Nella nostra traduzione da Die Tagenpost un recente articolo di mons. Hauke sul diaconato femminile. Precedenti qui - qui - qui - qui
Diaconato sacramentale per le donne?
Osservazioni critiche su una proposta del “Movimento sinodale” di Manfred Hauke.
Lipsia, Katholikentag 2016 |
Nel febbraio 2022, il terzo forum sinodale “Donne al servizio e negli uffici sacramentali della Chiesa” ha pubblicato tre proposte che sono state accolte dalla grande maggioranza dei membri presenti. Un esteso “testo fondamentale” (I, 30 pagine) è integrato da due cosiddetti “testi di azione” sulle “donne nell’ufficio sacramentale” (II, 4 pagine) e sul “diaconato delle donne” (III, 6 pagine). I testi non sono definitivi, ma mostrano una chiara tendenza.
Quanto al diaconato femminile, il forum chiede “un indulto rispetto al canone 1024 del Diritto Canonico (‘Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile’) per aprire il ministero diaconale alle donne” (III, 5). Ci si riferisce chiaramente al diaconato come parte del sacramento dell’Ordine. La proposta del cardinale Kasper di creare l’ufficio non sacramentale della “diaconessa parrocchiale” è stata respinta perché si ritiene che tale ufficio darebbe alle donne “solo l’accesso a un diaconato di ‘seconda classe’” (III, 3).
Per la giustificazione teologica sintetizzata alla fine (III, 5-6), il forum fa a meno della menzione delle diaconesse della Chiesa antica: “L’interpretazione dei reperti storici è contestata: c’è chi sostiene che sia esistito un diaconato sacramentale femminile nella Chiesa del I millennio e chi sottolinea invece l’‘alterità’ del diaconato femminile, che parla a favore di un ministero non sacramentale delle donne” (III, 3; cfr. I, 17).
È noto che diaconi e diaconesse venivano ordinati con diverse formule di ordinazione, e che ci sono testimonianze di ordinazioni di diaconesse solo a partire dalla fine del IV secolo. Le diaconesse non prestavano servizio all’altare e non potevano predicare nella liturgia.
Il loro compito principale nella liturgia era, secondo le norme della didascalia formatasi nel III secolo e che alcuni ricercatori definiscono il “certificato di nascita” dell’ufficio diaconale femminile, l’unzione di tutto il corpo delle donne adulte durante il battesimo, per motivi di decenza, quando la diaconessa (o un’altra donna) realizzava l’unzione altrimenti operata dal ministro maschio. Le diaconesse non potevano battezzare.
Il forum ritiene che questi compiti debbano essere “oggi ulteriormente sviluppati in vista del servizio della predicazione, dell’amministrazione del sacramento del battesimo, dell’unzione degli infermi e dell’assistenza matrimoniale” (III, 6). D’altra parte — facendo riferimento alle indicazioni pertinenti delle lettere paoline — va sottolineato che anche nella Chiesa primitiva la predicazione liturgica era riservata ai ministri maschi, e che l’unzione degli infermi non può essere affatto amministrata dai diaconi (se, seguendo il concetto espresso dalla Lettera di San Giacomo, lo consideriamo un sacramento che può includere il perdono dei peccati — che viene concesso solo dai presbiteri — e non come un sacramentale paragonabile al segno della croce fatto in segno di benedizione con la cenere o all’acqua santa, che ognuno può amministrare a se stesso).
Si cerca di trovare una giustificazione con un’esegesi da spaccapietre
Anche il battesimo rituale amministrato dai laici è un’eccezione per situazioni di estrema carenza di sacerdoti e diaconi, che per il momento non esistono in aree di lingua tedesca. Come giustificazione concettuale, il forum fa riferimento al decreto sulle missioni del Concilio Vaticano II, che afferma: “gli uomini, i quali di fatto esercitano il ministero di diacono, o perché … catechisti … o perché esercitano la carità attraverso opere sociali e caritative, siano fortificati dall’imposizione delle mani, che è trasmessa fin dagli apostoli, e siano più saldamente congiunti all'altare per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato” (Ad gentes 16) (III, 1).
Dato che le donne svolgono già una moltitudine di compiti caritativi e pastorali, dovrebbero essere ordinate diaconesse. Altrimenti, secondo il sinodo di Würzburg, si tratterebbe di “un’ingiustificabile separazione tra la funzione e il mandato di salvezza sacramentalmente mediato” (III, 2). Questa giustificazione è ovviamente una sorta di esegesi da spaccapietre del Vaticano II e ignora completamente il discorso pertinente.
