martedì 6 settembre 2022

L'applicazione di Traditionis Custodes in Francia: un anno dopo

Il bilancio di un anno dalla Tradizionis custodes nella nostra traduzione di un interessante editoriale di Côme de Prévigny  pubblicato da Renaissance Catholique, che fa il punto sul Motu Proprio ad un anno dalla pubblicazione. Vale per la Francia e ne apprendiamo i dettagli. Ma vale anche per tutto l'Orbe cattolico. Qui l'indice degli articoli su TC e successivi

Il 16 luglio 2021 papa Francesco ha pubblicato il Motu Proprio Traditionis Custodes, provocando un vero sgomento tra tutti i cattolici legati alla liturgia gregoriana. Così facendo, il sovrano pontefice ha emanato norme particolarmente restrittive della celebrazione della messa tradizionale, specificando l'intento della sua scomparsa a lungo termine a favore della messa riformata. Soprattutto ha posto fine all'era del Summorum Pontificum che, per sedici anni, aveva garantito ad ogni sacerdote la libertà di utilizzare il messale antico e favorito il moltiplicarsi di parrocchie e cappelle dove era assicurato l'Usus antiquior del rito romano.

Ovviamente, la Francia, figlia primogenita della Chiesa e patria della reazione alle innovazioni liturgiche, non poteva non essere profondamente colpita da questa drastica decisione. Mentre. all'inizio del 2021, la messa tradizionale era celebrata in quasi duecentocinquanta luoghi di culto, la decisione papale non poteva che riaccendere una guerra che, sappiamo come in passato sia stata particolarmente dura per il cattolicesimo nel nostro Paese. A distanza di un anno, quali sono le conseguenze della decisione del papa? In che misura la sua applicazione è stata estesa dai vescovi incaricati di attuarla? Da Digione a Grenoble, le diocesi hanno presentato visibilmente aspetti contrastanti.

L'atteggiamento attendista dell'episcopato
Dato il peso del tradizionalismo in Francia, i vescovi finora non hanno organizzato nulla di sbrigativo e solo una ventina di messe sono state cancellate, solitamente a causa del trasferimento dei celebranti. Mentre nel nostro Paese il 20% dei sacerdoti è ordinato per celebrare il vecchio messale, e i movimenti giovanili ad esso collegati sono i più fruttuosi in termini di vocazioni e impegno, sarebbe stato pericoloso liquidare questo movimento, per non parlare del peso finanziario che esso rappresenta per le diocesi in precario equilibrio economico. 
Inoltre, nonostante i segnali ostili provenienti da Roma e le eccezionali condizioni avverse, l'edizione 2022 del pellegrinaggio di Pentecoste da Notre-Dame de Paris a Notre-Dame de Chartres, organizzato dall'associazione Notre-Dame-de-Chrétienté, è stata una delle più significative visto che 15.000 pellegrini hanno attraversato le strade della Beauce, prova di quanto si allarghi la discrepanza tra le direttive romane che vorrebbero sopprimere il rito antico e tutta una gioventù che sembra invece aspirarvi.

Inoltre, solo un vescovo francese su cinque si è avventurato a firmare un decreto attuativo della Traditionis Custodes, mentre per metà lo hanno fatto sulla scia della pubblicazione del Motu Proprio, con lo scopo essenziale di placare tutti coloro che, al di là degli attaccamenti liturgici, erano stati rattristato dal testo pontificio e sconcertati dal risorgere di questa guerra fratricida. I vescovi di importanti diocesi, come Lille, Bordeaux, Lione, Versailles, Bayonne, Nanterre hanno subito firmato dei testi esprimendo la loro sollecitudine nei confronti di tutti i fedeli legati alla Messa tradizionale. "Conoscendo l'apprensione che il motu proprio suscita in alcuni di voi, voglio esprimere il mio desiderio di continuare un dialogo che i miei predecessori hanno avviato con tutti coloro che hanno cercato di operare per l'unità della Chiesa e per la pace tra cattolici”, ha scritto il vescovo Jean-Paul James, per esempio.

Senza dubbio l'episcopato è stato rassicurato dall'udienza concessa da Francesco ai suoi rappresentanti il 10 settembre 2021 [vedi]. A chi ha chiesto di poter agire secondo il contesto particolare del proprio Paese, il papa ha risposto favorevolmente. All'arcivescovo di Parigi che gli chiedeva se potesse mantenere parrocchie birituali, lo stesso romano pontefice ha dato il suo assenso. Tuttavia, questo equilibrio non dovrebbe mascherare le tensioni locali. In molte città, il successo della messa tradizionale ha contribuito a diradare la partecipazione ad altre chiese, con dispiacere dei loro preposti. E durante l'incontro dei vescovi della provincia di Lione, i membri riuniti si sono ritrovati per imporre, nei luoghi di culto dove si celebra l'antico rito, una messa nuova una domenica al mese come principale mezzo di applicazione del Motu Proprio. Se il provvedimento non è stato ancora troppo praticato, testimonia lo stato d'animo delle autorità ecclesiastiche che finalmente si trovano all'unisono col papa per riportare nel tempo tutte le pecore all'ovile del Concilio.

