senza la presenza di alcun peccatore.

In effetti, si nota una certa analogia tra l’attitudine dei Donatisti e quella di alcuni “ideologi filo/scismatici” odierni, che propugnano lo scisma, ossia il peccato mortale come via di salvezza.

S. Agostino (Contra epistulam Parmeniani) rispose ai Donatisti che la Chiesa è divina sia quanto al fine cui conduce le anime (il Cielo); sia quanto ai mezzi di cui è stata dotata (il Credo, la Morale e i Sacramenti); sia quanto alla sua origine (fondata da Cristo). Tuttavia quanto alla sua causa materiale, ossia i membri che la compongono (battezzati, Sacerdoti, Vescovi e Papa), essa è un Corpo misto (“Corpus permixtum”) di Santi (membri vivi uniti anche all’“anima della Chiesa”) e di peccatori (membri morti facenti parte solo del “corpo della Chiesa”, ma non della sua anima).

Inoltre i Donatisti sostenevano, giustamente, che i Sacramenti confezionati e conferiti da Sacerdoti o Ministri eretici o anche solo peccatori, non solo sarebbero stati un sacrilegio e un ulteriore peccato mortale di colui che celebrasse nello stato di peccato grave; ma addirittura, erroneamente, aggiungevano che essi sarebbero stati invalidi, poiché essendo - sia gli eretici che i peccatori - privi della grazia santificante, non l’avrebbero potuta dare agli altri; ossia se un Sacerdote che avesse sostenuto un’eresia o avesse commesso un peccato mortale, avesse poi celebrato la Messa o amministrato il Battesimo; la Transustanziazione o l’infusione della grazia nell’anima del battezzato non sarebbe avvenuta; perciò i fedeli, nel caso in cui il Ministro non abbia la grazia divina (2) (che è soprannaturale e invisibile) non riceverebbero il Corpo di Gesù nella Comunione eucaristica e non verrebbero purificati dal peccato originale (per cui si getterebbero i fedeli nel dubbio e nello scrupolo metodico, non essendo più certi di nulla, poiché nessuno può sapere, se lui stesso e soprattutto il prossimo sia certamente in grazia di Dio (3)).

S. Ottato di Milevi e S. Agostino d’Ippona (De Baptismo contra Donatistas), al contrario, insegnavano che i Sacramenti sono “Sancta per se et non per homines”, ossia la loro validità non dipende dalle condizioni soggettive dei Ministri (“ex opere operantis”), ma “ex opere operato”, cioè da Gesù che ha istituito divinamente i Sacramenti e dunque dalla medesima confezione oggettiva del Sacramento, in quanto istituito divinamente da Cristo, che dà a esso la sua efficacia soprannaturale, la quale non dipende soggettivamente dal Ministro che non lo ha istituito ma lo distribuisce soltanto ai fedeli, come strumento di Gesù.

Quest’errore fu ripreso e messo in pratica da Lutero nel XVI secolo ed è riproposto oggi da alcuni ideologi (fanaticamente esaltati come i Donatisti di ieri), che stanno seminando lo scompiglio anche tra le fila di coloro che vogliono restare fedeli alla Tradizione apostolica, resistendo alle deviazioni dogmatiche del modernismo, senza dover essere né eretici né scismatici.

Perciò, appare evidente quanto sia assurdo e contraddittorio voler correggere le eresie modernistiche, contrarie alla Fede rivelata, scegliendo la via dello scisma ossia della rottura con la Chiesa di Gesù Cristo; tanto per fare un esempio, sarebbe come voler combattere un’ubriacatura di Cognac con una sbornia di vino ...

Infatti, lo scisma non è il contrario dell’eresia, ma è una specie di eresia di segno diverso, che nega la Gerarchia della Chiesa come Gesù la fondò, senza negarne direttamente ancora la Rivelazione; arrivando tuttavia immancabilmente a rinnegarla, avendo negato l’Autorità della Chiesa che propone a credere il Dogma di Fede.