Il fatto che gli uomini che svolgono servizi sociali stiano già “di fatto” esercitando il ministero diaconale e quindi debbano essere ordinati diaconi ha altrettanto senso quanto affermare che gli uomini che stanno già di fatto esercitando un ministero episcopale dovrebbero essere ordinati vescovi — se questo ragionamento si spingesse fino alle sue più estreme conseguenze, ci sarebbero quasi tanti vescovi quanti sono i cattolici.
Una consacrazione sacramentale non è mai semplicemente la conferma di un’attività già praticata, ma una specifica conformazione a Cristo, che conferisce un’impronta indelebile al ministero specifico di ciascuno.
Non è solo questione di leadership
La vaga formulazione del decreto sulle missioni si spiega con la situazione dell’epoca, in cui l’istituzione del diaconato permanente era una novità, e non intende ribaltare la teologia dell’ordinazione, che altri documenti del Concilio affrontano in modo equilibrato. Il dibattito specialistico sul tema viene ignorato anche nei riferimenti al motu proprio Omnium in mentem (2009) di papa Benedetto XVI, che — si afferma – avrebbe aperto una porta al diaconato delle donne perché i diaconi, a differenza dei vescovi e dei sacerdoti, non lo sono “in persona di Cristo, il Capo della Chiesa” (III, 4).
Ma Omnium in mentem non afferma affatto questo, bensì richiede solo che la formulazione letterale della Lumen gentium secondo la quale i diaconi servono il popolo di Dio “al servizio della liturgia, della parola e dell’amore” sia inserita nel Codice di Diritto Canonico.
Reinterpretazione delle scoperte bibliche
Agire in persona di Cristo Capo della Chiesa non è solo una questione di esercizio di funzioni di leader (meno esplicitamente pronunciate nel caso del diacono), ma anche di comunicazione della vita e della verità divina. Altrimenti si dovrebbe dire che il ministro ordinato non agisce in persona di Cristo Capo della Chiesa, ad esempio quando declama il Vangelo, predica o amministra il battesimo. Nel caso del ministro ordinato, questa azione si compie sulla base dell’impronta sacramentale.
La richiesta dell’ufficio clericale per le donne si scontra con l’obiettivo del forum, secondo il quale un “ufficio diaconale” potrebbe contribuire alla “declericalizzazione” (III, 5). Come è noto, anche un diacono appartiene al clero. La contraddizione diventa ancora più drastica se si confronta il testo Diakonat der Frau [Diaconato della donna] con il precedente Grundtext [Testo fondamentale] e l’ulteriore “testo di azione” Frauen im sakramentalen Amt [Le donne nell'ufficio sacramentale].
Secondo il Testo fondamentale non vi sarebbe mai stata l’istituzione del sacramento dell’Ordine a partire dagli apostoli: l’“ufficio” sarebbe la “conseguenza ecclesiologica di alcuni carismi” (I, 15), e solo una successiva “istituzionalizzazione” avrebbe permesso di fare un passo indietro nel caso delle donne, che al tempo di San Paolo sarebbero state ancora attive “allo stesso modo e insieme agli uomini nei compiti di guida della Chiesa”, come l’apostola Giunia (I, 13).
L’affermazione di San Paolo — il quale giustifica il “silenzio” delle donne nell’annuncio e nell’insegnamento pubblico della dottrina all’interno della liturgia facendo riferimento a un “comandamento del Signore” (1 Cor 14, 37) — viene accantonata come prodotto di un’invenzione successiva, come testimonierebbero le epistole pastorali, che parlano di un carisma ufficiale mediato dall’imposizione delle mani (I, 14 ss.; II, 1).
Questo trattamento alquanto improprio — di matrice liberal-protestante — del sacramento dell’Ordine, che ha bisogno di fare violenza ai documenti storici, si combina con un’ideologia del gender che rifiuta la complementarietà dell’uomo e della donna e afferma addirittura: “Il genere non è…. una realtà data da Dio” (I, 5).
Se tutto ciò fosse corretto, non ci sarebbe bisogno di una particolare attenzione alla realtà della donna e certamente nessuna riflessione sull’ammissione a un sacramento che in realtà non esiste. Il terzo forum sinodale avanza qui richieste che si annullano da sole.
[Traduzione dal tedesco per Chiesa e postconcilio di Antonio Marcantonio]
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