Punti deboli
Prima di diventare arcivescovo di Tolosa, mons. Guy de Kérimel è stato ancora un po' a capo della diocesi di Grenoble e, quindi, membro della provincia di Lione. È il primo, dalla Traditionis custodes, ad aver messo in pratica l'alternanza (una volta al mese) delle messe secondo il nuovo e secondo il vecchio messale per costringere i fedeli ad assuefarsi alle riforme. È anche uno dei pochissimi vescovi di Francia ad aver emesso un'ordinanza con la quale ha limitato la celebrazione del Messale Tridentino, come l'arcivescovo di Strasburgo, il vescovo di Le Mans, o anche il vescovo di Saint-Denis de la Réunion che lo ha puramente e semplicemente soppresso.

L'arcivescovo di Digione, mons. Roland Minnerath, è stato un antesignano in materia poiché aveva messo in discussione l'accordo che lo legava alla Fraternità sacerdotale di San Pietro già prima della pubblicazione del Motu Proprio. Ne è seguito un movimento di protesta molto accentuato che, come a Grenoble, ha testimoniato l'esasperazione dei fedeli destinatari di questa decisione. A loro è stato chiesto di trovare un'unità attraverso il nuovo rito che, appunto, offre forme di una varietà inaudita in quanto la sua applicazione è ampia e poco controllata. Tuttavia, la decisione più simbolica presa da un vescovo, perché riguarda la principale diocesi di Francia, è quella del vescovo Michel Aupetit l'8 settembre 2021, che ha rimosso metà dei luoghi di culto dove si celebrava la messa tradizionale nella capitale. Solo Sainte-Odile, Saint-Eugène, Saint-Roch, Sainte-Jeanne-de-Chantal e Notre-Dame-du-Lys possono ancora sentir celebrare i santi misteri nell'arcidiocesi di Parigi. E c'è da chiedersi quale segnale ci sia da espettarsi per il prosieguo di questa potatura diretta a concretizzare l'ultimo desiderio del papa di riportare tutti i fedeli alla riforma.

Perché è proprio da Roma che è arrivato il colpo più incisivo, che sembra costituire una minaccia per tutti i vescovi così poco reattivi. Impedendo al Vescovo di Fréjus-Toulon di svolgere le ordinazioni annuali pochi giorni prima della loro programmazione, le autorità romane hanno voluto, attraverso la voce del cardinale Ouellet, sanzionare il peso eccessivo concesso da mons. Dominique Rey ai sostenitori dell'antico rito. Pur fingendo di concedere deroghe al Motu Proprio, il papa e i dicasteri sembrano decisi a esercitare una reale pressione sul mondo tradizionale che rischia negli anni a venire di dover subire le più estemporanee visite canoniche.

La fine dell'espansione
Questi punti di tensione rappresentano degli esperimenti. Perché tanti sono i vescovi che spiano da una parte il bastone romano e dall'altra le turbolenze che si impossessano dei preti e dei fedeli decisi a non rinunciare a nulla. Di fronte a questo dilemma, la maggior parte cerca di passare il più possibile inosservata e di non riaccendere gli stoppini liturgici che rischiano di incendiarsi ai quattro angoli del Paese. Senza dubbio questa è la ragione della poca urgenza sulla questione riscontrata nelle diocesi.

Tuttavia, la principale conseguenza di questo status quo è la fine dello sviluppo della Messa tradizionale all'interno delle diocesi. Senza dubbio monsignor Bernard Ginoux aveva contemplato questo aspetto avendo eretto in extremis, poco prima della pubblicazione del Motu Proprio, una parrocchia personale nella sua diocesi nel distretto di Gasseras a Montauban. Pochi giorni dopo, questa possibilità non gli sarebbe stata più concessa. Allo stesso modo, esiste l'alto rischio di subire nei prossimi anni una forma di graduale riduzione dell'organico attraverso il mancato ricambio dei sacerdoti, a causa dei pensionamenti, tutte argomentazioni valide per non estendere, qua o là, l'esperienza tradizionale.

Questa decisione avrà però il merito di chiarire i principi e di rafforzare le volontà. La lotta per la difesa della Messa tradizionale iniziava col tempo ad attenuarsi; tutt'al più, in molte occasioni, poteva essere correlata a una preferenza estetica, una opzione tra tante altre. Il papa ha insistito nell'affermare che «i libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, secondo i decreti del Concilio Vaticano II, [erano] l'unica espressione della lex orandi del rito romano [2]». Ma un tale verdetto non può che far crescere l'idea che l'antico rito, nella misura della sua drastica diminutio, non può trasmettere la stessa fede. Allo stesso tempo, le opere tradizionali continuano a rafforzarsi. La più antica e importante, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, grazie ai contenimenti e alle decisioni romane, ha anche visto negli ultimi anni un notevole incremento numerico dei suoi luoghi di culto.

La Traditionis custodes è senza dubbio uno dei testi più importanti dell'attuale pontificato. Ha talmente turbato gli spiriti che la sua applicazione rimane difficile, tanto che alcuni chierici come padre Daniel-Ange, fondatore del movimento di evangelizzazione Jeunesse-Lumière, hanno espresso la loro angoscia e la loro indignazione. Altri religiosi hanno cercato di dare una spiegazione imbarazzata. La maggior parte tace, resta in attesa e attende la fine di questo pontificato in declino. Durerà altri dieci anni? Ovviamente no. Il prossimo Papa continuerà quest'opera di distruzione della Messa tradizionale? O avrà cura di sanare le ferite liturgiche di questo mezzo secolo? Solo Dio lo sa.
Côme de Prévigny 
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[1] Comunicato di Mons. Jean-Paul JAMES, arcivescovo Bordeaux, a seguito del motu proprio Traditionis custodes, 18 luglio 2021.
[2] Francesco, Motu Proprio Traditionis custodes, 16 luglio 2021.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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