È per questo motivo che la teoria filo/scismatica proposta da Andrea Cionci non si può seguire assolutamente anzi è da rigettare totalmente.

Seconda parte
L’articolo di Cionci
(24 agosto 2022)
Giuda apostolo e diavolo, Bergoglio papa e diavolo?

Introduzione
Andrea Cionci in un articolo apparso su Libero il 24 agosto 2022 nega che si possa essere allo stesso tempo Apostolo e diavolo.
Ora, per confutare questa sua asserzione basta leggere il Vangelo di San Giovanni e il Commento di San Tommaso d’Aquino.

Il Vangelo di San Giovanni (VI, 71-72): Giuda “è un diavolo”
Nel Vangelo di San Giovanni (VI, 71-72) leggiamo: “Rispose Gesù: Non ho forse Io scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo. Egli parlava di Giuda Iscariota, figlio di Simone: questi infatti stava per tradirlo ed era uno dei Dodici”. Il suo “seggio” di Apostolo non era, quindi, “vacante”.

L’Apostolo Giuda “è un diavolo”:
il Commento di S. Tommaso d’Aquino (Giovanni, VI, 71-72)
Il Dottore Comune della Chiesa commenta: “Diavolo non per natura, bensì per l’imitazione della malizia diabolica” (S. TOMMASO D’AQUINO, Commento al Vangelo di San Giovanni, Roma, Città Nuova, 1990, vol. I, p. 537). Infatti, Giuda per natura era un uomo e non un diavolo, ma, imitando la cattiveria del demonio nell’odiare e tradire a morte Gesù, era simile al diavolo quanto al modo di agire.

Poi l’Angelico si pone un’obiezione: “Se Cristo elesse Giuda e questi divenne cattivo, sembra che Lui abbia sbagliato nella scelta” (ibidem, p. 538).

L’Aquinate risponde all’obiezione nel seguente modo: “Qui si tratta dell’elezione a un ufficio [apostolico, ndr]. Ora da quest’elezione non viene tolta [al soggetto eletto, ndr] né la libertà, né la possibilità di peccare” (ivi). In questo caso, perciò, Gesù avrebbe scelto Giuda “mentre non era ancora diventato cattivo”, ma “la Sua scelta non gli tolse la libertà di peccare” (ivi).

Quindi è accertato che si può essere Apostoli e diavoli quanto al modo di agire.

La natura del peccato di Giuda
Il tradimento di Giuda fu ispirato anche dal fatto che era ladro (Giov., XII, 6), ma non soltanto. Infatti, quando Giuda capì che Gesù si presentava come Messia spirituale venuto per la salvezza di tutte le anime di tutti i popoli tramite la sofferenza e la morte, in netta opposizione alle sue ambiziose speranze (attinte all’Apocalittica e al Messianismo giudaico) di un Messia militante, glorioso e trionfante per sé e per i Giudei senza alcun riguardo ai gojim e portatore di ogni prosperità materiale al solo Israele, concepì in cuor suo una profonda delusione mista ad una grande avversione per il Messia sofferente ed entrò, pertanto, in cuor suo l’idea del tradimento. Si vede che il motivo principale del peccato di Giuda fu la sua falsa Fede (in latino “perfidiam” da “per” = deviata e “fidem” = Fede) nel Messia trionfante e la sua mancanza di Fede nel Messia sofferente. Non si tratta solo di vizi privati, che accompagnano quasi sempre la Fede deviata, ma il cuore della rivolta di Giuda fu la mancanza di Fede o la Fede deviata, in breve la “perfidia giudaica” post-biblica o talmudica. Il professor Fedele Pasquero scrive:
“La crisi di Giuda cominciò nella sinagoga di Cafarnao, ove la risposta di Gesù a Pietro (Giov., VI, 70 ss.) lascia capire che Giuda non condivideva la Fede del capo degli Apostoli (“Tu sei Cristo il Figlio di Dio”). Giuda dovette essere scandalizzato dalle reiterate predizioni della Passione di Gesù. […]. Dopo l’entrata gloriosa di Gesù in Gerusalemme, quando il Maestro accennò alla propria crocifissione (Giov., XII, 32), allora la crisi scoppiò. E Giuda andò dai Sacerdoti a domandare quanto gli avrebbero dato perché consegnasse loro il Maestro” (in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, col. 689, voce Giuda Iscariota).
Giuda come rappresentante del “fronte degli increduli” partecipa all’azione del “nemico” (Job., I, 6-12) di Dio e dell’uomo: satana che fu menzognero, incredulo e omicida sin dall’inizio (Giov., VIII, 44).

