Oggi, 7 luglio 2022, ricordiamo l'anniversario - il quindicesimo - della promulgazione del motu proprio Summorum Pontificum, che ha sdoganato come tesoro della Chiesa universale il Rito Romano Antiquior, che ci rifiutiamo di considerare oltrepassato da Traditionis custodes, dai Responsa e dalla, ancor più amara in fundo, Desiderio desideravi [vedi].
Benedetto XVI lo ha pubblicato con tanto di lettera di accompagnamento indirizzata ai vescovi furentissimi (specialmente francesi, ma non solo).
Quella data andrebbe considerata una festa per la Chiesa, visto che dopo diversi decenni è stato riaffermato dal Papa un principio molto semplice, che noi cattolici conosciamo bene: «Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso».
È un principio che vale non solo nella liturgia ma in tante altre cose - nelle vite dei santi, nel Magistero, ecc.
È un principio che vale non solo nella liturgia ma in tante altre cose - nelle vite dei santi, nel Magistero, ecc.
È un principio che i "rivoluzionari" odiano a morte, perché riduce drammaticamente l'importanza di qualsiasi "rivoluzione". Le "rivoluzioni", infatti, intendono sovvertire l'esistente, intendono buttar via tutto ciò che c'era di "antico", di "sacro", di "grande", per sostituirlo con qualche "novità" moderna che sarebbe più "adeguata".
Non c'era nessuna necessità di fare la "rivoluzione" vaticansecondista (ed infatti nelle intenzioni di Giovanni XXIII il Concilio doveva essere breve, doveva riaffermare alcune verità, e concludersi senza novità; ma fu tradito fin dagli inizi, da quando spazzarono via gli "schemi preparatori").
La "rivoluzione" vaticansecondista - e con essa tutti i furbetti rivoluzionari, inclusi gli eretici che da tempo bramavano di inventarsi un "nuovo" cristianesimo su misura del proprio business plan - pretese di introdurre "novità" nella Chiesa e di proibire e addirittura giudicare dannoso "ciò che per le generazioni anteriori era sacro".
Papa Benedetto XVI, pur con i suoi non rari demeriti, ha il merito di aver stroncato questa mentalità, quel 7 luglio 2007, promulgando il Summorum Pontificum e ricordando che «ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» [vedi].
Vi rimando alla rievocazione della prima applicazione, dopo 39 anni, avvenuta il 14 settembre successivo a Santa Maria Maggiore.
Molto abbiamo dibattuto e tutti siamo consapevoli del ruolo centrale della Liturgia che continuiamo ad amare e cerchiamo di vivere e far conoscere, Deo adiuvante, nonostante gli strali sempre più incalzanti.
Colgo l'occasione per riproporvi la lettura di un testo pubblicato anni fa ma sempre attuale.
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