Bergoglio è il successore di S. Pietro?
Ora sorge spontanea una domanda che riguarda i nostri giorni, se Giuda ha potuto essere Apostolo e diavolo, incredulo e traditore di Cristo, i successori degli Apostoli (i Vescovi) e del capo degli Apostoli (il Papa) possono essere Vescovi e Papi (successori degli Apostoli e di Pietro) pur essendo, Deo permittente, “diavoli” quanto al modo di agire?

A partire dalla lezione del Vangelo di Giovanni sembrerebbe proprio di sì.

Si può, quindi, essere Papa pur non avendo la volontà oggettiva di fare il bene della Chiesa, ossia avendo la volontà di tradire Cristo, consegnandolo alla morte e pur essendo increduli o infedeli. Quindi non ripugna poter dire che Francesco I è Papa ed è “un diavolo” quanto al modo di agire, perché nemico della Dottrina e della Chiesa di Cristo.

Conclusione
Come si vede l’insegnamento evangelico (Giov., VI, 71-72) ci aiuta nella crisi odierna ad evitare l’impasse 1°) di chi constatando la “diabolicità” oggettiva quanto al modo di agire di Bergoglio nega che sia Papa quanto all’essere o 2°) di chi constatando la sua avvenuta elezione canonica - accettata dal Collegio cardinalizio, dall’Episcopato e dai fedeli - non osa asserire che è “un diavolo” quanto al suo agire e lo segue nelle sue sciagurate innovazioni.

Perciò fuggiamo coloro che inneggiano allo scisma e seguiamo il Vangelo come l’Aquinate che c’insegnano come si possa essere Apostoli (quanto alla carica) e diavoli (quanto al modo d’agire).
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1 - Cfr. Catechismo di San Pio X, N. 105: “La Chiesa è la Società dei veri Cristiani, cioè dei Battezzati che professano la Fede e la Dottrina di Gesù Cristo, partecipano ai suoi Sacramenti e sono sottomessi ai Pastori stabiliti da Lui”. N. 106: “La Chiesa fu fondata da Gesù Cristo, che la sottopose agli Apostoli con San Pietro per Capo e le diede i Sacramenti, il Sacrificio e lo Spirito Santo che la vivifica”. N. 107: “La Chiesa di Gesù Cristo è la Chiesa Cattolico/Romana, perché essa sola è una, santa, cattolica e apostolica, quale Egli la volle”. N. 111: “La Chiesa è fondata sugli Apostoli, governata dai loro successori, i Pastori legittimi”. N. 112: “I legittimi Pastori sono il Papa e i Vescovi uniti con lui”. N. 113: “Il Papa è il successore di Pietro nella Sede di Roma e nel Primato, quindi Capo visibile, Vicario di Gesù Cristo Capo invisibile di tutta la Chiesa”. N. 117: “Nessuna Chiesa fuori della Chiesa Cattolico/Romana può essere la Chiesa di Gesù Cristo e nemmeno parte di essa”.
2 - O citasse Francesco e non Benedetto al Canone della Messa, come sostiene qualche teologo dei tristissimi tempi nostri.
3 - Conc. Tr., sess. VI de justificatione, cap. 16 de fructu justificationis, canone 22 de justificatione, DB 826-827 e 850; S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., II-II, q. 137.

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